Zgard – Within The Swirl Of Black Vigor

Within The Swirl Of Black Vigor è un album caldamente consigliato agli estimatori del pagan folk black.

Zgard è uno dei molti progetti solisti gestiti da musicisti dalla prolificità superiore alla norma, in quanto tale si può considerare la media di un full length pubblicato per ogni anno di attività, anche se come abbiamo constatato in questi anni c’è chi riesce a produrre musica in maniera ben più compulsiva.

Nello specifico l’ucraino Yaromisl è appunto uno tra quelli che si segnala per la non troppo scontata capacità di coniugare quantità e qualità: il primo incontro con l’operato degli Zgard risale al 2012 con l’uscita di Astral Glow, nel quale veniva esibito un pagan folk black di assoluta sostanza ed oggi li ritroviamo con Within The Swirl Of Black Vigor, che giunge dopo altri due full length, Contemplation e Totem.
Il percorso stilistico di Yaromisl si va a comporre così di un nuovo tassello che mostra anche alcune differenze rispetto al passato, assumendo sembianze maggiormente orientate al pagan pur senza perdere le proprie connotazioni folk: il tutto pare giovare ulteriormente per quanto riguarda la resa finale, in quanto favorisce l’approdo ad un sound che fa proprie le pulsioni derivanti da gradi interpreti del genere come Moonsorrow e Negura Bunget, infondendovi però caratteristiche peculiari delle tradizione musicale ucraina, grazia anche al ricorso a diversi strumenti tradizionali (oltre a quelli a corde, troviamo un particolare flauto denominato sopilka, e la drymba, che è un po’ l’equivalente del nostro scacciapensieri).
Per questo lavoro Yaromisl si fa aiutare dal vocalist Dusk e dal batterista Lycane, andando a formare un trio capace di imprimere ritmo ed intensità ai vari brani; basti sentire a tale proposito una traccia come Confession of Voiceless, dal crescendo furioso e coinvolgente, oppure la “moonsorrowiana” e splendida Where the Stones Drone, per rendersi conto di quanto Within The Swirl Of Black Vigor sia un album imperdibile per gli estimatori del pagan folk black.
Se Astral Glow era già un album interessante ma che mostrava ancora ampi margini di miglioramento, quanto fatto da Yaromisl in questi cinque anni ha reso gli Zgard una tra le migliori realtà del genere, rendendola una credibile alternativa alle grandi band citate quali riferimento.

Tracklist:
1. Dive into the night (intro) [Занурення в ніч]
2. Forgotten [Забутий]
3. Confession of voiceless [Сповідь німого]
4. Frozen space [Замерзлий простір]
5. Where the stones drone [Там де камні гудуть]
6. KoloSlovo [КолоСлово]
7. Cold bonfire [Холодна ватра]
8. Winter lullaby [Колискова зими

Line-up:
Yaromisl – rhythm, solo, bass and acoustic guitar, sopilka, drymba, keyboards, back and clean vocals

Guests:
Dusk – vocals, clean vocals
Lycane – drums

ZGARD – Facebook

Metatrone – Eucharismetal

Tanta melodia fino a sfiorare l’aor, cavalcate power metal pregne di un’epicità insita negli argomenti trattati e progressive metal dal piglio neoclassico, con le tastiere capaci di impressionare positivamente l’ascoltatore: questo è Eucharismetal, bellissimo terzo lavoro dei Metatrone.

Vale la pena tornare indietro nel tempo quel tanto che basta per presentarvi il terzo album dei Metatrone, impressionante band power/progressive metal siciliana, dal concept fortemente religioso tanto da essere annoverata all’interno del christian metal.

Si tratta di una sorta di super gruppo che vede, oltre al tastierista e ideatore del progetto Metatrone, padre Davide Bruno, il cantante degli Ancestral, Jo Lombardo, Dino Fiorenza al basso, Salvo Grasso alla batteria e Stefano Calcagno alla chitarra.
Al terzo album di una discografia iniziata con La Mano Potente nel 2006, seguito da Paradigma nel 2010, i Metatrone presentano un piccolo gioiello metallico, che non deve insospettire per i temi trattati, perché la band, con una tecnica spaventosa e grinta da vendere, attacca al muro con una serie di brani sorprendenti per intensità e livello del songwriting: troviamo così spettacolari melodie, un perfetto uso della doppia voce e un lavoro tastieristico dalle scale neoclassiche degne del miglior Andrè Andersen.
La citazione dei Royal Hunt non è casuale, e  partiamo proprio dalla band danese per introdurvi alle trame musicali di Eucharismetal, titolo che ben evidenzia la volontà dei Metatrone di nobilitare il cristianesimo attraverso la musica metal, cosa che a Davide Bruno e compagni riesce alla perfezione, con un sound intriso di melodia tanto da sfiorare a tratti l’aor, e cavalcate power metal pregne della solennità insita negli argomenti trattati; del resto i musicisti impegnati sono vecchie conoscenze del metal tricolore, quindi l’esperienza è assicurata, e anche grazie ad una produzione vincente l’album entusiasma tanto da far invidia a molte realtà straniere.
Con tutta questa carne al fuoco l’ascolto non lascia scampo e si viene travolti dal piglio aggressivo di brani come Molokai, dalla seguente Beware The Sailor, Latest News From Light, song magnifica con l’intera band sugli scudi, dal gioiellino strumentale Mozart Nightmare, che introduce la seconda parte del cd dove la lingua italiana prende il sopravvento senza far perdere intensità e grinta a tracce melodic/prog/power come Salva L’anima, Una Parte Di Me, Regina Coeli e la conclusiva Lascia Che Sia.
Eucharismetal regala quasi settanta minuti di metal sopra le righe, rivelandosi uno splendido esempio di come nel nostro paese abbondino straordinari talenti.

