Cemetery Winds – Unholy Ascensions

Con l’esordio dei Cemetery Winds si torna a respirare l’aria profondamente maligna del death metal old school, ispirato da un’attitudine black metal e valorizzato da bellissime melodie.

Con l’esordio dei Cemetery Winds si torna a respirare l’aria profondamente maligna del death metal old school, ispirato da un’attitudine black metal e valorizzato da bellissime melodie.

Atmosfere abissali, ritmiche potenti e melodie death/gothic si fondono in un sound che richiama a gran voce i primi fondamentali passi degli Amorphis (The Karelian Isthmus/Tales From The Thousand Lakes) ed Edge Of Sanity (Unorthodox) accompagnato dallo spirito malvagio dei Dissection di The Somberlain.
Mica male, direte voi, e infatti Unholy Ascensions è un gran bel lavoro, creato da questa sorta di one man band con a capo J. Lukka (Batteria e chitarra) aiutato da Kari Kankaanpää (Soluthus/Sepulchral Curse) e Marko Ala-Kleme (Nashorn) al microfono, e Juho Manninen (Curimus) al basso.
Prodotto molto bene ed illustrato ancora meglio dall’artista Juanjo Castellano, l’album si sviluppa su otto brani di death metal old school, tradizionalmente scandinavo, ottimamente ricamato da melodie chitarristiche, a tratti reso ancora più sinistro da tappeti di lugubri tastiere e carico di attitudine ed impatto melodic black metal.
Ne esce un’opera affascinante, d’altri tempi sicuramente, ma superlativa se si rimane nel campo atmosferico, il punto di forza di brani sepolcrali come Into The Breathless Slumber, Burials After Midnight o la title track.
Non un brano sotto una media molto alta, non una melodia o una sfuriata di black metal cattivissimo che non sia da portare in offerta sull’altare del genere, mentre il cimitero si popola di anime dannate, i vermi finiscono il lauto pasto e noi premiamo ancora il tasto play, finché che nella nostra stanza non comparirà ai nostri piedi una bocca spalancata e scarnificata, pronta a fare scempio del nostro corpo.
J.Lukka ha fatto davvero un gran lavoro, derivativo quanto si vuole, ma se siete amanti delle band menzionate, Unholy Ascensions è uno dei migliori album di quest’anno, con la benedizione (o maledizione, fate voi) di Jon Nodtveidt ed un plauso da chi la scena l’ha vissuta in tempo reale.

TRACKLIST
1.Dormant Darkness
2.Realm of the Open Tombs
3.Into the Breathless Slumber
4.When Death Descends
5.Burials After Midnight
6.The Storm of Impious Wrath
7.Unholy Ascensions / Outro

LINE-UP
J. Lukka – Drums, Guitar, additional instruments

Session members:
M. Ala-Kleme – Vocals
K. Kankaanpää – Vocals
J. Manninen – Bass

CEMETERY WINDS – Facebook

LEPROUS

“Stuck (Radio Edit)”, il secondo singolo e video del nuovo album “Malina”

I norvegesi LEPROUS sono in procinto di pubblicare il loro quinto attesissimo album, “Malina”, disponibile in tutti i negozi dal 25 agosto 2017 e pubblicato su InsideOutMusic.
Oggi la band ha reso disponibile un secondo piccolo assaggio del nuovo disco. Ecco disponibile il video di “Stuck (Radio Edit)”, il secondo singolo di Malina. Il video è stato diretto da Troll Toftenes ed è disponibile anche su Spotify.

Ricordiamo che la band suonerà a Milano il 13 novembre 2017 presso il circolo Magnolia assieme ad Agent Fresco, AlithiA e Astrosaur.

LEPROUS checked in to comment about the track,
which can be found on the album in its entire version, as follows:
“’Stuck’ is LEPROUS in a new package! It’s straight to the point, groovy and has probably the guitar and bass sound on the album that we’re most happy with! Doing a performance video to enhance the special edit version of this song felt like an obvious choice and the footage captured by Troll Toftenes supports the dynamics of the music in a great way!”

LEPROUS previously debuted “From The Flame”, the first single off “Malina”, here:
https://youtu.be/FZSlX1zXnfM
http://bit.ly/FROMTHEFLAMESpotify

The track-listing for “Malina” reads as follows:

LEPROUS – “Malina”:
1. Bonneville
2. Stuck
3. From The Flame
4. Captive
5. Illuminate
6. Leashes
7. Mirage
8. Malina
9. Coma
10. The Weight Of Disaster
11. The Last Milestone

“Malina” will be released as Jewelcase CD and Digital Download, but also as limited edition Mediabook CD (with extended booklet and the bonus-track “Root”) and as Gatefold 2LP on 180gr. vinyl (with a poster, the bonus-track “Root” and the entire album on CD).

The Gatefold 2LP format will be available in the following variations:
Black Vinyl – Unlimited
Transparent Red Vinyl – Limited to 100x copies (IOM Onlineshop Europe)
Transparent Petrol Green Vinyl – Limited to 200x copies (CM Distro)
Clear Vinyl – Limited to 200x copies (Band Version)

Pre-order the physical formats of choice from IOM here: https://smarturl.it/LeprousIOM

“Malina” is also available for digital pre-order here: http://smarturl.it/LeprousMalina

Following a hugely successful European tour as support to label-mates Devin Townsend Project earlier this year, LEPROUS wrapped up the work on “Malina” with producer David Castillo at Ghost Ward Studio in Sweden, while mixing duties were once again taken care of by Jens Bogren at Fascination Street Studios in Sweden. The album’s artwork was designed by Corey Meyers.

After their upcoming summer festival appearances, LEPROUS will be heading out on an extensive headlining tour of Europe for “Malina”, together with special guests Agent Fresco from Iceland, plus Australia’s AlithiA and fellow Norwegians Astrosaur.

