Plurima Mundi – Percorsi

Percorsi è un magnifico spaccato di musica contemporanea: abbiatene cura, perché questa è arte nel senso più autentico del termine.

A conferma di come il rock progressivo sia la musica che, in tutte le sue centinaia di atmosfere e sfumature, più di ogni altra ha nobilitato la scena musicale italiana dal 1970 ad oggi, vi presentiamo Percorsi, seconda opera dei Plurima Mundi, creatura musicale del violinista e compositore Massimiliano Monopoli che, con l’aiuto di Massimo Bozza (basso), Grazia Maremonti (voce), Silvio Silvestre (chitarra), Lorenzo Semeraro (pianoforte) e Gianmarco Franchini (batteria) e dei testi scritti da Maria Giuseppina Pagnotta, dà un seguito alla prima opera Atto I risalente al 2009.

Ovviamente l’opera valorizza non poco il violino del maestro pugliese, specialmente nel bellissimo brano di apertura, la suite strumentale Eurasia, un crescendo entusiasmante di musica che dal classico passa al rock, mentre per godere della notevole interpretazione della cantante Grazia Maremonti bisogna attendere la successiva e progressiva E Mi Vedrai… Per Te.
Partiture lazz, intro che ricordano gli Yes (L… Tu Per Sempre), fughe strumentali che riportano alla mente la P.F.M,, sono parte integrante del bagaglio storico musicale immesso in questi cinque brani, anche se la personalità dei Plurima Mundi è fuori discussione, con le loro poetiche sonorità capaci di ipnotizzare l’ascoltatore.
La musica dei Plurima Mundi è un magico insieme di note provenienti da generi diversi ma inglobate in un sound progressivo che mantiene il suo approccio classico, così da ricordare i maestri settantiani, cambiando sfumature ed atmosfere in ogni passaggio e con il violino che si confronta con gli altri strumenti in un virtuale duello sullo spartito.
Percorsi, seconda bellissima opera di Massimiliano Monopoli e della sua splendida creatura, è un magnifico spaccato di musica contemporanea: abbiatene cura, perché questa è arte nel senso più autentico del termine.

Tracklist
1.Eurasia
2.E Mi Vedrai…Per Te
3.L…..Tu Per Smpre
4.Male Interiore…La Mia Età
5.L…Tu Per Sempre Single version

Line-up
Massimiliano Monopoli – violino
Grazia Maremonti – voce
Massimo Bozza – basso
Silvio Silvestre – chitarra
Gianmarco Franchini – batteria
Lorenzo Semeraro – pianoforte

PLURIMA MUNDI – Facebook

CALIBAN

Il video di “Intoxicated”, dal nuovo album “Elements” in uscita ad aprile (Century Media).

Il video di “Intoxicated”, dal nuovo album “Elements” in uscita ad aprile (Century Media).

I CALIBAN pubblicheranno un nuovo album di inediti dal titolo “Elements”, previsto in uscita il 6 aprile 2018 su Century Media Records. Da oggi è disponibile il primo video estratto dal nuovo album, “Intoxicated”.

L’album sarà disponibile nei seguenti formati:
Ltd. CD Box Set (con Ltd. CD Digipak & patch, gym bag, 5 cards e poster)
Ltd. CD Digipak & patch
Standard CD Jewelcase
LP+CD
Disponibili inoltre due versioni limitate in vinile colorato:: 200x neon orange LP+CD tramite Impericon e 100x mint colored LP+CD al banco del merch durante gli show dei CALIBAN.
Bundle e preorder speciali sul sito della band: https://caliban.lnk.to/Elements

The band about the album cover: “We used the elements Earth, Air, Fire, and Water as symbols for realization, ideas, power, and emotion,” guitarist Marc Görtz explains. “These symbols inspire us to continue to do what we love the most, which is to create, evolve, and be inspired by our music. And these elements directly correspond to the cover art, which was done by Marcel Gadacz (Dream On, Dreamer). He did the art for ‘Gravity’, so we’re happy to have him back.”
For “Elements”, CALIBAN brought back long-time collaborator—going all the way back to 2007’s “The Awakening”—and studio wizard Benny Richter to co-produce with Görtz at his Nemesis Studios. CALIBAN also hired on Germany-based Andy Posdziech (Any Given Day) and buddy Sebastian ‘Sushi’ Biesler (Eskimo Callboy), as well as Australia-based Callan Orr (Dream On, Dreamer) to assist in the recording process. “Elements” was mixed by Görtz and mastered by Olman Viper, whose repertoire includes previous CALIBAN albums “I Am Nemesis” (2012), “Ghost Empire” (2014), “Gravity” (2016).
“The production on Elements was pretty different,” says Görtz. “The instrumental side of the production was produced by me, Andy, and Callan. Then, Benny and myself worked on fine-tuning the music. The vocals, however, were produced by Benny, with Sushi acting as a vocal coach. We wanted Benny to focus on the vocals and the vocal production. Getting them right was very important to us.”