Tracklist
01. Alef Dalet Mem
02. Molokai
03. Beware the Sailor
04. Wheat and Weeds
05. Latest News from Light
06. In Spirit and Truth
07. Mozart’s Nightmare
08. Keep Running
09. Salva l’Anima
10. Una parte di me
11. Regina Coeli
12. Alef Dalet Mem (Italian Version)
13. Lascia che sia

Line-up
Jo Lombardo – Vocals
Davide Bruno – Keyboards
Stefano Calvagno – Guitars
Dino Fiorenza – Bass
Salvo Grasso – Drums

METATRONE – Facebook

https://youtu.be/66B_QTIX_xg

Gates Of Ishtar – A Bloodred Path

Ottima iniziativa della Century Media che ristampa con un nuovo artwork i tre full length degli svedesi Gates Of Ishtar, tra cui A Bloodred Path, debutto della band licenziato nel 1996.

Era il lontano 1992 quando i Gates Of Ishtar si unirono alle truppe scandinave per conquistare il mondo a colpi di death metal melodico con tre full lenght dal 1996 al 1998 e la popolarità acquisita tra gli amanti del genere, grazie ad un sound che ripercorreva le strade di Dissection e compagnia, quindi la frangia più black del melodic death metal scandinavo.

La band svedese ci riprova oggi, con l’aiuto della Century Media che dà una nuova vita a queste opere estreme di valore assoluto, ad iniziare dal primo bellissimo A Bloodred Path.
Nuovi artwork, una rimasterizzazione che valorizza il lavoro del gruppo e purtroppo una brutta notizia dovuta alla morte del batterista Oskar Karlsson lo scorso anno, sono le novità che porta con sé la band svedese, uno dei più fulgidi esempi di quanta ottima musica metal veniva creata tra le pianure innevate della Scandinavia negli anni novanta.
A Bloodred Path si avvicina senza indugi al sound dei Dissection, senza raggiungere i picchi della band che fu di Jon Nodtveidt, ma lasciando fluire con ottimi risultati tempestose parti black, veloci e furiose come il vento che spazza le bianche distese ghiacciate, assieme a più tecnici momenti death, nei quali la band dimostra un’ottima preparazione e soprattutto un talento naturale per il genere.
Un debutto sorprendente che all’epoca fece felice i più attenti fans del genere, sommersi da decine di uscite che seguivano la strada tracciata dai gruppi più importanti, ora tornato a risplendere sotto una nuova veste consentendo all’ascoltatore di apprezzare ottimi brani come The Silence, Tears e la title track.
La band tornerà ad infuocare i palchi e probabilmente a dare un seguito ai tre passati lavori e, se siete giovani ed avete a cuore la storia del melodic death metal, questa operazione è il modo migliore per fare la conoscenza di un gruppo che non ha niente da invidiare a quelli più famosi.

Tracklist
1.Inanna
2.Where the Winds of Darkness Blow
3.The Silence
4.Tears
5.The Dreaming Glade
6.When Daylight’s Gone
7.Into Seasons of Frost
8.A Bloodred Path
9.I Wanna Be Somebody (W.A.S.P. cover)

Line-up
Mikael Sandorf – Vocals
Andreas Johansson – Guitar
Tomas Jutenfäldt – Guitar
Niclas Svensson – Bass
Oscar Karlsson – Drums

https://www.facebook.com/gatesofishtarofficial

Vinnie Jonez Band – Nessuna Cortesia All’Uscita

I Vinnie Jonez sono un gruppo fuori dal comune, hanno molti pregi ma uno su tutti è quello di raccontare storie in maniera mirabile ed introspettiva, con una sostanza musicale che è una ottima mistura di rock pesante, stoner e tanto, tanto grunge, sia nel dna che nell’espressione sonora.

Il nome Vinnie Jonez Band già dovrebbe risvegliare qualcosa in chi ama improbabili centrocampisti gallesi, molto più a loro agio a sudare nell’ombra e a mangiare polvere, ma sono questi i nostri eroi preferiti, e questo gruppo musicale di Palestrina lo ha capito perfettamente.