Here is a list next of shows for LEPROUS (Recent updates marked *):

LEPROUS – Festivals 2017:
11.08.2017 Rasnov (Romania) – Rockstadt Extreme Fest
19.08.2017 Mo i Rana (Norway) – Verket Festival

LEPROUS, Agent Fresco, AlithiA & Astrosaur – European Tour:
Presented in Germany by Eclipsed, Laut.de, Guitar & Metal.de

24.10.2017 Helsinki (Finland) – Tavastia *
25.10.2017 Jyväskyla (Finland) – Lutakko *
26.10.2017 Tampere (Finland) – Olympia *
28.10.2017 Copenhagen (Denmark) – Pumpehuset
29.10.2017 Hamburg (Germany) – Logo
30.10.2017 Cologne (Germany) – Luxor
31.10.2017 Esch (Luxembourg) – Rockhal
01.11.2017 Haarlem (The Netherlands) – Patronaat
02.11.2017 London (UK) – The Dome
03.11.2017 Dublin (Ireland) – Voodoo Lounge
04.11.2017 Leeds (UK) – Damnation Festival
05.11.2017 Vosselaar (Belgium) – Biebob
06.11.2017 Paris (France) – Trabendo
07.11.2017 Nantes (France) – Barakason
08.11.2017 Bordeaux (France) – Rocher Palmer
11.11.2017 Toulouse (France) – Le Metronum
12.11.2017 Marseille (France) – Le Moulin
13.11.2017 Milan (Italy) – Magnolia
14.11.2017 Lyon (France) – CCO Villeurbanne
15.11.2017 Winterthur (Switzerland) – Salzhaus
16.11.2017 Colmar (France) – Grillen
17.11.2017 Munich (Germany) – Backstage Halle
18.11.2017 Vienna (Austria) – Szene
19.11.2017 Budapest (Hungary) – A38
20.11.2017 Prague (Czech Republic) – Rock Café
21.11.2017 Warsaw (Poland) – Proxima
22.11.2017 Berlin (Germany) – Musik & Frieden
23.11.2017 Aarhus (Denmark) – Atlas
25.11.2017 Oslo (Norway) – Vulkan Arena
More dates to be announced soon…

LEPROUS online:
www.leprous.net
www.leprous.net/mobile (mobile website)
www.facebook.com/leprousband
www.youtube.com/leprouschannel

INSIDEOUTMUSIC online:
www.insideoutmusic.com
www.youtube.com/InsideOutMusicTV
www.facebook.com/InsideOutMusic
www.insideoutshop.de

Ozora – Perpendicolari

Perpendicolari è un lavoro difficile e coraggioso, musicalmente sottoposto a sferzate di potentissimo metal progressivo ma vario e per nulla scontato, complice l’uso della lingua italiana e la presenza di atmosfere dalle reminiscenze alternative.

La Rockshots Records si candida quest’anno come una delle label più attive nel mondo del rock/metal underground, con una serie di opere che hanno come comune denominatore l’alta qualità della proposta, che sia incendiario power heavy metal, hard & heavy o, come nel caso di questa notevole band piemontese, metal alternativo straordinariamente progressivo.

Cantato in italiano, scelta che non inficia la fruibilità dei brani, Perpendicolari è l’opera prima degli Ozora, quattro musicisti provenienti da background diversi ma uniti dalla voglia di lasciare il segno in un mondo musicale spietato come la realtà che ci circonda per cui, un giorno dopo l’ uscita, un album è già vecchio e il prossimo sarà sicuramente più bello, mentre ascoltatori cannibali al terzo brano cliccano sul quadratino che indica lo stop e passano ad altro.
Perpendicolari è un lavoro difficile e coraggioso, musicalmente sottoposto a sferzate di potentissimo metal progressivo ma vario e per nulla scontato, complice l’uso della lingua italiana e la presenza di atmosfere dalle reminiscenze alternative.
Il sound è valorizzato da prestazioni agli strumenti di alta levatura, anche se la tecnica è messa al servizio del progetto nella sua totali,tà così da mettere tra le mani dell’ascoltatore un lavoro completo, maturo ed a tratti entusiasmante.
Difficile fare i soliti paragoni con gruppi famosi, l’anima progressiva degli Ozora è cresciuta con i maestri del genere, così come il rock che spoglia d’urgenza e cattiveria metallica il sound, per poi farlo esplodere accendendo chitarre indie cariche di watt.
Non c’è un solo brano che non meriterebbe d’essere analizzato, ma ci tengo a nominare la title track, i ritmi scolpiti nel groove della violenta A Terra, le atmosfere cangianti della splendida Orlando e dell’ altra lunga L’avevi Detto Tu, mentre Volta La Carta, cover metallica progressiva del poeta genovese Fabrizio De Andrè, mette il punto esclamativo su questo bellissimo ed imperdibile lavoro.

Tracklist
01. Idiometria
02. Perpendicolari
03. A Terra
04. Il Profeta
05. Orlando
06. La Tua Piccola Tragedia
07. Volta La Carta
08. La Coda
09. L’Avevi Detto Tu
10. amOre

Line-up
Paolo Marre – Guitars
Syd Silotto – Vox & Key
Luca Imerito – Bass
Danilo Sakko Saccotelli – Drums & Percussion

OZORA – Facebook

Wraith Rite – Awaken

La strada per ritagliarsi un po’ di spazio, anche a livello underground, è ancora  molto lunga e dagli esiti incerti, ma la voglia di provarci di sicuro non fa difetto ai Wraith Rite.

Demo d’esordio per gli spagnoli Wraith Rite, giovane band spagnola che riversa su questi cinque brani una carica incontenibile di entusiasmo ed esuberanza metallica.

D’accordo, da qui a riscrivere la storia dei generi estremi che i nostri cercano di fondere con foga e convinzione ce ne corre, anche perché il demo, in quanto tale, suona esattamente come ce lo si aspetta, ovvero sporco, molto diretto e pieno di approssimazioni quanto di irresistibile vitalità.
In fondo, quando si parla di musica, dipende sempre da quale punto di vista la si vuole approcciare: se dovessimo basarci su tecnica, produzione e sobrietà nell’espressione musicale e visiva, i Wraith Rite non avrebbero speranze; per fortuna c’è sempre un qualcosa di istintivo ed irrazionale che spinge uno naturalmente propenso alla lacrima ascoltando il proprio genere d’elezione (il doom) a prendere in simpatia questo manipolo di giovani madrileni, dei quali potrei (a anche vorrei, tutto sommato) essere il padre, perché intuisco in loro, oltre a una grande passione, delle potenzialità che per ora sono ancora sommerse da un suono ovattato e da scelte stilistiche opinabili.
Partiamo dalla voce della vocalist Dirge Inferno, che alterna uno screaming insufficiente ad un growl in stile brutal senz’altro più accettabile come resa ma che, comunque, c’entra poco con il thrash/black/death esibito con sufficiente proprietà e qualche buona idea nel corso delle prime quattro tracce, con nota di merito per la trascinante Eternal Hunt, mentre fa eccezione lo pseudo doom della conclusiva Hurt Yourself.
Qualche buono spunto chitarristico e sprazzi di di virulento killing instict fanno ritenere tutt’altro che superflua questa uscita, a patto che nelle prossime occasioni i Wraith Rite trovino un giusto compromesso nell’uso della voce e spingano in maniera più decisa sul versante death/black’n’roll che mi pare essere più naturalmente nelle loro corde.
La strada per ritagliarsi un po’ di spazio, anche a livello underground, è ancora  molto lunga e dagli esiti incerti, ma la voglia di provarci di sicuro non manca alla band e, per quanto mi riguarda, questo è sicuramente un dato sufficiente per incoraggiare questi giovani affinché realizzino le proprie aspirazioni.