The following festivals are already confirmed:
03.03.2018 (AT) Judenburg – Rise Up Festival
01.-03.06.2018 (DE) Nürburg – Rock Am Ring
01.-03.06.2018 (DE) Nuremberg – Rock Im Park
14.-16.06.2018 (DE) Ferropolis – With Full Force
03.-05.08.2018 (RU) Krasnodar – Taman Festival
16.-18.08.2018 (DE) Dinkelsbühl – Summer Breeze

CALIBAN are
Andreas Dörner – Vocals
Denis Schmidt – Guitar
Marc Görtz – Guitar
Marco Schaller – Bass
Patrick Grün – Drums

CALIBAN online
www.calibanmetal.com
www.facebook.com/CalibanOfficial
www.instagram.com/calibanofficial

Premarone – Das Volk Der Freiheit

A due anni dal bello e tenebroso Obscuris Vera Involvens, arriva un disco che lascerà spiazzate anche le menti più aperte, e potrebbe essere facilmente l’uscita dell’anno italiana nel campo della musica pesante e pensante.

Tornano nell’etere le pesanti e psichedeliche note dei Premarone, notevolissimo gruppo psych doom alessandrino.

A due anni dal bello e tenebroso Obscuris Vera Involvens, arriva un disco che lascerà spiazzate anche le menti più aperte, e potrebbe essere facilmente l’uscita dell’anno italiana nel campo della musica pesante e pensante. Das Volk Der Freiheit è la colonna sonora più adeguata alla crepuscolare fine che noi chiamiamo vita, alla nostra folle corsa verso una distopica dittatura dove noi saremo felici di essere tecno zombie. Questa opera è davvero un capolavoro di musica sociale, nel senso che riesce a cantare la nostra italianità attraverso i nostri difetti e le nostre quotidiane tragedie. L’Italia è un paese terribile, tanto bello quanto bastardo e corrotto, molle e sempre con dei soldi in mano insieme al cazzo che non si rizza nemmeno più. I Premarone ci portano in giro per la nostra psiche collettiva, ispirandosi ad un altro bellissimo viaggio lisergico del passato, il debutto della krautrock band German Oak, una comune hippie di cinque membri di Dusseldrorf, che registrò un disco eccezionale sulla Germania in un bunker. I Premarone partono da lì per spaziare tantissimo, usando la formula della jam, e ci regalano molta gioia e molta inquietudine. Das Volk Der Freiheit è un viaggio potentissimo che va affrontato senza paure, bisogna immergersi in questo lungo flusso di coscienza dove si può ritrovare il gusto del krautrock nell’esplorare senza timore, la forza del doom, il cantato in italiano con stile molto Cccp e Disciplinatha, per raccontare ciò che viviamo ogni giorno. La bellezza di questo lavoro è la sua totale e brutale sincerità, riuscendo ad arrivare dove è difficile spiegare, in quell’intrico di merda e sangue che è l’Italia. La produzione è curata assai bene, supporta benissimo la narrazione. Ci sono anche droni e momenti di stasi, anche perché questo disco ha una fisicità molto importante, è come viaggiare su un tappeto magico e ci sono cose sotto e sopra di te. I Premarone sono dei fantastici narratori, non perdono un colpo, dilatano e restringono il campo visivo del nostro terzo occhio a loro piacimento, spiegando in forma quasi subliminale concetti altresì difficilmente esplicabili. Un disco di psichedelia pesante fatto per farci pensare e per portarci lontano, sopra questo mare di dolorosa plastica tricolore.

Tracklist
1.Intro – Mani pulite
2.Parte I – D.V.
3.Interludio – Interferenze
4.Parte II – D.F.

Line-up
Pol – Bass
Ale – Drums
Fra – Guitars, Vocals
Mic – Keyboards

PREMARONE – Facebook

Garhelenth – About Pessimistic Elements & Rebirth of Tragedy

I Garhelenth propongono un buon black metal devoto alla scena scandinava, molto cupo, dai ritmi mai eccessivamente sostenuti e con una propensione verso il DSBM che affiora di tanto in tanto nel corso dei brani.