In questo album d’esordio troverete una rara maniera di elaborare rock pesante in lingua italiana, come non si sentiva da tempo. Le coordinate sono da ricercarsi oltreoceano per le modalità, ma come stile è tutto italiano, proveniente da quella scuola che arriva da molto lontano, ma è passata per gruppi come i Ritmo Tribale, i Timoria nella loro età di mezzo e tanti altri, magari misconosciuti. I Vinnie Jonez sono un gruppo fuori dal comune, hanno molti pregi ma uno su tutti è quello di raccontare storie in maniera mirabile ed introspettiva, con una sostanza musicale che è una ottima mistura di rock pesante, stoner e tanto, tanto grunge, sia nel dna che nell’espressione sonora. Non ci stancheremo mai di dire quanto il grunge abbia e stia influenzando un certo tipo di musica e di gruppi, e si potrebbe addirittura affermare che non sia stato mai vivo come ora. La dimostrazione è questo album, Nessuna Cortesia All’Uscita, un piccolo capolavoro di come si possa coniugare musica interessante e grandi testi in italiano. Non c’è nulla di scontato in questo disco, ma una materia che viene fuori a poco a poco, che proviene dalle nostre interiora, e cresce solo se scaviamo dentro. Il rock pesante dei Vinnie Jonez Band è una proposta che mancava nel novero dei gruppi underground italiani, ed è assolutamente da sentire, sia per chi ha amato alla follia gli anni novanta sia per chi ama il rock pesante fatto con classe, e qui ne trovate molta, assieme ad altrettante idee.

Tracklist
01. Polvere
02. Silenzio
03. Vipera
04. Corri
05. Supernulla
06. Idolum
07. Sangue
08. Mi chiamo fuori
09. Nessuna cortesia

Line-up
Gianluca Sacchi – voce e chitarra
Marco Cleva – chitarra
Ludovico Gatti – basso
Andrea Ilardi – batteria

VINNIE JONEZ BAND – Facebook

BLACK LABEL SOCIETY

Il lyric video di “All That Once Shined”, dall’album “Grimmest Hits”, in uscita a gennaio (Spinefarm Records).

Il lyric video di “All That Once Shined”, dall’album “Grimmest Hits”, in uscita a gennaio (Spinefarm Records).

Inverted Serenity – As Spectres Wither

As Spectres Wither è un album che riconcilia con il metal estremo dalle ambiziose parti tecnico progressive e gli Inverted Serenity escono rinforzati nella loro già buona reputazione che li accomuna agli storici Death, leggermente più brutali ed al passo con gli anni che scorrono inesorabili, anche per il metal estremo.

Negli ultimi tempi gli album arrivati in redazione che riguardano la frangia più tecnica del death metal non mi hanno convinto più di tanto: tutti lavori ineccepibili sotto l’aspetto prettamente tecnico, ma che mancano di quel tocco compositivo in grado di passare da un’accozzaglia di funamboliche e cervellotiche articolazioni a musica estrema sostenuta da grande tecnica e contemporaneamente in grado di stringere l’ascoltatore in una morsa emotiva che non lo faccia stancare.

Se poi si parla di death metal, oscuro e brutale, l’anima progressiva deve per forza fare in modo che il songwriting mantenga una sufficiente forma canzone per essere apprezzato, ed è quello che succede con il terzo album dei deathsters canadesi Inverted Serenity.
Il quartetto torna sul mercato con As Spectres Wither, nove brani devastanti di death metal old school ma dall’anima progressiva, tecnicamente suonato al meglio e con un songwriting che mantiene quella forma canzone (come già scritto) non così scontata di questi tempi.
La musica dei nostri non esce troppo dai binari di un death metal furioso e dall’approccio tradizionale, ma si fa bello di un lavoro chitarristico sopra la media senza perdere un grammo in impatto.
Dead Dialectics dà fuoco alle polveri e quando il banco salta sono dolori, con la band che gira a mille, la velocità che incalza, gli stop & go che sono forieri di parti progressive e l’atmosfera da tregenda che viene nobilitata da spartiti ardenti sotto le note di Cornerstones e Grave.
Lunar Cradle conclude un album che riconcilia con il metal estremo dalle ambiziose parti tecnico-progressive, e gli Inverted Serenity escono rinforzati nella loro già buona reputazione che li accomuna agli storici Death, dei quali appaiono leggermente più brutali oltre che al passo con gli anni che scorrono inesorabili, anche per il metal estremo.

Tracklist
1. Dead Dialectics
2. Mitral Genesis
3. We Who Wander
4. Cornerstones
5. Paragon
6. Mechanical Gods
7. Grave
8. Lunar Cradle
9. Mountains of Stoke (Hidden Track)

Line-up
Benjamin Deveau – Drums
Drew Peacock – Guitars, Vocals
Marc-André Simard – Guitars, Vocals
Tomas Ingham – Bass, Vocals

INVERTED SERENITY – Facebook

Mistheria – Gemini

Gemini è un lavoro suggestivo, la tipica opera che va assaporata proprio come una composizione classica, e la durata tutt’altro che breve non inficia la fluidità dell’ascolto, tra scale neoclassiche, brani dal piglio power sinfonico e progressivo ed altri che lasciano le luci della ribalta ai tasti d’avorio del musicista italiano.

