Aether Void – Curse Of Life

Curse Of Life è composto da undici brani suonato e prodotto benissimo, ai quali dove non manca un pizzico di groove e un gran lavoro chitarristico, seguendo strade tracciate dai gruppi storici del genere senza perdere quella personalità che nei debutti può fare la differenza.

Nati dalle ceneri dei No Way Out un paio d’anni fa, debuttano per Revalve Records i modenesi Aether Void con Curse Of Life, album che si colloca in ambito heavy/power tra ispirazioni classiche ed input più moderni.

Curse Of Life è composto da undici brani suonato e prodotto benissimo, ai quali dove non manca un pizzico di groove e un gran lavoro chitarristico, seguendo strade tracciate dai gruppi storici del genere senza perdere quella personalità che nei debutti può fare la differenza.
Ed infatti gli Aether Void manipolano la materia con buona padronanza di mezzi, accostando l’heavy classico di matrice Iron Maiden era Blaze Bayley al power e al metal di scuola statunitense (Iced Earth, ultimi Metal Church) per un risultato più che positivo.
La band nostrana ha una marcia in più quando lascia libere le sei corde, sul pezzo quando partono per cavalcate metalliche tagliando l’aria con fendenti potenti e melodici (Twisted Maze).
L’atmosfera di tensione palpabile che accomuna le opere del genere rimane in primo piano anche quando gli Aether Void depotenziano l’impatto di quel tanto per consentire alla parte melodica del sound di uscire in tutta le sue sfumature drammatiche ed in crescendo suggestivi (One Last Dawn).
Bellissima Misleading Promises, brano maideniano che offre un sunto del credo musicale del gruppo risultando il picco di Curse Of Life, album consigliatissimo a chi ama il metal classico del nuovo millennio.

Tracklist
1.Walking Down The Path (Intro)
2.Golden Blood
3.What You Reap And Deserve
4.Twisted Maze
5.One Last Down
6.Hoax
7.Faithless Crusade
8.Misleading Promises
9.Death Wish
10.The Eternal City
11.Angels Die Too

Line-up
Thore – Vocals
Bond – Lead Guitar
Erik – Rhythm Guitar
Bruso – Bass
Albi – Drum

AETHER VOID – Facebook

Vain Vipers – Vain Vipers

Rock’n’roll melodico, graffiante a tratti emozionante nel far rivivere atmosfere che si erano perse davanti ai palchi del Whiskey a Go Go, del Viper Room, o del Rainbow in un’escalation di puro divertimento che non fa prigionieri, questo è Vain Vipers e quello che trasmettono le dieci tracce suonate da Mick, Wild, Scott e Aaron.

L’uscita in questo periodo del biopic sui leggendari Motley Crue ha riacceso qualche luce sul Sunset Boulevard e sulla scena glam/hair/street metal di Los Angeles, balzata gli onori della cronaca musicale a metà anni ottanta e diventata una delle scene più influenti della storia del metal/rock mondiale.

Siamo lontani anni luce dalle esagerazioni di una generazione di musicisti votati al rock’n’roll style, ma è pur vero che la fiamma ha continuato in questi anni a bruciare nell’underground e per i fans più attenti le sorprese non sono certo mancate.
I Vain Vipers per esempio sono una band italiana al debutto per la Volcano Records con questo buon album omonimo, ispirato dalle leggende della scena losangelina, composto da un lotto di belle canzoni e in grado di risvegliare antichi pruriti in chi ha vissuto da testimone lo spettacolo pirotecnico e non solo musicale offerto dagli eroi del Sunset.
Rock’n’roll melodico, graffiante a tratti emozionante nel far rivivere atmosfere che si erano perse davanti ai palchi del Whiskey a Go Go, del Viper Room, o del Rainbow in un’escalation di puro divertimento che non fa prigionieri, questo è Vain Vipers e quello che trasmettono le dieci tracce suonate da Mick, Wild, Scott e Aaron.
L’album ci mette un po’ ad ingranare, l’opener I Hate You risulta un crescendo di tensione che arriva ad esplodere lasciando che la musica ci travolga e non trovi più ostacoli.
E dalla successiva Bitch (Please Shot Up) si entra in un vortice creato dal rock’n’roll selvaggio, irriverente ed irresistibile delle varie Kissy Doll, Let’s Party, 80’s Whore e Rock’n’Roll, brani che saranno derivativi quanto si vuole, ma il piedino non smette di battere il tempo e i chorus entrano in testa al primo colpo.
Un buon lavoro per una band che sa come far divertire gli amanti del genere: i gruppi a cui sono legati i Vain Vipers mi sembra inutile nominarli, basta premere il tasto play e si torna idealmente a bere una birra sul Sunset Boulevard.

Tracklist
1. I Hate You
2. Bitch Please (Shut Up)
3. Kissy Doll |
4. Lost In Your Eyes
5. Let’s Party
6. Reach Me In The Dark Side |
7. 80’s Whore
8. Devil Is Waiting |
9. Rock‘n’Roll
10. Weeping

Line-up
Mick – Vocals
Wild – Guitars / Back Vocals
Scott – Bass Guitar/ Back Vocals
Aaron – Drums

VAIN VIPERS – Facebook Contenuto musicale (link youtube – codice bandcamp – codice soundcloud)

Eva Can’t – Febbraio

Febbraio conferma appieno il valore degli Eva Can’t, la cui nuova veste assume contorni sempre più definiti, tali da non lasciare spazio a fraintendimenti riguardo al fatto che il percorso artistico di questa band bolognese sia sfociato in un sound a suo modo unico nel nostro panorama per stile e contenuti musicali e lirici.

Gravatum è stato in assoluto uno degli album cantati in italiano che, personalmente, ho più amato all’epoca della sua uscita, per cui riguardo a questa nuova produzione offerta dalla band guidata da Simone Lanzoni le aspettative erano notevoli.

