Autori Vari – Mister Folk Compilation Vol. VI

Un viaggio che vi regalerà immense sorprese, una meravigliosa porta per entrate in un reame fantastico e tutto da esplorare con ripetuti e compulsivi ascolti, guidati dalle ottime scelte di un ragazzo come Fabrizo che con passione e competenza ama l’underground e lo fa conoscere attraverso la sua webzine e con queste magnifiche raccolte in download libero.

Come ogni anno torna la raccolta del miglior sito italiano di folk e viking metal in Italia, misterfolk.com, gestito dall’infaticabile Fabrizio Giosuè, autore anche dei fondamentali testi Folk Metal e Tolkien Rocks.

Siamo arrivati al sesto episodio, e i precedenti cinque erano davvero validi, oltre che essere in download libero allo scopo di valorizzare e far conoscere il validissimo sommerso di questi due sottogeneri del metal. In questa raccolta si possono ascoltare brani di gruppi di elevata qualità e sarebbe ingiusto citarne uno in particolare; allora ecco qui la lista completa con le loro nazionalità: Heidra (DK), Dyrnwyn (ITA), Bucovina (RO), Kanseil (ITA), Nebelhorn (D), Calico Jack (ITA), Alvenrad (NL), Storm Kvlt (D), Sechem (SPA), Bloodshed Walhalla (ITA), Ash Of Ash (D), Draugul (M), Evendim (ITA), Duir (ITA), Aexylium (ITA), Kaatarakt (CH), Balt Huttar (ITA), Moksh (IND).
Fra questi nomi ci sono formazioni che abbiamo già ascoltato e recensito su queste pagine, e altre che saranno ottime e gradite scoperte. La compilation racchiude in sé lo spirito della webzine, ovvero ricercare le perle nascoste di folk e viking metal, descrivendo l’ottimo momento che stanno attraversando. In molti luoghi, e forse anche vicino a voi, ci sono giovani e meno giovani che stanno compiendo un viaggio molto interessante attraverso sonorità e tematiche che si rifanno al passato, che non sono mero escapismo ma la ricerca di un qualcosa che si possa narrare con il metal come punto cardinale. Questi suoni sono caldi, coinvolgenti, belli e colpiscono al cuore, distogliendoci dalla modernità e riportandoci in un luogo che la nostra anima già conosce, senza negare le asperità di un passato che è comune. Musicalmente la compilation presenta una ricchezza non scontata e come i cinque episodi precedenti è di alto livello, ma questo sesto episodio rende chiaro che la maturità di questi sottogeneri sta producendo autentici capolavori, sia dal punto di vista della composizione e dell’esecuzione sia del pathos. Con questo regalo di Mister Folk si può spaziare da covi di pirati all’Antico Egitto, da villaggi delle valli del Nord Italia all’Isola di Smeraldo, da campi di battaglia dove svetta l’aquila romana fino alla remota India. Un viaggio che vi regalerà immense sorprese, una meravigliosa porta per entrate in un reame fantastico e tutto da esplorare con ripetuti e compulsivi ascolti, guidati dalle ottime scelte di un ragazzo come Fabrizio che, con passione e competenza, ama l’underground e lo fa conoscere attraverso la sua webzine e con queste magnifiche raccolte in download libero. Una menzione speciale per il bellissimo e consueto artwork di Elisa Urbinati, sempre molto elegante ed minimalmente affascinante.

MISTER FOLK – Facebook

MISTER FOLK COMPILATION Vol. VI

THE ETERNAL

Il video di ‘Don’t Believe Anymore’, dall’album ‘Waiting For The Endless Dawn’.

Il video di ‘Don’t Believe Anymore’, dall’album ‘Waiting For The Endless Dawn’.

Australian progressive doom metal band The Eternal have released a new music video for the song ’Don’t Believe Anymore’ from their critically acclaimed album ‘Waiting For The Endless Dawn’.

‘Don’t Believe Anymore’ was originally recorded by Australian band Icehouse on their 1984 album ‘Sidewalk’. On why The Eternal chose this song to be the bands first recorded cover song, Singer / Guitarist Mark Kelson elaborates: ‘Icehouse and frontman Iva Davies are firmly cemented in Australian music history and are a huge part of the sound of Australian music in the 80’s. I felt this song would sit so well amongst our other material and would also be a homage to our Australian heritage. I think this can bring to a wider audience, that Australians have been making dark and emotive music for a very long time’.

The video for ‘Don’t Believe Anymore’ has been beautifully put together by long time collaborators Red Tape Pictures in Brisbane, Australia and can now be viewed on the Inverse Records Youtube channel.

The Eternal have released their 6th full length studio album ‘Waiting For The Endless Dawn’ through Finnish label Inverse Records in August 2018. Featuring 75 minutes of dark melancholic progressive influenced Doom Metal including the epic 20 minute single ‘The Wound’. The band spent over 3 years writing and recording what can be best described as the bands darkest & heaviest album to date.

The album has been receiving rave reviews internationally and also finished in several ’Top 10 albums of 2018’ lists on major metal sites around the world. ‘Waiting For The Endless Dawn’ is now available on all major online services such as Spotify, iTunes & Apple Music through Inverse Records.

The current incarnation of the band featuring Mark Kelson (Alternative 4, Insomnius Dei, Cryptal Darkness), Martin Powell (My Dying Bride, Cradle of Filth, Anathema), Marty O’Shea (Dreadnaught) & Dave Langlands alongside the addition of renowned Australian guitarist Richie Poate (Dreadnaught).

‘Waiting For The Endless Dawn’ proves to be a heavy hearted, dark statement in the bands diverse and long career, which will see the band endeavouring to tour extensively and performing the album in it’s entirety in 2018 and beyond.

http://www.the-eternal.com
http://www.facebook.com/theeternal
http://theeternal.bandcamp.com
https://www.instagram.com/theeternalofficial/

Ichor – Hadal Ascending

Gli Ichor danno vita ad un lavoro più che sufficiente per solleticare i palati dei deathsters sempre a caccia di mostruose entità nell’underground metallico mondiale.

Nel profondo degli abissi si aggira una creatura mostruosa, terrificante sovrana del buio e del silenzio, temibile e temuta da chi si avventura in un mondo sconosciuto come quello delle profondità marine.

