Almøst Human – XS2XTC

Gli Almøst Human cercano di giocare le loro carte proponendoci tanta musica, forse troppa, e risultando alla lunga prolissi; il materiale proposto risulta comunque un buon esempio di nu metal, anche se arriva con qualche anno di ritardo.

Attivi già dagli anni ma ritornati effettivamente in pista solo una decina d’anni fa, gli svizzeri Almøst Human debuttano sulla lunga distanza con questi ottanta minuti di metal moderno intitolati XS2XTC .

Potenza e melodie, metal e soluzioni rock fanno del sound del gruppo il classico esempio di quello che a cavallo dei due secoli veniva chiamato nu metal.
Con questo lavoro infatti entriamo nel mondo del metal moderno a stelle e strisce che fece sfracelli in quegli anni, quindi non aspettatevi soluzioni core tanto di moda oggigiorno e concentratevi sui suoni che fecero la fortuna dei gruppi americani in quel periodo.
Growl e clean vocals si dividono il compito di accompagnare una musica che poggia le sue basi sulle tastiere sempre presenti, chitarre potenti ma mai fuori rotta e melodie elettroniche, in una buona alchimia tra metal e rock.
Gli Almøst Human cercano di giocare le loro carte proponendoci tanta musica, forse troppa, e risultando alla lunga prolissi; il materiale proposto risulta comunque un buon esempio di nu metal, anche se arriva con qualche anno di ritardo.
XS2XTC parte alla grande con una manciata di brani che dall’opener System Of Beliefs mettono in mostra tanta grinta e buone melodie, poi, dopo ancora un paio di buone tracce (What Make You So Hard, Divine Comedy) perde qualche colpo, cosa abbastanza normale per un debutto che rimane comunque un ascolto piacevole per gli orfani del metal moderno di un ventennio fa.

Tracklist
1.System Of Beliefs
2.Warpigs
3.Naked Now
4.What Makes You So Hard?
5.Chemical Breakfast
6.Divine Comedy
7.Baby Glued
8.Clowned
9.Beloved Pet
10.Promised Paradies
11.In The Name(s) Of God(s)
12.Fucktory Of Illusions
13.From Womb 2 Tomb
14.Welcome 2 Neverland
Line-up

Ben Plüss – Vocals
Chris Matthey – Guitars, Vocals
Gilles Bonzon – Guitars
Jan Peyer – Bass
Olivier Perdrizat – Guitars, Vocals
Rosario Fullone – Drums

ALMOST HUMAN – Facebook

Virginiana Miller – The Unreal Mccoy

Ci sono momenti alla Calexico, cose più vicine a gente come King Dude, lo spirito di un Elvis nettamente sconfitto e purtroppo ancora in vita, aperture che ricordano il più tenebroso american gothic, insomma un grande disco davvero pieno di angoli e di chilometri da fare senza meta.

Dopo sei anni di assenza tornano i livornesi Virginiana Miller, gruppo tra i padri fondatori dell’ indie in Italia che ha sempre fatto cose interessanti, anche se sono cambiate molte cose in sei anni.

Innanzitutto non hanno più nulla da dirci in italiano, come hanno affermato loro, e allora cantano in inglese. E nella lingua di oltremanica ci raccontano come immaginano l’America vista da Torino, senza muoversi da casa, usando testimonianze e quell’immenso immaginario che ha prodotto la terra americana in questi anni. In pratica si potrebbero considerare gli Stati Uniti come uno sconfinato produttore di sogni, incubi, racconti ed immagini. Tutti noi ci siamo abbeverati, e tuttora lo facciamo, ma i Virginiana Miller vanno oltre e lo raccontano attraverso nove tracce di bellissimo indie rock, con la voce di Simone Lenzi che in inglese è ancora più incisiva che in italiano, e non era facile. Il disco è un concentrato di pop rock composto e suonato ad un livello superiore, unendo musicalmente Inghilterra, Italia e Usa, in un qualcosa di molto originale, in linea con la produzione precedente e andando oltre, da grande gruppo. Se l’ascoltatore non lo sapesse, potrebbe pensare che questo disco sia di un gruppo americano, e ciò per le atmosfere, la languida sensualità dell’unione fra parole e musica, e quei racconti di polvere e merda che poi è l’America vera, quella che non si vede ma decisamente maggioritaria rispetto a quella che appare sui nostri schermi. Difficile sbarcare il lunario là, nonostante i tanti proclami di un’America che tornerà ancora grande, forse l’America è morta o forse è solo un luogo della mente, e l’unica maniera per raccontarla è quella dei Virginiana Miller. Tornando a loro, con questo lavoro dopo una lunga pausa, confermano d’essere uno dei migliori gruppi italiani, nel senso che riescono ad andare oltre le loro gloriosa storia per fare un qualcosa di dirompente e davvero nuovo. Ci sono momenti alla Calexico, cose più vicine a gente come King Dude, lo spirito di un Elvis nettamente sconfitto e purtroppo ancora in vita, aperture che ricordano il più tenebroso american gothic, insomma un grande disco davvero pieno di angoli e di chilometri da fare senza meta. I Virginiana Miller potevano fare un disco più confortevole e facile, mentre qui raccontano usando codici nuovi per loro, e dimostrando che possono fare ciò che vogliono sempre con ottimi risultati. Un grande ritorno, ma in realtà non se ne sono mai andati, siete voi che avete la fregola di avere un disco all’anno come minimo, questo è artigianato musicale.
” The sky is clear / We feel safe / In the fallout shelter / God is strong / No communists around ”

Tracklist
01. The Unreal McCoy
02. Lovesong
03. Old Baller
04. Motorhomes Of America
05. Christmas 1933
06. The End Of Innocence
07. Soldiers On Leave
08. Toast The Asteroid
09.Albuquerque

Line-up
Antonio Bardi: Electric and acoustic guitar
Daniele Catalucci: Bass, backing and harmony vocals
Giulio Pomponi: Acoustic and electric piano, synth, farfisa, keyboards
Matteo Pastorelli: Electric, acoustic and steel guitar, Synth, Mini theremin
Simone Lenzi: lead vocals
Valerio Griselli: drums

Ale Bavo: synth on The unreal McCoy
Ada Doria, Daniela Bulleri: harmony vocals on The unreal McCoy
Andrea “Ciro” Ferraro: harmony vocals on Soldiers on leave
Matteo Scarpettini: percussions on Old baller, Motorhomes of America, Christmas 1933, The end of innocence, Soldiers on leave, Toast the asteroid, Albuquerque

VIRGINIANA MILLER – Facebook

Devin Townsend – Empath

I ventitré minuti della conclusiva Singularity potrebbero valere quale sunto di tutto l’album, ma sarebbe come estrapolare da un’opera letteraria di oltre mille pagine un solo capitolo: resta solo da trovare il tempo, prealtro speso benissimo, per dedicarsi all’ascolto di questo capolavoro.

Empath è un album la cui musica potrebbe riempire le discografie di almeno dieci gruppi di generi totalmente diversi uno dall’altro.

Dopo la quantità di materiale ascoltato credo che questo sia il modo più semplice per descrivere l’ultimo capolavoro di quello che probabilmente (gusti a parte) è uno dei geni della musica moderna, un esempio fulgido di come il rock stia all’arte tanto quanto le più “nobili” forme musicali di stampo classico.
Un quadro di colori in costante mutazione, la musica che Devin Townsend ha creato per Empath non trova eguali o facili paragoni, è solo lucida follia tramutata in note che, come sempre, sorprendono ad ogni passaggio ora magniloquente, ora estremo, ora pervaso da una matrice elettronica che, girata la pagina di questo magico spartito, si trasforma in opera a tutti gli effetti.
Lo chiamano progressive, ma sinceramente la musica del canadese è lontana da qualsiasi genere specifico, essendo ormai di livello talmente superiore da rendere difficilissimo termini di paragone, per cui ci si può solo prendere un’ora abbondante della propria vita per perdersi nel mondo musicale di Townsend.
Empath è monumentale in tutto, a partire da un’infinita serie di ospiti infinita, tra i quali Mike Keneally (Frank Zappa) come direttore artistico ed altri come Morgan Ågren (Mats And Morgan, Frank Zappa, Fredrik Thordendal), Anup Sastry (Monuments, Periphery), Samus Paulicelli (Decrepit Birth, Abigail Williams), Nathan Navarro, Elliot Desagnes, Steve Vai, Chad Kroeger, Anneke Van Giersbergen, Ché Aimee Dorval, Ryan Dhale e The Elektra Women’s Choir, arrivando poi ad un cd bonus di materiale extra, per un pieno di musica che passa dal thrash, all’elettronica, dall’opera al grindcore, dal funky/jazz al symphonic metal, in un delirio artistico in realtà perfettamente studiato.
I ventitré minuti della conclusiva Singularity potrebbero valere quale sunto di tutto l’album, ma sarebbe come estrapolare da un’opera letteraria di oltre mille pagine un solo capitolo: resta solo da trovare il tempo, prealtro speso benissimo, per dedicarsi all’ascolto di questo capolavoro.