Tracklist:
1.Eternal Hunt
2.Werewolf’s Moon
3.Beheaded Rider
4.Crown of Bones
5.Hurt Yourself

Line-up:
Vocals: Dirge Inferno
Guitars: Yandros and Soulbutcher
Bass: Schizo
Drums: Morgul

WRAITH RITE – Facebook

Arallu – Six

Gli israeliani Arallu proseguono la loro opera di distruzione a base di un black/death naturalmente contaminato da pulsioni etniche.

Etichetta : Transcending Obscurity Records
Anno : 2017
Titolo (autore + titolo) :

Quando arrivano proposte di matrice estrema dal Medio Oriente si tende spesso a pensare a band di nuovo conio, visto che, a parte Orphaned Land e Melechesh non è che siano poi molte altre le realtà capaci di guadagnarsi nel recente passato una certa notorietà.

Molte volte, però, il fatto di appartenere ad una scena lontana da quelle canoniche finisce per trarre in inganno come avviene per gli Arallu,  la cui genesi musicale risale addirittura alla fine del secolo scorso.
Six, come è facile intuire, rappresenta appunto il sesto full length del gruppo guidato dal bassista/cantante Butchered (con un passato da live session nei già citati Melechesh), che prosegue così la propria opera di distruzione a base di un black death naturalmente contaminato da pulsioni etniche.
Degli Arallu si apprezzano senz’altro la padronanza della materia ed un approccio abbastanza ruvido e diretto, anche se ogni tanto, quest’ultimo aspetto rende il lavoro un po’ caotico.
In ogni caso diversi brani si rivelano piacevoli mazzate intrise di umori mediorientali che, anche se non sorprendono più come un tempo, si rivelano pur sempre un valore aggiunto in opere di questo tipo, andando a spezzare opportunamente un incedere che, altrimenti, risulterebbe piuttosto monolitico.
Avviene così che episodi come Adonay e Victims of Despair rendano al meglio il potenziale di una band di sicuro spessore,  nei confronti della quale, per chi apprezza la commistione tra metal estremo e musica etnica orientale, potrebbe rivelarsi quanto mai opportuno rivisitare anche la ricca produzione del passato.

Tracklist:
1. Desert Moonlight Spells
2. Only One Truth
3. Adonay
4. Possessed by the Sleep
5. Subordinate of the Devil
6. The Universe Secrets (Six)
7. Victims of Despair
8. Oiled Machine of Hate
9. Philosophers view
10. Soulless Soldier

Line up:
Butchered (Genie King) – Vocals, Bass
Gal Pixel – Guitar and Backing Vocals
Omri Yagen – Guitar and Backing Vocals
Assaf Kasimov – Drums
Eylon Bart – Saz, Darbuka and Backing Vocals

ARALLU – Facebook

Dusius – Memory Of A Man

Un disco potente sia nella musica che nell’immaginario che suscita, dando l’impressione che il viking folk metal sia il genere preferito dei Dusius, che con queste doti avrebbero fatto bene comunque in qualsiasi ambito.

I Dusius approdano al loro primo disco sulla lunga distanza dopo il demo Slainte del 2013.

I Dusius fanno un folk metal molto veloce e tirato, prepotentemente in zona viking, ben composto e prodotto finemente. Memory Of A Man è un album con un’elaborata storia al suo interno, narrando le avventure di un uomo in epoca antica, che fa molti errori e viene maledetto dagli dei, ma non vi anticipiamo altro perché è molto interessante scoprire l’intera storia. Tutto ciò viene narrato attraverso il potente viking metal dei Dusius, con una doppia voce che funziona molto bene e riesce a dare tonalità diverse a momenti che necessitano di narrazioni diverse. Quello che colpisce è la compattezza del gruppo, la forza collettiva che riesce a scatenare, e anche la brillantezza del suono che, pur essendo cupo, riesce ad elevarsi e ad elevare l’ascoltatore. Notevole anche la visione d’insieme del disco e della missione che si pone il gruppo: i parmigiani hanno un notevole tasso di epicità nella loro musica, e riescono a coniugare molto bene durezza ed aulicità, intessendo una storia classica ma molto attuale, sulla dannazione dell’uomo e sul libero arbitrio, che a volte può essere pesantemente influenzato da potenti fattori esterni. Il lavoro entra di diritto nelle miglior opere del folk viking italiano, e merita diversi ascolti per riuscirne a cogliere tutti gli aspetti e le diverse sfaccettature. Un disco potente sia nella musica che nell’immaginario che suscita, dando l’impressione che il viking folk metal sia il genere preferito dei Dusius, che con queste doti avrebbero fatto bene comunque in qualsiasi ambito.

Tracklist
1. Funeral March
2. Siante
3. Desecrate
4. The Rage of the Gods
5. Worried
6. One More Pain
7. Dear Elle
8. Dead-End Cave
9. Hope
10. The Betrayal
11. Coldsong
12. Funeral March II
13. Hierogamy (Hidden Track)

Line-up
Manuel Greco – Vocals
Rocco Tridici – Guitar
Manuele Quintiero – Guitar
Erik Pasini – Bass
Alessandro Vecchio – Keyboards
Davide Migliari – Flute / Bagpipes
Fabien Squarza – Drums

DUSIUS – Facebook

Pokerface – Game On

Ottimo ritorno dei thrashers russi Pokerface con il nuovo album Game On, un devastante esempio di thrash/death metal diretto e senza compromessi, valorizzato dalla prestazione della singer Lady Owl, nuova ammaliante strega dietro al microfono.

Dalla Russia con Amore si intitolava uno dei tanti film incentrati sulle avventure della spia più famosa del cinema, James Bond il famoso agente 007 creato dalla penna di dello scrittore britannico Ian Fleming.