Ichor è la bestia death metal che stazionerà nei vostri incubi, animata da una band attiva da una decina d’anni e arrivata al quarto full length.
Il mare ed il suo lato più misterioso fanno da ispirazione al gruppo tedesco per quello che è un buon esempio di metal estremo, tra sonorità classiche e potenza deathcore confluite in una quarantina di minuti in cui veniamo soffocati da una coltre di lava doom, come se un vulcano sommerso cominciasse ad eruttare l’inferno.
Potentissimo e a tratti monolitico, Hadal Ascending alterna mitragliate velocissime a rallentamenti atmosferici e marziali mid tempo, lasciando comunque che l’ascoltatore mantenga l’attenzione, sballottato come in una burrasca prima che affondi e l’abisso lo inghiotta.
La band dà il meglio di sé quando usa le carte atmosferiche a sua disposizione e i brani si susseguono permeati di un’opprimente aura epica e terrorizzante, ben evidenziata tra le note di In Ecstasy, Black Dragons e le due tracce che concludono l’opera, Children Of The Sea e Conquering The Stars.
Promossi e consigliati agli amanti del metal estremo di stampo death, gli Ichor danno vita ad un lavoro più che sufficiente per solleticare i palati dei deathsters sempre a caccia di mostruose entità nell’underground metallico mondiale.

Tracklist
1.Paradise Or Perdition
2.Tales From The Depths
3.Black Incantation
4.In Ecstasy
5.A Glowing In The dark
6.Black Dragons
7.Architect Of The Pportal
8.The march
9.Children Of The Sea
10.Conquering The Stars

Line-up
Norb – Bass
Dirk – Drums
Daniel – Guitars
Jo – Guitars
Eric – Vocals

ICHOR – Facebook

ALL BUT FACE

Il video di “Dark Angels” (Heavy Load / Freemood).

Il video di “Dark Angels” (Heavy Load / Freemood).

Dopo il primo singolo e video d’esordio “Steel”, gli All But Face tornano con il nuovo lavoro intitolato “Dark Angels”; brano che prosegue il percorso artistico del sestetto di Piacenza, in cui le sonorità metalcore si miscelano con elementi di elettronica e dubstep.

Il nuovo singolo è accompagnato da un videoclip diretto da Niccolò Savinelli, dove la band viene raffigurata in un ambiente oscuro tra manichini e luci al neon.

L’atmosfera cupa si collega all’argomento trattato nel testo, ispirato alla vicenda reale di una persona, che nonostante le proprie capacità e la stima che riceveva, si è lasciata convincere del proprio fallimento da un ambiente tossico popolato da figure negative.

Viene così immaginato un dialogo interiore tra questa persona e delle entità chiamate Dark Angels, che malauguratamente l’hanno consumata e portata verso la fine.

I Dark Angels rappresentano così una metafora per descrivere l’oscurità che si insinua nella vita di chi non ha abbastanza forza per impedirlo. Essi non permettono di vedere con chiarezza ciò che accade intorno a chi li subisce.

A questo punto diventa facile farsi convincere da loro che la propria è una vita fatta di frustrazioni, solitudine, inadeguatezza e fallimento, affidarsi a loro per sprofondare sempre più giù, diventando schiavi senza una via d’uscita.

La soluzione però risiede in noi stessi e nella forza di volontà che dobbiamo avere nell’accettarci per come siamo e per quello che abbiamo, impegnandoci nel far andare la nostra vita come solo noi vogliamo così che dal buio possa riemergere la luce più brillante.

PUBLISHING: Tanzan Music Ed. Musicali Srl (SUISA)

Genere: Metal Core / Elettronica

ARTISTI di Riferimento
Bring Me The Horizon, Linkin Park, Asking Alexandria

Biografia
Gli All But Face nascono nel 2015 con l’idea di unire il metalcore alla dubstep, prendendo le mosse da gruppi come Linkin Park, Bring Me The Horizon e Asking Alexandria, e dagli artisti più moderni attivi in entrambi i generi. La formazione raggiunge la sua stabilità nella primavera del 2017, con Fabio Riccó alla voce, Andrea Chicchi e Gianluca Bolzoni alle chitarre, Vincenzo Ferrari al basso, Andrea Losi alla batteria e Matteo Losi all’elettronica. Con questa formazione cominciano a registrare le canzoni che erano state scritte fino a quel momento e a suonare live, processo che porta alla pubblicazione del primo singolo, con il video, “Steel” nel settembre 2018, e di “Dark Angels” (Gennaio 2019). Altra musica e altre novità seguiranno nel corso del 2019.

LINE UP:
Fabio Riccò – Voce
Vincenzo Ferrari – Basso
Andrea Chicchi – Chitarra
Gianluca Bolzoni – Chitarra
Matteo Losi – Elettronica
Andrea Losi – Batteria

www.facebook.com/allbutfaceofficial
www.freemoodpromotion.com
www.tanzanmusic.com

D-Sense – #savemehello

La sterminata scena russa sta regalando gruppi molto interessanti, e molti sono particolari come i D-Sense, che si muovono leggeri e aggraziati, senza farci mai mancare qualche bella chitarra distorta.

I russi D-Sense sono un gruppo che propone una miscela dolce di rock alternativo con innesti elettronici molto vicino alle cose degli anni novanta.

Non c’è aggressività in queste tre canzoni che rappresentano il loro debutto discografico, nel quale troviamo una confluenza di vari generi, tutti dominati dalla bella voce femminile di Nana, che ha la capacità di spaziare fra i vari registri sonori senza mai perdere il proprio timbro e la propria impronta. Addentrandosi nell’ascolto del disco si coglie anche l’importanza dell’elettronica nell’economia sonora del gruppo, nel senso che essa è il mezzo per trovare nuove situazioni sonore, ricercando sempre una situazione diversa. Nel complesso il sound è ben bilanciato ed esibisce un aspetto il più possibile variegato, avendo come colonna portante la melodia, vero e proprio spirito guida del gruppo, sempre presente e trattata con cognizione di causa. Alcuni potrebbero affermare che i D-Sense siano un gruppo fuori dal tempo, nel senso che ripropongono un suono che era famoso anni fa, ma alla fine questi ragazzi si rivelano accattivanti facendo ciò che piace loro di più, e l’importante è questo. La sterminata scena russa sta regalando gruppi molto interessanti, e molti sono particolari come i D-Sense, che si muovono leggeri e aggraziati, senza farci mai mancare qualche bella chitarra distorta. Un gruppo interessante, aspettando qualcosa in più di tre soli pezzi.