Eccoci di fronte ad un non così consueto album di black metal offerto da una band di origine araba.

Infatti i Garhelenth sono un duo formatosi a Teheran anche se, attualmente, Hilnorgoth e Sagroth risiedono in Armenia, nazione nella quale sicuramente il genere può essere suonato e sviluppato senza le problematiche esistenti al riguardo in gran parte dei paesi mediorientali.
About Pessimistic Elements & Rebirth of Tragedy è il secondo full length per i Garhelenth e ci mostra una band decisamente a proprio agio nel proporre un buon black metal devoto alla scena scandinava, molto cupo, dai ritmi mai eccessivamente sostenuti e con una propensione verso il DSBM che affiora di tanto in tanto nel corso dei brani.
L’album è piuttosto breve ma ficcante il giusto, rivelandosi meritevole d’attenzione ben oltre gli aspetti prettamente legati alla curiosità derivante dalla desueta provenienza geografica.
Indubbiamente l’ortodossia stilistica esibita limita abbastanza le variazioni sul tema, anche se in brani come Self-Humiliation e To Impersonal Mankind certi rallentamenti, uniti a vocals più lancinanti, conferiscono come detto un’aura depressive che non stona affatto, soprattutto se poi quale contraltare troviamo una traccia incalzante come Moral to Pessimist.
Quello preso in esame è sicuramente un buon lavoro che va a collocarsi nella media, invero piuttosto elevata, delle offerte che vengono portate alla nostra attenzione nell’ultimo periodo.

Tracklist:
1. Pessimistically (Abolish the Idols)
2. Destruction of the Will
3. Foolish Conscience
4. Self-Humiliation
5. To Impersonal Mankind
6. Moral to Pessimist
7. Perspective of Exorbitant

Line-up:
Hilnorgoth – Guitars, Vocals
Sagroth – Guitars

GARHELENTH – Facebook

LENORE S. FINGERS

Il video di “Epitaph”, dall’album “All Things Lost On Earth” in uscita a marzo (My Kingdom Music).

Il video di “Epitaph”, dall’album “All Things Lost On Earth” in uscita a marzo (My Kingdom Music).

Here we are, today female fronted LENORE S. FINGERS is proud to reveal their beautifully emotive lyric video “Epitaph”, realised by Adhiira Art.

The band is going to hit the scene again on March 23rd via My Kingdom Music, with their second album “All Things Lost On Earth”, a wonderful journey of loss and introspection into the best Decadent Gothic Metal which uses the great work and collaboration of the talented Anna Murphy (Cellar Darling, Lethe, ex Eluveitie) and which cover is created by Max Winter (IN THE WOODS and BRUTALITY among his works).

It is just the beginning of a long long trip!

LENORES are back!!!

Official sites:
– ORDER CD: http://smarturl.it/LENORE-CD
– MY KINGDOM MUSIC: www.mykingdommusic.net *
www.facebook.com/mykingdommusic.label
– LENORE S. FINGERS: www.facebook.com/LenoreSFingers

Nadir – The Sixth Extinction

The Sixth Extinction si rivela opera di una band di sicuro spessore, composta da musicisti che hanno sempre sotto controllo lo sviluppo del sound, spesso sufficientemente accattivante e melodicamente mai scontato.

Nonostante si tratti di una band attiva da oltre un decennio, e addirittura dal secolo scorso se consideriamo la sua precedente incarnazione denominata Dark Souls, gli ungheresi Nadir credo proprio che siano degli emeriti sconosciuti dalle nostre parti.

Forse la loro particolare forma di death doom contaminato da pulsioni sludge e metalcore non rappresenterà qualcosa di epocale, ma non merita certamente d’essere del tutto ignorato.
Infatti, The Sixth Extinction, che è il settimo full length uscito con l’attuale monicker, si rivela fin da subito l’opera di una band di sicuro spessore, composta da musicisti che hanno sempre sotto controllo lo sviluppo del sound, spesso sufficientemente accattivante e melodicamente mai scontato, come dimostra per esempio una traccia magistrale come Fragmented, capace di segnare in maniera importante la prima parte del lavoro.
Dico questo perché, subito dopo la massiccia Mountains Mourn, prende vita la trilogia Ice Age in the Immediate Future (ispirata dal dramma The Tragedy of Man, composto dallo scrittore magiaro Imre Madach a metà dell’800) che sposta le coordinate del sound verso un qualcosa di più elaborato, anche se l’impronta catchy del sound dei Nadir non viene mai meno, con addirittura la terza parte, A Matter of Survival, che assume ritmi decisamente incalzanti prima di piombare poco dopo metà brano in un rallentato e distorto incedere.
Il bellissimo strumentale Les Ruines, infine, esibisce in modo esplicito le qualità compositive di questa ottima band, che mette in scena una traccia conclusiva solenne ed evocativa allo stesso tempo, grazie ad una splendida melodia chitarristica che stempera in più parti il rumorismo sui cui si appoggia un recitato in lingua francese.
Considerando anche che The Sixth Extinction, un lavoro ricco di intuizioni che non risultano troppo diluite all’interno di una durata di poco superiore alla mezz’ora, è collegato concettualmente al suo predecessore Ventum Iam ad Finem Est, potrebbe valere la pena di approfondire la conoscenza con questa band foriera di un’interpretazione del death doom sicuramente non banale.