Tracklist
1. Castaway
2. Genesis
3. Spirits Will Collide
4. Evermore
5. Sprite
6. Hear Me
7. Why?
8. Borderlands
9. Requiem
10. Singularity 1) Adrift 2) I Am I 3) There Be Monsters 4) Curious Gods 5) Silicon Scientists 6) Here Comes The Sun!

Bonus CD “Tests of Manhood”:
1. The Contrarian (Demo) 2. King (Demo) 3. The Waiting Kind (Demo) 4. Empath (Demo) 5. Methuselah (Demo) 6. This Is Your Life (Demo) 7. Gulag (Demo) 8. Middle Aged Man (Demo) 9. Total Collapse (Demo) 10. Summer (Demo)

Line-up
Genesis:
Drums: Anup, Morgan & Samus
Bass: Nathan
Additional Vox: Elektra, Ché & Elliot
Additional Guitar and Keys: Mike Keneally
Spirits Will Collide:
Drums: Anup
Bass: Dev
Additional Vox: Elektra and Elliot
Evermore:
Drums: Anup
Bass: Nathan and Dev
Additional Vox: Elektra and Elliot
Sprite:
Drums: Morgan
Bass: Dev
Additional Vox: Elektra, Elliot, Josefa & Nolly
Hear Me:
Drums: Samus
Bass: Dev
Additional Vox: Anneke Van Giersbergen and Chad Kroeger
Why?:
Drums: Morgan
Bass: Nathan
Additional Vox: Elektra and Elliot
Additional Guitar and Keys: Mike Keneally
Requiem:
Vox: Elektra
Borderlands:
Drums: Anup and Morgan
Bass: Dev and Nathan
Additional Vox: Elektra, Jessica, Eric
Severinsen, Zim, Mike Keneally & Jess
Vaira
Additional Guitar and Keys: Mike
Keneally, Scott Reinson & Ryan Dahle
Singularity:
Drums: Anup, Morgan & Samus
Bass, Dev and Nathan
Additional Vox: Elektra, Anneke and
Elliot,
Whistles: Callum
Additional Guitar and Keys: Steve Vai and
Mike Keneally

DEVIN TOWNSEND – Facebook

LE INTERVISTE DI OVERTHEWALL: MARIO GAZZOLA

Grazie alla reciproca collaborazione con la conduttrice radiofonica Mirella Catena, abbiamo la gradita opportunità di pubblicare la versione scritta delle interviste effettuate nel corso del suo programma Overthewall, in onda ogni domenica alle 21.30 su Witch Web Radio.
Questa volta Mirella ha intervistato lo scrittore Mario Gazzola.

MC E’ uscito a dicembre il primo saggio che esplora a 360° le connessioni della musica pop rock con l’immaginario di fantascienza, autori Mario Gazzola ed Ernesto Assante. Con noi Mario Gazzola. Ciao Mario e benvenuto su Overthewall.
Per prima cosa ti chiedo di te. Tu hai scritto di rock e di cinema per diverse testate cartacee, web e radio, hai scritto libri, saggi e racconti. Ci parli della tua attività di scrittore ?

MG Volentieri: è iniziata verso il 2007 con la pubblicazione del mio primo racconto sulla rivista di s/f Robot. Avevo fatto il giornalista rock free lance, un programma radio e un paio di mostre di foto di musicisti live, ma non era mai diventato il mio lavoro principale. Ho pensato che Tom Waits e Nick Cave erano dei grandi anche senza il mio modesto contributo e che, se volevo continuare a scivere, forse era meglio che mi dedicassi a qualcosa di più MIO che l’intervista per il nuovo disco di XX. Così nel 2009 è uscito (per Mursia) il mio primo romanzo ‘Rave di Morte’, ma alla musica non si scappa: anche se è un thriller cyberpunk ambientato nel 2025, il protagonista è un critico rock che hackera un’anteprima e così si caccia nei guai!
Poi, dopo aver girato con amici il cortometraggio un po’ cronenberghiano ‘Con gli occhi di domani’ (con musiche degli Iconoclast), è nato il mio sito Posthuman.it che lo ospita: così pian piano sono ricaduto nel “vizio” di scrivere recensioni di dischi, ora anche film, teatro etc., per una testata tutta mia, quindi alla fine – da buon tossicodipendente – sono ritornate anche le collaborazioni esterne con Nocturno Cinema, col Mediatrek di Assante etc. Si vede che dal destino non si sfugge!

MC Com’è nata l’idea di scrivere Fantarock? Parlaci di quest’opera.

MG L’idea l’ha buttata lì Ernesto un giorno mentre ci parlavamo al telefono: un’analisi della musica da quel punto di vista particolare non esisteva e consentiva di mettere insieme un po’ della cultura che m’ero fatto nel genere fantastico (da narratore, ma anche in campo di cinema e fumetti) con l’immortale passione musicale. Ho annaspato in affanno per alcuni giorni, soffocato dal terrore di non saper come fare a racchiudere tutta la multiforme materia in un unico testo, in che ordine, che struttura, come non dimenticare questo ma anche quello e poi… pian piano è cominciata a nascere una bozza d’indice. Se c’è una cosa in this life di cui bene o male riesco sempre a venire a capo è un testo scritto, quindi… volere è potere. Alla fine son venute fuori ben 460 pagine di rock che guarda al futuro!

MC Fantarock segue l’intero corso della musica rock, dagli anni Cinquanta a oggi. Com’è strutturato il libro e quali sono state le maggiori difficoltà nella sua realizzazione?

MG E’ strutturato in capitoli cronologici, circa uno per decennio, introdotto da una legenda che suggerisce al lettore non esperto una lista di libri, film e fumetti per inquadrare quel che conta nell’evoluzione della s/f in quella decade. Anche se poi non è detto che per es. i musicisti degli anni ’80 s’ispirino tutti al cyberpunk perché quella è stata la corrente letteraria forte di quel periodo. Come ricorderete, nell’84 sono usciti film come appunto 1984 di Orwell (con musiche degli Euryhtmics), il quale peraltro aveva scritto il romanzo nel 1948, di lì influenzando schiere di musicisti di ogni epoca, da Bowie a Rick Wakeman degli Yes fino ai Queensrÿche, ai Radiohead e l’anno scorso gli italiani La Fabbrica dell’Assoluto. Oppure Dune, film di Lynch (con musiche di Toto e Brian Eno) dal romanzo di Herbert, che però è del ’65 e anch’esso ha influenzato altri musicisti, da Klaus Schulze agli iron Maiden.
Quindi seguire il corso del tempo non è sempre facile né lineare, ci si tira dietro un sacco di connessioni incrociate (musica-cinema-letteratura-fumetto) e crosstemporali ma per me è fondamentale seguire l’evoluzione di un segno nel tempo: quando compro un disco io guardo sempre in che anno è stato pubblicato, per inserirlo nella mia ‘storia personale’: mi dico magari “ah guarda, Miles Davis nel ’75 già anticipava il funk no wave”. E comunque… in fondo è bello farsi travolgere da questa valanga, no? Se no che appassionati saremmo?!

MC C’è un artista di cui avresti parlato all’infinito o per il quale hai una particolare predilezione?