I Pokerface arrivano dalla Russia ma di amore ne portano poco in giro, anzi il loro thrash/death metal è una bordata metallica estrema devastante.
Ci eravamo già occupati del gruppo proveniente da Mosca all’epoca dell’uscita di Divide And Rule, licenziato due anni fa, ora capitanato dalla singer Lady Owl, al secolo Alexandra Orlova, una strega scatenata tra growl, urla e presenza di un certo impatto tra le fila del quartetto, nuova spacca microfoni che sostituisce la già notevole Delirium.
Le novità non si fermano qui, ed oltre alla singer due chitarristi nuovi di zecca (Vadim Whitevad e Xen Ritter) fanno sfoggio di cattiveria in questo nuovo lavoro, per un sound che affonda le sue radici nel thrash old school di scuola europea, tra la triade tedesca (Sodom-Destruction-Kreator). ed un tocco di Slayer, tanto per rendere la proposta ancora più estrema, diretta e senza compromessi.
Una strega, una diavolessa, una diabolica sirena, chiamatela come volete, tanto il risultato non cambia e la Lady al microfono vi travolgerà, accompagnata da un impatto di tutto rispetto, tra accelerazioni e mid tempo potentissimi, in un delirio metallico che dalla prima nota dell’opener The Bone Reaper non smetterà un attimo di torturarvi i padiglioni auricolari, un concentrato di thrash metal tripallico che la singer tiene stretto per i cosiddetti, tra urla belluine e growl da far impallidire un orso arrabbiato.
Tra i brani, Creepy Guests è quello più legato al thrash metal duro e puro, con un occhio alla scena americana e quello che personalmente mi è piaciuto di più, ma il resto della tracklist non deluderà sicuramente la voglia di massacro dei fans di queste sonorità. Un ottimo ritorno.

Tracklist
1.The Bone Reaper
2.The Fatal Scythe
3.Play or Die
4.Blackjack
5.Straight Flush
6.Cry. Pray. Die.
7.Creepy Guests
8.Bow! Run! Scream!
9.Jackpot
10.Game On

Line-up
DedMoroz – Bass
Doctor – Drums, Percussion
Whitevad – Guitars
Xen Ritter – Guitars (lead)
Lady Owl – Vocals

POKERFACE – Facebook

Theta – Obernuvshis’

Pur essendo di natura totalmente strumentale, se si fa eccezione per le voci campionate che si susseguono nei diversi brani, l’album non possiede alcuna delle controindicazioni che sovente accompagnano tale scelta: qui la musica si prende la scena con decisione ed il rischio di vederla scivolare via senza lasciare alcuna traccia è scongiurato.

Prima prova su lunga distanza per Theta, progetto solista del musicista lombardo Mattia Pavanello, dopo l’uscita di un ep intitolato LXXV che aveva anticipato le coordinate sonore di una delle realtà più inquietanti in ambito musicale tricolore.

Pavanello è conosciuto per la sua militanza in band come Heavenfall e Furor Gallico, oltre che per una collaborazione illustre con i Folkstone, quindi sorprende in qualche modo ritrovarlo alle prese con un sound decisamente antitetico come il funeral doom dai tratti dronici e sperimentali offerto in Obernuvshis’.
Pur essendo di natura totalmente strumentale, se si fa eccezione per le voci campionate che si susseguono nei diversi brani, l’album non possiede alcuna delle controindicazioni che sovente accompagnano tale scelta: qui la musica si prende la scena con decisione ed il rischio di vederla scivolare via senza lasciare alcuna traccia è scongiurato: Mattia dimostra di conoscere alla perfezione il genere senza però seguirne le coordinate pedissequamente, consentendo alla sua ispirazione di incanalarsi di volta in volta in flussi differenti che vedono la componente funeral preponderante, ma arricchita ed integrata da ambient, drone, sludge e qualche venatura di post metal.
Del resto Theta nasce come progetto in grado di incanalare le diverse pulsioni compositive di Pavanello verso un sound oscuro, privo di lampi di positività ma non per questo scevro di un buon impatto melodico: in poco più di tre quarti d’ora, Obernuvshis’ riesce a scuotere menti intorpidite dall’ascolto di dischi prodotti con il pilota automatico, grazie a soluzioni per nulla scontate.
Come già accennato, però, il punto di forza di un album come questo è il suo essere ascoltabile, pur essendo di fatto costruito su un’impalcatura atta ad evidenziare il lato oscuro dell’esistenza: a tale proposito il nostro evita di rifugiarsi nella cripticità sovente fine a sé stessa del rumorismo, per provare invece a creare un coinvolgimento, anche emotivo, ma è chiaro che la fruibilità di cui si accennava poc’anzi è strettamente connessa al background musicale di chi si accosta all’operato di Theta, rivolto soprattutto ad estimatori del doom dalla comprovata dimestichezza con il genere.
Come avviene spesso in questi casi, la suddivisione in tracce lascia il tempo che trova, sicché l’album va ascoltato e sviscerato nel suo complesso, con picchi qualitativi rinvenibili un po’ in tutti gli episodi fino al bellissimo epilogo di Concrete And Foundation, dove Pavanello dimostra le sue doti di chitarrista anche con un dolente ed ispirato assolo che chiude nel migliore dei modi un’opera di grandissimo pregio.

Tracklist:
1.Travel Far Into The Black Hole Depths
2.Ruins Of Inari
3.Butterfly’s Cycle
4.Harshness Of A
5.Concrete And Foundation

Line-up:
Mattia Pavanello – Guitars, Bass, Drum Programming, Synths and Sampling

THETA – Facebook

RAGE

Il videoclip di Seasons Of The Black, tratto dalla’album omonimo di recente uscita (Nuclear Blast).

La creatività e la produttività del trio heavy metal tedesco sembrano non avere limiti! Dopo appena quattordici mesi dalla pubblicazione di “The Devil Strikes Again”, i RAGE pubblicano il loro ventitreesimo album in studio “Seasons Of The Black”!

Per festeggiare l’uscita i RAGE svelano il videoclip della titletrack ‘Seasons Of The Black’.

“Seasons Of The Black” è stato registrato a febbraio e marzo ai Megafon Studios di Burscheid, Germania e ai Soundchaser Studios di Zandhoven, Belgio. Della produzione si sono occupati i RAGE stessi, mentre Dan Swanö (MARDUK, OPETH, KATATONIA) ha curato mixaggio e masterizzazione agli Unisound Studios di Grefrath, Germania.