Tracklist:
1. The Human Predator
2. The Debris Archipelago
3. Fragmented
4. Along Came Disruption
5. Mountains Mourn
6. Ice Age in the Immediate Future: I. Arctic
7. Ice Age in the Immediate Future: II. To Leave It All Behind
8. Ice Age in the Immediate Future: III. A Matter of Survival
9. Les Ruines

Line-up:
Viktor Tauszik – Vocals
Norbert Czetvitz – Guitars
Hugó Köves – Guitars
Ferenc Gál – Bass
Szabolcs Fekete – Drums

NADIR – Facebook

KAPTAIN PREEMO

Il video di Diamond Shade, dall’album Kaptain Preemo (Retro Vox Records).

Il video di Diamond Shade, dall’album Kaptain Preemo (Retro Vox Records).

Diamond Shade è il primo singolo estratto dall’esordio omonimo dei Kaptain Preemo (Retro Vox Records),
uscito lo scorso 14 novembre.

Regia di Stefano Grilli

Lo stile della pellicola vagamente neo settanta ed il movimento di camera a mano restituiscono un esibizione live dei Kaptain Preemo in uno studio televisivo.
Idealmente nel videoclip, attraverso la figura della cantante-batterista, viene rappresentato il tarocco della stella di Aleister Crowley.
Come nella carta, una figura di donna nuda colorata di blu si presenta al centro della scena illuminata di rosso.

Kaptain Preemo è un progetto garage rock psichedelico avviato nel 2014 dal cantante e chitarrista Luke Zammarchi e dal bassista Frank Fedi. Iniziato come trio con il batterista Gabriele Pollina e caratterizzato da un sound acido e sulfureo (The Stooges, Velvet Underground, The Sonics) dalle venature psichedeliche, blues e pop (13th Floor Elevators, Big Brother & the Holding Company, Donovan), il complesso ha poi visto l’ingresso del chitarrista Mek Spazio (Black Gremlin, ex Shinin’ Shade) e della cantante e batterista Sahira virando su un sound di maggior respiro che si colloca nell’ambiente neo-psichedelico di band quali Brian Jonestown Massacre e The Black Angels, con radici fermamente piantate nel rock ‘n’ roll. Le tematiche della band sono l’esoterismo, la controcultura e l’esperienza psichedelica quale motore di rinnovamento.

Il loro primo omonimo LP 24 novembre 2017 è uscito in vinile e in formato digitale per l’etichetta indipendente italiana Retro Vox Records, prodotto dalla leggenda americana Gregory Manzo e dalla stessa band.

facebook.com/kaptainpreemo
kaptainpreemo.bandcamp.com

facebook.com/RetroVoxRecords

Babel Fish – Follow Me When I Leave

Post rock in linea con quanto offerto nel mondo del rock alternativo in questi anni, intimista e scandito da crescendo che portano ad esplosioni elettriche, con le chitarre che a tratti mostrano tracce sanno di noise e sfumature dark wave.

I modenesi Babel Fish licenziano il loro secondo lavoro, un ep di quattro brani dal titolo Follow Me When I Leave, pregno di sonorità alternative e post rock.