MG Beh, il vero fantarocker non può sfuggire all’importanza di David Bowie che, oltre ad essersi rinnovato a più riprese spaziando in generi musicali molto diversi, ha attinto a diverse correnti del fantastico: dall’Odissea nello spazio di Kubrick al citato 1984 al cyberpunk burroughsiano di Outside. E poi ha pure interpretato personaggi alieni (L’Uomo che cadde sulla Terra), horror (Miriam si sveglia a mezzanotte), fantasy (Labyrinth) e per così dire steampunk (The Prestige) nella sua parallela carriera d’attore cinematografico. Nel bene nel male, nessuno è stato così poliedrico.

MC Qual’è il periodo della storia del rock che ti ha incantato maggiormente?

MG Credo che il più intenso sia ancora quello che va dal ’67 a circa metà dei ’70, perché è quello in cui il rock ha alzato il tiro culturalmente (e anche ideologicamente) dando vita a un’evoluzione strepitosa, sia musicale che nei testi, nelle copertine, nei live show, come mai più dopo. In quell’epoca, in cui infatti si sono svolti il festival di Woodstock e il primo allunaggio, anche il rapporto con la s/f è stato intenso e concettualmente importante (una collana di s/f come Urania in Italia tirava numeri oggi impensabili): i giovani musicisti psichedelici di allora – Byrds, Hendrix, Floyd, Bowie stesso, Hawkind e poi Blue Öyster Cult, Tangerine Dream, Eno, Kraftwerk, fino alle primizie del punk – guardavano allo spazio e alla s/f con l’entusiasmo della ‘corsa allo spazio’ dell’epoca e la brama di scoprire nuovi mondi con l’ambizione di rivoluzionare quello attuale. Una carica che difficilmente ritroviamo intorno a noi oggigiorno.

MC Oltre alle band che hanno fatto la storia del Rock ne citi altre contemporanee. Chi sono gli artisti dei giorni nostri che segui con più interesse?

MG Beh, si cerca di seguire il corso del tempo senza rimanere affezionati ai miti del passato, per quanto glorioso: ultimamente ho visto bellissimi concerti degli immortali King Crimson e dei Flaming Lips, che sono sempre dei miti; lì per es. ho scoperto come supporter gli ottimi Universal Sex Arena veneti. L’ultimo disco di Jack White l’ho trovato originalissimo, come anche il Something Weird dei bresciani Mugshots, insieme a molte cose della Black Widow, che in campo di fantarock è l’arca della scienza italiana. Ho trovato molto originale il metal-electro-blues di Zeal and Ardor e quello più jopliniano dei Blues Pills, il nu jazz psichedelico di Kamasi Washington, quello di Yazz Ahmed e quello di Caterina Palazzi in Italia. Le canzoni di resistenza rivisitate da Marc Ribot & vari ospiti e il funk avanguardistico degli I hate my village, il revival psichedelico dei tedeschi Vibravoid e il prog-wave moderno degli italiani Twenty Four Hours… si potrebbe continuare per ore, la buona musica è tutt’altro che morta! Se mai temo la pigrizia del pubblico attuale d’andarsela a scoprire, pur nell’epoca del tutto disponibile subito online…

MC Parliamo della copertina del libro. A cosa ti sei ispirato?

MG Ah, dall’averla vista su Facebook, in un gruppo di fan di Kubrick: questo grafico dilettante, Eytan Wronker, aveva fuso in una sola immagine gli astroanuti di 2001 Odissea nello spazio colle strisce pedonali più famose del mondo di Abbey Road. Gli ho subito chiesto se ce la lasciava usare perché avevo trovato per caso la sintesi iconografica perfetta dei due mondi su cui stavo lavorando!

MC Dove i nostri ascoltatori possono acquistare Fantarock?

MG In libreria, naturalmente: Arcana è distribuita in tutt’Italia. Oppure ordinandolo online su Amazon, come oggi va di moda. O ancora… invitando l’autore a una presentazione live nella propria città, per garantirsi la propria copia autografata!

MC Ci sono progetti immediati di cui vuoi parlarci?

MG Stiamo faticosamente producendo un album in cui gruppi attuali interpretano brani d’ispirazione fantascientifica citati nel libro. Non so ancora preannunziarvi esattamente quando uscirà (ma spero entro l’anno), ma posso dirvi che i Mugshots hanno registrato una cover degli Stranglers, Maurizio Marsico Satellite of Love di Lou Reed, e il trio Edna una bellissima versione jazz di The Man Machine dei Kraftwerk. Il resto è ora in ebollizione. Poi in autunno uscirà sempre per Arcana (nella nuova collana dedicata alla narrativa) ‘Oblique strategie sonore’, un’antologia di racconti fantamusicali tratti da spunti scritti da Brian Eno proprio per le session del citato Outside di Bowie. Insieme a me ci saranno ancora Assante, che debutterà qui come narratore, insieme anche al musicista Marsico, e poi scrittori navigati del pulp italiano come Danilo Arona, Andrea C. Cappi, Giovanni De Matteo, Lukha B. Kremo e Claudia Salvatori. E lì sarà un delirante supertrip in cui la narrativa di s/f offrirà il suo omaggio alle visioni che da sempre ci ha ispirato la musica.

MC Ti ringrazio di essere stato con noi.

MG Grazie a te e a tutti i lettori/ascoltatori!

Freddy Delirio And The Phantoms – The Cross

Come in una colonna sonora di un film fantasy/gothic/horror anni ottanta, Freddy Delirio ci prende per mano e ci conduce in un mondo parallelo, in cui fantasmi e spiriti si muovono attraverso il tempo in una loro dimensione ancestrale.

Uno dei musicisti più importanti della scena rock/progressive e metal tricolore, storico tastierista dei leggendari Death SS e protagonista di molti altri progetti che lo hanno visto coinvolto, torna con un nuovo album di inediti.

Federico Pedichini, conosciuto come Freddy Delirio, tramite la label genovese Black Widow licenzia The Cross, cinquanta minuti di ottima musica rock divisa in undici capitoli sotto il monicker Freddy Delirio And The Phantoms.
Come in una colonna sonora di un film fantasy/gothic/horror anni ottanta, il musicista toscano ci prende per mano e ci conduce in un mondo parallelo, in cui fantasmi e spiriti si muovono attraverso il tempo in una loro dimensione ancestrale.
Dall’opener Frozen Planets in poi questo scrigno di musica senza tempo si apre davanti a noi: le ritmiche sono da subito grintose, e l’aura metallica del brano potrebbe ingannare l’ascoltatore, caricato di energia hard & heavy anche dal secondo brano, la splendida Guardian Angel.
Ma le porte del castello posseduto si aprono con Inside The Castle, primo capolavoro di questo lavoro, un brano orchestrato su atmosfere space/horror e valorizzato da un assolo di chitarra da brividi.
Con The Circles si entra nel cuore dell’opera, un brano horror che con il successivo In The Fog disegna paesaggi grigi di bruma, illuminati dagli occhi glaciali delle fiere nascoste tra i cespugli.
L’atmosfera di The Cross, anche grazie al superbo lavoro di Delirio alle tastiere e ad assoli chitarristici che sprizzano melodie heavy come sangue da un’arteria tagliata, alterna momenti di tensione altissima con passaggi più liquidi che si avvicinano alla new wave, per poi esplodere in cavalcate prog metal (Afterlife) o dark rock (In The Forest).
La conclusiva The Ancient Monastery è anche il brano più lungo dell’album, con il quale la band si congeda con un doom/dark/rock di scuola italiana, tradizione musicale di cui è pregno The Cross, album da avere a prescindere dai generi a cui si ispira.