Febbraio, ep contenente cinque brani per un totale di circa venticinque minuti di musica, vede un’ulteriore evoluzione verso una forma di cantautorato progressivo che ormai del metal degli esordi conserva solo poche ma ben inserite tracce.
L’intro strumentale Februus è ben più di quello che sovente è un semplice frammento volto a preparare il terreno al resto del lavoro, visto che il suo sviluppo consistente avvince ed avvolge fin da subito, rivelandosi l’ideale e non banale per premessa per l’episodio chiave Vermiglia, una canzone superba a livello lirico e musicale, con la quale Lanzoni sembra trarre linfa vitale dalla rinomata scuola cantautorale della sua Bologna, con il tutto ovviamente rivisto ed attualizzato con il background della band.
Di fronte ad un simile gioiello intriso di emotività, i restanti brani rischiano di venire offuscati ma questo non succede perché il livello di intensità del lavoro si mantiene elevatissimo, prima con Candele, in cui certi passaggi strumentali più evocativi quanto aspri rievocano nella parte conclusiva i migliori Primordial, poi con la title track, il cui avvio leggermente in sordina viene ampiamente compensato da una seconda parte nelle quale la chitarra solista si prende la scena e, infine, con il rock movimentato anche dal growl di Finale, degna chiusura di un lavoro di grande spessore.
Febbraio conferma appieno il valore degli Eva Can’t, la cui nuova veste assume contorni sempre più definiti, tali da non lasciare spazio a fraintendimenti riguardo al fatto che il percorso artistico di questa band bolognese sia sfociato in un sound a suo modo unico nel nostro panorama per stile e contenuti musicali e lirici.

Tracklist:
1. Februus
2. Vermiglia
3. Candele
4. Febbraio
5. Finale

Line-up:
Simone Lanzoni: guitars, vocals
Diego Molina: drums
Luigi Iacovitti: guitars
Andrea Maurizzi: bass

EVA CAN’T – Facebook

Tim Bowness – Flowers At The Scene

Flowers At The Scene nulla aggiunge e nulla toglie al precedente lavoro ed alla discografia solista di Bowness, risultando un album destinato ad essere amato dai fans dei due artisti che lo hanno composto e probabilmente trascurato da tutti gli altri.

Torna Tim Bowness, cantante dei progsters No-Man con un nuovo album a distanza di un paio d’anni dal precedente Lost In The Ghost Of Light.

Il nuovo lavoro, scritto in coppia con Steven Wilson, vede come in passato una serie di ospiti di spicco come Peter Hammill (Van Der Graaf Generator), Andy Partridge (XTC), Kevin Godley (10cc), Colin Edwin (Porcupine Tree), Jim Matheos (Fates Warning), David Longdon (Big Big Train), il co-produttore Brian Hulse (Plenty), il trombettista australiano Ian Dixon e i batteristi Tom Atherton e Dylan Howe, tra gli altri, a valorizzare queste undici composizioni all’insegna di un rock elegante e raffinato ma che, come già nel disco precedente, fatica a lasciare il segno.
Infatti anche questo nuovo Flowers At The Scene promette tanto ma mantiene solo in parte: gli ospiti fanno parte della crema del rock progressivo mondiale, la musica si muove sinuosa e delicata, pregna di note d’autore ma senza picchi emozionali, arrivando in fondo ai suoi tre quarti d’ora senza particolari squilli.
Da due artisti come Bowness e Wilson ci si aspetterebbe qualcosa in più, invece l’album continua la strada intrapresa in precedenza, con atmosfere e sfumature pink floydiane a rappresentare i momenti più alti dell’opera (It’s The World, Ghostlike).
Flowers At The Scene nulla aggiunge e nulla toglie al precedente lavoro ed alla discografia solista di Bowness, risultando un album destinato ad essere amato dai fans dei due artisti che lo hanno composto e probabilmente trascurato da tutti gli altri.

Tracklist
1.I Go Deeper
2.The Train That Pulled Away
3.Rainmark (feat. Jim Matheos)
4.Not Married Anymore (feat. Dylan Howe)
5.Flowers At The Scene (feat. Jim Matheos)
6.It’s The World (feat. Peter Hammill, Jim Matheos, Steven Wilson)
7. Borderline (feat. Dylan Howe, David Longdon)
8.Ghostlike
9.The War On Me
10.Killing To Survive (feat. Peter Hammill)
11.What Lies Here (feat. Kevin Godley, Andy Partridge)

Line-up
Tim Bowness – vocals, backing vocals, ukulele, trumpet and guitar loops

Guests:
Brian Hulse – synth/keyboards, guitar, drum programming
Peter Hammill – guitar and vocals, backing vocals
James Matheos – guitar
Andy Partridge – guitar
Ian Dixon – trumpet
Aleksei Saks – looped trumpet
Colin Edwin – bass / double bass / fretless bass
David K Jones – bass / double bass
Tom Atherton – drums
Dylan Howe – drums
Charles Grimsdale – drums
Kevin Godley – vocals
David Longdon – backing vocals, flute, melodica
Steven Wilson – synth, additional drum programming
Alistair ‘The Curator’ Murphy – string arrangement
Fran Broady – Bridge 5 string electro-acoustic violin, octave violin

TIM BOWNESS – Facebook

Locus Animae – Luna

La poetica del gruppo è quella di avanzare attraverso musica originale e di ispirazione neoclassica verso territori gotici ma anche di avanguardia.

I Locus Animae sono un gruppo proveniente da Novara, attivo dal 2012.

