Windshades – Crucified Dreams

Bravi e a loro modo originali, gli Windshades risultano una bella sorpresa ed un nome su cui i fans del genere possono tranquillamente puntare, aspettando il probabile arrivo del primo full length.

Accompagnato da una splendida copertina che ha ricordato al sottoscritto le atmosfere del romanzo I Pilastri Della Terra di Ken Follett, arriva sul mercato Crucified Dreams, ep di tre brani con cui gli Windshades debuttano per la nostrana Atomic Stuff che ha messo a disposizione della band i suoi studi di registrazione ed il talento di Oscar Burato, che si è occupato di registrazione, mixaggio e masterizzazione.

Il gruppo proveniente dalla provincia di Mantova e fondato lo scorso anno dalla cantate Chiara Manzoli e dal batterista Carlo Bergamaschi, ci propone un buon metal dalle trame gotiche, dove le ritmiche serrate fanno da contrasto alla voce dai rimandi classici ed operistici della singer, mantenendo in primo piano un ottimo impatto heavy.
Si potrebbe parlare di un mix ben assortito di heavy metal (nel buon lavoro delle due chitarre si riscontrano rimandi agli Iron Maiden) e sonorità dark/gothic, con la parte sinfonica inesistente se non per l’uso della voce operistica.
Non male, Crucified Dreams si ritaglia un suo spazio nel genere, l’impatto terremotante della sezione ritmica, i solos taglienti ed un ottimo impatto si placano solo nella parte iniziale di Resurrection, mentre in generale il gruppo imprime la giusta dose di potenza al proprio sound, non facendo mancare una buona dose di velocità, sempre in contrasto con la sublime voce della cantante.
Metafora è attraversata da sali e scendi maideniani, Resurrection parte delicata e prepara l’ascoltatore alla danza metallica, con la cantate che ispirata, fa volare la sua voce sulle scariche elettriche ed oscure degli strumenti, mentre la conclusiva title track risulta il brano più estremo del gruppo, su cui il gruppo alterna potenti mid tempo a veloci fughe al confine tra heavy e thrash.
Bravi e a loro modo originali, gli Windshades risultano una bella sorpresa ed un nome su cui i fans del genere possono tranquillamente puntare, aspettando il probabile arrivo del primo full length.

TRACKLIST
01. Metafora
02. Resurrection
03. Crucified Dreams

LINE-UP
Chiara Manzoli – Voice
Matteo Usberti – Guitar
Riccardo Soresina – Guitar
Andrea Bissolati – Bass
Carlo Bergamaschi – Drums

WINDSHADEDS – FacebookURL YouTube, Soundcloud, Bandcamp

Graveyard Ghoul – Slaughtered-Defiled-Dismembered

Un album che ha la sua forza nell’insieme creato dalle atmosfere che tagliano i brani, valorizzate dalle parti rallentate, veri macigni di musica oscura e diabolica.

Attitudine old school, tanto horror da B-movie, di quello cult per intenderci e non certo da ragazzini con mascherine smorfiose che più che paura fanno tenerezza, un death metal che nelle accelerazioni si trasforma in un thrash anni ottanta, per poi rallentare e far uscire l’anima malvagia del doom/death, una produzione che soffoca i suoni, come una bocca piena di quei vermi della decomposizione che brulicano tra le membra scarnificate.

Sono tornati i Graveyard Ghoul, band proveniente dalla Sassonia, al terzo album in quattro anni dalla sua nascita e tramite la Go Fuck Yourself Productions licenzia questo lavoro, rigorosamente in cassetta, dal titolo Slaughtered – Defiled – Dismembered.
Sangue, morte e male racchiusi in un’atmosfera orrorifica, un concentrato di malvagità e terrore compresse in un sound che chiamare oscuro è un eufemismo.
Attenzione, però, il gruppo non usa orpelli, niente trucco e niente inganno, solo metal estremo che odora di morte, tra death, thrash vecchio stampo e doom, malato, cadenzato e terrificante.
Un gruppo che sceglie per le sue opere il vecchio formato in cassetta non può che essere completamente devoto, in tutto e per tutto, ai tempi che furono, così da costruirsi un rispettoso seguito tra i cultori della musica estrema di ormai trent’anni fa.
Da scrivere rimane solo un giudizio altamente positivo, le atmosfere funzionano ed il trio (Tombcrusher al basso, Tyrantor batteria e voce e Disgracer chitarra e voce) dà la sensazione di saperci davvero fare e conoscere la materia trattata, tra devastanti ripartenze e rallentamenti che artigliano e squartano gole, in un perdersi in un terrificante mondo tra zombie, diavoli e piastrine a go go.
Un album che ha la sua forza nell’insieme terrificante creato dalle atmosfere che tagliano i brani, valorizzate dalle parti rallentate, veri macigni di musica oscura e diabolica, promossi.

TRACKLIST
Side A – Old
1.Mouldered To Madness
2.Slaughtered – Defiled – Dismembered
3.Born Without Bones
4.Necrocult
5.Pestilent
6.VHS

Side B – Death
7.Woundfuck
8.Necrotic Lust
9.They Won’t Stay Dead
10.Amputation Masturbation
11.Into Abyssal Spheres

LINE-UP
Disgracer -Vocals, Guitars
Tom “Tyrantor” Horrified -Drums, Vocals
Tombcrusher -Bass

GRAVEYARD GHOUL – Facebook

Quicksand Dream – Beheading Tyrants

Si perde nella notte dei tempi il sound dei Quicksand Dream, ricordando sogni viziati dal folk zeppeliniano, un’altra delle tante virtù del famoso dirigibile britannico.

I Quicksand Dream sono un duo svedese composto da Patrick Backlund (basso e chiatarra) e Göran Jacobson (voce) aiutati su questo lavoro da Henrik Högl alle pelli e Beheading Tyrants è il loro secondo album, dopo l’esordio Aelin – A Story About Destiny, uscito addirittura sedici anni fa.

Un ritorno quindi per il gruppo di old school rocker scandinavi, troppo frettolosamente descritto come band epic metal, mentre nella sua musica si accende la fiamma dell’hard rock, a tratti evocativo, magari lanciato in cavalcate dove la chitarra, timida, sceglie vie metallare, ma sempre con lo spartito ben piantato nell’hard rock classico.
Vero è che l’aura che emanano i brani odora di cime innevate, o pianure perse nel freddo autunno scandinavo, qualche accenno folk elettrico e mid tempo più vicini al doom che al metal, fanno da contorno a questa raccolta di brani che mantengono un’atmosfera sognante anche per il cantato evocativo di Backlund.
Si perde nella notte dei tempi il sound dei Quicksand Dream, ricordando sogni viziati dal folk zeppeliniano, un’altra delle tante virtù del famoso dirigibile britannico.
E così veniamo immersi in questo sogno che rimane sempre in bilico tra l’hard rock ed il doom, ben assemblato senza raggiungere particolari picchi dal duo, ormai diventato un trio, e che preclude ogni tipo di modernità nel proprio sound rimanendo legato al cordone ombelicale del decennio più famoso della storia del rock.
Il difetto maggiore di questo lavoro è la mancanza di qualche brano trainante, quello che fa la differenza tra un ottimo lavoro e un album ordinario, ma sono sicuro che ,come il sottoscritto, c’è chi apprezzerà con la dovuta cautela Daughters of Eve, The Shadow That Bleeds e To Kill Beneath the Sun, brani dal flavour settantiano e piacevolmente old school.