Quello tra metal e musica classica è un connubio che dura ormai da quasi mezzo secolo, almeno da quando i Deep Purple nel 1969 si unirono alla Royal Philarmonic Orchestra, condotta da Malcolm Arnold, per uno storico live show;
nel corso degli anni l’incontro si è verificato sempre più spesso dando vita a diversi lavori divenuti poi dei classici.

Dal metal tradizionale a quello estremo, con l’importante aiuto di molte soluzioni progressive, questa per molti sacrilega alleanza è divenuta uno splendido modo per portare la musica classica all’attenzione dei fans del metal, e viceversa.
Mistheria è un compositore e produttore italiano la cui lunga esperienza e la moltitudine di collaborazioni lo hanno portato a scrivere il suo nome su una settantina di opere, affiancando musicisti storici, autentiche leggende e nomi comunque importanti del rock/metal mondiale.
Finita la sua collaborazione con il mastodontico Vivaldi Metal Project – The Four Season, progetto che vede impegnati più di un centinaio di artisti metal e classici, si è dedicato alla stesura e composizione di Gemini, opera licenziata dall’attivissima Rockshots Records, aiutato da una manciata di musicisti della scena internazionale.
La Trans Siberian Orchestra, il nuovo volto sinfonico e classico dei Savatage, fa capolino da questa raccolta di composizioni che, come negli album del supergruppo statunitense, propone brani originali alternati a cover di brani classici, ma nel caso di Gemini in versione strumentale e più orientati ad un più accentuato neoclassicismo.
Non a caso tra gli ospiti spicca la presenza di Chris Caffery, alla chitarra insieme a Roy Z, Roger Staffelbach, Leonardo Porcheddu e Ivan Mihaljevic , di Steve Di Giorgio al basso, con Dino Fiorenza, e John Macaluso alla batteria, il tutto orchestrato da Mistheria che, oltre alle tastiere, si è occupato degli arrangiamenti.
Gemini è un lavoro suggestivo, la tipica opera che va assaporata proprio come una composizione classica, e la durata tutt’altro che breve non inficia la fluidità dell’ascolto, tra scale neoclassiche, brani dal piglio power sinfonico e progressivo ed altri che lasciano le luci della ribalta ai tasti d’avorio del musicista italiano.
Diviso in tredici brani che si possono considerare come veri e propri movimenti, Gemini troverà ottimi riscontri in chi ama tali sonorità, mentre lascerà indifferenti tutti gli altri, ma è indubbia la capacità di Mistheria nel saper far convivere le due anime principali del sound in modo fluido e armonico, regalando emozioni a più riprese.
Un lavoro impressionate che non può mancare nella discografia degli amanti del metal classico e di quello orchestrale.

Tracklist
01 – Hands Of Fire
02 – Angels In The Shadow
03 – Fight Of The Bumblebee
04 – Moonlight Sonata
05 – Air “The Day After”
06 – Devil’s Step
07 – Prayer To God
08 – Prog Fantasy
09 – Falling Stars
10 – My Dear Chopin
11 – Asturias
12 – Adagio in G minor
13 – Metal Piano Sonata op.13

Line-up
Mistheria – music, arrangements, keyboards
Roger Staffelbach – guitar
Leonardo Porcheddu – guitar
Ivan Mihaljevic – guitar
Steve Di Giorgio – bass
Dino Fiorenza – bass
John Macaluso – drums

Chris Caffery – guitar
Roy Z – guitar

MISTHERIA – Facebook

SILENT WHALE BECOMES A° DREAM – REQUIEM

Un album in cui non c’è niente da perdere,se non sé stessi. Un ascolto che nemmeno ad un muro potrebbe risultare anonimo. È una porta aperta per una stanza di cui voi decidete il contenuto,irrazionalmente. Fatevi guidare dal vento gelido di questa band in un viaggio che sfugge agli occhi indiscreti.

Il concetto di “giudizio”, divino o umano che sia, è sempre soggetto a distorsioni e mistificazioni.