Inizialmente hanno cominciato come gruppo black metal, poi hanno sviluppato una poetica tutta loro, come si può sentire in maniera molto netta in questo nuovo ep, Luna. La poetica del gruppo è quella di avanzare attraverso musica originale e di ispirazione neoclassica verso territori gotici ma anche di avanguardia. La musica è delicata e sognante, ma anche possente e perentoria quando, con reminiscenze del black metal delle origini. Luna è la continuazione del ciclo cominciato con il precedente Prima Che Sorga Il Sole, che era un ottimo lavoro. Spicca l’azzeccato gioco fra la bellissima voce femminile di Vera Clinco dei Caelestis, che si completa benissimo con il cantato sia in chiaro che in growl di Gregory Sobrio. Il gruppo è tecnicamente di livello e porta molto in alto il pathos delle canzoni. Il sentire è gotico, forte di un sentimento anche mediterraneo che porta a vedere le cose in una maniera molto diversa dal gotico nordico, ad esempio. La presenza di un afflato neoclassico nella musica dei Locus Animae è molto forte ed è una delle colonne portanti del loro suono. Il cantare in italiano conferisce forse il vero valore aggiunto di questo gruppo, la metrica della nostra lingua si sposa benissimo con questo suono, e ne è la narrazione perfetta. Fin dalla prima canzone, L’Incanto Della Sirena, si capisce che non siamo al cospetto del solito combo di gothic metal, qui si va molto oltre: Luna parla di ricordi, tasselli della nostra vita che rimangono nel caleidoscopio di ciò che pensiamo di sapere. Stupisce la forza dirompente dell’album, la completezza del sound dove non c’è un cosa fuori posto, un’incongruenza, un qualcosa di sbagliato. Il sentimento è il motore primo di tutto, e i Locus Animae hanno un nome che è adattissimo alla loro musica, perché parla alla nostra anima. La comparsa di quando in quando nella musica del black metal attraverso intarsi molto preziosi è un ulteriore segno della bravura e della grandezza di questa band. La forma dell’ep è il giusto spazio per poter godere di queste composizioni così dolci e forti, che parlano di un mondo che possiamo vedere se abbandoniamo il delirio che ci viene proposto quotidianamente.

Tracklist
1.L’Incanto Della Sirena
2.Il Cantico Del Mai Nato
3.Crepuscolo
4.All’Imbrunire
5.Eclissi – Come La Terra Baciò La Luna

Line-up
Gregory Sobrio – Clean Vocals, Growl, Scream –
Nicolò Paracchini – Bass, Scream –
Brian Cara – Rhythm Guitar –
Emmanuele Iacono – Lead Guitar –

LOCUS ANIMAE – Facebook

FALLEN ANGELS

Il video di ‘Psycholove’, dall’album: Even Priest Knows (Sliptrick Records).

Il video di ‘Psycholove’, dall’album: Even Priest Knows (Sliptrick Records).

https://youtu.be/lnTeHhhj2rU

Italian glam rock band Fallen Angels have released their new video for the track Psycholove taken from their album release Even Priest Knows.

Here’s what the band explaining about the track and video; “Psycholove is a topical song (written thinking of the typical life of the middle-class worker), which speaks of male auto-eroticism caused by excessive laziness from frequenting the outside world, or total resignation to attend party venues, or clubs where women are present, because for fear of rejection, added to a dose of shyness, a person decides to shut himself up in his world and convince himself that he no longer loves women.

The song that bases its roots on issues of the present and the future: in a world increasingly surrounded by technology that increasingly distances man from the “real world”, where going out to have fun is no longer among the first need. Innovative and enveloping video games are already enough, the god’s Supermen and super-women Chat on Social all day long, Dream and build an unreal life closed between 4 walls, different habits and the shock when you find yourself interacting with the real world and with people around you, and then when the stimulus arrives … (the only one that could push us to go out and get to know the real world) we simply carry out the most ancient and simple act to make people sexually satisfied… and then for everything the “technology” takes care of the rest…..

The video clip appears in a fresh and modern tone, alternated by musical performance scenes and acting scenes that contain subliminal messages on the themes described. The choice of this style goes hand in hand with the musicality of the song, in which you they can find sub-genre influences of pop and rock, in its own way therefore innovative compared to other songs. Another reason for this style of video / music is the desire of the band to be noticed as a band of 2019 and not a revival band trapped without exit in the 80’s… Therefore, beyond the “classic” look behind this mask you can find musical experimentation, current events, and knowledge, and for Fallen Angelsmusical influences are the most important thing to try to look forward.”

Fallen Angels – Even Priest Knows
Even Priest Knows represents the bands desire to revive the spirit and atmosphere of the 80’s. It’s an album of 10 tracks that passes from more direct songs to real reflections on modern society, touching topics such as loneliness, war, alienation, viciousness, even themes with a simple appearance but surrounded by multiple meanings, to tracks with peaks of amusing sinfulness and esoteric-ism, all surrounded by riffs of pure rock ‘n roll and sharp melodies …here

Even Priest Knows | Released on April 30th, 2017 on Sliptrick Records

Fallen Angels are:
Matty Mannant – Vocals | Ste Wizard – Guitar | Luke Gyzz – Drums | Matthew Ice – Bass

Anna Havoc – Anna Havoc

Gli Anna Havoc sono una band di San Pietroburgo che suona un buon hardcore caotico, magmatico e molto duro.

Gli Anna Havoc sono una band di San Pietroburgo che suona un buon hardcore caotico, magmatico e molto duro.

Il loro primo ep è un buon esempio di cosa possa offrire un giovane gruppo di talento e in grado di ottenere ottimi ascolti. Certamente i numi tutelari sono i Converge e tutta quella scena che ha cambiato l’hardcore negli ultimi anni che è tuttora è un’onda che avanza. I riff sono molto precisi e colpiscono nel segno, le canzoni sono costruite e sono sviluppate bene. La furia di questi ragazzi non è cieca, è incanalata nella via giusta e viene espressa al meglio, attraverso questo hardcore pesante ed incalzante. La tensione rimane alta per tutto il disco, il minutaggio è adeguato ad esprimere quello che vogliono questi russi, ovvero la descrizione di una società che sta morendo e questo è il suono del coltello che la seziona. Gli Anna Havoc riescono a non essere derivativi perché hanno un’alta qualità nel loro sound e l’esprimersi in lingua madre è segno di forte personalità e di voglia di non farsi omologare, il messaggio lo si capisce benissimo. Ci sono momenti intensi e molto coinvolgenti, ma tutto il disco si attesta su buoni livelli: anche nei pezzi più lenti e sofferti gli Anna Havoc si esprimono molto bene e riescono sempre a costruire cose interessanti. E’ sempre piacevole ascoltare dell’hardcore nuova scuola suonato in questa maniera, peraltro il disco è in offerta libera sul loro bandcamp e ne vale davvero la pena.