TRACKLIST
01. Daughters of Eve
02. Cloud of Screams
03. The Shadow That Bleeds
04. The Girl from the Island
05. White Flames on Black Water
06. To Kill Beneath the Sun

LINE-UP
Göran Jacobson – Vocals
Patrick Backlund – Guitars, Bass
Henrik Högl – Drums

QUICKSAND DREAM

Saturno – Thou Art All

La buona tecnica permette alla band avventurose e velocissime arrampicate su e giù per lo spartito, senza sacrificare la forma canzone, assolutamente imprescindibile per la riuscita dei brani.

Con il primo lavoro dei ferraresi Saturno ci troviamo al cospetto di un’opera di death metal tecnico e brutale, racchiusa in cinque brani per quindici minuti di musica dal titolo Thou Art All.

Il quartetto nostrano confeziona questo antipasto alla propria carriera mettendo subito in chiaro che qui si fa death metal tripallico, progressivamente brutale e squisitamente tecnico, dai rimandi ai gruppi storici statunitensi (padri del genere) , ma con una personalità da veterani.
Non manca nulla a Thou Art All per farsi apprezare: buona tecnica esecutiva, impatto enorme, blast beat alternati a parti dalle ottime varianti ritmiche, vorticosi solos, il tutto accompagnato da un growl come il genere richiede.
La buona tecnica permette alla band avventurose e velocissime arrampicate su e giù per lo spartito, senza sacrificare la forma canzone, assolutamente imprescindibile per la riuscita dei brani, anche nel metal estremo, così che l’opener Creator e l’accoppiata Preserver/Birthrope non mancano di lasciare un’ ottima impressione sulle potenzialità in mano ai Saturno.
Il gruppo merita il giusto supporto ed una spinta verso il traguardo importantissimo del primo full length, parola di MetalEyes!

TRACKLIST
1.Creator
2.Devotion
3.Preserver
4.Birthrope
5.Destroyer

LINE-UP
Tommaso Pellegrini – Guitars
Alessio Giberti – Guitars
Nicola Donegà – Bass
Nico Malanchini – Drums

SATURNO – Facebook

Altered Shade – The Path Of Souls

The Path Of Souls è un bellissimo esempio della devastante forza in mano alle belligeranti truppe di cui si compone l’esercito del metal estremo, un altro lavoro sopra la media targato WormHoleDeath.

Debuttano sulla lunga distanza i death/thrashers transalpini Altered Shade con questa bomba sonora targata WormHoleDeath.

Attivo dal 2009, il combo proveniente da Bordeaux dopo due demo strappa un contratto con la nota label nostrana e dà alle stampe The Path Of Souls, un tremendo e devastante tsunami estremo senza soluzione di continuità, che amalgama potenza death metal, furiose ripartenze thrash e soluzioni melodiche heavy in un sound oscuro e maledettamente coinvolgente.
Non manca niente al gruppo francese per entrare nei cuori neri degli amanti del metal estremo, The Path Of Souls risulta un susseguirsi di brani estremi che, pur non concedendo tregua, arrivano al traguardo grazie ad un songwriting ispirato, grandiose parti ritmiche ed un lavoro delle asce entusiasmante.
Growl/scream efferato, alternanza di mid tempo cadenzati e potentissimi carichi di groove, parti velocissime che finiscono il lavoro di distruzione, il tutto valorizzato da melodie metalliche di alto rango, fanno dell’album un terremoto musicale.
Questo è metal estremo del nuovo millennio, dimenticatevi quindi atmosfere old school tanto di moda di questi tempi: pur rimanendo confinato nei generi descritti, l’album ha un approccio straordinariamente diabolico e al passo coi tempi, le molte soluzioni armoniche, le atmosfere dark (l’oscura Meanders ricorda i Fields Of The Nephilim con un solo di stampo heavy che resuscita i morti) fanno di quest’opera un viaggio nella musica estrema da cui diventa alquanto difficile tornare.
Cinquanta minuti di death/thrash con tutte le carte in regola per far male, una battaglia che diventa guerra totale, vinta dal gruppo con armi micidiali come le belligeranti The Dark Gift Of Light, opener dell’album, The Last Door, con un riff centrale dai rimandi scandinavi, la stupenda Meanders, The Revenge Of Venus che nella parte centrale si impreziosisce di uno stacco melodicamente oscuro da brividi, e la letale Lord Vlad.
The Path Of Souls è un bellissimo esempio della devastante forza in mano alle belligeranti truppe di cui si compone l’esercito del metal estremo, un altro lavoro sopra la media targato WormHoleDeath.

TRACKLIST
1.The Dark Gift of Life
2.Frozen Grief
3.The Last Door
4.The Engraved Path
5.The Revenge of Venus
6.Meanders
7.Voodoo Philter
8.Lord Vlad
9.Until the Last Rites
10.The Shadows of Forgotten

LINE-UP
Rudy – Guitar
Baloo – Guitar
Fab – Bass
Edwin – Vocals
Hed – Drums

ALTERED SHADE – Facebook

Ruinous – Graves Of Ceaseless Death

Graves Of Ceaseless Death torna a far rivivere quel death metal americano, furioso, tripallico e senza compromessi che piace tanto ai true deathsters vecchia scuola.

La Dark Descent scaglia sul mercato con forza inaudita questo monolitico, violentissimo e bellissimo album firmato Ruinous, band formata da ex componenti di Goreaphobia, Incantation, Dysma, Funebrarum e kalopsya, esordio sulla lunga distanza che non potrà non mietere vittime tra gli amanti del death metal classico, irrobustito da tremende esplosioni di brutal e con un’anima malvagia che aleggia sulla tracklist.