Tracklist
01. Frozen Planets
02. Guardian Angel
03. Inside The Castle
04. The Circles
05. In The Fog
06. The New Order
07. Afterlife
08. In The Forest
09. Liquid Neon
10. Cold Areas
11. The Ancient Monastery

Line-up
Freddy Delirio: Vocals, keyboards, guitars, bass and drums

Special guests:
Vincent Phibes: Guitar solos and clean guitars on “In the fog”, “Cold areas” and “The ancient monastery”
Francis Thorn: Guitar solos and additional guitars on “Frozen planets”, “Guardian angel”, “Liquid neon” and “In the forest”
Lucky Balsamo: Guitar solos on “Inside the castle”, “The new order” and “The circles”
Jennifer Tavares Silveira: Female vocals
Elenaq: Female vocals
Steve Sylvester: Vocal chorus on “The new order”
Francesco Noli: Drums
Chris Delirio: Percussion

FREDDY DELIRIO – Facebook

Inner Shrine – Heroes

Heroes è un lavoro relativamente breve che gode di un’elegante levità nel suo scorrere dai tratti quasi cinematografici: l’operato del duo toscano si rivela in ogni frangente fresco ed evocativo, grazie anche ad una notevole scorrevolezza che compensa l’assenza, di fatto, di una forma canzone vera e propria.

Gli Inner Shrine sono stati una delle prime band che in Italia negli anni novanta fu in grado di accogliere le tendenze gothic doom provenienti dall’Inghilterra, per poi cercare di rielaborarle in senso operistico con l’utilizzo di più voci femminili.

In tal senso, pur nel suo apparire piuttosto acerbo al momento dell’uscita, Nocturnal Rhymes Entangled in Silence, datato 1997, è tutt’oggi da considerarsi uno degli album più importanti del genere pubblicato dalle nostre parti.
La carriera del gruppo fiorentino è stata un po’ frammentaria ma Luca Lotti, assieme al compagno della prima ora Luca Moretti, nel nuovo decennio ha ridato slancio all’attività degli Inner Shrine, prima con l’uscita di Mediceo (2010) e Pulsar (2013) e poi di questo Heroes.
Rispetto a vent’anni fa il sound ha perso oggi parte della sua asprezza per evolversi in un bellissimo metal atmosferico dalla natura per lo più strumentale dato che, salvo sporadici interventi vocali maschili, c’è un ricorso molto efficace a vocalizzi femminili di stampo operistico che in pratica assumono il ruolo di un vero e proprio strumento.
Le ariose aperture melodiche e le solenni partiture che delineano il lavoro, più che assomigliare ai modelli del gothic doom più noti, si avvicinano maggiormente ad entità particolari dello scorso secolo come gli Elend o Malleus, il tutto in una versione molto meno classica da un lato e meno intrisa di elementi dark esoterici dall’altro.
Heroes è un lavoro relativamente breve che gode di un’elegante levità nel suo scorrere dai tratti quasi cinematografici: l’operato del duo toscano si rivela in ogni frangente fresco ed evocativo, grazie anche ad una notevole scorrevolezza che compensa l’assenza, di fatto, di una forma canzone vera e propria, l’unico aspetto del lavoro che potrebbe lasciare perplesso qualcuno (penso ben pochi, però).
La rielaborazione posta in chiusura del brano Cum Gloria, originariamente presente in Mediceum, vale a rendere piuttosto evidente come il sound degli Inner Shrine si sia evoluto in qualcosa di più etereo ma pur sempre affascinante, perché l’apoteosi sinfonico atmosferica di tracce come Ode of Heroes o Gaugamela o l’incedere più dolente e malinconico di Doom e Sakura, producono un carico emotivo a tratti esaltante e così diretto che già al primo ascolto si viene avvolti in maniera inevitabile da questo magnifico lavoro, ennesima dimostrazione di come in Italia non si è secondi a nessuno quando si tratta di proporre sonorità che fondono la tradizione classica con il metal.

Tracklist:
1. Donum (Intro)
2. Akhai
3. Ode of Heroes
4. Doom
5. Firebringer
6. Guagamela
7. Sakura (Metal Version)
8. Cum Gloria (Extended Version)

Line-up:
Luca Liotti
Leonardo Moretti

INNER SHRINE – Facebook

Wrong Way To Die – Wild And Lost

Uno degli indicatori della bontà di un album è quello di far premere nuovamente il tasto play alla fine dell’ascolto, e con Wild And Lost lo si fa più e più volte, perché c’è una luce particolare in questo disco, come in certe mattine nelle quali sembra che tutto l’universo possa volerti almeno un po’ di bene.

I Wrong Way To Die sono un gruppo padovano di hardcore melodico ma c’è molto di più.

Nati nel 2011, hanno debuttato sulla lunga distanza nel 2014 con Ingrates, per Redfield Digital, e hanno condiviso il palco con gruppi dal grande seguito come Texas In July e Being As An Ocean. La band si autodefinisce melodic hardcore, ma la sua musica va ben oltre questo genere , regalando molte emozioni che è poi la cosa più importante. I Wrong Way To Die sono un gruppo di talento e passione, all’interno di ogni canzone riescono sempre a trovare le soluzioni adeguate, e soprattutto allargano l’orizzonte di questo suono, rompendo i soffitti e facendoci intravedere il cielo. Nella loro musica si può sentire una linea melodica in comune con gruppi come i Deftones, quelle scalate melodiche che rimettono a posto il cervello e lo stomaco di chi ascolta. Ci sono tantissimi stop and go, tutti bellissimi e coerenti, e anche le parti maggiormente post hardcore sono molto belle. Se si volesse dare una definizione del loro suono, definizione per forza riduttiva perché è sempre la musica ed il gusto personale a comandare, si potrebbe azzardare un post hardcore progressive, perché ci sono cose in questo gruppo che vanno oltre le definizioni esistenti. I Wrong Way To Die non inventano nulla, ma lo fanno in maniera molto originale e coinvolgente, con un disco che ha una grande freschezza e al contempo un grande calore che ti avvolge e ti fa stare bene, senza contare che la resa dal vivo deve essere devastante. Uno degli indicatori della bontà di un album è quello di far premere nuovamente il tasto play alla fine dell’ascolto, e con Wild And Lost lo si fa più e più volte, perché c’è una luce particolare in questo disco, come in certe mattine nelle quali sembra che tutto l’universo possa volerti almeno un po’ di bene. Si sente molto chiaramente che il gruppo ha ascoltato e studiato molto e, mi spiace dirlo, ma se fossimo ad altre latitudini avrebbe ben altro seguito. Un disco che cerca dentro e fuori di noi alcune risposte, che sono già messe in musica proprio qui.

Tracklist
1. Orbit
2. Aimless
3. Reformed
4. Eternal
5. Fall Apart
6. The Most You Can Lose
7. The End / To Begin
8. The Glass I

Line-up
Federico Mozzo – Guitars
Vittorio Rispo – Bass
Marco Violato – Drums
Pham The Cosma Hai – Vocals

WRONG WAY TO DIE – Facebook

ATHROX

Il video di Fallen Apart, dall’album Through the Mirror (Revalve Records).

Il video di Fallen Apart, dall’album Through the Mirror (Revalve Records).

Gli Athrox rilasciano il nuovo videoclip ufficiale del brano Fallen Apart, tratto dal loro ultimo album Through the Mirror uscito in autunno tramite Revalve Records.

Fallen Apart é una critica nei confronti di chi nella storia ha sempre pensato ai propri interessi e non a quelli dell’umanità, stabilendo confini immaginari che limitano la consapevolezza che, in fondo, viviamo tutti lo stesso pianeta e non ci sarebbe mai stato alcun bisogno di fare guerre.
Il videoclip è stato diretto, filmato e montato dal videomaker Alessio Mida (Visual Fx: XXL Recording Studio), con la collaborazione di Alice Macii (make up) e Giulio Romagnoli (assistant director).

https://www.revalverecords.com/Athrox.html
http://player.believe.fr/v2/3615934288249
http://www.athroxofficial.com/
https://www.facebook.com/athroxofficial/
http://instagram.com/athroxofficial
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Cil City – Jump Off The Cliff

Jump Off The Cliff è un buon lavoro da parte di una band dalle grandi potenzialità e vedremo se questo nuovo album la aiuterà a trovare nuovi fans anche fuori dai propri confini.

Non male il secondo lavoro di questo viennese chiamato Cil City, composto da tre musicisti di sesso maschile e da due tigri che corrispondono a Deniz Malatyali alla voce e Cornelia Gass al Basso.