E allora a spiegarcelo meglio ci pensano i francesi Silent Whale Becomes A° Dream con il loro terzo album Requiem.
Perché di giudizio si parla, nella sua accezione più pura, quella da cui nessuno può nascondersi. È quello della coscienza, e di un mondo capace di assoggettare anche i più magnanimi a sensi di colpa inesistenti.
Come nei lavori precedenti, alla band francese non servono addobbi particolari, ma bastano quattro brani per raccontare qualcosa (addirittura, in Architeuthis era solo uno). Il titolo dell’album, così come quelli delle singole canzoni, rimanda al Dies Irae, proprio una delle sequenze del Requiem. La lingua latina, oltre che madre della nostra, risulta eternamente elegante e capace di immortalare ogni sensazione, come in questo caso.
Non si lasciano scappare questi particolari i nostri amici francesi, creando un mondo in musica verso il quale si può solo mettersi comodi, ma mai passivi. 57 minuti e 46 secondi in cui il benessere sconfinato ed eterno si intreccia all’inquietudine incalzante, all’angoscia che sta in agguato e sempre fa parte di noi.
Non manca la sana malinconia, per un futuro che si compone piano piano durante l’ascolto, e la breve pausa intorno al terzo minuto del brano Recordàre assomiglia ad un profondo respiro chiarificatore.
Questo calderone di emozioni si relaziona con lo scenario, che assume qui un ruolo quasi mistico, del mare. Dal mare può provenire un pericolo, ma soprattutto proviene il giudizio, il confronto. Ispirati dal mare, i francesi producono un sound quasi elitario, sulla scia dei God is an Astronaut, solo ed esclusivamente per chi sarà paziente e capace di seguirli, ma soprattutto di seguire sé stesso.
Ma come finirà questo loro racconto? Una risposta forse possiamo trovarla nel pezzo finale Lacrymósa Dies Illa (Giorno di lacrime, quello), che si sposta senza problemi, come delle soffici onde, tra inferno, purgatorio e, dulcis in fundo, paradiso. Come negli altri brani, vi è un’esplosione improvvisa, ma stavolta ha dei connotati diversi. Stavolta possiamo percepire la grandiosità nonostante i travagli passati.
In definitiva, i Silent Whale Becomes A° Dream hanno le idee chiare pur in un percorso che si mette sempre in discussione per sua stessa natura, e forse la parola chiave adatta per i loro lavori futuri, più che “giustizia” può essere “curiosità”.

Tracklist
1.Dies Iræ, Dies Illa
2.Cor Contritum Quasi Cinis
3.Recordàre
4.Lacrymósa Dies Illa

Line-up
S.
D.
E.
M.

SILENT WHALE BECOMES A° DREAM – Facebook

Minipony – Imago

Dischi come questo mostrano quante potenzialità ancora inesplorate ci siano nella musica pesante, un viaggio che continua.

I Minipony sono un duo formatosi a Bologna nel 2012, composto da Amadeus Galiano alla chitarra ed Emilia Moncayo alla voce, campionamenti e rumore.

La loro musica è uno strano e devastante ibrido di metal sperimentale, unito ad una dose di djent e qualcosa del thrash. Infatti il thrash doveva essere il genere prescelto come indirizzo sonoro, ma alla fine è prevalsa la curiosità e la voglia di percorrere sconosciuti sentieri sonori. Il loro suono è molto all’avanguardia, un attacco sonoro con linee musicali simili a quelle dei Meshuggah, per intenderci, spesso a ritroso nel tempo, con un’aggressività notevole e molto forte. Ci sono momenti nei quali si rimane sospesi come nei dischi del gruppo svedese, anche se qui si parla di qualcosa di maggiormente influenzato da generi dalle coordinate molto tecniche. Il fatto che siano solo in due non è per nulla limitante, anzi si rivelano un piccolo esercito metallico che avanza noncurante creando stati mentali differenti. Le voci maschili e femminili si alternano in maniera molto adeguata, creando un valore aggiunto. Il mondo che questo disco di esordio va a comporre è fatto di tante storie diverse, il tutto raccontato con una musica davvero devastante e completa sotto ogni punto di vista. Lavori come questo mostrano quante potenzialità ancora inesplorate ci siano nella musica pesante, un viaggio che continua. Attualmente i Minipony si sono trasferiti in Ecuador per la composizione e produzione di un altro disco e stanno preparando anche uno spettacolo da portare in giro per il mondo.

Tracklist
1.Intro
2.MilkWithSilk
3.Finish Hanging Drain Big Red Space
4.Gatos
5.Imago
6.The Meeting
7.Dragònprincesa
8.Human Centipede
9.Elephants Walking Over Spider Webs
10.Minipony Meat

Line-up
Amadeus Galiano – guitars, drums programming
Emilia Moncayo – lyrics, vocals, sampling

MINIPONY – Facebook

Black Hole – Evil In The Dark

Evil In The Dark è un album che va lavorato non poco per apprezzarne il sound fuori dai consueti schemi: un’opera di un’originalità unica, oscura e a tratti opprimente, destinata a lasciare il segno.

I veronesi Black Hole fanno parte di quella eletta schiera di band provenienti dagli anni ottanta che si possono sicuramente considerare di culto.