Tracklist
1. Butterfly
2. Till The End
3. #savemehello

Line-up
Nana – Vocals
Andy Nova – Guitars and Programming
Muxeu4 – Bass
Artem P – Drums
Lercha (SOULSHOP) – guest vocal on TILL THE END & #SAVEMEHELLO

D-SENSE – Facebook

Dødsferd – Diseased Remnants of a Dying World

Diseased Remnants of a Dying World finisce per risultare in lavoro decisamente gradevole, tra momenti di grande spessore, con intuizioni melodiche non banali, ed altri non disprezzabili ma molto meno incisivi.

I Dødsferd sono una band tra le più esperte nonché prolifiche della scena black ellenica.

Nel corso di una carriera iniziata nei primi anni del secolo, il gruppo, sempre guidato dal fondatore Wrath, ha cercato di esplorare le diverse sfaccettature del genere con risultati alterni e in fondo questi decimo full length è a suo modo l’emblema dell’attuale status dei Dødsferd, in costante bilico tra i canoni del genere e pulsioni post rock e post metal:
la varietà stilistica non sempre paga gli stessi dividendi perché spesso, a fronte di una gradita imprevedibilità, finisce per emergere a tratti un senso di frammentarietà.
Al riguardo, un ottimo brano come la title track sembra quasi essere un episodio a sé stante, pur ricollegabile comunque alla sognante opener My Father, My Wrath! più che al diretto black di An Existence Without Purpose  e agli spunti depressive di Loyal to the Black Oath, per non parlare della disturbante ambient della conclusiva Back to My Homeland… My Last Breath.
Alla luce di tutto questo, Diseased Remnants of a Dying World finisce per risultare in lavoro decisamente gradevole, tra momenti di grande spessore, con intuizioni melodiche non banali, ed altri non disprezzabili ma molto meno incisivi.
Non ci sarebbe niente di male se tutto ciò fosse offerto da una band di conio più recente, ma il fatto che un un gruppo di tale esperienza dia la sensazione d’essere ancora alla ricerca di una fisionomia più definita qualche perplessità finisce per lasciarla.

Tracklist:
1. My Father, My Wrath!
2. An Existence Without Purpose
3. Diseased Remnants of a Dying World
4. Loyal to the Black Oath
5. Back to My Homeland… My Last Breath

Line-up:
Wrath – All vocals, rhythm and lead guitars
Neptunus – Bass
Setesh – Rhythm and lead guitars, solos, acoustic guitar

DODSFERD – Facebook

Give Up The Ghost – Before Heading Home

Un ep convincente, con sei brani che ci presentano un gruppo da tenere d’occhio, visti i margini di miglioramento e le strade non così scontate che potrebbero essere percorse in futuro.

Melodic death o metalcore?’

Per quanto riguarda il primo lavoro dei riminesi Give Up The Ghost la verità sta nel mezzo, nel senso che il loro sound risulta personale e meritevole di attenzione, amalgamando sagacemente death melodico, gothic e metalcore.
Before Heading Home è il loro primo ep, uscito sul finire dello scorso anno e composto da sei brani, con l’apertura lasciata ad Archetype, canzone scelta come singolo e che è il sunto di quello che si ascolterà nel proseguo.
Licenziato dalla Volcano Records, l’album è stato realizzato nell’arco di due anni e si sofferma a livello lirico sul periodo che intercorre tra la fine di un viaggio ed il ritorno a casa.
Una voce femminile duetta con il growl, che conferisce un’anima gothic ai brani, mentre la band passa agevolmente tra ritmiche più tirate e di matrice death a mid tempo che si rifanno al metal più moderno: le orchestrazioni hanno la loro importanza, ma non sono invadenti così come le divagazioni folk delle splendide Zwbriwska e Voluspa, tracce che concludono ottimamente il lavoro.
Un ep convincente, con sei brani che ci presentano un gruppo da tenere d’occhio, visti i margini di miglioramento e le strade non così scontate che potrebbero essere percorse in futuro.

Tracklist
1. Archetype
2. The Longest Dive
3. The Barbaric Way
4. Ding Dong Song
5. Zwbriwska
6. Voluspa

Line-up
Christopher Mondaini – Vocals
Thomas Gualtieri – Keyboards
Michele Vasi – Guitar
William Imola – Guitar
Lodovico Venturelli – Bass
Yann Gualtieri – Drums

Rolando Ferro – Drums

GIVE UP THE GHOST – Facebook/

Vetrarnott – Scion

Scion è una prova molto convincente per una band che ha operato una scelta importante in maniera consapevole e ci riserverà ancora black metal di ottima fattura sui miti italici, per cui speriamo presto di avere un nuovo disco sulla lunga distanza dei Vetrarnott.

Black metal classico e molto ben suonato per gli italiani Vetrarnott.

Questo ep è stato concepito come omaggio alla scena black metal del nord Europa, sia della prima che della seconda ondata. Inoltre il disco è anche una descrizione musicale della storia mitica dei tre figli di Loki e Angrboða. Quest’ultima era una gigantessa, il cui nome significa colei che porta tristezza, che si unì con Loki, nato dall’unione di un gigante e di una gigantessa: dalla loro unione nacque il lupo Fenrir, che avrà un ruolo importante nel Ragnarok, il dies irae nordico. Scion, tra le altre cose, significa anche discendente di una nobile stirpe. Infatti i Vetrarnott sono tre musicisti che hanno inciso tre canzoni di black metal come altrettanti omaggi al black metal e alla cultura nordica perché, come dice il fondatore Gar Ulfr, questo ep segna un passaggio molto importante nella storia del gruppo in quanto segna il distacco dai temi nordici per arrivare a cantare dei miti italici, come nella quarta canzone, la bonus track La Voce Degli Dei. Questa canzone è è un ottimo inizio per la nuova fase del gruppo e il cantato nella nostra lingua valorizza ulteriormente il valido black metal del gruppo pugliese. L’ep Scion è un’ottima prova per una band che ci propone musica di ottima fattura, con dichiarata preferenza per il black scandinavo, specialmente quello della seconda ondata. Tutto è molto intelligibile e fatto con ottime scelte, troviamo anche momenti meno veloci che sono utili per rafforzare ulteriormente una struttura già buona. I Vetrarnott sono uno di quei non comunissimi gruppi che hanno compenetrato alla perfezione la materia, ovvero sono riusciti a cogliere il lato più musicale e creativo del black, e ne hanno tratto una versione tutta loro e molto originale, che qui giunge al massimo compimento. Anche con l’uso dell’inglese il risultato è ovviamente molto buono. Una delle peculiarità del gruppo è un incedere sì violento e deciso, che è però al contempo anche sognante ed arioso. Scion è una prova molto convincente per una band che ha operato una scelta importante in maniera consapevole e ci riserverà ancora black metal di ottima fattura sui miti italici, per cui speriamo presto di avere un nuovo disco sulla lunga distanza dei Vetrarnott.