Dopo il debutto intitolato Red Ocean, la band di Vienna torna alla carica con Jump Off The Cliff, un album composto otto brani dal sound ad ampio respiro, tagliente ed aggressivo, ma che sa essere anche alternativo nel suo esplorare il mondo dell’hard rock di estrazione europea.
L’Austria e la vicina Svizzera sono culle per queste sonorità, vere scuole dove molti gruppi soprattutto a livello underground hanno seguito le realtà storiche nate sul territorio e i Cil City si presentano sul mercato con un sound accattivante, dal buon groove ed un mix tra tradizione e sonorità più in linea con gli ultimi tempi in cui la parte alternativa ha sempre un suo spazio.
Ovviamente la voce della cantante fa la differenza, ammiccante e graffiante ad assecondare il roccioso sound di brani come la title track e She’s Rock’n’Roll o la vena più alternativa del rock sporcato di moderno funky della bellissima This Road Won’t Take Me Home.
Jump Off The Cliff è un buon lavoro da parte di una band dalle grandi potenzialità e vedremo se questo nuovo album la aiuterà a trovare nuovi fans anche fuori dai propri confini.

Tracklist
1.Jump Off The Cliff
2.She’s Rock ‘n’ Roll
3.Shout It Out
4.This Road Won’t Take Me Home
5.Freedom
6.Fears In My head
7.Changes
8.#8

Line-up
Deniz Malatyali – Vocals
Hal West – Guitar
Erny Hofbauer – Guitar
Cornelia Gass – Bass
Bernhard Sattra – Drums

CIL CITY – Facebook

Dead Witches – The Final Exorcism

Lo scopo è sempre quello di soffocare l’ascoltatore, di chiudere i chiodi della bara quando esso respira ancora e ci riescono in pieno.

Torna alla grande Mark Greening, con il suo gruppo Dead Witches, per un disco di perdizione metallica e psichedelica.

Con The Final Exorcism i nostri arrivano al secondo album, tappa traditrice per più di un gruppo che loro superano brillantemente.
Intendiamoci, come formula non è nuova, ma questo suono che nasce con i Black Sabbath e viene trasformato dagli Electric Wizard, dei quali Greening è stato fondatore e batterista per poi andarsene con tantissime polemiche, qui viene portato al suo zenit, perfezionandolo ulteriormente. Le vibrazioni sono pesantissime, ed il disco è da ascoltare ad un volume furioso, allo scopo di far tornare i morti sulla terra e di farci sanguinare i nervi. La voce di Soozi Chameleone, che ha sostituito l’italiana Virginia Monti aka Psychedelic Withcraft, cantante del disco precedente Ouija, è tagliente, calda, alta e completa, e si sposa benissimo con il resto del loro suono. La chitarra è super distorta e macina riff giganteschi su riff giganteschi, il basso spinge avanti tutto e la batteria è la solita cavalcata infernale firmata Mark Greening. Lo scopo è sempre quello di soffocare l’ascoltatore, di chiudere i chiodi della bara quando esso respira ancora e ci riescono in pieno. Troviamo molta psichedelia in questo disco, infatti il suono è molto debitore degli anni sessanta e settanta, e come gli Electric Wizard i Dead Witches ne fanno una versione molto pesante e distorta, non necessariamente più moderna. Il disco pesca anche molto dall’immaginario horror, specialmente quello della defunta casa di produzioni Hammer, vero e proprio pilastro di film di dubbia qualità ma di grande impatto. Inoltre la differenza, nel caso dei Dead Witches, la fanno i particolari, perché ogni cosa è curata e ci sono riff e giri di batteria che si pongono per impatto al di sopra della media degli atri gruppi simili. Prova molto buona, sperando che non sia l’esorcismo finale.

Tracklist
1. There’s Someone There
2. The Final Exorcism
3. Goddess Of The Night
4. When Do The Dead See The Sun
5. The Church By The Sea
6. Lay, Demon
7. Fear The Priest

Line-up
Mark Greening – Assault and Battery
Oliver Hill – Guitar
Carl Geary – Fuzz Bass
Soozi Chameleone – Vox
Oliver Irongiant – Guitar

DEAD WITCHES – Facebook

LE INTERVISTE DI OVERTHEWALL: SCALA MERCALLI

Grazie alla reciproca collaborazione con la conduttrice radiofonica Mirella Catena, abbiamo la gradita opportunità di pubblicare la versione scritta delle interviste effettuate nel corso del suo programma Overthewall, in onda ogni domenica alle 21.30 su Witch Web Radio.
Questa volta Mirella ha intervistato gli Scala Mercalli.

MC Nuovo album per una delle heavy metal band tra le più seguite ed amate in Italia, sto parlando degli Scala Mercalli e con noi abbiamo Sergio, il batterista, e Clemente il chitarrista, i due portavoce della band.
Percorriamo le tappe principali degli Scala Mercalli, siete sulla scena metal già dal 1992! Ci parlate della genesi della band?

Sergio – Eravamo tutti ragazzi sui 18-20 anni circa e con qualche piccola esperienza precedente in formazioni non ufficiali, provavamo qualche cover in garage o nelle prime sale prove che si trovavano nei rarissimi spazi a disposizione. Dopo qualche prova insieme ci è venuta la voglia di iniziare a tirare fuori qualcosa di nostro, e cosi pian piano nel ‘92 abbiamo deciso di formare una band ufficiale che cantasse in inglese, lingua madre dell’Heavy Metal, ma mantenendo un nome italiano da cui poi è uscito Scala Mercalli, un nome che doveva scuotere l’animo delle persone che ci ascoltavano e ci ascoltano!

MC Citiamo la line up attuale degli Scala Mercalli?

Sergio Ciccoli-batteria
Christina Bartolacci -voce
Clemente Cattalani- chitarra
Cristiano Cellini-chitarra
Giusy Bettei – basso

MC Il nuovo album “Indipendence” è stato pubblicato a Gennaio di quest’anno per la Alpha Omega Records ed è incentrato sulla prima parte del Risorgimento italiano. Come negli album precedenti la storia d’Italia è al centro delle vostre tematiche. Qual’è il messaggio contenuto in quest’album?

Sergio:  il messaggio base è quello di ricordare con quanto coraggio, sacrificio e amor di patria siamo nati, quanto valore hanno dimostrato i nostri avi per darci la libertà che molti di loro hanno pagato con la vita. In effetti questa volta l’album non parla solo delle eroiche vittorie riportate in quel periodo, come a Calatafimi dai Mille di Garibaldi che si unirono alla rivolta popolare, ma parla anche di dolorose sconfitte sulle quali però sono state gettate le basi delle future vittorie che hanno unificato il nostro paese. Un esempio è la canzone dedicata alla battaglia di Tolentino del 1815 dove il Re di Napoli Murat venne sconfitto dagli Austriaci, un’altra canzone invece racconta della battaglia per la difesa delle Repubbica Romana del 1849, avvenuta sul colle del Gianicolo dove molti non si arresero e vi morirono attaccati dalle truppe Francesi a tradimento nella notte. Ogni canzone, insomma, ha il suo messaggio che vi consigliamo di leggere attentamente!

MC Parliamo anche del videoclip che ha preceduto l’uscita dell’album. Come è stato realizzato?

Clemente- Abbiamo girato il video di Be Strong in una villa ottocentesca vicino a Potenza Picena (MC). Abbiamo giocato molto sulle stanze e sull’ambientazione in generale della villa per poter realizzare qualcosa di originale. Ovviamente con le nostre divise ispirate ai corpi militari di inizio/metà 1800.

MC Una domanda che immagino vi faranno in tanti. Vi ispirate alla nostra Italia storica, raccontando battaglie e vittorie, come mai il cantato è in inglese? avete mai pensato di cantare in italiano?

Sergio: Sì ci abbiamo pensato, e in infatti in questo disco abbiamo fatto due canzoni con ritornelli in italiano, ma sappiamo bene che se vogliamo essere compresi in tutto il mondo bisogna cantare nella lingua madre e ufficiale dell’Heavy Metal, cioè in inglese. In questo modo le storie italiane che narriamo possono essere ben comprese da tutti!

MC Ho avuto la fortuna di assistere ad un vostro live e mi complimento con voi per la bravura e la professionalità, oltre all’energia che esprimete con le vostre esibizioni. Che rapporto avete con il pubblico che vi segue?