Prodotto ottimamente, Graves Of Ceaseless Death torna a far rivivere quel death metal americano, furioso, tripallico e senza compromessi che piace tanto ai true deathsters vecchia scuola.
A parte qualche mid tempo, ed un po’ di sano groove che fa capolino dalla guerra totale messa in atto dal terzetto statunitense, l’album dalla prima nota dell’opener The Tombs Of Blasphemy all’ultima micidiale mitragliata (Torn Forever From The Light) risulta un monumento eretto alla brutalità, all’estremo e alla efferata violenza in musica.
Le ritmiche creano muri sonori , le asce sono cannoni devastanti che sparano colpi sulle ormai carcasse imputridite di mucchi di cadaveri, mentre Matt Medeiros fa guerra a sé con una prova dietro al microfono debordante in impatto e malvagità.
Un album che ha nelle carneficine senza tregua di From Flames Of Malice Born e gli undici minuti della mostruosa Through Stygian Catacombs, i suoi bastioni contro cui si infrangono le forze del bene.
Un lavoro imperdibile per chi apprezza il brutal death metal di stanza aldilà dell’oceano.

TRACKLIST
1.The Tombs Of Blasphemy
2.Transfixed On The Gate
3.Dragmarks
4.From Flames Of Malice Born
5.Procession Of Ceaseless Sorrows
6.Ravenous Eternal
7.Plague Maiden
8.Through Stygian Catacombs
9.Torn Forever From The Light

LINE-UP
Matt Medeiros – Guitars and Vocals
Alex Bouks – Guitars
Shawn Eldridge – Drums

RUINOUS – Facebook

Klee Project – The Long Way

Un’ opera rock moderna, a tratti sontuosa e dall’affascinante mood teatrale e, soprattutto, originale nel miscelare generi agli antipodi come per esempio il southern e l’elettronica .

Un’altra opera da annoverare tra le migliori uscite dell’anno in campo hard rock, anche questa volta nata nei nostri patri confini.

I Klee Project sono una sorta di super gruppo che vede unire i talenti di Roberto Sterpetti, cantante, ed Enrico “Erk” Scutti (ex Cheope, ex Figure of Six) ai cori e testi, a diversi musicisti di livello internazionale come Marco Sfogli (Pfm, James La Brie) alla chitarra, Lorenzo Poli (Vasco Rossi, Nek) al basso ed Antonio Aronne (Pavic, Figure Of Six) alla batteria, come se non bastasse l’importante contributo dell’orchestra sinfonica condotta da Francesco Santucci e di Tina Guo (Foo Fighters, Cirque Du Soleil, John Legend).
The Long Way è un concept basato su un viaggio, il sogno che si avvera di un musicista che attraversa l’ America sulla leggendaria Route 66 e da Memphis arriva nella città degli Angeli dove troverà l’amore , il successo, gli eccessi e la consapevolezza di dover ricominciare daccapo per ritrovare l’equilibrio perduto.
La musica che accompagna il protagonista attraverso le vicende narrate è un hard rock/alternative che spazia da bellissime ed emozionati note southern rock ad armonie orchestrali, dal metallo moderno ed alternativo all’ elettronica.
Un lavoro importante questo The Long Way, un’ opera rock moderna, a tratti sontuosa e dall’ affascinante mood teatrale, perfetta a mio parere da portare live come fatto per le storiche opere che hanno attraversato indenni più di quarant’anni di musica rock e, soprattutto,originale nel miscelare generi agli antipodi come per esempio il southern e l’elettronica .
Seguendo la trama e le varie vicende, il sound risulta vario, ma allo stesso tempo facile da seguire senza perdersi tra i generi e le moltitudini di sfumature.
Cantato, suonato e prodotto come e meglio di un top album internazionale, The Long Way vive di rock tradizionale e moderno, sudista e pop, metallico e melodico, duro come i riff forgiati nell’acciaio delle sei corde, delicato come il suono degli strumenti classici.
Tutte queste varianti e contraddizioni creano un suono entusiasmante ed è un attimo perdersi nella storia e nei vari capitoli che compongono l’opera.
Non ci sono brani migliori di altri, questo lavoro ha tutti i crismi dell’opera rock e come un’opera va ascoltata, capita e fatta propria. Bellissimo ed emozionante.

TRACKLIST
1.Everybody Knows
2.Southern Boy
3.The Long Way
4.If You Want
5.The Prisoner
6.Hereafter
7.Time Is Over
8.Your Sacrifice
9.Close To Me
10.You Should Be Mine
11.This Game
12.Lucrezia’s Night
13.Lucrezia’s Night (Reprise)

LINE-UP
Roberto Sterpetti – vocals
Enrico “Erk” Scutti – Chorus
Marco Sfogli – Guitars
Lorenzo Poli Bass
Antonio Aronne – Drums

KLEE PROJECT – Facebook

Skullwinx – The Relic

Un buon album di genere, derivativo ma ottimamente suonato e prodotto per esaltare le atmosfere di brani dall’alto tasso epico.

Tornano con un nuovo lavoro i giovani Skullwinx, band tedesca attiva da tre soli anni, ma già sul mercato con due full length e i primi due mini cd usciti tra il 2013 ed il 2014.

Il quintetto bavarese, con questo nuovo album, The Relic, non mancherà di far breccia nei cuori dei defenders, con il suo speed metal che al power metal di scuola Blind Guardian aggiunge elementi provenienti dalla NWOBHM e di epico metallo ottantiano.
Senza orchestrazioni, siamo lontani dai lavori di genere a cui ci hanno abituato i gruppi odierni, The Relic parte all’attacco con ritmiche che alternano fughe power speed e mid tempo epici, con chorus ben piantati nella tradizione del metal classico di scuola tedesca e solos che sanno tanto di Iron Maiden e taglienti rasoiate alla maniera dei più devastanti Judas Priest.
Ne esce un buon album di genere, derivativo ma ottimamente suonato e prodotto per esaltare le atmosfere guerriere di brani dall’alto tasso epico/storico come Sigfried e Attila The Hun, partenza al fulmicotone dell’album come nella migliore tradizione power/speed.
Col passare dei minuti le atmosfere si fanno sempre più epiche fino alla conclusiva e monumentale Relic Of The Angel, dieci minuti di -incedere tra Warlord, Iron Maiden, Manilla Road e Blind Guardian, l’ascolto ideale per un defender incallito.

TRACKLIST
1.Siegfried
2.Attila the Hun
3.A Tale of Unity (Arminius)
4.Carolus Magnus (Pater Europae)
5.For Heorot (Beowulf)
6.Carved in Stone (Princes in the Tower)
7.Tryst of Destiny
8.The Relic of an Angel

LINE-UP
Kilian Osenstätter- -Drums
Lennart Hammerer – Guitars (lead)
Severin Steger – Guitars (rhythm)
Konstantin Kárpáty – Bass
Johannes Haller – Vocals

SKULLWINX – Facebook

Lucifer’s Fall – Fuck You We’re Lucifer’s Fall

Le tracce del demo non sono male, peccato per la deficitaria produzione che non permette di assaporare le prolungate armonie metal doom dark del gruppo.

Si presentano a noi i doomsters australiani Lucifer’s Fall con questo ep di tre brani, integrato dal demo Dungeon Demos II, uscito lo scorso anno.