Tracklist
1.Тишина
2.Вольта
3.Птица
4.Очаг
5.Весна

VINCENZO GRIECO

Il video di “Crashing Waves”, dall’album in uscita a maggio (Red Cat Inst Fringe).

Il video di “Crashing Waves”, dall’album in uscita a maggio (Red Cat Inst Fringe).

Disponibile dal 29 marzo, su tutte le piattaforme digitali, “Crashing Waves”, primo singolo estratto dal nuovo album di Vincenzo Grieco, in uscita a maggio 2019 per Red Cat Inst Fringe!

“Nessun compromesso per questo energico brano in puro stile hard rock anni ’80: ritmiche taglienti e virtuosismi di chitarra accompagnano la storia di un giovane surfista, stanco di osservare l’oceano soltanto da lontano. Il coraggio e l’incoscienza di non fermarsi davanti a niente e nessuno, nel surf, nel rock‘n roll e nella vita. Menzione d’onore alla straordinaria voce di Giorgio Lorito!”

CONTATTI ARTISTA:
www.facebook.com/vincenzogrieco1976
www.youtube.com/vincenzogrieco
http://www.vincenzogrieco.it/

LABEL:
www.redcatpromotion.com

Dimlight – Kingdom Of Horrors

Oscuro e drammatico, come il concept da cui si ispira, il sound di questo lavoro trova ottimi sfoghi qualitativi in una manciata di brani dalle atmosfere epico/apocalittiche.

La storia di Athanor e del suo viaggio alla ricerca di conforto e assoluzione, nei percorsi distorti e cupi di Irkala Kar, l’Underworld, prende vita tra le trame di un metal estremo che lascia spesso il comando alle sinfonie gotiche accompagnate dalla voce femminile, in una continua contesa con il growl profondo che guida l’anima estrema dei Dimlight.

Kingdom Of Horrors è il quarto album del gruppo greco, attivo dal 2006 e protagonista di molti live in compagnia delle massime espressioni del metal di questi anni come Arch Enemy, Lacuna Coil, Epica, Septic Flesh.
Ed è a queste band che i Dimlight si ispirano per portare alla luce il proprio esempio di musica, a tratti enfatica, dagli arrangiamenti orchestrali che si danno battaglia tra la possente forza del death metal, in una sorta di jam che vede impegnati i Lacuna Coil e i Septic Flesh.
Oscuro e drammatico, come il concept da cui si ispira, il sound di questo lavoro trova ottimi sfoghi qualitativi in una manciata di brani dalle atmosfere epico/apocalittiche come We, The Bones, la magniloquente Beyond The Gates Of Horror e Tower Of Silence.
L’ascolto non perde di interesse per tutta la durata dell’album, grazie agli ottimi arrangiamenti ed in particolare alla voce della cantante, che ricorda non poco quella di Cristina Scabbia, particolare che non mancherà di procurare nuovi estimatori al gruppo greco.

Tracklist
1.The Red King
2.Beryl Eyes
3.We, the Bones
4.Into the Thrice Unknown Darkness
5.Beyond the Gates of Horror
6.The Ecstasy of the Hunt
7.Tower of Silence
8.Serpent’s Pact
9.Lapis Animae
10.Bleeding Sunrise

Line-up
Mora – Vocals
Peter(a.k.a.Invoker) – Guitars,Vocals
Nick – Guitars
Jim – Drums
Marios – Lyricist
Apostolis – Orchestra Composer

DIMLIGHT – Facebook

Flageladör – Predileção Pelo Macabro

Predileção Pelo Macabro spara dieci colpi che insieme formano una mitragliata di speed/thrash tradizionale ispirato alla scena teutonica, i brani si susseguono veloci e abbastanza simili, lasciando troppo poco all’ascoltatore.

Proposta assolutamente underground quella dei Flageladör, nome che da quasi vent’anni fa parte della scena metal brasiliana.

La band infatti è attiva dall’inizio del nuovo millennio e può contare su una discografia che annovera tre full length ed un buon numero di split e demo.
Predileção Pelo Macabro è quindi il quarto lavoro sulla lunga distanza per il quartetto di thrashers dal suono old school, che non delude i suoi fans e li travolge con il suo thrash metal dalle accelerazioni speed senza compromessi.
Una musica zeppa di cliché, ma che viaggia a ritmo sostenuto, tra ritmiche sparate, solos e refrain scolpiti sulle tavole della legge di questo tipo di sonorità.
La produzione in linea con quanto suonato crea un’atmosfera ottantiana, mentre l’uso della lingua madre è sicuramente l’unico tocco di originalità da attribuire alla band.
Predileção Pelo Macabro spara dieci colpi che insieme formano una mitragliata di speed/thrash tradizionale ispirato alla scena teutonica, i brani si susseguono veloci e abbastanza simili, lasciando troppo poco all’ascoltatore.
Si tratta di un album rivolto essenzialmente ai fans del genere, magari incuriositi dall’uso della lingua portoghese che non inficia assolutamente un risultato comunque poco oltre la sufficienza e nulla più.

Tracklist
1.Entre o Martelo e a Bigorna
2.Nas Minhas Veias Corre Fogo
3.Máxima Voltagem
4.Terror Pós-Atômico
5.Queimando nas Chamas do Heavy Metal
6.Micromega
7.Eternamente Cinza
8.Predileção pelo Macabro
9.O Infiel
10.M.A.F.

Line-up
Armando Exekutor – Guitars & Vocals
Hugo Golon – Drums
Alan Magno – Bass
Jean Nightbreäker – Guitars

FLAGELADOR – Facebook

Triste Terre – Grand œuvre

Interessante esordio di questo duo francese, capace di creare ambientazioni maestose, imponenti e ammantate da tristezza e nostalgia: un black avanguardistico intriso di suggestioni doom e funeral.

Varie suggestioni emana l’esordio dei Triste Terre, gruppo francese di recente costituzione, con tre EP all’attivo dal 2016: un avanguardistico black metal intriso di doom, aromi funeral, dissonanze e capacità di creare ambientazioni misteriose e maestose.