Clemente: In zona sono chiaramente per lo più amici o comunque persone del giro che si conoscono; anche quando suoniamo fuori dalle Marche,vuoi non vuoi, dopo anni, le persone sono spesso le stesse, quindi diciamo che siamo una grande famiglia!

MC Come promuoverete Indipendence? Ci sono già delle date previste per i live degli Scala Mercalli?

Clemente: Abbiamo confermato diverse date per quest’estate in diversi festival ed in diverse zone d’Italia, sicuramente ne vedremo delle belle!!
Sergio: Cercheremo poi pian piano di coprire tutta la penisola da qui a fine anno come abbiamo sempre fatto, speriamo di tornare anche all’estero, anche se un nostro desiderio sarebbe suonare anche in Sicilia e Sardegna che ancora purtroppo ci mancano.

MC Quali sono i vostri contatti sul web?

Sergio: oltre al sito ufficiale www.scalamercalli.com potete trovare tutte le informazioni anche sulla nostra pagina Facebook e su Istagram.

MC Grazie di essere stato qui con noi!

Sergio: Grazie a voi per lo spazio che ci date e che date al Metallo Italiano!! Still United \m/,
Clemente: Grazie a tutto lo staff di Overthewall e Metal Eyes e grazie a tutti quelli che ci supportano, a presto live!!

Wounds – Light Eater

Gli Wounds seguono la scia di Psycroptic e Decapitated, nel loro sound non si rinviene nulla di progressivo, bensì un massacro di matrice death metal suonato con perizia tecnica ed impatto tremendo.

Debutto interessante per questo quartetto statunitense, impegnato in un technical death metal feroce, massacrante ma dalle discrete intuizioni compositive.

Gli Wounds (ex Wounof Ruin) risultano attivi addirittura dal 2006, ma arrivano solo ora al debutto discografico con questi cinque brani racchiusi in Light Eater, ep licenziato dalla Everlasting Spew Records.
Technical death metal di scuola americana è quello che si trova tra le trame di questo mini cd, venti minuti di virtuosismi ritmici e chitarristici, perennemente estremizzati e tenuti ad una andatura media pericolosamente elevata.
Da Explosion Of Interstellar Terror in poi la band ci travolge senza soluzione di continuità: i virtuosismi strumentali sono il fiore all’occhiello di Light Eater, specialmente per chi ama il death metal più tecnico che nella title track ed in Fractured appare quanto mai diretto e devastante.
Il gruppo di Chicago segue la scia di Psycroptic e Decapitated, nel suo sound non si rinviene nulla di progressivo, bensì un massacro di matrice death metal suonato con perizia tecnica ed impatto tremendo.

Tracklist
1.Explosion Of Interstellar Terror
2.Light Eater
3.Metamorphosis
4.Fractured
5.As Undead Awakening

Line-up
Cornelius Hanus – Vocals
Rick Mora – Guitars
Franco Caballero – Bass
Nate Burgard – Drums

WOUNDS – Facebook

Of Hatred Spawn – Of Hatred Spawn

Mezz’ora basta ed avanza al gruppo canadese per presentarsi al pubblico estremo mondiale con un lavoro convincente, suonato e prodotto con tutti i crismi per non rimanere ignorato dagli amanti del death metal statunitense.

Ottimo debutto per questi guerrieri del death metal old school, tecnico e brutale provenienti dal Canada e chiamati Of Hatred Spawn.

La band nasce per volere dei fratelli Tartaglia, Remy, chitarrista ed ex Unbidden e J.J, batterista e già con Skull Fist, Operus e Final Trigger, a cui si sono aggiunti il bassista Oscar Rangel (ex Annihilator) ed il cantante Matt Collacott.
Questo primo album omonimo, licenziato dalla Boonsdale Records, ci presenta un gruppo notevole per tecnica esecutiva ed approccio, e che gli Of Hatred Spawn non siano dei novellini lo si capisce ad ogni nota di questo bombardamento sonoro senza soluzione di continuità, tra cambi di tempo, fulminanti blast beat, chitarre torturate senza pietà ed un cantante capace di variare toni senza intaccare la sua resa assolutamente devastante.
Un death metal ancorato nella tradizione a stelle e strisce, con la pesantezza immane dei Morbid Angel, la brutale potenza dei Cannibal Corpse e l’armageddon creato dai Deicide, crea un fronte di bassa pressione estrema, vere tempeste elettriche che si sviluppano monumentali tra le trame di Global Dehumanization, della formidabile Plaga (autentico picco di questo lavoro) e della conclusiva, devastante God Of Wrath.
Mezz’ora basta ed avanza al gruppo canadese per presentarsi al pubblico estremo mondiale con un lavoro convincente, suonato e prodotto con tutti i crismi per non rimanere ignorato dagli amanti del death metal statunitense.

Tracklist
1.Overture
2. Global Dehumanization
3.Nest Of Vipers
4.Severed Limb Convulsion
5.Plaga
6.Nocturnal Swarm
7.God Of Wrath
Line-up
Remy Tartaglia – Guitars
JJ Tartaglia – Drums
Oscar Rangel – Bass
Matt Collacott – Vocals

OF HATRED SPAWN – Facebook

RISE OF TYRANTS

Il video di “Freakshow”, dall’album “Abnormality in Structure”.

E’ online il nuovo video dei deathsters bergamaschi RISE OF TYRANTS per il brano “Freakshow”, tratto dal loro ultimo disco “Abnormality in Structure” uscito lo scorso 15 marzo 2019.

I Rise of Tyrants sono:
Davide Cantamessa – Voce
Paolo Morosini – Chitarra
Federico Visini – Chitarra
Riccardo Arrigoni – Basso
Virgilio Breda – Batteria

Info: www.riseoftyrants.net
Streaming e acquisto album: riseoftyrants.bandcamp.com

Nasheim – Jord och aska

I Nasheim non sono paragonabili a nessun altro gruppo attualmente: la loro proposta di atmospheric black metal ha una trascendenza,un lirismo e una personalità senza pari.

Un fluire ininterrotto di pura emozionalità e una classe cristallina ci riportano all’ascolto della seconda opera di Nasheim, one man band svedese composta da Erik Grahn con l’aiuto di vari collaboratori, tra cui R.Bjornstrom alla batteria, Harper al violino e R.Shakespeare al cello.

Ogni singola nota e ogni parola sono create dal leader che, dopo lo splendido Solens Vemod del 2014, si è preso tutto il tempo necessario per far crescere la propria creatività e poter far fuoriuscire con personalità e forte identità il proprio spirito. Questa musica, o meglio arte, non può lasciare indifferente chi si accosta, qui ci sono note di atmosferico black metal che porta il genere a un livello superiore, e l’accostamento tra folk nordico e materia black genera un’opera molto curata, rifinita in ogni sua parte ma che rappresenta in toto l’anima dell’artista. Arte e vita si intrecciano e ci avvolgono continuamente in questi tre brani che rappresentano uno “stream of consciousness” trascendente, onirico e ipnotico. Durante l’ascolto sembra di entrare in un mondo parallelo dove nulla è definito e tutto è in continuo divenire e i venti minuti di Att Svava Jogg Sviderna sono lì a dimostrarlo. Non vi è sfoggio di tecnica particolare, esiste solo una forte espressività che avviluppa noi ascoltatori in una atmosfera quasi ultraterrena, dove bellezza e tensione sono in perfetto equilibrio. La musica fluisce libera, possente, l’alternanza tra clean vocals e scream è naturale, l’intreccio strumentale è fluido e spontaneo generando un miscuglio di emozioni tra speranza, disperazione che eleva la nostra coscienza a livelli superiori dove forse pensavamo di non poter mai arrivare. Lo struggente sviluppo del terzo e conclusivo brano Sank Mig I Tystnad dimostra ampiamente che i Nasheim non sono paragonabili a nessun altro gruppo attualmente: l’artista sviluppa un personale percorso nella costante ricerca di adamantina bellezza.