Il gruppo di Adelaide si forma solo tra anni fa, ma ha già licenziato un primo lavoro omonimo sulla lunga distanza: il loro doom metal old school si rifà alla tradizione e segue le orme dei maestri settantiani ed i loro discepoli discesi dal Monte Fato nel decennio successivo.
Dunque l’approccio è del più classico e l’ep che dà nome al lavoro parte con due lunghi brani, che non lasciano ombra di dubbio sulla proposta del quintetto.
Molto suggestiva Lost, tredici minuti di sound sabbathiano , ma che lascia intravedere le molteplici influenze della band, dai Pentagram, ai Candlemass, fino ai Reverende Bizarre.
Con la traccia che da titolo all’ep (Fuck You We’re Lucifer’s Fall) le acque si smuovono di un bel po’ e l’heavy metal fa capolino nel sound, così da entrare negli anni ottanta.
Le tracce del demo non sono male, specialmente la cavalcata The Summoning e la lenta marcia Unknown Unnamed, che si trasforma anch’essa in un metal song,peccato per la deficitaria produzione che non permette di assaporare le prolungate armonie metal doom dark del gruppo, che ha buone potenzialità e potrebbe riservare qualche sorpresa in futuro, specialmente per chi ricerca nomi nuovi nel doom classico.

TRACKLIST
1.Lost
2.Salvation
3.Fuck You We’re Lucifer’s Fall
4.Fuck You We’re Lucifer’s Fall (demo)
5.Mother Superior (demo)
6.The Summoning (demo)
7.Unknown Unnamed (demo)

LINE-UP
Deceiver – Vocals
Unknown Unnamed- Drums
Heretic – Rhythm Guitar
The Invocator – Lead Guitar
Cursed Priestess – Bass

LUCIFER’S FALL – Facebook

Mojuba – Astral Sand

Dimenticatevi lo stoner da classifica, in Astral Sand si picchia duro e si viaggia in un’atmosfera sabbatica

Da un’idea di Francesco Mascitti nel 2014 si formano i Mojuba, che arrivano all’esordio con Astral Sand tramite Red Sound Records.

La band, oltre al chitarrista e fondatore, vede Pierpaolo Cistola dietro al microfono e la sezione ritmica composta da Alfonso Bentivoglio alle pelli e Fabrizio Rosati al basso.
Un richiamo alle origini del blues nel nome (il “Mojuba” è una preghiera africana di lode e ringraziamento, da cui deriva il termine Mojo, l’amuleto magico che accompagnava i bluesman delle origini) ed una voglia matta di jammare sulle ali dello stoner rock, pescando ispirazioni dalle varie scene che si sono succedute nei decenni prima della fine del secolo scorso e lasciandole fluire in un sound dal clima psichedelico e rituale.
Dimenticatevi lo stoner da classifica dunque, in Astral Sand si picchia duro e si viaggia in un atmosfera sabbatica, in una lunga e messianica jam dove, nella coltre di nebbia causata da fumi illegali, hard rock settantiano, doom psichedelico e stoner rock si alleano per farvi perdere nei meandri di note che formano questo intrigante rito.
Atmosfere dilatate si alternano a bordate elettriche pesanti come incudini, la voce grezza ci accompagna tra le note che prendono forma nella nostra mente come fantasmi o spiriti danzanti, mentre la chitarra disegna riff di scuola Rise Above e di quei gruppi che si unirono alla famiglia di Lee Dorrian.
Un album che va assaporato fino all’ultima nota, in un crescendo che ha il suo picco proprio nell’ultimo brano, La Morte Nera: quattordici minuti di stoner doom che ipnotizza, destabilizza e porta all’inevitabile debacle psichica. Da avere.

TRACKLIST
1. Wawa Aba Tree
2. Drowning Slowly
3. Musuyidee
4. Lost in the Sky
5. Adobe Santann
6. Astral Sand
7. Sesa Woruban
8. La Morte Nera

LINE-UP
Francesco Mascitti – Guitars
Pierpaolo Cistola – Vocals
Alfonso Bentivoglio – Drums
Fabrizio Rosati – Bass

MOJUBA – Facebook

Exploding Head Syndrome – World Crashes Down

Un album consigliato ai fans dell’hardcore/punk ma che non mancherà di ringalluzzire anche gli amanti del rock più ribelle, irriverente e sguaiato.

La sindrome della testa che esplode è un disturbo del sonno il cui sintomo principale è la percezione di forti rumori immaginari o una sensazione esplosiva prima di addormentarsi o al risveglio.

E di esplosioni nella testa ne diverrete succubi dopo l’ascolto del nuovo album del quintetto di Oslo, attivo dal 2010 con un full length targato 2013 alle spalle, un ep, ed ora in sella alla fiera hardcore/punk World Crashes Down, nuovo album sotto l’ala della WormHoleDeath.
Niente di più che un adrenalinico album di genere si rivela questa mezzora abbondante di musica firmata dal gruppo norvegese, animaoa da uno spirito rock ‘n’ roll che ne fa scaturire un risultato appunto esplosivo, prodotto egregiamente ed in grado di darci saltare dalla poltrona ad ogni nota.
Non si fermano neanche un attimo i ragazzi scandinavi a suon di devastante punk ‘n roll, dalle potenti ritmiche che dall’hardcore prendono forza: l’interpretazione del genere rimane forse ancorato ai propri cliché, ma gli Exploding Head Syndrome sanno trattare la materia e le dieci canzoni proposte ci travolgono con la loro selvaggia attitudine, ben rappresentate da suoni cristallini, da un groove che ormai nel rock non manca mai e da una voce che urla ribellione punk.
Il sound richiama la scena statunitense, ma nello spartito del gruppo non manca quell’approccio tutto scandinavo al rock’n’roll che è il quid in più di brani come la title track, Invincible e la conclusiva End Game.
Un album consigliato ai fans dell’hardcore/punk ma che non mancherà di ringalluzzire anche gli amanti del rock più ribelle, irriverente e sguaiato.

TRACKLIST
1. Wasting Away
2. World Crashes Down
3. Walk Alone
4. The Fine Line Between Hardcore and Hipster
5. Of Sanity and Dignity
6. Happy
7. Invincible
8. Fun and Regrets
9. Left Alone
10. Moving On
11. End Game

LINE-UP
Eirik
Lars
Håvard
Remi
Morten

EXPLODING HEAD SYNDROME – Facebook

Oh My Dog! – Silent Scream

Primo ep per hard rockers lombardi Oh My Dog!, dal monicker simpatico ed originale ma con un sound che non scherza affatto.

Dopo i primi anni del nuovo millennio in cui i suoni moderni sembravano aver soffocato le sonorità classiche, in questo ultimo periodo le sonorità old school e vintage hanno ripreso il loro cammino sempre più alla luce del sole, anche se nelle sconosciute (ai più) strade dell’underground.