La tracklist del disco è la seguente
CD:
01. Season Of The Black
02. Serpents In Disguise
03. Blackened Karma
04. Time Will Tell
05. Septic Bite
06. Walk Among The Dead
07. All We Know Is Not
08. The Tragedy Of Man – Gaia
09. The Tragedy Of Man – Justify
10. The Tragedy Of Man – Bloodshed In Paradise
11. The Tragedy Of Man – Farewell

“Avenger Revisited” (Bonus CD)
01. Adoration
02. Southcross Union
03. Assorted By Satan
04. Faster Than Hell
05. Sword Made Of Steel
06. Down To The Bone

Il disco è acquistabile in formato fisico (http://nblast.de/RageSeasonsBlackNB) o digitale (http://nblast.de/RageDigital).

I RAGE saranno in concerto con i FIREWIND il 6 gennaio 2018 al Legend Club di Milano.

‘Blackened Karma’ OFFICIAL MUSIC VIDEO: https://www.youtube.com/watch?v=f_OB6hO9ONE
‘Adoration’ VIDEO: https://www.youtube.com/watch?v=TMCJz-BJoCs

www.rage-official.com
www.facebook.com/rageofficialband
www.nuclearblast.de/rage

Urn – The Burning

The Burning è un disco che riassume i motivi per cui siamo metallari, poiché la velocità, la cattiveria e l’adrenalina che possiede sono in gran parte i motivi per cui ascoltiamo la musica del caprone.

I finlandesi Urn pubblicano il loro quarto album ed è subito massacro, ossa che volano, sangue ovunque e tutto ciò è bellissimo.

Il loro stile musicale è pressoché unico, ma se si devono dare delle coordinate, allora siamo nei pressi black e death, comunque morte e distruzione. Nati nel 1994, gli Urn sono uno dei gruppi da scoprire, perché i loro dischi sono molto belli, ma non se ne parla granché, anche se la risposta per The Burning è già buona, nonostante sia uscito da pochi giorni. Il suono è il frutto della libera rielaborazione di cose già sentite nel metal, ma il loro speed black death è veramente qualcosa di unico. Nel loro maelstorm si posso ascoltare echi dei connazionali Impaled Nazarene, soprattutto per le parti più veloci e furiose, anche per quel retrogusto punk hardcore che accomuna le due realtà finniche. The Burning è un disco che riassume i motivi per cui siamo metallari, poiché la velocità, la cattiveria e l’adrenalina che ha questo disco sono in gran parte i motivi per cui ascoltiamo la musica del caprone. Gli Urn vanno a mille, ma sanno anche fare stop and go, con quella cadenza vocale che ricorda il metal anni ottanta e novanta. La produzione è accurata ma non troppo, perché un’alta fedeltà troppo elevata pregiudicherebbe il tutto. L’ascolto di The Burning diventa compulsivo, come una dipendenza da crack, e anche in questa era di fruizione molto veloce di ogni prodotto fonografico si può sentire e risentire un disco con avidità. Consiglio l’ascolto del disco abbinato al fumetto Lobo della Dc Comics, massacri galattici e metal ovunque.

Tracklist
01 INTRO – RESURRECTION
02 CELESTIAL LIGHT
03 HAIL THE KING
04 MORBID BLACK SORROW
05 SONS OF THE NORTHERN STAR
06 NOCTURNAL DEMONS
07 WOLVES OF RADIATION
08 ALL WILL END IN FIRE
09 FALLING PARADISE
10 THE BURNING

Line-up:
Sulphur Bass, Vocals
Axeleratörr- Lead Guitar
Tooloud- Guitar
Revenant- Drums

URN – Facebook

Pagan Altar – The Room Of Shadows

Dopo molti anni, durante i quali si era quasi persa la speranza, ecco tornare quando meno te li aspetti i Pagan Altar, semplicemente un pezzo di storia della NWOBHM.

Fondati nell’ormai lontano 1978, i Pagan Altar, insieme ai Witchfinder General, sono stati uno dei principali gruppi doom all’interno della nuova ondata del metal inglese, negli anni in cjui Britannia dominava i giradischi e gli stadi d’Europa. E tutto ciò avendo inciso solo un demo in quegli anni, ristampato dalla Oracle Records nel 1998 con il titolo Volume 1. Riformatisi nel 2004 grazie alle risposte positive ricevute da pubblico e critica per il disco Lords Of Hypocrisy, gli inglesi hanno continuato con la loro carriera con una buona qualità media, fino ad avere un lungo hiatus tra il 2006 fino all’attuale disco. The Room Of Shadows è un buon album, composto e suonato con eleganza, ricco di ricami barocchi, con forti richiami doom, ma anche una notevole epicità. I Pagan Altar raccontano storie come facevano i menestrelli, musicandole nella maniera giusta per farle arrivare ancora meglio al pubblico. Nel disco si sente molto la loro duplice natura che fa capo sia all’heavy metal classico inglese che al doom, e tutto ciò lo rende piacevolmente fuori dal tempo, perché suona in maniera molto diversa rispetto alle cose che siamo abituati a sentire. Le canzoni scorrono benissimo e si fa davvero fatica a pensare che il lavoro è stato composto tredici anni or sono e che, poi, per mille motivi, non sono riusciti a pubblicarlo se non oggi. E due anni fa è morto vinto dal cancro il cantante Terry Jones, del quale possiamo apprezzare l’ultima performance in questo disco, che acquista inevitabilmente maggiore valore. I Pagan Altar sono un grande gruppo e questo album, molto piacevole e classico in tutti i sensi, conferma la loro bravura. Un ottimo ritorno.

Tracklist
01 Rising Of The Dead
02 The Portrait of Dorian Gray
03 Danse Macabre
04 Dance of the Vampires
05 The Room of Shadows
06 The Ripper
07 After Forever

Line-up
Terry Jones
Alan Jones
Diccon Harper
Andrew Green

PAGAN ALTAR – Facebook

Davide Berardi – Fuochi e Fate

Fuochi e Fate raccoglie ed imprime sullo spartito storie di vita raccontate con l’ausilio della musica, rock/pop nel più ampio senso del termine.

Rock d’autore sulle pagine di MetalEyes con Davide Berardi ed il suo Fuochi e Fate, album che ha potuto vedere la luce per merito del sempre più diffuso crowdfunding, con il quale i musicisti si affidano alla generosità dei propri ascoltatori per la realizzazione dei loro progetti.