Tracklist
1.The Tide
2.Unbound
3.Helvegr
4. La Voce Degli Dei (bonus track)

Line-up
Gar Ulf – Vocals, Bass, Keys, Programming
Valar – Lead & Solo Guitars
Osculum – Rhythm & Acoustic Guitars
Ambrogio L – Live Drums

VETRARNOTT – Facebook

Ferum – Vergence

Per i Ferum, Vergence rappresenta un primo passo ineccepibile e quindi una base ideale per costruire qualcosa di ancora più interessante e consistente in futuro.

L’esibizione in musica del dolore e del disagio può avvenire in maniere diverse, certo è che che il metal offre in tal senso diverse ed efficaci gamme: quella scelta dagli esordienti Ferum è un death doom corrosivo e decisamente avaro di slanci melodici.

La band ha la sua base a Bologna ed e stata fondata da Samantha, la quale si disimpegna alla voce e alla chitarra, oltre ad essere autrice di tutte le musiche, e da Angelica (batteria), raggiunte in seguito da Matteo al basso.
Il growl è aspro ed efferato più che profondo, come è sovente quello femminile, e si adegua ottimamente ad un sound volto ad esprimere la giusta dose di rabbia e disgusto; la componente death è prevalente nel suo rappresentare la frangia più morbosa e putrida del genere, con i rallentamenti di matrice doom che giungono puntuali a conferire quel pizzico di varietà sotto forma di cambi di tempo.
Così quest’opera prima dei Ferum lascia buone impressioni, in virtù di una convinzione ed una chiarezza d’intenti che non sono sempre facilmente riscontrabili: dei cinque brani offerti, i primi tre si snodano in maniera uniforme, mentre il quarto, decisamente più cadenzato, è l’efficace cover di Funeral, traccia che segnò l’esordio nel 1990 degli storici statunitensi Cianide.
Chiude l’ep Ed È Subito Sera, brano che riprende liricamente la breve poesia di Quasimodo: anche in questo caso il trio brilla per il suo sound essenziale e coinvolgente che si apre a tratti, questa volta. anche melodicamente andando a lambire lidi black metal.
Per i Ferum, Vergence rappresenta un primo passo ineccepibile e quindi una base ideale per costruire qualcosa di ancora più interessante e consistente in futuro.

Tracklist:
1. Siege Of Carnality
2. Perpetual Distrust
3. Subcoscious Annihilation
4. Funeral (Cianide cover)
5. Ed È Subito Sera (Outro)

Line-up:
Angelica: drums
Samantha: guitars, vocals
Matteo: bass

FERUM – Facebook

Soilwork – Verkligheten

I Soilwork odierni sono un gruppo che si è saputo ricostruire un’identità artistica album dopo album, pagando qualcosa sotto forma di un paio di passaggi a vuoto, ma ora libero di esprimersi nel modo più congeniale.

Nati con qualche anno di ritardo rispetto ad In Flames, Dark Tranquillity e altre icone del death metal melodico nord europeo, i Soilwork si sono ritrovati a regnare sul genere, dopo qualche piccolo passo falso ma con una costanza che li ha portati all’undicesimo lavoro sulla lunga distanza ed una discografia che si completa con live, compilation ed ep a getto continuo.

I Soilwork targati 2019 non sono più quelli dei primi quattro album, tra il 1998 ed il 2002 artefici di un’immissione di aria fresca nel genere, restando fedeli ad una formula da cui si errano ormai allontanati i loro colleghi.
Di acqua sotto i ponti ne è passata tanta, nel frattempo il leader maximum Speed Strid, ha avuto il tempo di sperimentare nuove soluzioni melodiche con gli imperdibili The Night Flight Orchestra, nuove ovviamente per chi si è sempre nutrito solo di metal estremo, ma famigliari per i reduci del pop rock settanta/ottanta.
Da qui si parte inevitabilmente per descrivere questo nuovo album intitolato Verkligheten, un’opera che farà sicuramente discutere per la sua accentuata impronta melodica che molto deve appunto al sound dei The Night Flight Orchestra, ma che rimane legato comunque ed indissolubilmente all’ormai storico genere creato nei primi anni novanta nella penisola scandinava.
Non manca la novità in sede di line up, con Bastian Thusgaard che si siede dietro al drumkit al posto dello storico Dirk Verbeuren, passato alla corte di Dave Mustaine.
Verkligheten, come avrete capito, è un album in cui le melodie di stampo hard rock diventano le assolute protagoniste, prendendo il sopravvento sull’anima death metal del gruppo; Strid, sempre più leader incontrastato, è protagonista di una prova eccezionale e questo la dice lunga su quello che troverete in queste dodici tracce, visto che il canto pulito domina sullo scream in tutto l’album.
Musicalmente la band picchia come sa, ma solo a tratti, il resto è costruito sulla dote che il cantante si porta dietro dai The Night Flight Orchestra, una virtù che porta il nuovo lavoro a risultare fresco, straordinario per quanto riguarda refrain, chorus ed arrangiamenti ed assolutamente irresistibile.
Un album che ovviamente non piacerà ai fans del sound che come una tempesta attraversa gli anni a cavallo del nuovo millennio, ma è indubbio che When The Universe Spoke, Stålfågel, Witan e The Ageless Whisper risultino tracce dal tiro micidiale e dall’appeal davvero micidiale.
I Soilwork odierni sono un gruppo che si è saputo ricostruire un’identità artistica album dopo album, pagando qualcosa sotto forma di un paio di passaggi a vuoto, ma ora libero di esprimersi nel modo più congeniale.

Tracklist
1.Verkligheten
2.Arrival
3.Bleeder Despoiler
4.Full Moon Shoals
5.The Nurturing Glance
6.When the Universe Spoke
7.Stålfågel
8.The Wolves Are Back in Town
9.Witan
10.The Ageless Whisper
11.Needles and Kin
12.You Aquiver

Line-up
Björn “Speed” Strid – Vocals
Sven Karlsson – Keyboards
Sylvain Coudret – Guitars
David Andersson – Guitars
Bastian Thusgaard – Drums

SOILWORK – Facebook

S.R.L.

Il lyric video di “Il Museo Delle Cere”, dall’album “Hic Sunt Leones” in usicta a febbraio (Rockshots Records).