Nel nostro paese la scena hard rock può contare di numerose ed ottime band, dalle sonorità varie che vanno dal classico rock settantiano a quello street/sleazy degli anni ottanta, molte delle quali lo potenziano con dosi alquanto esplosive di groove dall’impatto moderno e catchy.
Tornando a sonorità più classiche vi presento il primo ep degli hard rockers lombardi Oh My Dog!, dal monicker simpatico ed originale (al sottoscritto ricorda Black Dog degli Zep), ma dal sound che non scherza affatto.
Il quintetto nasce sei anni fa per volere del chitarrista Sean Danzante e del batterista Stefano Ceriotti a cui si aggiungono il vocalist Anthony, la chitarra ritmica di Taia ed il basso di Alessandro, ed inizia la sua avventura nel mondo delle sette note suonando cover dei gruppi storici del rock; la voglia di cimentarsi con brani propri però è tanta e, finalmente, in questo fine anno giungono al traguardo del primo lavoro, un ep di tre brani dal titolo Silent Scream.
E’ una chitarra dal retrogusto blues che ci dà il benvenuto nel mondo musicale del gruppo: Atlantis, primo brano in scaletta, alterna atmosfere sofisticate a refrain di potente hard rock con l’ugola del singer in primo piano ed un più grintoso finale in crescendo.
Sfumature ed armonie orientali soni quelle che rinveniamo nella splendida From Alexandria To Istanbul (la Kashmir del gruppo), molto suggestiva nel suo andamento da viaggio epico, dove non mancano ottimi cambi di tempo e un bell’assolo, il tutto impreziosito da una intrigante vena prog.
Lady Godiva torna ad arricchirsi di atmosfere hard blues, tra Led Zeppelin e Deep Purple, concludendo questi quindici minuti di hard rock classico e davvero ben congegnato.
Una bella sorpresa: date un ascolto a Silent Scream e mettetevi comodi ad aspettare con me l’auspicabile primo full lenght, passo decisivo per la carriera degli Oh My Dog!

TRACKLIST
1.Atlantis
2.From Alexandria To Istambul
3.Lady Godiva

LINE-UP
Anthony – Vocals
Sean – Guitars
Taia – Guitars
Alessandro – Bass
Stefano – Drums

OH MY DOG! – Facebook

Esperoza – Aum Corrupted

Un cantico oscuro, un’ora di musica estrema e dalle evocative atmosfere sinfoniche

Un cantico oscuro, un’ora di musica estrema e dalle evocative atmosfere sinfoniche, in cui la parte gotica viene violentata da un bombardamento metallico, per un’opera che va molto vicino ai suoni di in un girone infernale messo a soqquadro dall’arma più letale in mano alle forze oscure, la musica.

Se è vero che l’arte delle sette note, o almeno una sua gran parte, è quanto di più vicino alle forze demoniache ci sia in questo mondo, se l’uomo si allontana da dio ipnotizzato dalle melodie lascive che amoreggiano con la brutalità dell’estremo, se l’umano lato oscuro è continuamente messo alla prova e ammaliato dal mistero e dalla perversione, con Aum Corrupted, nuovo album del gruppo moldavo Esperoza, siamo vicini alla perfezione.
Il trio di Chisinau è l’ennesima scoperta della WormHoleDeath, un altro gruppo assolutamente fuori dai soliti canoni, una creatura che fa dell’arte oscura una meravigliosa e destabilizzante musica estrema, classica nell’approccio, varia nel saper muoversi con sagacia in molti dei generi estremi, originale nell’amalgamare orchestrazioni con un metal brutale, devastante, intenso e a suo modo progressivo.
La musica degli Esperoza è teatrale nella sua più pura concezione, iniziando dall’uso della voce operistica, ma lontana anni luce dalle female fronted band odierne, interpretativa, evocativa, come uno spirito che porta la morte o la possessione, terribilmente affascinate ma pericolosissima, mentre il male, diretto, violento e terribile arriva ad imprigionare l’anima con growl e scream direttamente dal più buio pozzo di anime nere: quella la voce, che fino ad un momento prima, ipnotizzava e ci trascinava inconsapevoli verso la perdizione, si trasforma in un demoniaco ed ultimo cantico prima del buio infinito ed il silenzio perenne.
Zoya Belous , Dmitrii Prihodko e Vadim Cartovenko hanno creato un’opera entusiasmante, difficile da catalogare con la classica etichetta da scrivere in calce alla recensione: Aum Corrupted è un contenitore di musica che ha nell’estremo il suo credo, ma che si riempie di sfumature ed atmosfere, talmente varie da perdere ogni certezza man mano che ci avviciniamo alla conclusione.
Black metal, death, doom, dark prog, gothic, symphonic, ognuno troverà il suo appiglio per non perdersi irrimediabilmente tra i meandri di un sound che lascia indizi come le briciole di Pollicino, ma che se verranno seguite porteranno là, da dove non si torna più ed è facile che accada ascoltando gemme oscure come Egohypnotized, Tomb Of Deeds, Periods Of 8, ma è tutto il lavoro che lascia senza fiato.
Come detto è molto difficile fare paragoni, il sottoscritto ha trovato in molte atmosfere il maligno ed orrorifico talento dei Devil Doll, chiaramente in versione più estrema e sinfonica, ma le note che escono dal tocco dei tasti d’avorio mi conducono verso il mondo di Mr.Doctor, poi la furia estrema tocca devastanti vertici black, death e doom, che mantengono sempre alta la tensione in questa colonna sonora pregna di magnifica, teatrale e diabolica oscurità.

TRACKLIST
01. A Broken Passage (Intro)
02. Egohypnotized
03. Unknown Summons
04. Tomb of Deeds
05. Nocturne Opus 93
06. Blame it on Me
07. Periods of 8
Desolate Grief (Interlude)
09. I Rot
10. ..and here comes the immaculacy / Aum Mantra (you will be punished for your prayers)

LINE-UP
Zoya Belous – Vocals
Dmitrii Prihodko – Guitar
Vadim Cartovenko – Drums

ESPEROZA – Facebook

Deceit Machine – Resilience

Finalmente un album moderno nel quale viene data la giusta importanza al lavoro della chitarra solista, qualità non così scontata oggigiorno, che nella musica dei Deceit Machine torna (insieme alla voce) ad essere protagonista.

Ecco ci risiamo, mi ritrovo con un’altra bomba pronta ad esplodere nei vostri padiglioni auricolari, una deflagrazione di hard rock metal, moderno e coinvolgente, cantato, suonato e prodotto come meglio non si potrebbe e che non presenta la minima pecca … a parte forse il fatto che il gruppo, essendo italiano, rischia sempre di non essere presentato e supportato a dovere.