Naal, compositore delle musiche e dei testi, accompagnato da Varenne al contrabbasso e Lohengrin alla batteria, ci propone in quasi sessantacinque minuti musica molto interessante capace di costruire imponenti affreschi che potrebbero ricordare per alcuni aspetti il suono degli inglesi Lychgate. L’uso sapiente dell’organo apre scenari che trasportano chi ascolta in territori ricchi di pathos e orrore. La lunghezza dei brani, in media superiore ai dieci minuti, permette di addentrarsi in territori multidimensionali, dove la furia black (Corps Glorieux) si amalgama perfettamente con parti nostalgiche e ammantate di tristezza, che pervade comunque ogni nota dell’ opera. Ogni brano nel suo divenire nasconde idee, suoni che conquistano e ogni ascolto scopre partiture che non si erano evidenziate prima; lentamente il suono si apre a nuove sensazioni ed è come emergere da profondi abissi prima di scoprire la maestosità della proposta. Il suo essere avanguardistico non comporta momenti di stanca o di noia, anzi è una continua sfida lasciarsi sommergere da imponenti strutture che non mancano di potenza e di coesione e i brani sono perfettamente delineati nel loro saliscendi emozionale, sia quando guardano al suono black, sia quando le note si sciolgono in momenti atmosferici di gran pregio. La componente doom è ricca di tensione e talvolta deflagra in momenti death doom pregevoli; le armonie, alcune molto dolci, sono sempre coperte da una aura sinistra a creare ambientazioni malsane e non confortevoli (Luer émerite). Un debutto davvero interessante in una scena, quella francese, molto attiva e sempre con progetti atmosferici piuttosto personali.

Tracklist
1. Œuvre au noir
2. Corps glorieux
3. Nobles luminaires
4. Grand architecte
5. Lueur émérite
6. Tribut solennel

Line-up
Naâl – Bass, Guitars, Vocals, Songwriting, Lyrics
A.Varenne – Contrabass
Lohengrin – Drums

TRSITE TERRE – Facebook

Contrarian – Their Worm Never Dies

Death, Cynic, Atheist sono influenze naturali ma efficaci a valorizzare una tracklist che non perde un solo colpo, con le evoluzioni strumentali ed i passaggi prog/jazz che si alternano a possenti mazzate death metal.

Terzo lavoro sulla lunga distanza per i Contrarian, band che vede al timone George Kollias (Nightfall, Nile) in veste di batterista e cantante.

Death metal americano, progressivo ed ispirato principalmente dai Death di Chuck Schuldiner è il sound che propongono i Contrarian in questo nuovo ottimo lavoro intitolato Their Worm Never Dies.
Nel gruppo, oltre a Kollias, troviamo Ed Paulsen al basso, Brian Mason e Jim Tasikias alle chitarre e Cody McConnell alla voce a formare un combo tecnicamente ineccepibile.
L’album pur mettendo in evidenza la sua anima progressiva ed il talento dei musicisti rimane legato ad un songwriting ben delineato, in poche parole la forma canzone non è umiliata dal mero tecnicismo e l’opera mantiene quindi alta l’attenzione di chi ascolta, deliziato da sfumature progressive inserite in un contesto estremo di matrice death old school.
Death, Cynic, Atheist sono influenze naturali ma efficaci a valorizzare una tracklist che non perde un solo colpo, con le evoluzioni strumentali ed i passaggi prog/jazz che si alternano a possenti mazzate death metal.
Niente di nuovo ma molto ben fatto e suonato in Their Worm Never Dies che ha nelle trame oscure di Exorcism e in Among The Mislead gli episodi migliori.
Tracklist
1. Vaskania (The Evil Eye)
2. Exorcism
3. My Curse
4. The Petition
5. Among the Misled
6. Their Worm Never Dies
7. Whomsoever Worships the Whiteworm

Line-up
Ed Paulsen – Bass
George Kollias – Drums
Jim Tasikas – Guitars
Brian Mason – Guitars
Cody McConnell – Vocals

CONTRARIAN – Facebook

Helheim – Rignir

Un lavoro strepitoso, di straordinaria fattura e di impressionante innovazione, ma non di immediata lettura. Lungi dall’album quindi, fugaci spettatori da un ascolto e via e dall’udito poco sensibile.

Risplende nuovamente la mitologia norrena, attraverso gli oltre 54 minuti di Rignir.