Fuochi e Fate è un live registrato negli studi della Joe Black Production dove Berardi, in compagnia di Umberto Coviello (batteria e chitarra), Antonio Vinci (piano e tastiere) e Mino Indraccolo (basso), ci avvolge in un caloroso abbraccio fatto di rock d’autore, ombre jazzate e luci di musica fusion che raccontano undici storie, tra il serio ed il faceto, storie di vita, malinconiche e spiritose, perse nelle vicende quotidiane che potrebbe essere quell di ognuno di noi.
Il gruppo suona con maestria e talento, la musica scivola accompagnando i testi, maturi e sempre con un velo di ironia nascosta anche tra le pieghe più seriose dell’esistenza.
E’ originale la scelta di un live senza il pubblico, di un album in presa diretta con il quale il musicista interagisce con i suoi ascoltatori forte di un lotto di canzoni piacevoli come Bruxelles, Sudamerica e Povero Fesso.
Detto della cover di La Cura, l’immortale capolavoro di Battiato, ricordo che una parte del ricavato della vendita del disco verrà devoluta alla cooperativa sociale Eridanio, fondamentale per la realizzazione dell’opera.
Fuochi e Fate raccoglie ed imprime sullo spartito storie di vita raccontate con l’ausilio della musica, rock/pop nel più ampio senso del termine.

Tracklist
1. Povero Fesso
2. Indescrivibile
3. Bruxelles
4. Supervisionario
5. Mi Sento Una Formica
6. I Piedi E Gli Occhi
7. Roba Da Poco
8. La Cura
9. Che Meraviglia
10. Sudamerica

Line-up
Davide Berardi – Voce, Chitarra
Umberto Coviello – Batteria, Chitarra
Antonio Vinci – Piano, Tastierre
Mino Idraccolo – Basso

DAVIDE BERARDI – Facebook

Demon Head – Thunder On The Field

Diabolic rock come amano definire la propria musica, o semplicemente hard rock debitore dei Black Sabbath, con qualche sfumatura doorsiana che si evince dal tono vocale del singer, fatto sta che Thunder on the Fields risulta un buon lavoro, assolutamente perfetto per chi vive di rock

In piena tradizione settantiana e con uno spirito vintage mai domo arriva tramite The Sign Records il secondo album della hard rock/doom band danese dei Demon Head.

Diabolic rock come amano definire la propria musica, o semplicemente hard rock debitore dei Black Sabbath, con qualche sfumatura doorsiana che si evince dal tono vocale del singer, fatto sta che Thunder on the Fields risulta un buon lavoro, assolutamente perfetto per chi vive di rock che respira incenso, profumo liturgico che si mischia a quello dell’erba bruciata in cartine color canapa.
Band relativamente giovane, fondata solo cinque anni fa, i Demon Head hanno giù stampato una manciata di lavori tra full length e opere minori e la loro proposta si piazza tra il sound dai rimandi mistici e occulti dei primi anni settanta e quello che ricorda realtà con meno anni sulle spalle, come i canadesi The Tea Party folgorati sulla strada del doom.
I ritmi alternano una buona dose di hard rock ad atmosfere più legate alla musica del destino, ottima per esempio la traccia Hic Svnt Dracones, una lunga jam dalle atmosfere cangianti e progressive, mentre su We Are Burning si respira epicità classicamente metal.
Il gruppo canadese lascia il meglio alla fine, così che Gallows Omen e Untune The Sky formano un pezzo di granito doom metal, psichedelico ed avvolgente con la prestazione di M.F.L. al microfono che continua a regalare emozionanti parti evocative e lascivi vocalizzi psych/blues rock, alzando non poco il valore generale di questo Thunder On The Fields, album che, come le opere destinate a durare nel tempo, cresce con gli ascolti.

TRACKLIST
01. Menneskeaederen
02. We are burning
03. Thunder on the fields
04. Older now
05. Hic sunt dracones
06. Gallows omen
07. Untune the sky

LINE-UP
J.W- drums
M.S.F.- bass
B.G.N.- guitar
T.G.N.- guitar
M.F.L.- vocals

DEMON HEAD – Facebook

DOMINANZ

II video di Ruins of Destruction

DOMINANZ, black metal band norvegese, presentera’ il pezzo Ruins of Destruction (da cui e’ tratto anche il nuovo videoclip) attraverso un mini tour europeo in ottobre, le cui date verranno svelate a breve.

La band ha gia’ svolto tour con SOLSTAFIR e TAAKE, ed ha avuto come ospite nell’ultimo disco ABBATH.

DOMINANZ (Industrial Silence Production – L’Alchimie Agency)

http://www.facebook.com/dominanzofficial/

Noxious, feat Abbath (Immortal)

La Cuenta – La Confessione di Antonius Block

Un lavoro magnifico, di grande impatto sia dal punto di vita musicale sia da quello prettamente concettuale, e capace di restituire in toto, quasi ne fosse la colonna sonora,  le atmosfere cupe e l’inquietudine magistralmente evocate da Bergman con Il Settimo Sigillo.

Quarto impressionante full length per i fiorentini La Cuenta, autori di uno sludge doom che si muove su binari tutt’altro che scontati, nonostante i concreti rischi che si corrono quando si struttura un lavoro in maniera simile.