La band nasce nella provincia modenese nel 2015, dall’unione di quattro musicisti dalle svariate esperienze nella scena underground, con lo scopo di portare in giro la propria musica.
Il primo demo è il passo obbligato per Gabriele Manzini (voce, chitarra), Edoardo Zagni (chitarra), Matteo Vezzelli (basso) e Giordano Calvanese (batteria), per dare il via alla storia del gruppo che si snoda tra esperienze live e la scrittura di questo secondo lavoro.
Lo stile offerto è il  post rock, in linea con quanto offerto nel mondo del rock alternativo in questi anni, intimista e scandito da crescendo che portano ad esplosioni elettriche, con le chitarre che a tratti mostrano tracce sanno di noise e sfumature dark wave.
In Follow Me When I Leave troviamo quattro brani per una ventina di minuti in atmosfere di liquido rock alternativo ispirato ai Radiohead, dall’opener Morning Birds fino alla conclusiva title track, con pochi guizzi e tanta maniera; in ogni caso la musica della band modenese potrebbe essere un buona scoperta per i fans del genere, con le note ci passano davanti come se fossero posate delicatamente sul letto di un fiume che sfocia nel mare della scena rock attuale, rischiando però di perdersi tra le onde.

Tracklist
1.Morning Birds
2.TGD
3.Veins
4.Follow Me When I Leave

Line-up
Gabriele Manzini – Voice and Guitar
Edoardo Zagni – Guitar
Matteo Vezzelli – Bass
Giordano Calvanese – Drums

BABEL FISH – Facebook

Oracle – Into The Unknown

Secondo album e bersaglio centrato per gli Oracle, anche perché non si accontentano di tributare il death, ma lo valorizzano con ripartenze al limite del black e mid tempo dal piglio moderno e più in linea con la tradizione statunitense.

Iniziamo col dire, a scanso di equivoci, che questo lavoro è un bellissimo esempio di death metal melodico, duro, estremo ed attraversato da una oscura vena melodica che ormai si fatica ad ascoltare di questi tempi.

Ne sono autori gli Oracle, band proveniente dall’Alabama, terra distante dalla patria di queste sonorità, eppure in questo Into The Unknown si respira l’aria intimista dei migliori act scandinavi che del genere sono inventori e maestri.
Secondo album per loro e bersaglio centrato, quindi, anche perché non si accontentano di tributare il death, ma lo valorizzano con ripartenze al limite del black e mid tempo dal piglio moderno e più in linea con la tradizione statunitense.
Ne esce un album interessante e, se non originale in assoluto, almeno personale e nobilitato da splendide melodie oscure e drammatiche: classico lavoro arrivato troppo tardi per finire sulla playlist di fine anno (è uscito infatti nel 2017),  Into The Unknown si compone di dodici brani per un’ora scarsa di metal estremo, potente, melodico e progressivo, suonato e prodotto a meraviglia, anche se in regime di autoproduzione.
Il quartetto non impiega poi molto ad inchiodare l’ascoltatore al muro con una serie di tracce che non scendono sotto la soglia dell’eccellenza, una serie di emozionanti passaggi tra death metal, black e progressive che si passano il testimone lasciando senza fiato per intensità e songwriting.
Livello tecnico sopra le righe al servizio di brani che, fin dall’opener Caressed By The Hands Of Fate è un susseguirsi di saliscendi che ricordano i Dark Tranquillity e gli Opeth, per poi tornare in America ed avvicinarsi ai Lamb Of God.
Drafted, Why e poi tutte le altre perle di questo album vi porteranno nell’universo degli Oracle per poi cancellare la strada del ritorno e lasciarvi a vagare nel buio profondo alla ricerca di una via per poter tornare.

Tracklist
1.Caressed by the Hands of Fate
2.The Liquid Answer
3.Into the Unknown
4.From Blue to Black
5.1012
6.One by One
7.Drafted
8.Behind Closed Eyes
9.Why
10.A Breathless October
11.Becoming Nemesis
12.As the Worm Turns

Line-up
Ray Ozinga – Bass
BG Watson – Drums
Trey Ozinga – Guitars
Jason Long – Vocals

ORACLE – Facebook

Ayat – Carry On, Carrion!

Dieci pallottole che deflagrano in faccia a chiunque abbia il coraggio di avvicinarsi a questo disco, frenetico, viscerale, urgente, incompromissorio.

Dieci pallottole che deflagrano in faccia a chiunque abbia il coraggio di avvicinarsi a questo disco, frenetico, viscerale, urgente, incompromissorio: Ayat proviene dal Libano, terra instabile, è un duo che proclama di suonare “bulldozer heavy metal” e lo fa con una ferocia senza pari generando brani che si nutrono di black, grind, death con una attitudine punk-hardcore molto pronunciata.