Il lyric video di “Il Museo Delle Cere”, dall’album “Hic Sunt Leones” in usicta a febbraio (Rockshots Records).

In 1992, Italy’s S.R.L. was born, their moniker is an acronym for “Società a Responsabilità Limitata (Limited Liability Company)”. The deep meaning of the band name is both how they see society has limited responsibility on a daily occurrence along with being a tribute to the great Italian rock bands of the 70’s such as P.F.M. – Premiata Forneria Marconi, BMS – Banco del Mutuo Soccorso, etc..

With lyrics in Italian and a music style that is a powerful blend of fast thrash death metal, S.R.L. are releasing their next album “Hic Sunt Leones” via Rockshots Records on February 8, 2019. This is the band’s 11th release since their 1995 debut EP “Divieto di Pensiero”. The new album was inspired by the Ancient Roman motto for unexplored and unconquered lands, which is what S.R.L. are doing with this next release.

“We’re exploring new boundaries of our unique style, melting heavy metal with the thrash and death metal energy. The album is such a trip towards the unknown, while each song has got a different mood, melody, and evolution.”

“Hic Sunt Leones” is available for pre-order from Rockshots Records at http://bit.ly/hicsuntleones_PREORDER

Track Listing:
1. Il Culto
2. Il Museo Delle Cere
3. Tenebre
4. Rimarremo da Soli
5. Demoni
6. Un Sasso nel Vuoto
7. Di Luna e Deserto
8. Vertigine
9. L’uomo Senza Volto
10. Mezzanotte
11. Omne Ignotum Pro Magnifico

Francesco “Khaynn” Bacaro – Scream/Growls
Cristiano “Alcio” Alcini – Guitar
Stefano Clementini – Guitar
Jerico Biagiotti – Bass
Rodolfo “RawDeath” Ridolfi – Drum

Album Credits

Music by S.R.L.
Cover/art by Luca Correnti
Mixing and Mastering by Elvys Damiano @ Trip In Music Recording Studio

For more info:
http://www.rockshots.eu
Official Website http://www.s-r-l.it
Facebook https://www.facebook.com/srlmetalband
Twitter http://twitter.com/SRLmetalband
Instagram http://www.instagram.com/srl_official
Bandcamp http://srlmetal.bandcamp.com

COMPLETE DISCOGRAPHY:
– Demo (Demo, Self-Produced 1995)
– Divieto di Pensiero (EP, Self-Produced 1995)
– Società Responsabilità Limitata (LP, Pagina 3 1996)
– Promo (Demo, Self-Produced 1997)
– Requiescat in Pace (EP, Pagina 3 2000)
– Decade (Compilation, Self-Produced 2002)
– In Memoria Temporis (EP, Sonic Records 2003)
– Mutatio et Maestitia (CD, New LM Records 2007)
– S.R.L. Trilogy (Boxed set, Self-Produced 2008)
– De Humana Maiestate (CD, Revalve Records 2012)
– Unus et Viginti (EP, Revalve Records 2013)
– Hic Sunt Leones (Full-length, Rock Shots 2019)

Christine IX – Crosses And Laurels

Scritto e suonato quasi interamente da Christine IX, Crosses And Laurels è un ottimo esempio di alternative rock al cui interno ritroviamo ispirazioni ed influenze che partono dalla linea rosa del grunge dei primi anni novanta, dal rock ‘n’roll settantiano e dal punk rock.

Dietro al nome Christine IX si muove un’artista a tutto tondo, polistrumentista, cantante, scrittrice e produttrice dei suoi lavori.

Prima cantante del gruppo Shotgun Babies, con cui dà alle stampe un ep, due full length e varie compilation, poi varie collaborazioni con gruppi della scena underground e con scrittori e poeti, in performance letterarie e musicali, e infine la sua carriera solista nel mondo del rock, prima con l’album Can I Frame The Blue? licenziato nel 2015 ed ora questo ottimo secondo lavoro, intitolato Crosses And Laurels.
Scritto e suonato interamente dalla musicista, con l’aiuto dei soli Luca Greco alla batteria e Katija Di Giulio, al violino nel singolo Talking Like Lovers, l’album è un ottimo esempio di alternative rock al cui interno ritroviamo ispirazioni ed influenze che partono dalla linea rosa del grunge dei primi anni novanta (Babies In Toyland, L7), dal rock ‘n’roll settantiano (Joan Jett & The Blackhearts) e dal punk rock (Plasmatics).
Un sound da riot girl, quindi, nel quale la tensione palpabile e l’atmosfera nervosa non lasciano dubbi sulle intenzioni bellicose di Christine IX.
L’opener Talking And Lovers si sviluppa come un conto alla rovescia, mentre l’elettricità sale ed esplode nella seguente Harm And Fear, brano che ricorda i The Nimphs di Inger Lorre.
La padronanza della materia, unita ad una notevole esperienza, porta Christine IX ad uscire vincitrice da ogni scontro/incontro con le sue ispirazioni: il sound risulta un’altalena tra brani più intimisti (Redon) ed altri più tirati (Never Give Up), in cui non mancano accenni alla regina del grunge Courtney Love, ma sempre lasciando in risalto la spiccata personalità di cui si può fregiare la musicista nostrana.
La top song dell’album arriva con il brano numero sette, ovvero God Has Gone To War, sunto del sound di Crosses And Laurels e delle influenze che lo hanno ispirato.
Christine IX è un’artista a 360°, non ché bravissima cantante e songwriter di spessore, e chissà quali riscontri avrebbe potuto ottenere se la sua carta d’identità fosse stata statunitense.

Tracklist
1.Talking Like Lovers
2.Harm And Fear
3.Redon
4.Neurotoxic
5.Never Give Up
6.Fancy Scar
7.God Has Gone To War
8.She Lived One Day
9.All The Other Girls

Line-up
Christine IX – guitars, bass, vocals, piano, lyrics, xylophone, harmonica
Luca Greco – drums
Katija Di Giulio – violin on Talking Like Lovers

CHRISTINE IX – Facebook

Xibalba Itzaes – Ah Tza Xibalba Itzaes

Se si ama il black metal non si potrà che essere contenti di questo ritorno e di questo disco che farà la gioia di chi ama quel ramo del genere che potrà anche essere definito semplice, ma che è ugualmente di grande bellezza.

Si sono fatti attendere ventiquattro e sono una delle prime band di black metal che fa riferimento alla natia cultura Maya: sì sono tornati i Xibalba Itzaes.