E come la tradizione spesso impone, ci viene trasmessa oralmente, attraverso i testi (rigorosamente in norvegese) del nuovo album degli Helheim. L’Edda del quartetto di Bergen, si dipana su 8 tracce, di puro ottimo Black Viking che non tradisce i fan, ma (mai come in quest’album) trova sinergie musicali con sonorità Gothic Rock (a modello di Joy Division e Bauhaus, per intenderci) e a tratti anche psichedeliche.
In Rignir, album decisamente più maturo rispetto ai precedenti (e sicuramente meno energico e violento se paragonato a Kaoskult, ad esempio), i nostri hanno maggiormente dedicato attenzione a dinamiche musicali più proprie di altri generi; brani più lenti, più doom, spesso costruiti su mid-tempo cadenzati, alternati a melodie melanconiche che sfiorano la tragicità, vengono qui spesso preferiti alle velocità tipiche del Black Metal.
Un album sicuramente più ricercato rispetto a tutta la produzione precedente. Sonorità che ballano tra l’Epic, il Viking, il Gothic Rock britannico e, a tratti, cupe psichedelie, vengono qui ben amalgamati – metaforicamente – in una lega musicale, dove il Black Metal rappresenta il metallo e, il resto, ne costituisce il mercurio.
V’gandr basso e voce (famoso anche per aver collaborato con Hoest nei Taake e con Infernus nei Gorgoroth), H’grimnir, chitarra e voce (ed autore anche della cover dell’album…), Hrymr alla batteria, costituiscono, oramai da 27 anni, il cuore degli Helheim. Con Reichborn alla prima chitarra, oggi giungono al loro decimo full-lenght.
Il primo brano, onestamente, può inizialmente portare un po’ fuori strada, spiazzando l’ascoltatore; la title-track di Viking ha davvero poco, e nulla di Black. E’ il vero pezzo Gothic Rock, suonato alla perfezione intendiamoci, ma, concedetemelo, più un brano accostabile ai Bauhaus, cantato dal Bowie più psichedelico. Il clean (come del resto per tutto l’album) la fa da padrone, pertanto non aspettatevi – se non per brevi tratti – l’imperversare dello scream o di un graffiante growl, sgorganti dall’ugola di un truce energumeno nordico armato d’ascia, nel nostro immaginario vichingo.
Ma è già con il secondo brano (Kaldr) che l’epicità maestosa dell’Helheim sound emerge prepotentemente. Il brano più Viking/Black di tutto l’album: brevi accelerazioni che danzano con i mid-tempo tipici del Black, e un H’grimnir in gran forma, con uno scream che forse avrà perso un po’ di potenza rispetto al passato, ma sempre e comunque di deciso impatto.
Un oscuro lentissimo psicotico arpeggio introduce Hagl. Un brano che a tratti pare un vero tributo ai Pink Floyd per il suo cadenzare psichedelico ed allucinogeno, e al primo post-punk dei Cure; corroborato da un’estrema oscura goticità che pervade i primi tre lentissimi e lamentosi minuti del brano (circa 10 in tutto), che fungono poi da preambolo al Viking dei successivi, introdotto dal rumorismo dell’insert di una cupa grigia pioggia nordica.
Con Snjova e Isud, l’imponenza della struttura Viking è davvero emblematica (come a dire sperimentiamo quanto si vuole, ma ricordatevi che i veri re del Viking Metal siamo noi); un canto che ci proietta all’epopea di Erik il Rosso o del terribile Ragnarr Loðbrók. Se nel primo brano lo scream Black è del tutto assente, in Isud appare e scompare fugacemente, con lo scopo – molto probabilmente – unicamente di “graffiare” l’udito dell’ascoltatore, e fargli percepire un tocco di malignità, piuttosto che permettergli di sublimare il fascino di uno degli elementi più tipici del genere in quanto tale.
Dà eco alle precedenti, Vindarblastr, che con il suo ottimo sostenuto blast beat Black, fa da sfondo ad una voce clean adornata dal tipico sottofondo di cupi cori, quasi liturgici, oramai radicata caratteristica dei Nostri.
Stormvidri è cupa e fredda come una giornata tipo, in quel di Bergen. Un affresco, a tinte Black, che esprime tutta la malinconica “meteorologia” della città norvegese, immersa nella fredda poggia dei fiordi (non a caso Rignir – rain).
Chiude il lavoro Vetrarmegin, il pezzo assolutamente più Black dell’album che, sopra un ossessivo tempo da marcia quasi militaresca, uno scream che sostituisce il clean delle precedenti tracce in toto, ed il classico sottofondo di cori Helheimiani, ci conduce per mano verso la fine di un viaggio epico, cupo e freddo, tra le desolate lande della contea di Hordaland.

Tracklist
1. Rignir
2. Kaldr
3. Hagl
4. Snjóva
5. Ísuð
6. Vindarblástr
7. Stormviðri
8. Vetrarmegin

Line-up
V’gandr – Bass, Vocals
Hrymr – Drums, Drum programming
H’grimnir – Vocals, Guitars (rhythm)
Reichborn – Guitars (lead)

HELHEIM – Facebook

NIBIRU

Il video della canzone ‘Exarp’, dall’album ‘Salbrox’ in uscita a maggio (Ritual Productions).

Il video della canzone ‘Exarp’, dall’album ‘Salbrox’ in uscita a maggio (Ritual Productions).

I NIBIRU hanno appena pubblicato il primo estratto dal nuovo album SALBROX, in uscita il 10 maggio su Ritual Productions. Il video di ‘EXARP’ – (‘spirito dell’aria’ in enochiano) è stato realizzato da Marco Testa, basandosi sullo splendido artwork creato dal noto artista francese VALNOIR | METASTAZIS

SALBROX LP TRACK-LISTING
1. ENHB
2. EXARP
3. HCOMA
4. NANTA
5. BITOM

SALBROX CD & DL TRACK-LISTING
1. ENHB
2. EXARP
3. HCOMA
4. NANTA
5. ABALPT
6. BITOM
7. RZIORN

Walls Of Babylon – The Dark Embrace

La Revalve rispolvera il primo album dei progsters Walls Of Babylon, lavoro uscito nel 2015 che metteva in mostra le ottime potenzialità del gruppo, poi confermate con il secondo A Portrait of Memories uscito lo scorso anno.

La Revalve rispolvera il primo album dei progsters Walls Of Babylon, lavoro uscito nel 2015 che metteva in mostra le ottime potenzialità del gruppo poi confermate sul secondo A Portrait of Memories uscito lo scorso anno.

Di prog metal si tratta, suonato ottimamente e dalle buone intuizioni compositive espresse già da The Dark Embrace, composto da nove brani inediti più la cover degli Stratovarius, Hunting High And Low.
La band mette sul piatto grande personalità ed una sagacia compositiva che rispecchia gran parte del metallo progressivo moderno: atmosfere tese, dal piglio drammatico, ritmiche possenti e valorizzate da perfetti cambi di tempo inseriti con gusto e senza strafare, melodie a cascata e refrain dal buon appeal.
Sin dall’opener Puppet Of Lie gli Walls Of Babylon ci vanno giù pesanti e la partenza risulta travolgente con l’aiuto delle seguenti The Defeat ed Alone.
Più power rispetto a quello che si ascolterà sul suo successore, The Dark Embrace ha nelle sue trame le ispirazioni che decretano il buon risultato qualitativo della musica suonata dai nostri, con la mente che vaga tra le opere di Evergrey e Dream Theater e quella furia power che lo fa più europeo.
Bene ha fatto la Revalve a riproporlo per chi ha apprezzato il gruppo marchigiano dall’ultimo album e che non potrà sicuramente fare a meno delle varie The Emperor e Revenge Of Morpheus, picchi di questa bellissima opera progressivamente metallica.