Qui, infatti, troviamo un solo brano di circa trentacinque minuti, nel corso del quale la chitarra di Matteo Gigliucci urla e reitera le sue note, ben sostenuta dal violoncello dell’ospite Naresh Ran, creando un tessuto sonoro ossessivo e straniante, ottimamente sorretto dal lavoro percussivo di Nicola Savelli, ma alla resa dei conti, neppure troppo ostico all’ascolto, almeno per orecchie adeguatamente allenate.
Intendiamoci, la musica di immediata fruibilità è tutt’altra cosa, ma in quest’opera on si rinviene un rumorismo dronico fine a sé stesso e neppure una serie di suoni affastellati l’uno sull’altro contro ogni logica, bensì una linea armonica ben distinguibile, specie nella parte iniziale, prima che i campionamenti tratti dal bergmaniano Il Settimo Sigillo (del quale l’Antonius Block del titolo è il protagonista) irrompano, con il personaggio interpretato da Max Von Sydow (qui con la voce del doppiatore Emilio Cigoli) a farsi portavoce di una serie di quesiti destinati a restare irrisolti.
Per almeno una ventina di minuti il flusso sonoro si insinua nell’udito in maniera irresistibile e l’effetto è talmente soffocante che, quando interviene un cambio di registro, il respiro invece di aprirsi si blocca prima di ritrovare qualche particella di ossigeno; poi, quando si ode Block iniziare la sua confessione, a prendere la scena è la spinta sperimentale, anche se la tensione non scema affatto, semplicemente viene alimentata da un impatto più drammatico e solo in apparenza meno nitido, sovrapponendosi a linee guida in precedenza maggiormente identificabili.
Alla fine, del toccante dialogo tra Block con e la Morte, disturbato da un effluvio di effetti e negli ultimi minuti da riff di estrema pesantezza, l’unica frase che risulta perfettamente intelligibile è “non credi che sarebbe meglio morire?”, risultando in qualche modo emblematica della venefica profondità di questo magnifico album, di grande impatto sia dal punto di vita musicale sia da quello prettamente concettuale, e capace di restituire in toto, quasi ne fosse la colonna sonora,  le atmosfere cupe e l’inquietudine magistralmente evocate con il suo film dal regista svedese, tutto questo proprio nell’anno in cui ne ricorre il cinquantennale dell’uscita.

Tracklist:
1. La confessione di Antonius Block

Line-up:
Matteo Gigliucci: chitarra, ampli e pedali.
Nicola Savelli: batteria, macchine e pedali.

Guest:
Narèsh Ran: violoncello

LA CUENTA – Facebook

https://www.youtube.com/watch?v=Q65vxYlOXHI

Freight Train – I

Il disco parte bene e finisce meglio, e la durata relativamente breve gioca a favore del gruppo che raccoglie il meglio di quanto composto in questi due anni

Si torna a parlare di hard rock melodico sulle pagine virtuali di MetalEyes con il debutto, tramite Rockshots Records, dei Freight Train, giovanissimo sestetto di Rimini.

Attivi da appena un paio d’anni avevano raggiunto molti appassionati con il primo videoclip, Any Way You Want It, cover del bellissimo brano dei Journey, incluso anche in I, lavoro che risulta la vera partenza per il gruppo nostrano.
Poco più di mezzora basta ai Freight Train per provare a conquistare fans dell’aor, grazie ad un buon talento compositivo in un genere in cui tecnica ed impatto vengono messi in ombra dall’importantissima forma canzone.
Il disco parte bene e finisce meglio, e la durata relativamente breve gioca a favore del gruppo che raccoglie il meglio di quanto composto in questi due anni, regalando ricami tastieristici supportati da chitarre che graffiano, prima di concedere solos di grande efficacia.
La materia è stata studiata e resa alla perfezione dai Freight Train che pescano dal cilindro almeno un trio di perle: You Won’t Fall, la splendida Another Chance e Reach For The Sky.
Influenze che a mio parere non si fermano solo all’America dei Journey, ma attraversano l’ Atlantico per giungere nel regno unito fino ed incontrare i Ten e proseguire per il nord Europa, ultima frontiera dell’hard rock melodico (dagli Europe cotonati degli anni ottanta, ai più giovani ma imperdibili Brother Firetribe).
Buona la prima, si dice in questi casi, album consigliato a chi cerca disperatamente nomi nuovi per continuare a sognare sulle ali dell’aor.

Tracklist
1. The Beginning
2. You Won’t Fall
3. Into the Fire
4. Another Chance
5. Here I Am
6. Somewhere, Someday
7. The Prelude
8. Reach for the Stars
9. Any Way You Want It
10. Into the Fire (Acoustic Version)

Line-up
Ivan Mantovani – Voce
Enrico Testi – Chitarra, Cori
Andrea Cappelletti – Chitarra
Anton Bagdatyev – Tastiere, Cori
Lorenzo Pucci – Basso, Cori
Mattia Simoncini – Batteria

FREIGHT TRAIN – Facebook

Märvel – The Hills Have Eyes

Sei tracce di rock’n’roll, vicino a quanto fatto dagli Hellacopters e con un’ispirazione settantiana che aleggia sul disco.

Che in Scandinavia si faccia rock’n’roll di altissima qualità non sono di certo io a dirlo, parla una lunga serie di nomi che sono diventati punti di riferimento per i rockers di tutto il mondo, partendo dagli storici Hanoi Rocks, passando dai Turbonegro per arrivare alla generazione che, come una gallina magica ha sfornato uova d’oro come Backyard Babies, Hellacopters e Hardcore Superstars.

Passata la tempesta rock’n’roll a cavallo tra gli anni novanta ed il nuovo millennio, i gruppi famosi sono tornati ultimamente sul mercato con buoni lavori accompagnati dalle nuove leve, meno numerose rispetto a quel periodo ma sempre di ottima qualità.
I Märvel per esempio provengono da Linköping, sono attivi dal 2002 e dopo aver consumato strumenti nelle cantine della loro città arrivano al debutto nel 2005 con l’album Five Smell City.
Warhawks Of War, rimane l’opera più famosa che vede ospiti comeDregen (Backyard Babies) and Robert Dahlqvist (Hellacopters) , a confermare l’ottima proposta del gruppo.
The Hills Have Eyes esce nel 2015, licenziato dalla Killer Cobra ed ora ristampato dalla The Sign .
Trattasi di un mini album composto da sei tracce di rock’n’roll, vicino a quanto fatto dagli Hellacopters e con un’ispirazione settantiana che aleggia sul disco.
Dunque siamo nel più puro e melodico hard rock che avvicina i quattro cavalieri mascherati più famosi del rock alla tradizione scandinava, con una deliziosa (e più melodica rispetto all’originale) cover del classico degli WASP, Love Machine, che valorizza tutta l’opera.
Buone trame acustiche, specialmente nella conclusiva Bring It On e maschere di cuoio a nascondere i visi dei tre protagonisti, benvenuti nel mondo dei Märvel !

TRACKLIST
1.Back In The Saddle
2.One Shining Moment
3.The Hills Have Eyes
4.Goodbye, Shalom!
5.Love Machine
6.Bring It On

LINE-UP
Ulrik Bodstedt – Bass
Tony Samuelsson – Drums
John Steen – Guitar & Vocals

MARVEL – Facebook

PARADISE LOST

Il video del nuovo singolo 7” ‘Blood & Chaos’ e canzone in download gratuito.

PARADISE LOST – Il video del nuovo singolo 7” ‘Blood & Chaos’ e canzone in download gratuito!