Loro sono messicani di passaporto, ma sono Maya nel cuore e nei fatti, dato che tutti loro testi vertono sulla quella grande cultura. Questo è appena il loro secondo disco sulla lunga distanza , dopo quello pubblicato nel 1994, chiamato Ah Dzam Poop Ek, che li aveva imposti all’attenzione della scena black mondiale. I nostri furono fra i propugnatori della scena black aztec maya metal in Messico e non solo: ora vi sono diversi gruppi in giro che si rifanno a quell’immaginario ed alcune si sono anche alleate fra di loro, ma nel 1994 anche in Europa il black metal muoveva i primi passi, tanto per far capire l’importanza di questo gruppo. Questo disco inedito segue la ristampa del debutto e di altro materiale da parte della Nuclear War Now! Productions che ha avuto il grande merito di rimetterlo in pista. Valeva davvero la pena attendere il ritorno di questo gruppo e del suo black metal molto vicino a quello degli esordi, dai suoni molto ortodossi ed influenzati in maniera importante dallo speed. Il cantato è abbastanza pulito, non ci sono growl, le chitarre viaggiano spedite senza essere pesantemente distorte, la batteria è molto vecchia scuola come il basso. Il risultato è un disco black metal molto bello e assai godibile, che riporta indietro negli anni, per una formula che è abbastanza ovvia ma mai facile da riproporre. Ah Tza Xibalba Itzaes è un lavoro ben fatto e suonato da persone che credono fermamente in ciò che fanno, ha un grandioso suono vecchia scuola ed indugiano sulla giusta narrazione, dando spazio ad un certo immaginario di sangue interessante e ben costruito. Se si ama il black metal non si potrà che essere contenti di questo ritorno e di questo disco che farà la gioia di chi ama quel ramo del genere che potrà anche essere definito semplice, ma che è ugualmente di grande bellezza.

Tracklist
01 Ah Tza!
02 Intro All Hail Chaac
03 All Hail Chaac
04 Rituals in the Sun
05 Throughout the Equinox
06 The Storm of Giaia
07 Nine Steps Below
08 Dawn of Endless Horrors
09 Ekab
10 The Owl
11 Ah Tza Xibalba Itzaes
12 Katun II (The First Chronicle)

Line-up
Marco Ek-Balam – Guitar & Vocals
Vic EkXibChac – Bass Guitar
Jorge Ah-Ektenel – Drums

XIBALBA ITZAES – Facebook

Festerday – Iihtallan

Licenziato dalla Season Of Mist, il primo colpo sparato ad altezza d’uomo dal metal estremo nord europeo si chiama Iihtallan, se il buongiorno si vede dal mattino in questo nuovo anno ci sarà da divertirsi.

Il 2019 è appena iniziato e dalla lontana Finlandia arriva la prima bomba che sulla fiancata porta la scritta death metal.

Il primo album dei Festerday non è in effetti un debutto, visto che la band risulta attiva dall’alba degli anni novanta e in realtà per diversi anni ha sfornato grandi lavori con il monicker di tutto rispetto …And Oceans.
Così, dopo i primi demo ed il ritorno nel 2015 alla piena attività licenziando un paio di ep, è giunto il momento anche per l’originaria incarnazione degli …And Oceans di dare alle stampe il suo primo lavoro, e anche se ci sono voluti trent’anni si può tranquillamente dire che ne è valsa la pena.
Iihtallan è un album eccellente nel quale il gruppo finlandese (che prende il nome da un brano dei Carcass contenuto in Reek Of Putrefaction), raccoglie tre decenni di metal estremo di matrice death e li fonde in un pesantissimo e malato sound su cui si basano questa quindicina di tracce che compongono l’opera.
Death metal scandinavo, brutal death metal, doom e progressione estreme in stile Death (la band) si fondono in un’unica detonazione che libera liquami putrescenti sul fondo di un pozzo cimiteriale al suono di Edible Excrement, Dreaming For The Dead e Into The Void, spettacolare e quanto mai maligno mid tempo strutturato su un riff proveniente da una cripta millenaria.
Licenziato dalla Season Of Mist, il primo colpo sparato ad altezza d’uomo dal metal estremo nord europeo si chiama Iihtallan, se il buongiorno si vede dal mattino in questo nuovo anno ci sarà da divertirsi.

Tracklist
1.The Last Night of the Earth
2.Edible Excrement
3.Tongues for Rotten Kisses
4.Kill Your Truth
5.Control Not Your Soul
6.Dreaming for the Dead
7.Vomiting Pestilence
8.Flowers of Bones
9.Flowers of Stone
10.Into the Void
11.Constructive Decomposition
12.Gravelove
13.The Human Race Disgrace
14.Your Saliva My Vagina
15.Let Me Entertain Your Entrails
16.Let Me Entertain Your Entrails (Redux)

Line-up
Timo Kontio – Guitar
Teemu Saari – Guitar
Kena Strömsholm – Vocals
Antti Räisälä – Bass
Jani Kuoppamaa – Drums

FESTERDAY – Facebook

NORTHWOODS

Il video di “Straight Path” / “Future is a Shadow Line”, dall’album “Wasteland” (Shove / Brigante / Mothership Records).

Il video di “Straight Path” / “Future is a Shadow Line”, dall’album “Wasteland” (Shove / Brigante / Mothership Records).

No Echo is hosting the premiere of “Straight Path” / “Future is a Shadow Line”, the new video by Italian noise / post hardcore act NORTHWOODS; the track hailing from the band’s “Wasteland” debut LP, out now via Shove, Brigante and Mothership Records.

“Wasteland” premiered on Cvlt Nation, while the single “City 40” was first released via heavily trafficked portal Echoes and Dust.

A reflection of the band’s diverse background, “Wasteland” draws influence as much from the frenzied and chaotic sound of Converge, Botch and Swedish cult band Breach, as it does the fury and melody of noise rock in the vein of Unsane. “Wasteland” brings something original to the table with a sound that is at once aggressive and honest.

Lyrically the album revolves around the denial of promises for a better future, taking inspiration by the closed cities that once existed in the old Soviet Union, where a very high standard of living came at a price of radioactive contamination. A song such as “Future is a Shadow Line” is based on a quote by Polish/British writer Conrad, who once described the last strip of land visible from the sea – the shadow line – as a metaphor for the future.

NORTHWOODS recorded “Wasteland” in the winter of early 2018 at Cinquequarti Music Studio under the watchful production of Lorenzo Amato. The cover displays a rare photograph licensed by NASA.