Il leggendario primo album, uscito nel 1985, è ancora oggi considerato uno dei lavori più oscuri mai usciti, non solo nella nostra penisola, così come un’aura misteriosa ha sempre accompagnato il leader Robert Measles, polistrumentista, personaggio schivo e fuori dai consueti circuiti che accomunano gran parte dei musicisti.
Il loro ultimo lavoro targato 2000 non era altro che una raccolta di registrazioni datate 1988/89, poi ancora silenzio prima che l’Andromeda Relix arrivasse a licenziare Evil In The Dark, opera che raccoglie vecchie sessioni dei primi anni novanta e nuove tracce.
Detto che la formazione dei Black Hole comprende Robert Measles, alle prese con voce, tastiere e drum machine, il chitarrista Michael Sinnicus ed il batterista Robin Hell, che compare su tre tracce, ci inoltriamo tra le trame occulte ed esoteriche di questa mastodontica opera oscura intitolata Evil In The Dark e nella sua alternanza di parti doom metal, dark e new wave anni ottanta, unite a sprazzi di progressive dark rock.
Un album di difficile catalogazione, un ascolto assolutamente affascinante ma dannatamente ostico, almeno per i canoni odierni; la musica dei Black Hole, infatti, è fortemente legata ad un concetto apocalittico, a tratti da colonna sonora, in altri momenti legata da un filo di spine alla musica elettronica e alla dark wave meno commerciale, cosa che si evince specialmente nelle due parti di X Files, cuore di questo lungo viaggio in quello che è, nella sua interezza, un peregrinare tra la parte più oscura di questo drammatico nuovo millennio.
Non fatevi ingannare dall’artwork : il cimitero sconsacrato, le croci rovesciate sulle tombe, i tre loschi figuri incappucciati con le asce sporche di sangue e l’oscura fortezza sul retro non vi porteranno tra facili storielle fantasy, ma toccherete con mano la terribile paura dell’occulto e della morte, del mistero e di un futuro incerto con le fredde tastiere dal suono che si insinuerà nella vostra testa come un diabolico serpente.
Evil In The Dark è un album che va lavorato non poco per apprezzarne il sound fuori dai consueti schemi: un’opera di un’originalità unica, oscura e a tratti opprimente, destinata a lasciare il segno.

Tracklist
1.Evil in the Dark
2.Alien Woman
3.Holy Grail
4.Octopus Tenebricus
5.The Way of Unwitting
6.Astral World
7.X Files
8.X Files Part II
9.Inferi Domine
10.Dangerous Beings
11.Nightmare
12.The Final death

Line-up
Robert Measles – All instruments
Michael Sinnicus – Guitars
Robin Hell – Drums

BLACK HOLE – Facebook

Purple Hill Witch – Celestial Cemetery

Il sound proposto dal gruppo è un doom metal classico, spogliato su questo lavoro dai pochi elementi stoner presenti sul precedente e più orientato alla psichedelia, tra Black Sabbath, Pentagram e Hawkwind.

I Purple Hill Witch sono un trio norvegese attivo dal 2010 e Celestial Cemetery è il loro secondo full length, licenziato dalla The Church Within Records e successore del debutto omonimo di tre anni fa.

Il sound proposto dal gruppo è un doom metal classico, spogliato su questo lavoro dai pochi elementi stoner presenti sul precedente e più orientato alla psichedelia, tra Black Sabbath, Pentagram e Hawkwind.
Una quarantina di minuti viaggiando dentro ad allucinanti storie di streghe, sinistri paesaggi medievali e terre oscure, un lento inoltrarsi in riti secolari con il tempo battuto da un basso pulsante, mentre la sei corde vola tra nuvoloni tempestosi, cieli oscurati dal terrore, mentre la liturgia metallica impartisce sfumature retrò, mistiche ed occulte.
Ghouls In Leather apre le danze, monumentali riff si scontrano con le atmosfere psycho rock di cui il sound dei Purple Hill Witch è pregno, mentre la title track è strutturata su un andamento più classicamente sabbathiano, con la voce che mantiene il tono evocativo classico del genere.
Around The Universe e la conclusiva Burnt Offerings confermano la devozione del trio per il sound dei gruppi citati in precedenza, non smuovendosi di un centimetro dal muro sonoro dei primi brani ed arrivando al termine senza grossi cedimenti ma neppure sorprese.

Tracklist
1. Ghouls in Leather
2. Harbinger of Death
3. Celestial Cemetery
4. Around the Universe
5. Menticide
6. The First Encounter
7. Burnt Offering

Line-up
Kristian – Guitar & Vocals
Andreas – Bass
Øyvind – Drums

PURPLE HILL WITCH – Facebook

L’Infinito Abisso Dell’Anima – In Viva Morte Morta Vita Vivo

Ciò che viene offerto dalla coppia di musicisti è un black atmosferico e depressivo dalla notevole intensità, cantato in italiano, e con un senso melodico sempre ben presente anche quando i ritmi si fanno più incalzanti.

L’Infinito Abisso Dell’Anima è un duo bergamasco formato da Ivan Bonomi e Vito Burini, al passo d’esordio con questo ottimo In Viva Morte Morta Vita Vivo.