Il quartetto in questione si chiama Deceit Machine, arriva da Milano ed il suo debutta si intitola Resilience.
L’album è stato registrato da Larsen Premoli presso i Rec Lab Studios e vede la partecipazione dietro alle pelli di Federico Paulovich dei Destrage.
Il gruppo viene presentato come un’alternative metal band e se, si pensa al metal classico, l ‘accostamento ci può stare, ma a sentir bene è forse più giusto descrivere il sound del gruppo nostrano come un hard rock moderno che alterna aggressione metallica e vincenti melodie rock, grazie soprattutto all’enorme potenziale della voce di Michela Di Mauro, così come deii vari brani che compongono Resilience.
Si diceva hard rock, pregno di groove, metallizzato da un lavoro chitarristico eccellente (Gabriele Ghezzi), con assoli che a tratti richiamano la scuola classica, per poi seviziarci con riff che sputano sangue americano, alternando feeling hard rock e potenti muri di suono alternative.
La sezione ritmica concede poche ma significative tregue (nell’elegante e raffinata Here Now), per poi bombardarci senza pietà e, mentre il cd gira nel lettore, siamo arrivati alla sesta traccia (la devastante Watchdog) e la qualità continua a rimanere altissima.
Resilience è, finalmente, un album moderno nel quale viene data la giusta importanza al lavoro della chitarra solista, qualità non così scontata oggigiorno, mentre nella musica dei Deceit Machine torna (insieme alla voce) ad essere protagonista, virtù che piacerà non poco anche agli amanti dei suoni più classicheggianti ma con l’orecchio attento ai suoni del nuovo millennio.
Un album che raccoglie una serie di hit e li spara a cannone, mentre la Di Mauro fa scintille nella splendida Absence che, con la devastante Wonderland, fa da preludio al brano più bello di Resilience, Flow ispirata a mio avviso ai primi Soundgarden, quelli ancora selvaggi e veraci del capolavoro Louder The Love.
Dunque, che vi piaccia alternative metal o modern hard rock , poco importa, l’album è davvero bello e merita la vostra attenzione: band da supportare senza se e senza ma.

TRACKLIST
1. Shinigami
2. Garden
3. K.A.R.M.A.
4. Here Now
5. My Raven
6. Watchdog
7. Absence
8. Wonderland
9. Flow
10. Awakening

LINE-UP
Michela Di Mauro – Vocals
Gabriele Ghezzi – Guitar
Stefano Paolillo – Bass
Davide Ferrario – Drums

DECEIT MACHINE – Facebook

Huldre – Tusmørke

Alla seconda prova gli Huldre confermano di essere un gruppo onesto ed in grado di far vivere all’ascoltatore quarantacinque minuti di musica che rievoca foreste nascoste tra la bruma, vecchi focolai accesi e la dura vita di un tempo

Viviamo in tempi di ordinaria follia, aggrediti non solo dall’idiozia dell’uomo attento solo a distruggere ma anche dalla natura, ormai ribellatasi definitivamente ai continui soprusi da chi sulla Terra non è il padrone ma solo un fastidioso ospite.

Ecco che c’è bisogno sempre più di fuggire dalla realtà, almeno per chi ha ancora un minimo di sensibilità e si confronta ogni giorno con il declino del genere umano, male incurabile del pianeta e non (come dovrebbe essere) custode delle ricchezze che ci regala.
Per sfuggire per un po’ dal male di vivere con cui tutti i giorni ci dobbiamo confrontare, la musica può essere un’ottima compagna ed il nostro amato mondo metallico un alleato fedele.
Uno dei generi che più aiuta nel viaggio mentale verso un mondo alternativo è indubbiamente il folk metal con le sue sonorità fuori dal tempo, le sue atmosfere epico/evocative e quella poesia intrinseca di cui molte volte abbiamo il bisogno.
Vero che negli ultimi anni il genere si è sviluppato a macchia d’olio, specialmente sul territorio del vecchio continente, partendo dalla penisola scandinava fino a toccare le coste del Mediterraneo.
Tornando al nord e precisamente in Danimarca, incontriamo il sestetto degli Huldre che, a dieci anni esatti dal loro primo demo, licenziano il secondo lavoro sulla lunga distanza intitolato Tusmørke.
Il gruppo danese accodatosi da diversi anni al carro tirato dai gruppi che hanno trovato i favori di chi bazzica la scena metallica (Finntroll ed Eluveitie), spostano le loro coordinate stilistiche verso atmosfere folk più marcate.
Il metal fa da accompagnamento alle trame sognanti ed evocative dei nove brani qui proposti, tutti cantati in lingua madre dalla personale voce di Nanna Barslev, in un’apoteosi di suoni e strumenti tradizionali.
Qualche ritmica più sostenuta mantiene alta l’attenzione, ma l’approccio rimane cantautorale per tutta la durata del disco, con buoni livelli emozionali, specialmente quando gli strumenti tradizionali hanno in mano per intero il sound del gruppo.
Sui brani più tirati l’approccio è maggiormente lineare, in ossequio ai dettami del genere, niente di nuovo dunque, ma certamente ben congegnato.
Alla seconda prova gli Huldre confermano di essere un gruppo onesto ed in grado di far vivere all’ascoltatore quarantacinque minuti di musica rimembrante foreste nascoste tra la bruma, vecchi focolai accesi e la dura vita di un tempo, ormai esclusiva di chi ha ancora voglia di fuggire, aiutato in questo caso dalle buone melodie di Hindeham, Farstemand e Nattesorg.

TRACKLIST
1.Jagt
2.Hindeham
3.Varulv
4.Underjordisk
5.Skifting
6.Fæstemand
7.Mørke
8.Tæring
9.Nattesorg

LINE-UP
Nanna Barslev – Vocal
Laura Bec – Violin
Troels Dueholm – Hurdy Gurdy, Flutes
Shawm Lasse Olufson – Guitar, Lute
Bjarne Kristiansen – Bass
Jacob Lund – Drums, Percussion

HULDRE – Facebook

Reveal – Flystrips

Black/death metal old school, forse un po’ troppo, tanto che sembra di essere al cospetto di un demo dei primi anni novanta, con suoni terribili, voce dall’oltretomba e batteria piatta.

Sfatiamo il luogo comune che, tutto quello che viene dai paesi scandinavi sia di livello superiore alle scene degli altri paesi.