Tracklist:
01. Ground Zero
02. Moebius
03. City 40
04. Asylum
05. Strength Path
06. Future is a Shadow Line
07. Detachment
08. The Witness

Line-up:
Alvaro Diamanti – Vocals, Guitars
Federico Mazzoli – Bass
Andrea Gentili – Drums

NORTHWOODS was first brought together in 2015, by a group of veterans of the Italian underground scene. The members of the band aimed to create something original – fierce, beautiful and honest, in order to contribute back to the pantheon of the great and timeless music that shaped the Italian hardcore scene. Their self-titled debut EP was released in 2016 and soon after the band began what would grow be substantial touring of the material with a strong and memorable live set.

https://www.facebook.com/northwoodsposthc/

https://northwoods1.bandcamp.com/

Homo Macabrus – Homo Macabrus

Il musicista greco, ispirato e convincente, non lascia nulla al caso, le sue ispirazioni si perdono nella scena death metal e brutal e le tracce risultano una serie di mazzate dove gli ospiti al microfono non mancano di dare il loro prezioso contributo.

Sotto il monicker Homo Macabrus si cela il polistrumentista greco Teo Kakouris il quale, aiutato da un gruppo di vocalist della scena estrema mondiale (uno per ogni brano), ha dato vita a questo brutale lavoro omonimo.

Si tratta di un album di death metal violento ed appunto brutale, diviso tra devastanti e velocissime tracce e mid tempo potentissimi, nel quale gli otto vocalist si danno il cambio, dando vita ad un’opera varia e a suo modo affascinate.
Kakouris ha fatto le cose per bene, quindi vi troverete al cospetto di un’opera soddisfacente sotto tutti i punti di vista; il musicista greco, ispirato e convincente, non lascia nulla al caso: le sue influenze si perdono nella scena death metal e brutal e le tracce risultano una serie di mazzate dove gli ospiti al microfono non mancano di dare il loro prezioso contributo.
Da segnalare le notevoli Mental Disorder, con la presenza di Nathan Kleinclauss dei Voraphilya, e Misanthropy, dove a vomitare odio troviamo Supratim Sen degli immensi deathsters indiani Fragarak, ma è comunque tutto l’album che merita la giusta attenzione da parte dei fans di queste sonorità.

Tracklist
1. Stained By Blood
2. Bestial Savagery
3. Exctinction of Mankind
4.The Last Trace of Hope
5.Mental Disorder
6.Slaughter The Seeds
7.Misanthropy
8. Betrayed

Line-up
Teo Kakouris – Guitars/Bass/DrumProgramming/Mixing/Mastering

Guests
Amadeus Laub in Stained By Blood
Edwin Haroutonian (Nyctophile) in Bestial Savagery
Fabrizio Presente in Exctinction of Mankind
Katrin Brunier (Cyclocosmia) in The Last Trace of Hope
Nathan Kleinclauss (Voraphilya) in Mental Disorder
Christopher Roche (Möltar, ex-Aepoch) in Slaughter The Seeds
Supratim Sen (Fragarak) in Misanthropy
Cameron Aldrich in Betrayed

HOMO MACABRUS – Facebook

ACHERONTE – SON OF NO GOD

Con questo secondo album, uscito per l’etichetta ucraina Grimm Distribution, il quartetto marchigiano conferma quanto di buono già espresso con le produzioni precedenti. Un ottimo lavoro, completo, maturo e mai banale.

La mitologia greca o romana, da sempre, ha influenzato il Black Metal della Fascia Mediterranea. Non fanno eccezione i marchigiani Acheronte (un nome, una garanzia) che, attraverso questo loro ultimo sforzo (il secondo full-length dopo già un demo, un mini cd e due split all’attivo) ci traghettano, quasi impersonificando Caronte stesso, nell’Ade del Black Metal.

Il viaggio dura poco più di 45 minuti, attraverso 6 tracce di puro odio antico, avviluppandoci tra le fiamme dell’Inferno, in un viaggio musicale devastante. Non stiamo navigando per quel ramo del Lago di Como, ma percorriamo il fiume del dolore (come lo definivano gli antichi greci), il ramo del fiume Stige, unica via verso gli Inferi più profondi. Il viaggio sul fiume che dissetò i Titani (scatenandone l’ira di Zeus, che lo maledì), non poteva che avere una colonna sonora tetra, nera, oscura, stigia appunto.
Immersi nel Chaos abissale, gorgogliante oscenità e blasfemie, per via del messaggero (nonché cantante…) Lord Baal (all’anagrafe Mario Sgattoni, abile orditore di parti vocali e maestro nell’arte alchemica del miscellaneo scream/growl), percorriamo in sei lunghe tappe il nostro pellegrinaggio, verso la destinazione che segnerà la fine della vita per come la intendiamo noi, attraversando il confine tra il mondo dei vivi e il mondo e gli Inferi, verso il nostro destino di dannazione eterna.
Il nostro viaggio verso l’Oltretomba non sarà silenzioso. Come nei migliori film horror, il soundtrack dovrà esserne all’altezza, e pertanto quanto proposto dai Nostri dovrà, per forza di cose, prepararci agli eterni dolori e alle infinite sofferenze, che ci riserveranno gli Inferi. Il desolante Black Metal degli Acheronte pertanto, rende ancor più angosciante il nostro conosciuto destino, consapevoli che la musica qui, non vuole allietarne il viaggio, bensì renderlo ancor più disperato e ricolmo di afflizione e tormento.
Ma noi ne siamo coscienti. Anzi, è proprio quanto ci donano i quattro ragazzi di San Benedetto del Tronto, a darci forza, attraverso un Black Metal ottimamente suonato, sì classico, ma mai assolutamente monotono e scontato. Molti cambi di tempo denotano, fin da subito, buone capacità tecniche e non indifferenti attitudini creative. Brani come Heralds of Antichrist e Babylon Unholy Hammer sono un inno all’anti-cristianità e a malvagi Dei Antichi; brani ben studiati, capaci di irrompere nei nostri padiglioni auricolari, grazie ad un blast beat ciclico, tipico del genere, ma mai caotico od improvvisato. Accelerazioni improvvise, travolgenti, grazie alla furia cieca (ma non sorda…) di Bestia, ossia Marco Del Pastro, che ha scelto un monicker adatto alle sue belluine attitudini musicali; come in Trascendental Will e nella title track, dove un drumming feroce, ma incapace di avvilupparsi su se stesso, ed invece sapientemente abile a dettare i ritmi ai pezzi, dialogando meravigliosamente con Phobos (Luigi Biondi, abile manipolatore della sei corde) e con A.T. La Morte (bass player – alias Adamo Tirabassi), riesce a rendere ogni traccia differente, meravigliosamente discorde, una dall’altra. E così, l’album piacevolmente scivola via, verso l’ultima traccia, Fall of Perfection. Dodici minuti (e venticinque secondi) di cadenzati ritmi, velocità sostenute, ossessive ciclicità, in una delle più classiche forme di traditional blast, che ci coinvolgono totalmente, dimentichi che allo scoccare del ventiseiesimo secondo, saremo giunti infine, alle porte degli Inferi. D’altronde Caronte ci aveva avvertiti : “Non sperate mai più di rivedere il cielo. Io vi porto sull’altra riva nel buio eterno, nel fuoco o nel gelo“.