Tracklist
1.A Puppet of Lies
2.The Defeat
3.Alone
4.The Dark Embrace
5.Honor and Sorrow
6.The Emperor
7.A New Beginning
8.Revenge of Morpheus
9.A Warm Embrace
10.Hunting High And Low

Line-up
Valerio Gaoni- Vox
Fabiano Pietrini- Guitar
Francesco Pellegrini -Lead guitar
Matteo Carovana- Bass
Marco Barbarossa- Drums

WALLS OF BABYLON – Facebook

Julinko – Nèktar

Nèktar è un disco che ha molte letture e regala tantissimi spunti diversi, è uno di quei dischi che porta l’ascoltatore lontano, in una terra dove le leggi fisiche non sono le stesse, un sogno che chiede di mutare forma per essere capito in fondo, un disco di musica bellissima e psichedelicamente altro.

Etereo, esoterico, dolce, lancinante e additivo viaggio messo in musica in maniera davvero originale per questo terzo disco della creatura sonica chiamata Julinko, il primo in forma di terzetto.

La dea musicale che ha dato avvio al tutto è Giulia Parin Zecchin, cantante, chitarrista e visionaria che fonda il gruppo a Praga nel 2015 e per varie tappe arriva a concepire questo piccolo capolavoro in una discografia già ottima. Il disco possiede un suono che fa nascere un universo tutto suo, lo stile musicale ingloba molte cose, molti rimandi e tante cose che rendono speciale il tutto. Per prima cosa spicca la voce di Giulia, che altro non è che una bellissima connessione ad un qualcosa di superiore, che si può capire solo se legato alla musica degli altri componenti del gruppo, Carlo Veneziano alla batteria e synth e Francesco Cescato al basso. Nèktar è un distillato di riverberi, psichedelia profonda e di un’oscurità che piano piano si prende tutto. C’è un senso di sogno, di visione alchemica che prepara a qualcosa d’altro, un non stare mai fermi in un mondo che vive nel buio e scava nei simboli. Come altri pochi esempi, Giulia è una sciamana che suona per far nascere o rinascere qualcosa di antico che è in noi dormiente. L’ispirazione del disco le è venuta in un momento di conoscenza indotta da agenti esterni ed interni che ha fatto diventare il Nèktar del titolo un percorso a ritroso dalla morte ad una nuova vita. Giulia taglia carni con la sua voce e la sua chitarra, che è come una spada oppiacea che uccide e fa godere, il resto del gruppo la segue benissimo, in un percorso che non può essere lineare, ma che è anzi scosceso e difficile come tutti i percorsi iniziatici. La musica è dolce e sinuosa, pericolosa e bellissima come il canto di una sirena. Musicalmente si segue una certa tradizione italiana fortemente underground che ha sempre dato ottimi frutti, quella di un certo tipo di psichedelia rumorista e lisergica di alta qualità. Nèktar è un disco che ha molte letture e regala tantissimi spunti diversi, è uno di quei lavori che porta l’ascoltatore lontano, in una terra dove le leggi fisiche non sono le stesse. Un sogno che chiede di mutare forma per essere capito in fondo, un disco di musica bellissima e psichedelicamente altro.

Tracklist
1.Into the Flowing Stream Plunge Me Deep
2.Deadly Romance
3.Venus’Throat
4.Leonard
5.The Hunt
6.Spirit
7.Servo
8.Death and Orpheus
9.The Woods, the Wheel
10.Nèktar

Line-up
Giulia Parin Zecchin – Guitar and Voice
Carlo Veneziano – Drums and Synth
Francesco Cescato – Bass

JULINKO – Facebook

The Worst Horse – The Illusionist

Un lavoro riuscito ed estremamente godibile per gli amanti dei suoni stoner/groove metal.

Dall’immaginario horror e dai fumetti di Dylan Dog (l’indagatore dell’incubo) nasce il concept dietro a The Illusionist, primo lavoro su lunga distanza dei rockers milanesi The Worst Horse.

Il quartetto nasce per volere del cantante David Podestà e del chitarrista Omar Bosis , a cui si aggiungono in seguito il batterista Francesco Galimberti e recentemente il bassista Riccardo Crespi.
The Illusionist racconta di una società sempre più malvagia e crudele con i deboli, mentre l’indagatore dell’incubo e l’illusionista si danno battaglia tra le trame di molte delle canzoni che competano un lavoro di hard rock che si nutre di varie ispirazioni ed influenze.
Dal blues sporcato di stoner rock, al rock duro vero e proprio, dal rock’n’roll al southern metal paludoso e viscido della scena di New Orleans, The Illusionist non manca di prendere per il colletto e sbattervi contro il muro a colpi di rock che si potenzia di iniezioni groove metal.
Sono tre quarti d’ora intensi e sanguigni quelli offerti dal gruppo milanese, le chitarre sature, la voce graffiante e bagnata da Jack Daniels d’annata si riveste di blues mentre la caccia all’illusionista si fa intensa tra le note di Tricky Spooky, il rock blues di Circles, Leather Face, il rock’nroll di Grimorium e la conclusiva It.
Registrato con l’aiuto di Gabriel Pignata al basso (Destrage) e la chitarra di Luca Princiotta (Doro Pesch, Blaze Bayley), ospite in It, l’album risulta un lavoro riuscito ed estremamente godibile per gli amanti dei suoni stoner/groove metal.

Tracklist
01. Tricky Spooky
02. 313 Pesos
03. The Illusionist
04. Circles
05. Leather Face
06. Grimorium
07. XIII
08. Blind Halley
09. Elevator To Hell
10. It

Line-up
David Podestà – Vocals
Omar Bosis – Guitars
Francesco Galimberti – Drums
Riccardo Crespi – Bass

THE WORST HORSE – Facebook

Der Blutharsch and the Infinite Church of the Leading hand – Wish I Weren’t Here

Il progetto di Albin avanza ulteriormente e fragorosamente, se lo si legge in chiave musicale questo disco è una delle cose migliori che sia ultimamente uscita in campo psichedelico e non solo, perché qui ci sono forti elementi di new wave e di ottimo krautrock.

Continua l’immensa parabola musicale di Albin Julius aka Der Blutarasch, geniale e controverso artista che forse nei tempi passati sarebbe stato un magnifico musicista classico, ma che oggi sicuramente è un medium attraverso il quale la musica fluisce e si disperde nell’universo.