E’ indubbio che la maggior parte delle realtà metalliche nate al nord, anche per un discorso culturale e sociale (la musica in quelle nazioni ha sempre avuto molta importanza nello sviluppo sociale dell’individuo) sia di un livello molto alto, ma non mancano certo i gruppi che non danno qualitativamente quello che il loro paese di nascita promette.
I Reveal, per esempio sono un combo black/death di Uppsala, attivo da una decina d’anni e con due lavori alle spalle: il full length Nocturne of Eyes and Teeth, uscito nel 2011, ed il singolo Cadmium di quest’anno, che apriva la strada a questo nuovo lavoro, Flystrips.
Black/death metal old school, forse un po’ troppo, tanto che sembra di essere al cospetto di un demo dei primi anni novanta, con suoni terribili, voce dall’oltretomba e batteria piatta.
Peccato, perché la band ha molte frecce al proprio arco: un sound destabilizzante, un approccio schizoide e dall’attitudine punk, ben nascosto tra le trame di brani a loro modo originali, che tornano indietro agli anni dei primi passi di quello che diventerà il temibile black metal scandinavo.
Poco più di mezz’ora faticando tra i non suoni di un lavoro obsoleto, magari idolatrato dai fans duri e puri, ma poco incline ad essere apprezzato, anche da chi, come il sottoscritto, ama il metal estremo old school.
Non mancano comunque buone idee, la band ha degli spunti interessanti e bizzarri e, specialmente negli intricati riffi trova il proprio punto di forza: poco per andare oltre una sufficienza risicata, che di questi tempi per Flystrips equivale ad un probabile oblio.

TRACKLIST
1. I Am Going To Eat You
2. Leopard Cunt
3. Heart
4. Cadmium
5. Comes Crashing Down
6. Stale Smoke***
7. Old Speckled One
8. Tame Your Neighborhood (with knives)

LINE-UP
Spine – guitar
Gottfrid – bassguitar
Petter– drums & percussion
Crack – vocals

REVEAL – Facebook

Vicolo Inferno – Stray Ideals

Stray Ideals conferma l’ottima forma che sta attraversando l’hard rock made in Italy, la bravura dei Vicolo Inferno ed il fiuto della Logic(il)logic Records.

Lo street metal in quel di Los Angeles, ed il grunge di Seattle due generi agli antipodi, in questi ultimi tempi sono stati presi come ispirazione da molti dei gruppi di ultima generazione che, con sagacia, ne hanno manipolato atmosfere e sfumature e, con personalità ed una buona dose di talento, hanno creato un ibrido molto interessante, così da prendere per mano il rock e portarlo con dignità e forza nel nuovo millennio.

Nel nostro paese il genere ha trovato non poche ottime realtà a cui si aggiungono i Vicolo Inferno, combo proveniente dalla zona di Imola al secondo full length, successore del debutto Hourglass uscito sempre per Logic(il)Logic nel 2013 e di un primo demo (Hell’s Alley).
Prodotto da Riccardo Pasini ai Studio 73, ed accompagnato dal bellissimo artwork creato da Simone Bertozzi (The Heartwork), Stray Ideals è un altro ottimo esempio di hard rock moderno proveniente dal nostro paese, aggressivo quanto basta per non sfigurare al cospetto dei fans dai gusti metallici, pregno di quel groove che risulta marchio di fabbrica del sound odierno, valorizzato da una vena sudista che lo colloca tra migliori esempi di quel rock americano che regna sulla musica del diavolo.
Stray Ideals è tutto qui e non è poco, aggiungo, visto l’ottimo songwriting, con una produzione che spinge sulle ritmiche (Wallace al basso e Michele “Gollo” Gollini alle pelli) , la sei corde che non sbaglia un solo (Marco Campoli) tra urlanti suoni metal stoner, sanguigni passaggi dal retrogusto southern ed atmosfere rock’n’roll/post grunge da sogno americano.
La voce perfettamente in linea con le atmosfere dei vari brani, calda, aggressiva e cangiante di Igor Piattesi, fa il resto e tralasciando Two Matches, traccia leggermente fuori contesto dove il singer duetta con l’ospite Caterina Minguzzi, Stray Ideals è un susseguirsi di emozioni forti sulla route che collega Los Angeles a Seattle in compagnia del quartetto e delle varie Gray Matter Brain, Unnameables, la title track, la stupenda Ambush e l’hard rock arrabbiato di Noise Of Silence.
Stray Ideals conferma l’ottima forma che sta attraversando l’hard rock made in Italy, la bravura dei Vicolo Inferno, ed il fiuto della label nostrana, una garanzia per i suoni hard rock melodici, tradizionali o come in questo caso, moderni.

TRACKLIST
01. Gray Matter Brain
02. Dirty Magazzeno
03. Rude Soul
04. Stray Ideals
05. Two Matches
06. Unneameables
07. Ambush
08. Heartwoofer
09. On Road’s Edge (Intro)
10. The Rough Hills
11. Noise Of Silence
12. Crosses Market
13. Blood Mist

LINE-UP
Igor Piattesi – Vocals
Marco Campoli – Guitar
Wallace – Bass
Michele “Gollo” Gollini – Drums

VICOLO INFERNO – Facebook

Tonic Breed – Outsold

I suoni colmi di groove modernizzano il thrash metal dei Tonic Breed che, se deve molto a Slayer e Metallica, vive della personalità di una band scafata.

La Norvegia, terra di metal estremo e nido malefico di maligne creature death/black, è patria dei Tonic Breed, gruppo di Sarpsborg attivo dal 2008 e con un primo album già licenziato nel 2010 (On the Brink of Destruction).

La musica del terzetto scandinavo però, con una spinta devastante manda a quel paese le sonorità estreme per cui la sua terra è famosa e ci investe con una bordata di thrash metal che coniuga tradizione e spunti moderni, guardando agli Stati Uniti ed alla scena della Bay Area.
Partendo da questa illustre base, i Tonic Breed riescono ad immettere senza forzature sfumature in linea con il metal di questo millennio, confezionando un prodotto fresco, aggressivo ed assolutamente diretto.
Outsold risulta così una mazzata metallica considerevole, suonata e prodotta con tutti i crismi, e i suoni colmi di groove modernizzano il thrash metal del combo che, se deve molto a Slayer e Metallica, vive della personalità di una band scafata.
Enorme il lavoro delle chitarre, eccellenti i passaggi strumentali dal taglio heavy, buono la prova al microfono aggressiva e robusta e pregevoli le ripartenze che hanno il taglio delle cavalcate metalliche di album storici per il genere suonato.
Master Of Puppets e Season In The Abyss amalgamati e fatti frullare con una dose massiccia di groove, questa è la ricetta di Patrik Kvalvik Svendsen (voce, chitarra), Rudi Golimo (basso) e Jørgen Abrahamsen (chitarra) per confezionare le loro Strife, Bad Company, Outsold  e quel piccolo capolavoro strumentale di Borregaard, otto minuti abbondanti di Metallica style.
Album magari derivativo ma a tratti esaltante, che merita l’attenzione dei thrashers e di chi ha nel cuore le sorti del metal,

TRACKLIST
01. Strife
02. Fifth Estate
03. Bad Company
04. Blackened Mind
05. Outsold
06. Rebellious Tendencies
07. Borregaard
08. There’s Just One Escape

LINE-UP
Patrik Kvalvik Svendsen – Vocal/Guitar
Rudi Golimo – Bass
Jørgen Abrahamsen – Lead guitar

TONIC BREED – facebook

Art X – The Redemption Of Cain

The Redemption Of Cain è un’opera bellissima e coinvolgente, a conferma del livello altissimo raggiunto dalla scena italiana che ci regala un altro lavoro di cui andare fieri.