Sono arrivati dopo nove anni a produrre il loro secondo album per la statunitense Moribund Records e il carico d’odio è rimasto invariato, loro rimangono contro ogni “religious establishment” compreso l’Islam e contro il genere umano in genere. La musica è potente, non da un attimo di respiro, è furiosa, i riff si inseguono su blast beat incessanti, che si impastano con le vocals in scream aspre, vomitate che talvolta rallentano in parti salmodiate ancora più sinistre. Brani lunghi che fanno della violenza il loro credo dove si corre a rotta di collo senza soluzione di continuità, qualche rallentamento in verità molto raro, titoli esplicativi e indicativi della rabbia viscerale che scorre nel sangue dei due musicisti. Già dall’opener Raw Power  le carte si svelano e si rimane inebetiti di fronte alla decisione e alla potenza di fuoco dei musicisti; il disco prosegue deciso erogando energia distruttrice e annichilente (I Think I Killed Her, Aysha, Closure Is Boring). Nel quinto brano i toni, pur rimanendo tesissimi, diventano più cadenzati e aprono al “piece de resistence” di Jerusalem, di quasi sedici minuti, diviso in due parti, dove nella prima su una base musicale lenta e quasi marziale sono introdotti samples di vari commentatori statunitensi sull’Islam, su Israele e Palestina, mentre la seconda parte rappresenta la risposta della band a tutti questi commenti e qui i toni tornano a infiammarsi: una volta di più la rabbia e l’odio prendono il sopravvento, spazzando qualsiasi minimo residuo di umanità. In definitiva un concentrato di tensione e violenza per una band come Ayat (in arabo segno o miracolo) che rende la propria arte una ragione di vita.

Tracklist
1. Raw War (Beirut Unveils Her Pussy Once More)
2. Every Time a Child Says “I Don’t Believe in Allah” There Is a Little Allah Somewhere That Falls Down Dead
3. I Think I Killed Her
4. Aisha
5. Fever in Tangiers, or to William
6. Closure Is Boring
7. The Pig Who Had Miraculously Been Spared Decomposition
8. Jerusalem I
9. Jerusalem II
10. The First Art of Arrogance, Part II (The Apocalypse Is but an Ejaculation)

Line-up
Reverend Filthy Fuck – Vocals
Mullah Sadogoat – Guitars, Bass

AYAT – Facebook

Abigor – Höllenzwang (Chronicles of Perdition)

Gli Abigor pubblicano un lavoro molto ben composto e musicalmente vario, con canzoni dalla struttura vicina alle composizioni jazz, dove non si sa mai cosa ci sia dopo la prossima nota, ed è quello che piace a chi vuole che la musica sia scoperta e non assuefazione.

Violento ritorno degli Abigor, uno dei gruppi di punta della scena black metal austriaca e non solo.

Il gruppo è attivo dal 1993, e ha sempre avuto forte peculiarità all’interno della già variegata scena del metallo nero. Höllenzwang (Chronicles of Perdition) è un disco che ribadisce in maniera molto chiara cosa sia la materia per loro. Le chitarre, che sono sempre state uno dei punti di forza del gruppo, dettano le linee melodiche davvero prepotenti ed inusuali. Il duo austriaco disegna un black metal potente e mai conforme, cercando sempre la soluzione migliore e che possa far avanzare l’ascoltatore nella comprensione del black metal. Le vie del black metal possono e devono essere molteplici, e questa è una delle migliori. Le uscite della Avantgarde Muisic non sono mai banali, riescono sempre a cogliere nel segno. Gli Abigor pubblicano un lavoro molto ben composto e musicalmente vario, con canzoni dalla struttura vicina alle composizioni jazz, dove non si sa mai cosa ci sia dopo la prossima nota, ed è quello che piace a chi vuole che la musica sia scoperta e non assuefazione. Rimane molto poderosa la parte oscura, perché questa è musica pesante, figlia delle tenebre e per menti tenebrose, però non per menti ottenebrate che ascoltano ogni cosa venga loro propinata. In definitiva questo lavoro tiene strettamente fede a ciò che afferma a partire dal titolo, questa è la cronaca della perdizione, ed è dolce perdersi in questo pandemonio sonoro, debitore della scena black metal austriaca, per certi versi molto innovatrice e garanzia di qualità. I pezzi sono complessivamente di ampio respiro e la produzione fa rendere al meglio il tutto.

Tracklist
1. All Hail Darkness And Evil
2. Sword Of Silence
3. Our Lord´s Arrival – Black Death Sathanas
4. None Before Him
5. The Cold Breath Of Satan
6. Olden Days
7. Hymn To The Flaming Void
8. Christ´s Descent Into Hell
9. Ancient Fog Of Evil

Line-up
TT.
PK.