Tracklist
1. Heralds of Antichrist
2. Four Beasts
3. Babylon Unholy Hammer
4. Trascendental Will
5. Son of No God
6. Fall of Perfection

Line-up
Phobos – Guitars
Lord Baal – Vocals
A. T. La Morte – Bass
Bestia – Drums

ACHERONTE – Facebook

Svartidauði – Revelations of the Red Sword

Gli Svartidauði, con il loro secondo disco, ci portano in oscuri regni dove la dissonanza si incontra con morbose e visionarie melodie offrendoci un superbo ed evocativo affresco del suono islandese.

Era molto attesa, dopo sei anni da Flesh Cathedral, la seconda prova sulla lunga distanza per gli islandesi Svartidauði i quali avevano il compito, ove mai ce ne fosse stato bisogno, di dimostrare la cristallina purezza del black espresso nell’isola medio atlantica.

A quelle latitudini prospera una scena molto viva e ricca di fermento anche nel 2018, con il nuovo e splendido disco dei Carpe Noctem, a cui si aggiunge Revelations of the Red Sword, titolo assai evocativo, con marcati riferimenti alla potenza del Sole, inteso come la maggior forza creativa e distruttiva al di sopra del mondo. Sei brani con i quali la band esplora vividamente reconditi angoli oscuri del suono black, distillando note dissonanti all’interno di episodi perfettamente compiuti, tesi, vibranti, articolati e spesso asfissianti; rispetto al disco d’esordio del 2012 i musicisti hanno allargato le maglie sonore dei loro brani, miscelando un gusto melodico fortemente visionario, mantenendo comunque una carnalità data dalla forza interpretativa e sonora. In Flesh Cathedral i suoni erano più monolitici e ripetitivi, creando un’ atmosfera angosciante e opprimente, mentre nella nuova opera il percorso musicale offre una maggiore varietà, non tralasciando comunque gli ingredienti primari del loro suono, una texture chitarristica densa e impenetrabile ma con una anima melodica matura e visionaria. Lo splendido lavoro di mixaggio ad opera di un altro grande musicista Stephen Lockhart (nel 2017 rilasciò come Rebirth of Nefast il fantasmagorico Tabernaculum) rappresenta un ulteriore valore aggiunto ad un opera che penetra lentamente sottopelle; l’intro strumentale di Wolves of a Red Sun lascia stupefatti per intensità e atmosfera, con il suo dilaniante chitarrismo prima di esplodere in un feroce suono black dissonante e “caotico”. Sono passati sei anni dal debutto e la band ha continuato a maturare il proprio suono, attraverso tre EP che li ha portati a un risultato veramente magnifico, in cui il suono dissonante, tipico di un certo black, è sviscerato ed è capace di creare brani affascinanti e morbosi, come la commovente Reveries of Conflagration (…I’m the the flame that burns in the heart of every man…) o Aureum Lux, undici minuti lenti, meditativi, che inesorabilmente si liquefano a contatto dei raggi solari. Ultimo grande lascito di un 2018 ricco di ottime uscite.

Tracklist
1. Sol Ascending
2. Burning Worlds of Excrement
3. The Howling Cynocephali
4. Wolves of a Red Sun
5. Reveries of Conflagration
6. Aureum Lux

Line-up
Magnús – Drums
Þórir – Guitars
Sturla Viðar – Vocals, Bass

SVARTIDAUDI – Facebook

ONYDIA

Il lyric video di The Unknown, dall’album Reflections in uscita a febbraio (Revalve Records).

Il lyric video di The Unknown, dall’album Reflections in uscita a febbraio (Revalve Records).

Gli Onydia rilasciano il loro primo lyric del brano The Unknown estratto dall’album Reflections in uscita via Revalve Records il 1° Febbraio.

https://player.believe.fr/v2/3615935539685
https://www.facebook.com/onydiaband/
http://www.revalverecords.com/Onydia.html

Luke Fortini – Inside

Fortini, oltre alla riconosciuta ottima preparazione strumentale, esibisce anche un buon talento nella scrittura di brani che non restano avviluppati da virtuosismi fine a sé stessi.

Non certo un nome nuovo della scena metal/rock nazionale, il chitarrista Luke Fortini presenta il suo nuovo album solista interamente strumentale.

Il musicista, oggi in forza agli Hyperion (band heavy/thrash di cui ci siamo occupati in occasione dell’uscita dell’album Dangerous Days) ed agli Imago Imperii (epic/power metal), ha un passato in molti altri gruppi della scena metal tricolore e alle spalle una manciata di lavori solisti che precedono questo nuovo lavoro intitolato Inside.
I sette brani sono stati scritti, registrati e suonati interamente da Fortini, il quale, oltre alla riconosciuta ottima preparazione strumentale, esibisce anche un buon talento nella scrittura di brani che non restano avviluppati da virtuosismi fine a sé stessi rivelandosi a loro modo originali ed affascinanti anche per chi non ama le opere strumentali.
L’album si apre con la title track, un brano progressivo e dalle atmosfere oscure che a tratti ricorda i Goblin, ma a seguire le tracce prendono strade diverse, raggiungendo lidi che vanno dal metal estremo al rock sperimentale, fino a raggiungere atmosfere stranianti nella conclusiva From Hell To Space, che si sviluppa tra suoni ed effetti dai rimandi cinematografici, ricordando la colonna sonora di un film muto.
Un album scritto per sé stesso, che trova nella sua varietà di stili l’arma per non sfigurare tra le opere del genere.

Tracklist
1.Inside
2.The Prism
3.Interplanetary Code
4.Irregular
5.The Black Demon
6.Virtuoso
7.From Hell To Space

Line-up
Luke Fortini – All Instruments

LUKE FORTINI – Facebook