Tracklist
1. Att sväva över vidderna
2. Grå de bittert sådda skogar
3. Sänk mig i tystnad

Line-up
Erik Grahn – Bass, Guitars, Vocals

Kraanston – Northern Influence

Si prova un gusto decisamente differente rispetto al gruppo sludge medio, anche se definire i Kraanston sludge è un arrotondare per difetto, dato che sono difficilmente classificabili, o meglio sono i Kraanston punto e basta.

Da Torino arrivano i Kraanston, al debutto sulla lunga distanza dopo l’ep Dead Eyes del 2016.

La loro proposta è uno sludge molto particolare, potente, distorto e che esplora anche altri sottogeneri del metal come thrash e groove metal, confezionando un disco non comune e molto interessante. Non poteva essere altrimenti con in formazione due musicisti come Fabio Insalaco degli Homicide Hagridden e Andrea Bonamigo dei The Selfish Cales, due gruppi musicali assai diversi, ma entrambi eccellenti nei loro campi. Northern Influence è un disco che non cerca mai la soluzione ovvia, ma lavora attraverso distorsioni e una imponente sezione ritmica per devastare tutto. La via anglosassone allo sludge ha influenzato molto i nostri, anche se la loro proposta è originale, dato che il suono dei Kraanston è metal nella sua essenza e nella sua manifestazione. Il disco regala belle sensazione a chi ama la musica pesante fatta con passione e concretezza, e saranno particolarmente soddisfatti gli amanti di sfuriate distorte e con la batteria incombente. Il gruppo è un trio molto ben assortito e capace di funzionare al meglio, esprimendosi in momenti più lenti o anche più veloci, sempre pesanti e potenti. Si prova un gusto decisamente differente rispetto alla band sludge media, anche se definire i Kraanston sludge è un arrotondare per difetto, dato che sono difficilmente classificabili, o meglio sono i Kraanston punto e basta. La formazione di questi musicisti è solida come i loro ascolti, tutto è eseguito al meglio, in perfetta comunione con la produzione. Non manca nemmeno la melodia declinata in maniera diversa, che contribuisce ad attirare l’attenzione dell’ascoltatore verso questo magma sonoro. Northern Influence riserva anche parecchie sorprese, certi pezzi dopo vari minuti cambiano registro e sono la migliore testimonianza della bravura compositiva ed esecutiva di questo gruppo. Un disco in tutto e per tutto underground che meriterebbe molto e speriamo lo riceva, anche se lo scopo principale è quello di fare male, tanto male.

Tracklist
1.UVB-76
2.An Unknown Hero
3.Tunguska (free)
4.Planet 4
5.Noril’sk
6.Cargo Cult
7.Kraanston

Line-up
Fabio Insalaco – Guitar / Vocals
Andrea Bonamigo – Bass / Vocals
Stefano Moda – Drums

KRAANSTON – Facebook

Aria – The Curse Of The Seas

I brani di Curse Of The Seas vanno a comporre un notevole esempio di metal in cui NWOBMH, power, thrash e sfumature vicine al prog formano un sound convincente ed estremamente vario.

Attivi addirittura dalla metà degli anni ottanta e giunti al tredicesimo album, tornano dopo quattro anni gli Aria, praticamente sconosciuti se non dai fans più attenti in Occidente, ma un’istituzione nella loro Russia, nei paesi dell’est ed in Asia.

Il perché la band non abbia mai trovato terreno fertile nel centro ed ovest Europa potrebbe derivare dall’uso incondizionato della loro lingua, fatto sta che a livello musicale gli Aria ci sanno fare eccome, dando l’impressione a chi ascolta d’essere al cospetto di un gruppo navigato, dall’esperienza e storia che non ha nulla da invidiare a chi ha fatto la storia dell’heavy metal.
Sembra però che, dopo tanti anni, gli Aria abbiano deciso di oltrepassare i confini virtuali della nostra musica preferita, lasciando il nuovo lavoro nelle mani del produttore Roy Z (Helloween, Judas Priest e Bruce Dickinson) e a Maor Appelbaum (Faith No More, Malmsteen, Rob Halford, Yes) il compito di masterizzare il tutto.
Accompagnati da testi che se non formano un concept vero e proprio risultano un viaggio omerico, tra mature riflessioni sulla vita viste dalla parte dell’uomo, di Dio e di oggetti inanimati, i brani di Curse Of The Seas vanno a comporre un notevole esempio di metal in cui NWOBMH, power, thrash e sfumature vicine al prog formano un sound convincente ed estremamente vario.
La lingua è forse l’unico ostacolo da superare per chi si avvicina alla musica del gruppo russo, trattandosi come il tedesco di un idioma forse più adatto a sonorità moderne, anche se la bravura del singer Mikhail Jitnyakov ne limita la poca fruibilità.
Il resto lo fanno una serie di brani splendidi, che alternano cavalcate heavy metal dalle ritmiche power, e mid tempo metallici nei quali le emozioni non mancano di certo.
I brani dalla durata medio lunga hanno in Varyag, nella ballata Hard To Be God, Alive e nei dodici minuti della conclusiva title track i momenti salienti di questo monumentale lavoro.
La Russia, così come tutta l’area ex-sovietica, continua a riservare gradite sorprese agli amanti della buona musica e gli Aria ne sono uno dei migliori esempi.

Tracklist
01. Race For Glory
02. Varyag
03. Lucifer
04. Hard To be God
05. Let it Be
06. Lust Run
07. Alive
08. Kill the Dragon
09. Smoke Without Fire
10. From Sunset To Sunrise
11. Curse of the Seas

Line-up
Vitaly Dubinin – Bass, Back vocal
Mikhail Jitnyakov – Lead vocal
Vladimir Holstinin – Guitar
Sergey Popov – Guitar
Maxim Udalov – Drums

ARIA – Facebook

Steorrah – The Alstadt Abyss

The Alstadt Abyss risulta dunque l’ennesimo lavoro di buona qualità dove progressive, metal e poi post rock, jazz e atmosfere fusion trovano il loro habitat, ricamando note su note in tele progressive.

Di questi tempi il termine progressive ha assunto una miriade di significati ed il genere si è trasformato in un lungo fiume musicale nutrito da centinaia di affluenti lungo il suo corso.

Ormai questo storico temine è usato come il prezzemolo e i fans tradizionali si sono dovuti adattare alle tante anime di un genere sviluppatosi in modo inaspettato dopo anni di stasi e conservatorismo.
Gli Steorrah, band tedesca con due album ed un live già licenziati, tornano con questo ennesimo esempio di come il progressive rock ed il metal alleandosi abbiano regalato ottima musica, cercando di instaurare legami con altri generi e dando la possibilità, grazie soprattutto al tanto bistrattato (dai fans storici del prog) metal estremo di abbattere confini che anni fa erano invalicabili.
The Alstadt Abyss risulta dunque l’ennesimo lavoro di buona qualità nel quale progressive, metal e poi post rock, jazz e atmosfere fusion trovano il loro habitat, ricamando note su note in tele progressive.
Saturnalia For Posterity e gli undici minuti della cangiante Where My Vessel Dwells, insieme alla conclusiva e seattantiana title track, ci presentano un gruppo che non ha paura di navigare sul fiume musicale di cui si parlava, esplorando isolette doom e dissonanze post rock, nel lungo corso da affrontare prima che i Steorrah scrivano la parola fine ad un album intrigante e ben congeniato.
La tecnica, al servizio di brani già di per sé, labirintici non intacca la fluidità dell’ascolto che si fa interessante ad ogni passaggio.

Tracklist
1.The Silver Apples Of The Moon
2.Sea Foam Empyrean
3.Saturnalia For Posterity
4.Wolves & Seagulls
5.Where My Vessel Dwells
6.Spheroid Nine
7.The Altstadt Abyss

Line-up
Andreas März – Vocals, Electric & Acoustic Guitars
Christian Schmidt – Drums & Piano
Nicolao Dos Santos – Electric Guitars & Backing Vocals
Raoul Zillani – Bass Guitars & Backing Vocals

STEORRAH – Facebook

Dire Peril – The Extraterrestrial Compendium

The Extraterrestrial Compendium risulta un ottimo ascolto, risultando una raccolta di brani che non mancano di potenza e melodia, consigliati agli amanti di Iced earth e Blind Guardian e in generale agli ascoltatori delle sonorità power/thrash.