ABIGOR – Facebook

Rasgo – Ecos Da Selva Urbana

Ecos Da Selva Urbana sorprende ed attacca al muro, essendo un album veloce e violento, caratterizzato da un impatto irresistibile nel suo mantenere la natura thrash metal ricamandola di sfumature alternative, tanto da rispolverare l’ormai vecchio idioma crossover abusato negli anni novanta.

Ecco il classico album che senza tanti giri di parole sorprende ed attacca al muro, essendo veloce e violento, caratterizzato da un impatto irresistibile nel suo mantenere la natura thrash metal ricamandola di sfumature alternative, tanto da rispolverare l’ormai vecchio idioma crossover abusato negli anni novanta.

Ne sono autori  i portoghesi Rasgo, nati quattro anni fa e oggi all’esordio con questa mazzata nei denti intitolata Ecos Da Selva Urbana, album composto da dieci brani che sono fiale di nitroglicerina fatte esplodere tramite un metal alternativo che, strutturato su un thrash metal veloce ed impatto, si anima con violente scariche hardcore e punk, alimentati da un’attitudine alternative che ne fanno un gioiellino metallico, con l’unica colpa di essere uscito con almeno vent’anni di ritardo.
Poco male, noi ce lo godiamo nel suo essere spregiudicato, estremo e ignorante, cantato in lingua madre, quindi ancorato all’underground senza possibilità di affiorare in superficie.
Ci facciamo quindi travolgere dai Rasgo e dalla loro carica metallica, un fiume in piena che raccoglie svariati input da più di una scena ma che, per quasi tutta la sua durata, dalla title track che funge da opener, passando per Propaganda Suicida, Vulgo Vulto e A Besta, inchioda al muro senza pietà tra Anthrax, Death Angel e Suicidal Tendencies, suonato e vissuto da musicisti dall’esperienza consolidata nella scena underground del loro paese.
Ecos Da Selva Urbana vi lascerà senza fiato, dovrete correre per non essere falciati dalle note sparate dal mitragliatore Rasgo.

Tracklist
1.Ecos da Selva Urbana
2.Homens ao Mar
3.Propaganda Suicida
4.Faca Romba
5.Vulgo Vulto
6.O Líder
7.Ergue a Foice
8.A Besta
9.Existe
10.Cão da Morte (Mão Morta)

Line-up
Filipe Sousa – Bass
Ricardo Rações – Drums
Rui Costa – Guitars
Pedro Ataíde – Guitars
Paulo Gonçalves – Vocals

RASGO – Facebook

AURI

Il video di “Night 13”, dall’album omonimo in uscita a marzo (Nuclear Blast).

Il video di “Night 13”, dall’album omonimo in uscita a marzo (Nuclear Blast).

Echi di un altro mondo risuonano dalle profondità della leggendaria tana del coniglio. Musica che si diffonde, accompagnata da momenti di silenzio e sequenze di un sogno escapista, che trascende il tempo e la presenza terrena.
Gli AURI hanno preso vita attraverso tre persone, unite dal bisogno comune di ascoltare un tipo di musica che non può essere descritto solo a parole. Un suono magico da ascoltare quando si cade nella tana del coniglio di Alice.
La cantante finlandese Johanna Kurkela ha prestato la sua voce unica, mentre Troy Donockley e Tuomas Holopainen dei NIGHTWISH hanno lanciato i loro incantesimi con vari altri strumenti. Con ospiti selezionati scelti tra musicisti ed amici, l’album prende definitivamente forma sotto la direzione del tecnico del suono Tim Oliver all’interno dello splendore pastorale dei Real World Studios nell’Inghilterra meridionale.

Lo scorso venerdì gli AURI hanno pubblicato il loro primo singolo in digitale. La canzone “Night 13” può essere acquistata qui:
http://nblast.de/AURINight13

Il debutto omonimo degli AURI arriverà nei negozi il 23 marzo su Nuclear Blast e sarà disponibile in digipak CD, 2LP, Earbook limitato e digitale.
I pre-ordini sono attivi: http://nblast.de/AURIAuri

Tracklist “Auri”:

01. The Space Between
02. I Hope Your World Is Kind
03. Skeleton Tree
04. Desert Flower
05. Night 13
06. See
07. The Name Of The Wind
08. Aphrodite Rising
09. Savant
10. Underthing Solstice
11. Them Thar Chanterelles

Tutto è iniziato con una visione. Un’immaginazione virtuosistica di buon auspicio che si libra in aria, composta di frammenti multi sfaccettati e idee che via via diventano più concreti e prendono lentamente forma, per poi finalmente fuoriuscire dalla mente dei loro creatori nelle vesti di un nuovo progetto.