La prima fase della sua vita musicale è stata all’insegna del martial neofolk politicamente schierato nell’estrema destra, collaborando anche con Death In June. Dal 2011 la svolta psichedelica, cambiando nome in Der Blutarsch and The Infinite Church Of The Leading Hand. La cesura musicale con il passato è pressoché totale, dato che qui siamo nei territori della psichedelia più libera e visionaria, per un disco che cattura e porta lontani. La svolta di Albin, che con musicisti come Douglas Pearce, deus ex machina dei Death In June condivide la stessa visione estremamente contraddittoria dell’arte della vita, non gli ha procurato grandi elogi dal suo passato pubblico, mentre invece gli ha fatto guadagnare nuovi adepti tra chi ama la musica più visionaria ed eterea. Wish I Weren’t Here, oltre ad essere una manata nei coglioni ai Pink Floyd e alla musica alternativa tutta, è un disco libero e contundente, un qualcosa di totalmente slegato dalle logiche commerciali, la cosa più lontana che ci possa essere da una zona di comfort. Der Blutarsch con i suoi soci vuole fare male, penetrare nel profondo della nostra psiche modernamente devastata, rompere gli argini del facile, distorcere una realtà già distorta, in un infinito che si ripiega su se stesso. Il suono è dirompente, la voce femminile è quella di una sciamana che ci porta in una regressio ad infinitum, mentre il gruppo evolve in jam che tendono a dilungarsi, con tutti gli spazi riempiti ed il vacuum che non esiste. Il progetto di Albin avanza ulteriormente e fragorosamente, se lo si legge in chiave musicale questo disco è una delle cose migliori che sia ultimamente uscita in campo psichedelico e non solo, perché qui ci sono forti elementi di new wave e di ottimo krautrock. Al di là di qualsiasi altra considerazione, lasciamo parlare appunto la musica per ora, perché quella è ottima.

Tracklist
1.evil
2.wish I weren`t here
3.all one
4.make me see the light
5.just because I can
6.my soul rests free
7.forgotten
8.he is here
9.o lord

DER BLUTHARSCH AND THE INFINITE CHURCH OF THE LEADING HAND – Facebook

Acretongue – Ghost Nocturne

Ghost Nocturne non manca certo di brani dal buon appeal, per quanto il sound non sconfini mai più di tanto in una ammiccante ballabilità; infatti, in ossequio al titolo, l’album mostra una certa vena intimista e, appunto, notturna, dal discreto fascino ma priva di picchi particolari.

Secondo full length per il musicista sudafricano Nico J.con il suo progetto Acretongue.

Ghost Nocturne arriva ben otto anni dopo l’esordio Strange Cargo, album che all’epoca dell’uscita aveva ottenuto buoni riscontri.
L’elettro dark esibito in questo frangente è indubbiamente di buona qualità, nella scia di un modello vocale come Frank Spinath e musicale come i suoi Seabound, ma rispetto allo psicologo tedesco prestato al synth pop quella di Nico J. si rivela una versione valida ma leggermente meno incisiva
Ghost Nocturne non manca certo di brani dal buon appeal, per quanto il sound non sconfini mai più di tanto in una ammiccante ballabilità; infatti, in ossequio al titolo, l’album mostra una certa vena intimista e, appunto, notturna, dal discreto fascino ma priva di picchi particolari.
Brani come Requiem e la successiva Endling’s Call sono indicativi di un buon talento compositivo che forse si è leggermente affievolito rispetto a quanto esibito all’iizio del decennio.
Detto ciò Ghost Nocturne resta un lavoro gradevole e di classe, per quanto collocabile nella fascia subito inferiore a quella di vertice dell’elettro synth pop mondiale.

Tracklist:
1.Abacus
2.Requiem
3.Endling’s Call
4.Nocturne I – Dawn Crimson
5.Contra
6.Nightrunner
7.Minutia’s Curse
8.Nocturne II – The Drowning Hour
9.Haven

Line-up:
Nico J.

STARSICK SYSTEM

Il video di “Half. Done”, dall’ep “Half”.

Il video di “Half. Done”, dall’ep “Half”.

Gli Starsick System hanno pubblicato il nuovo singolo dal titolo “Half. Done”, quinto e ultimo estratto dall’EP HALF. Il nuovo brano unisce riffing moderno e pesante a melodie di matrice nordica, il tutto in stile 100% Starsick.

Queste le parole della band:
“Half. Done è un brano molto importante nel percorso musicale della band, per la sua atmosfera musicale e per la tematica affrontata. L’intera canzone ha uno sviluppo melodico che cresce fino ad esplodere nei ritornelli, portando con se un’oscurità di base che si rispecchia nel concept trattato: l’esigenza di affermare se stessi e di difendere i propri sentimenti.

Affrontiamo il tema del bullismo non solo in quanto tema di attualità ma anche come summa delle nostre esperienze personali nell’intento di aiutare nel nostro piccolo chi ci ascolta ad affrontare le situazioni difficili e a saper chiedere aiuto.”

Half. Done è disponibile anche su tutte le piattaforme digitali -> http://smarturl.it/StarsickHalfDone

Il brano vede la produzione di Ivan Moni Bidin (Artesonika Studio – Pordenone, Italia) e il mastering di Staffan Karlsson (Sweetspot Studio Satellite – Halmstad, Sweden).

Il video è stato girato da Francesco Sogaro (NT Multimedia) insieme a Valeria Battain (che ha curato anche l’artwork del singolo).

STARSICK SYSTEM
◾ Voice & Guitar: Marco Sandron
◾ Drums: Ivan Moni Bidin
◾ Bass: Valeria Battain
◾ Guitar: David Donati

HALF. è la prima release del nuovo corso della band, interamente finanziata tramite una campagna di crowdfunding supportata da MusicRaiser. La band è attualmente in studio di registrazione per il nuovo album.

Gli Starsick System torneranno inoltre a breve on stage. Due le date confermate finora.

10.05 @ BU.CO – Martignacco (UD) – Acoustic Show – Evento FB
22.06 @ Ruvido Barber Rock Club – Padova – Electric Show