Per gli amanti del power/thrash metal arriva dagli States questo ottimo lavoro, il primo del duo formato dal chitarrista e bassista Jason Ashcraft e dal vocalist John Yelland con il monicker Dire Peril ed intitolato The Extraterrestrial Compendium.

Come suggeriscono il titolo e l’artwork, l’album è un concept fantascientifico che si sviluppa attraverso un power metal di matrice americana, potenziato da bordate thrash ma pervaso da una vena melodica che ne contraddistingue il piacevole ascolto.
Attivi come band da sei anni, i Dire Peril hanno dato alle stampe una manciata di ep e singoli prima di licenziare questa possente opera, composta da una dozzina di brani per oltre un’ora di metal classico, impreziosito da ritmiche schiacciasassi, un grande lavoro chitarristico, una buona prestazione vocale e buone canzoni.
Il genere è quello che ha fatto la fortuna degli Iced Earth, qui rivisitato in chiave power, quindi più “europeo” rispetto alla band di Jon Schaffer e con soluzioni corali che ricordano i Blind Guardian.
Paragoni scomodi? Non direi, anche perché i Dire Peril hanno fatto un gran bel disco, cercando di mantenere un buon livello nel corso dell’intero album che, pur sviluppandosi su di un minutaggio importante, si lascia ascoltare con attenzione.
Non c’è nulla di particolarmente originale tra le trame dei vari brani che, dall’opener Yautja (Hunter Culture), passando per Enemy-Mine, la thrashy Total Recall, il crescendo di Blood In The Ice e la splendida “Iced Guardian” Always-Right-Here, ci travolgono di suoni ben conosciuti ma ottimamente eseguiti dal duo.
The Extraterrestrial Compendium è un ottimo ascolto, rivelandosi una raccolta di brani che non mancano di potenza e melodia e consigliati agli amanti dei gruppi citati e, in generale, agli ascoltatori delle sonorità power/thrash.

Tracklist
1.Yautja (Hunter Culture)
2.Planet Preservation
3.Enemy Mine
4.The Visitor
5.Total Recall
6.Queen of the Galaxy
7.Roughnecks
8.Blood in the Ice
9.Heart of the Furyan
10.Altair IV: The Forbidden Planet
11.Always Right Here
12.Journey Beyond the Stars

Line-up
Jason Ashcraft – Guitars, Songwriting
John Yelland – Vocals, Lyrics

DIRE PERIL – Facebook

FLESHGOD APOCALYPSE

Il video di ‘Sugar’, dall’album “Veleno”, in uscita a maggio (Nuclear Blast).

Il video di ‘Sugar’, dall’album “Veleno”, in uscita a maggio (Nuclear Blast).

La band italiana orchestral-death metal e revivalista del rinascimento FLESHGOD APOCALYPSE farà il suo ritorno trionfale quest’anno con l’uscita del quinto album “Veleno”, il 24 Maggio su Nuclear Blast Records. Ora il gruppo presenta il primo trailer dell’album, in cui parla dell’ultimo singolo ‘Sugar’.

https://www.youtube.com/watch?v=2lXTqJLIuxI

Acquista il brano qui: http://nblast.de/FA-Sugar

Preordina subito “Veleno”: www.nuclearblast.com/fleshgodapocalypse-veleno
Preordina l’album in digitale e ricevi subito ‘Sugar’ (solo amazon e iTunes)!
Ascolta ‘Sugar’ sulla NB Novelties Playlists :
http://nblast.de/SpotifyNovelties / http://nblast.de/AppleMusicNovelties

“Veleno” segna il primo disco dei FLESHGOD APOCALYPSE in tre anni, dall’uscita del loro acclamato disco “King” (2016). La ‘parte metal’ di “Veleno” è stata registrata a Roma al Bloom Recording Studio e Kick Studio con il collaboratore di lunga data Marco Mastrobuono, mentre la ‘parte orchestrale’ – il cast corale – è stato registrato al Musica Teclas Studio di Perugia. I Fleshgod Apocalypse hanno poi portato il loro lavoro al nominato ai Grammy Jacob Hansen (VOLBEAT, THE BLACK DAHLIA MURDER, EPICA) agli Hansen Studios in Danimarca per il mix e il master. L’intera produzione di “Veleno” ha preso, secondo Paoli, circa tre mesi. L’artwork dell’album è stato creato da Travis Smith (AVENGED SEVENFOLD, OPETH, KATATONIA).
Francesco Paoli riguardo a “Veleno”: “Oggi è il giorno. Un primo assaggio del nostro nuovo album, ‘Veleno’, è finalmente disponibile per tutti voi. Nessuna parola può descrivere quanto siamo entusiasti e quanto tempo abbiamo aspettato per questo momento. Quello che vedete è il raccolto di tre anni di sudore, rivoluzioni, emozioni intense e sfide estreme. Abbiamo dimostrato di essere più forti che mai, senza compromessi, alzando l’asticella a qualsiasi costo. L’album è a dir poco grandioso. Ogni canzone è un pezzo unico, letteralmente vivo. Non vedo l’ora che voi ragazzi sentiate il resto…”.

“Veleno” sarà disponibile nei seguenti formati:
– DIGI (CD+BLU-RAY) + TOPPA
– DIGI (CD+BLU-RAY)
– JEWELCASE CD
– 2LP (BLACK, GREY)
– DIGITAL DELUXE (INCL. VERSIONE STRUMENTALE DELL’ALBUM)
– DIGITAL

“Veleno”- Track Listing:
CD
01. Fury
02. Carnivorous Lamb
03. Sugar
04. The Praying Mantis’ Strategy
05. Monnalisa
06. Worship and Forget
07. Absinthe
08. Pissing On The Score
09. The Day We’ll Be Gone
10. Embrace The Oblivion
11. Veleno
Bonus Tracks (DIGI, DIGITAL & DIGITAL DELUXE)
12. Reise, Reise (RAMMSTEIN Cover)
13. The Forsaking (Nocturnal Version)

“An Evening in Perugia” (Bonus Blu-ray) – Track List:
01. Marche Royale
02. In Aeternum
03. Healing Through War
04. Cold As Perfection
05. Minotaur (The Wrath Of Poseidon)
06. Gravity
07. The Violation
08. Prologue
09. Epilogue
10. The Fool
11. The Egoism
12. Syphilis
13. The Forsaking

FLESHGOD APOCALYPSE live:

“Death…Is Just The Beginning” – North American Tour 2019
con HYPOCRISY, AENIMUS
22.03. USA Dallas, TX – Gas Monkey Bar N’ Grill
23.03. USA Austin, TX – Come and Take It Live!
24.03. USA Houston, TX – Scout Bar
26.03. USA Orlando, FL – The Haven
27.03. USA Atlanta, GA – The Masquerade
28.03. USA Raleigh, NC – The Maywood
29.03. USA Richmond, VA – The Canal Club
30.03. USA Worcester, MA – Palladium
31.03. USA New York, NY – Gramercy Theatre
01.04. CDN Montréal, QC – Théâtre Corona
02.04. CDN Québec City, QC – Impérial Bell
03.04. CDN Toronto, ON – The Opera House *UPGRADED*
05.04. USA Chicago, IL – Bottom Lounge
06.04. USA Minneapolis, MN – Studio B
07.04. CDN Winnipeg, MB – The Park Theatre
08.04. CDN Regina, SK – The Exchange
09.04. CDN Edmonton, AB – Starlite Room
10.04. CDN Calgary, AB – Dickens Pub
12.04. CDN Vancouver, BC – Rickshaw Theatre
13.04. USA Seattle, WA – El Corazon
14.04. USA Portland, OR – The Bossanova Ballroom
15.04. USA Oakland, CA – Metro Opera House

01.06. I Trezzo sull’Adda (MI) – Metalitalia.com Festival
23.06. B Dessel – Graspop Metal Meeting
20.07. SK Revištske Podzamcie – Gothoom
25. – 27.07. P Vila Nova de Famalicão – Festival Laurus Nobilis Music Famalicão

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