Ciò che viene offerto dalla coppia di musicisti è un black atmosferico e depressivo dalla notevole intensità, cantato in italiano e quindi dai testi più facilmente comprensibili nonostante siano declamati per lo più tramite uno screaming in linea con il genere, alternato sovente ad un declamatoria voce pulita.
Se a livello lirico il lavoro talvolta tende ad eccedere in enfasi, nel tentativo di descrivere in maniera quanto mai esplicita un male di vivere che sfocia infine in una morte dai connotati liberatori, l’aspetto musicale è oltremodo convincente perché vengono superati brillantemente certi minimalismi del depressive black, pur mantenendone le linee guida essenziali.
E’ appunto grazie a questo che l’operato dei due spicca sulla concorrenza, proprio perché la tensione nel lavoro è costantemente alta, grazie al contributo di un senso melodico sempre ben presente anche quando i ritmi si fanno più incalzanti.
L’aforisma di Giordano Bruno che dà il titolo all’album ben inquadra gli intenti ed il sentire che vengono riversati senza pausa nel lavoro e, alla fine, i cinque brani attestati su nove minuti medi di durata coinvolgono adeguatamente, restituendo tutto il disagio che viene espresso tramite il suo genere musicale d’elezione, del quale vengono esaltate, come detto, le caratteristiche salienti, incluso il ricorso ad una produzione non limpidissima.
A livello personale ritengo che il lavoro offra il meglio all’inizio ed alla fine, con l’apertura di grande impatto affidata a Condannato All’Oblio e la chiusura improntata sul cupo e più rallentato incedere di Vertigini, dove l’intensità creata dal connubio tra le due voci raggiunge picchi notevoli, ma gli episodi centrali si rivelano tutt’altro che marginali od inferiori, essendo ovviamente fondamentali per comprensione e la condivisone della poetica che pervade l’intero album.
Chi ama questo tipo di approccio e di sonorità si può avvicinare, quindi, senza indugi a questa prima opera firmata L’Infinito Abisso Dell’Anima.

Tracklist:
1. Condannato All’Oblio
2. Spiragli D’Ombra
3. Quello Che Resta
4. Nenia
5. Vertigini

Line-up:
Ivan Bonomi: vocals, desperation, keyboards and lyrics
Vito Burini: guitars, bass, vocals and lyrics

L’INFINITO ABISSO DELL’ANIMA – Facebook

RUXT – 2/12/2017 – L’Angelo Azzurro

Sabato 2 dicembre, presso L’Angelo Azzurro Club di Genova-Borzoli, i RUXT presenteranno al pubblico il nuovo album Running Out Of Time.

Sabato 2 dicembre, presso L’Angelo Azzurro Club di Genova-Borzoli, i RUXT presenteranno al pubblico il nuovo album Running Out Of Time.

Misto – Helios

La giusta durata che non lascia spazio alla prolissità è un valore aggiunto alla fruibilità dell’opera, così che Helios si possa apprezzare nella sua interezza, mentre le onde si placano ed il nostro mare torna placido sulle ultime note di Time To Destroy My Life Capsule.

La musica di Misto è come il mare su cui si affaccia la sua città, Genova.

Da calma e tranquilla si increspa irrequieta o diventa impetuosa come le lunghe onde quando i venti soffiano forti , per poi tornare a dormire e, sonnecchiando, cullare la mente e il fisico di noi che da essa ci nutriamo, avidi di note.
Misto è il progetto solista del polistrumentista Mirko Viscuso, al secondo lavoro dopo l’ep Infinite Mirrors, licenziato lo scorso anno.
Parliamo di post rock strumentale, dall’anima progressiva e a tratti introspettivo, poetico ed incline ad un leggero mood psichedelico che lo rende misterioso, liquido e molto affascinante, proprio come il mare e come tale soggetto a repentini cambi di umore, in un vortice di tempi che non danno una precisa identità al sound, ma variano e si alternano, tra rock ed elettronica con  le burrasche elettriche che  agitano lo spartito avvicinandosi al post metal (Set Your Farearms Against The Sun).
Ma come per il mare, passata la tempesta si torna in armonia prima che attimi di musica dalle reminiscenze pinkfloydiane valorizzino la bellissima title track.
Helios è un lavoro strumentale che, come ci hanno abituato le giovani generazioni di musicisti, lascia da parte ogni forma di autocompiacimento tecnico a favore di un approccio emotivo altissimo: la giusta durata che non lascia spazio alla prolissità è un valore aggiunto alla fruibilità dell’opera, così che Helios si possa apprezzare nella sua interezza, mentre le onde si placano ed il nostro mare torna placido sulle ultime note di Time To Destroy My Life Capsule.

Tracklist
1.Buried Under Remote Lands
2.Polemic Guy Wants To Fight
3.Daffodils Crashing Into The Water
4.Set Your Firearms Against The Sun
5.Helios
6.Time To Destroy My Life Capsule

Line-up
Mirko Viscuso – All instruments

MISTO – Facebook

Hyrgal – Serpentine

La fertile scena black metal francese fa scaturire dai suoi più reconditi anfratti gli Hyrgal, al loro esordio con questo interessante Serpentine.

La fertile scena black metal francese fa scaturire dai suoi più reconditi anfratti gli Hyrgal, al loro esordio con questo interessante Serpentine.