Il video può essere visto al seguente indirizzo

I PARADISE LOST hanno svelato il video del singolo 7” ‘Blood & Chaos’, da oggi nei negozi. Nel video la band presenta un breve film distopico sulla lotta per la sopravvivenza in un mondo post-apocalittico. Il regista Ash Pears di AshTV Music Video spiega:

“La canzone parla di elementi legati alla brutalità e ai bassi istinti. Mi è sembrato opportuno ambientare il video in un mondo oscuro e distopico, dopo un blackout elettrico, dove coloro che sono rimasti rovistano nei rifiuti e sono praticamente dei sopravvissuti. Cose date per scontate come pile, fiammiferi e accendini sono ora le più ambite. Questo nuovo mondo confusionario ha velocemente ribaltato ciò che era realmente importante per il protagonista, che arriva a chiedersi per che cosa sarebbe disposto a uccidere. Il nostro fantastico attore principale Nick Lester si è completamente calato nel ruolo, portandolo in vita assieme agli altri talentuosi attori Adele, Cris e Matt. La band e la sua squadra sono stati davvero di supporto. Ho girato con loro in precedenza, mentre suonavano ‘Beneath Broken Earth’, ma questo video basato su una narrazione è di tutta altra specie. Sono quel tipo di gruppo che sa che cosa vuole, ma che lascia anche spazi di libertà. Nick e Greg hanno suggerito l’idea della brutalità e dei bassi istinti, e io l’ho sviluppata in una storia”.

mentre il vinile 7” è pre-ordinabile qui:
http://nblast.de/ParadiseLostMedusaNB

In più, la band offre in download gratuito la canzone ‘Symbolic Virtue’: è sufficiente iscriversi alla mailing list:
http://bit.ly/PLMailingList

‘The Longest Winter lyric video: https://www.youtube.com/watch?v=ufs-kLZFyjU
Greg parla del songwriting e della pesantezza di “Medusa”
https://youtu.be/-MRMcK1GrHE
Trailer #2: Steve discute della collaborazione con Jaime Gomez Arellano: https://youtu.be/kXPeRv0igDw
Trailer #3: Nick parla dei testi, di Stephen King e dei KREATOR: https://youtu.be/u1ll64csjbI

Il debutto su Nuclear Blast della band guidata da Nick Holmes inaugura anche una collaborazione esclusiva per l’Italia con MUSICRAISER. Solo su Musicraiser, infatti, è disponibile il disco autografato in versione CD, LP, BOXSET e il banner con l’artwork di “Medusa”, oltre a t-shirt e felpa: https://www.musicraiser.com/it/projects/8572

I pre-preordini del disco e del merchandise esclusivo sono attivi: http://nblast.de/ParadiseLostMedusaNBhttps://www.omerch.eu/shop/paradiselost/

Chi pre-ordina il disco in digitale riceverà subito il download di ‘The Longest Winter’: http://nblast.de/ParadiseLostDigital

Il 1° settembre i PARADISE LOST saranno protagonisti di un concerto speciale al LKA Longhorn di Stoccarda (Germania). Quell’unica sera i PARADISE LOST suoneranno per intero il loro nuovo album, oltre a una scaletta scelta dai fan. Si possono scegliere qui le otto canzoni preferite. Dopo avere votato, sarà possibile ascoltare delle piccole anteprime del disco.

Tra settembre e novembre la band visiterà quattordici paesi diversi per celebrare la pubblicazione di “Medusa”. I PARADISE LOST saranno accompagnati dai compagni di etichetta PALLBEARER e dai portoghesi SINISTRO. Appuntamento il 28 ottobre al Phenomenon di Fontaneto D’Agogna (NO).

www.paradiselost.co.uk
www.facebook.com/paradiselostofficial
www.nuclearblast.de/paradiselost

Fractal Generator – Apotheosynthesis

Questo disco è un’esperienza sonora estrema, nella quale la velocità e la potenza sono notevoli, ma la vera bravura dei canadesi è quella di riuscire a mantenere intatta la melodia nonostante tutto voli intorno a loro, perché le linee melodiche del disco sono in evidenza e davvero particolari.

I Fractal Generator fanno metal davvero estremo, sono super tecnici e non penso siano nemmeno umani.

Prendete i Meshuggah, fondeteli con i Behemoth più veloci, e poi mille deviazioni e fughe. Il suono dei canadesi è volutamente inumano, perché il titolo in greco del disco illustra bene ciò che sono, dato che Apotheosynthesis è il punto rappresentante l’evoluzione dell’umanità attraverso l’integrazione tecnologica, a partire dal quale la stessa non può più considerarsi umana. I Fractal Generator hanno abbondantemente superato questo punto di non ritorno. Questo disco è un’esperienza sonora estrema, nella quale la velocità e la potenza sono notevoli, ma la vera bravura dei canadesi è quella di riuscire a mantenere intatta la melodia nonostante tutto voli intorno a loro, perché le linee melodiche del disco sono in evidenza e davvero particolari. I Fractal Generator compongono le loro canzoni in maniera progressiva, non si torna indietro per fare un ritornello, anche se alcune fasi canore vengono riproposte in diversi momenti. Se ci si concentra un po’, si comprende subito che questo suono non è assolutamente solo caos, ma che, come la vera teoria del caos, ha un ordine insito in sé stesso. Un altro aspetto notevole del disco è che anche se è sonicamente estremo non stufa od obbliga a posare le cuffie, e questo grazie all’alta qualità del tutto. Apotheosynthesis è un album estremamente affascinante, che nasconde innumerevoli tesori e motivi per ascoltarlo e per guardare nei suoi frattali. E il nome del gruppo è molto esplicativo così come il titolo, poiché la loro musica fa nascere figure aliene nel nostro cervello. Grande ristampa del disco precedentemente uscito nel 2015, e recuperato dalla Everlasting Spew Records, alla quale dobbiamo un doveroso ringrazmento. A un centimetro dalla fredda Terra aspettando la dolorosa fine. Dimenticavo : sono in tre, e il disco è anche in download libero sul loro bandcamp.

Tracklist
1.Cycle
2.Face Of The Apocalypse
3.Abandon Earth
4.Into The Unknown
5.Paragon
6.Human
7.The Singularity
8.Synthetic Symbiosis
9.Reflections

Line-up
040118180514
102119200914
040114090512

FRACTAL GENERATOR – Facebook

childthemewp.com