Un’opera mastodontica quella che andiamo a presentarvi e che si può definire, a buon diritto, di proporzioni bibliche.

Infatti, in The Redemption Of Cain, è sulla vicenda di Caino e Abele che si sviluppa questa ennesima metal opera, creata in tutto e per tutto dal nostro Gabriele Bernasconi, singer degli heavy metallers Clairvoyants, un passato da tribute band degli Iron Maiden, e negli ultimi anni protagonista di un paio di ottimi album, prima dello scioglimento.
Il singer comasco non si è perso d’animo e, con l’aiuto di un nugolo di eccellenze del panorama hard & heavy mondiale, ha creato questo bellissimo lavoro che richiama chiaramente le opere degli Avantasia, ma vive di un songwriting eccelso, impreziosito da un numero impressionante di ospiti da lasciare a bocca aperta i maestri Sammet e Lucassen, e scrivendo un’altra sontuosa pagina di musica nobilmente metallica.
Andrè Matos, Roberto Tiranti, Amanda Sommerville, Zachary Stevens, Blaze Bayley, Steve Di Giorgio,Tim Aymar e Giuseppe Orlando, insieme a molti altri musicisti, fanno parte del cast di The Redemption Of Cain, sontuoso anche nell’artwork, ad opera di Eliran Kantor (Sodom, Testament, Iced Earth).
I sensi di colpa e la redenzione di Caino dopo l’omicidio perpetuato ai danni del fratello Abele, fanno da sfondo a questa opera epica, teatrale e tragica, splendidamente metallica nel suo incedere, contornata da un’aura di leggendaria epicità e che apprezzerete nel suo insieme, come nelle migliori opere musicali, pur non mancando di esaltare nei momenti più aggressivi.
Oltre alle varie interpretazioni, che vedono Tiranti nel ruolo di Abele, Matos nell’Aangelo di Dio, lo stesso Bernasconi in quello di Caino e poi la Sommerville in quella di Lilith, è Tim Aymar a strappare applausi nella velenosa Lucifer, confermando l’impegno che i vari artisti hanno messo per rendere The Redemption Of Cain qualcosa di unico.
Il sound alterna spettacolari e rocciose heavy power song ad atmosfere da rock opera, intrise di epica orchestralità in un susseguirsi di colpi di scena ed attimi dove si rasenta la perfezione interpretativa e creativa.
The First & The Second Sacrifice, con Matos e Tiranti sugli scudi, la già citata Lucifer, The Keeper Of Eden con l’ugola di Zachary Stevens a regalare brividi e la conclusiva e magnifica Eden, Finally…., dieci minuti di pura arte metallica, sono i brani che suggellano un’opera bellissima e coinvolgente, confermando il livello altissimo raggiunto dalla scena italiana e regalando un altro capolavoro di cui andare fieri.

TRACKLIST
1. Memoriae
2. Knowledge & Death
3. The First Sacrifice
4. The Second Sacrifice
5. Crime, Pain and Penance
6. Lilith
7. Lucifer
8. A Wife’s Love
9. The Keeper
10.Eden, Finally…

LINE-UP
Gabriele Bernasconi: music & lyrics, voice of Cain
Luca Princiotta: lead, rhythm and acoustic guitars
Oliver Palotai: keyboards, orchestral arrangements and FX
Steve Di Giorgio: bass
Giuseppe Orlando: drums

The Vocalists:
Blaze Bailey as Adam
Selina Lusich as Eve
Roberto Tiranti as Abel
André Matos as The Angel of God
Amanda Sommerville as Lilith
Tim Aymar as Lucifer
Lucia Emmanueli as Cain’s Wife
Zachary Stevens as The Keeper of Eden

ART X – Facebook

Sky Crypt – Incipit Anarchia: The Element of Anger

L’album è assolutamente consigliato a chi, in barba all’originalità apprezza ancora le sonorità storiche del genere e i primi sussulti qualitativi delle band guida

Che gran bel genere il death metal melodico, specialmente se viene suonato come in Scandinavia negli ormai gloriosi e passati anni novanta.

E’ con sommo piacere che vado a presentarvi un duo russo, proveniente dalla capitale, attivo da solo un anno e con questo ottimo lavoro fresco di stampa per la Fono Ltd.
Trattasi degli Sky Crypt, formati dai soli Alexandr Mikhaylov (voce e chitarra) e Marina Kuznetsova alle tastiere e del loro Incipit Anarchia: The Element of Anger, debutto che avrebbe (con un po’ d’attenzione da parte degli amanti di queste sonorità) la strada spianata per far innamorare i fans del melodic death metal, specialmente chi guarda ai suoni tradizionali del genere e non alle ultime sperimentazioni dai tratti statunitensi e (fino a poco tempo fa) cool.
Con quest’album torniamo indietro di vent’anni, un bel salto temporale, ma assolutamente gradito dal sottoscritto, che non può non farvi partecipe dell’ottimo lavoro svolto dal duo.
Il sound ricamato da suoni tastieristici che ricordano i Children Of Bodom, ma con un tocco di classicismo tutto farina della tradizione russa, è un death metal melodico, che alterna furiose cavalcate death/power in stile primi In Flames, rallentamenti ed atmosfere dark peculiarità degli immensi Dark Tranquillity, in un turbinio di metallo veloce ed aggressivo.
Il growl che ricorda il Mikael Stanne più estremo, brutalizza riff potenti e melodici ed il gran lavoro tastieristico ad opera di Marina, e in generale l’album trova più di un momento di ottimo metal estremo, melodico, arrembante ma raffinato dal classicismo innato dei musicisti provenienti dal profondo est europeo.
Non sono poche le tracce che emanano feeling a profusione, così che l’album è un bel sentire dall’inizio alla fine. con picchi altissimi come nelle ottime Way into Dark, Road To Power e Leaving The Shadows.
Incipit Anarchia: The Element of Anger è assolutamente consigliato a chi, in barba all’originalità apprezza ancora le sonorità storiche del genere e i primi sussulti qualitativi delle band guida: gli Sky Crypt sono una band tutta da scoprire, mettetevi alla caccia di questo gioiellino metallico, non ve ne pentirete.

TRACKLIST
1.Within the Anarchy
2.The Prophecy
3.Way into Dark
4.Child of War
5.Road to Power
6.Leaving the Shadows
7.Fire and Wind
8.Element of Anger
9.Cursed by Gods
10.Exile
11.Following the Light

LINE-UP
Alexandr Mikhaylov – Guitars, Vocals
Marina Kuznetsova – Keyboards

SKY CRYPT – Facebook