Il trio di Bordeaux si muove nei solchi tracciati dai principali gruppi transalpini, nel senso che ben difficilmente in quelle lande troveremo un’adesione fedele ai dettami originari del genere, bensì un approccio più obliquo e talvolta (anche troppo) sperimentale.
Gli Hyrgal provano con successo a intraprendere una via intermedia, non rinnegando le basi canoniche del genere ma infiorettandole  delle giuste atmosfere senza disdegnare declivi che portano con successo a certo post black o, comunque, a sonorità più aperte e sognanti che sono caratteristica rinvenibile più facilmente al di là dell’Atlantico.
Ma tutto sommato gli scenari offerti dalle foreste del Canada o degli stati più settentrionali degli USA non sono così dissimili dai paesaggi alpini che entrano con forza nell’immaginario lirico e musicale dei nostri: in tal senso questa vicinanza produce gli effetti desiderati, grazie anche ad un prestazione complessiva di grande spessore che trova, per esempio, una testimonianza eloquente nella splendida Mouroir, traccia contraddistinta da un constante crescendo ritmico ed emotivo, ma non è certo da sottovalutare l’impatto di una Aux Diktats de l’Instinct, incalzante quasi fino all’asfissia.
Il trio aquitano convince con una prestazione solida e puntuale, dalla base ritmica incessante (Quentin Aberne,  basso, ed Emmanuel Zuccaro, batteria) alla prova del vocalist e chitarrista Clément Flandrois, capace di offrire pregevoli assoli nel brano di punta Etrusca Discipina, posto in chiusura del lavoro a suggellare la bontà dell’operato degli Hyrgal con un’apprezzabile varietà ritmica ed atmosferica; del resto la combinazione tra il genere, la provenienza geografica e l’etichetta responsabile dell’immissione sul mercato (la Naturmacht) era già di per sé garanzia di qualità per un buon 50%, per il resto tutto il merito va ai bravi e consigliati Hyrgal.

Tracklist:
I – L’Appel
II – Mouroir
III- Till
IV – Représailles
V – Aux Diktats de l’Instinct
VI – Rite
VII – Etrusca Disciplina

Line-up
Clément Flandrois – Vocals, Guitars
Quentin Aberne – Bass
Emmanuel Zuccaro – Drums

HYRGAL – Facebook

Urarv – AURUM

Aldrahn, il carismatico leader, afferma “we’re traveling to remote regions of metal music and mental space with this music”. Sono sicuramente sulla buona strada!

La faccia moderna del black metal è quella mostrata dai norvegesi Urarv che esordiscono, dopo un demo del 2016, con Aurum per la Svart Records: band nuova, ma capitanata da una “vecchia” conoscenza come Aldrahn, con illustre passato alle vocals e alle chitarre in Thorns, Dodheimsgard di Kronet Till Longe, Monumental Possession, A Umbra Omega senza dimenticare gli Zyklon-B.

Tutte band di alto livello alle prese con le diverse sfaccettature del black, dall’avantgarde all’ industrial e anche il nuovo progetto proclama con fierezza che l’arte nera ha sempre e ancora molto da dire. Opera potente, a suo modo visionaria, che in otto brani devastanti mostra sotto la superficie tante particolarità che possono essere colte dopo ripetute frequentazioni del disco; i ritmi martellanti carichi di tensione di Ancient DNA fanno da impalcatura per le linee melodiche nervose e spigolose della chitarra e le vocals, vero trademark, passano da veri e propri ululati a scenari deliranti, scagliando invettive piene di sinistro odio. Aldrahn ha un suo particolare stile, non è uno scream classico, ha una capacità interpretativa magnetica che identifica e rende peculiare ogni brano; in Broken Wand le linee vocali sono malevole e per niente rassicuranti, trascinando l’ascoltatore verso un abisso profondo, mentre la musica prodotta dal trio (Sturt al basso e Trish alla batteria) cavalca impetuosa per ricercare “uncharted territories”.
L’ inizio terremotante di Guru, nel suo impressionante divenire, scaglia proiettili incandescenti che annichiliscono il non prudente ascoltatore; le atmosfere gelide di Valens Tempel ricordano pagine indelebili del miglior black nordico, ma proiettano anche il suono verso spazi inesplorati, con vocals istrioniche e cangianti.
I nove minuti della finale Red Circle sublimano la ricerca sonora della band, con un suono teso, carico, dove la linea melodica si deve ricercare nel profondo della struttura e non affiora mai in superficie.
Band strana al di fuori dei normali canoni del genere, ma affascinante nella sua ricerca di un suono personale: credo però che il meglio debba ancora arrivare!

Tracklist
1. Forvitringstid
2. Ancient DNA
3. The Retortion
4. Broken Wand
5. Guru
6. Valens Tempel
7. Fancy Daggers
8. Red Circle

Line-up
Aldrahn – Guitars, Vocals
Sturt – Bass
Trish – Drums

URARV – Facebook

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