Completamente inatteso, è stato un processo naturale. Questo è ciò che è accaduto con questi tre eccezionali musicisti che hanno creato una gemma musicale sotto forma degli AURI, che brilla più luminosa della Stella Polare nel cielo notturno. Johanna Kurkela, Tuomas Holopainen e Troy Donockley – i carismatici protagonisti che si celano dietro agli AURI – portano il loro debutto omonimo in un viaggio fiabesco attraverso il tempo e lo spazio, lontano da qui, ricordandoci le avventure di “Alice Nel Paese Delle Meraviglie”.

Ci aspettano cascate sonore, piene di momenti magici e surreali che toccano tutti i sensi; a volte è struggente e sognante, poi è di nuovo eccitante e intenso. Gli AURI celebrano una specie di etno-pop epico-romantico che sembra fluttuare in sfere pittoresche che sono intangibili, ma liberano un manto dai suoni sfaccettati, pieni di potenti immagini. Queste cascate sonore si basano su suoni tradizionali celtici, sequenze di sogni cinematograficamente atmosferici, melodie melanconiche e un tocco di misticismo trasfigurato; la bellissima strumentazione ha una profondità insondabile.

Gli AURI sono il risultato di una passione condivisa. Tutti sono coinvolti in ogni aspetto. Tuttavia Tuomas Holopainen non vuole svelare troppi dettagli sulle canzoni e sulle storie sottese “poiché l’ascoltatore dovrebbe portare la propria storia nelle canzoni ed è proprio questo che rende il disco così bello. Esso prende vita dall’immaginazione di ogni singola persona!”, spiega il compositore. “Ma ciò che posso dirvi è che parte del contenuto e dei testi sono ispirati ai libri di Patrick Rothfuss. Forse chi conosce quei libri e quelle storie coglierà alcuni paralleli e scenari, ma nel disco c’è molto di più”.
Se Tuomas descrive “Auri” con parole sue, non può evitare di sorridere. “Qualche giorno fa, nella band abbiamo discusso del modo migliore in cui definire il disco. Ci sono venuti in mente due termini: Rabbit Hole Music e Celestial Metal. Ovviamente potrete sentire influenze di musica folk, celtica, colonne sonore… insomma tutta quella musica che amiamo e adoriamo, ma categorizzare lo stile è davvero impossibile. Spetta agli ascoltatori farlo!”. Al momento non c’è alcun tour in previsione ma una cosa è certa: “Questo è un album unico!”. Quindi mettetevi comodi, chiudete gli occhi e lasciatevi trasportare in profondità. Un mondo di sorprese e di miracoli vi attende al di là dello specchio.

Gli AURI sono
Johanna Kurkela: voce e viola
Tuomas Holopainen: tastiere e cori
Troy Donockley: chitarra acustica ed elettrica, bouzouki, uilleann pipes, low whistles, aerofono, bodhran, tastiere, voce

KLOGR

Il video di “Pride Before The Fall”, dall’album “Keystone” (Zeta Factory).

Il video di “Pride Before The Fall”, dall’album “Keystone” (Zeta Factory).

Dopo aver da poco annunciato la partecipazione al “Lilith Tour 2018” di supporto ai Butcher Babies e Eyes Set to Kill, i KLOGR presentano oggi il video di “Pride Before The Fall”!

Il clip è dedicato a tutti i nuovi e vecchi fan e ripropone con immagini live inedite, tutta la potenza della band e il calore regalato dal pubblico durante gli show del 2017, che comprendono il tour di supporto ai The Rasmus dello scorso autunno.

“Durante il tour 2017 abbiamo raccolto molto materiale audio e video.
Per l’uscita del primo clip abbiamo condensato tutta l’energia delle date in un brano, i momenti più significativi, gli attimi in cui il pubblico ci ha regalato grandi emozioni e l’adrenalina del palco.
Credo che le immagini possano descrivere questo viaggio al meglio. Siamo pronti per tornare sul palco!” commenta il frontman, Rusty.

Lilith Tour 2018
Butcher Babies
Eyes Set To Kill
Klogr

20 Feb Nottingham, ENGLAND Rescue Rooms
21 Feb Bristol, ENGLAND Thekla
22 Feb Chester, ENGLAND Live Rooms
23 Feb Birmingham, ENGLAND Asylum
24 Feb Newcastle, ENGLAND Riverside
25 Feb Glasgow, SCOTLAND G2
27 Feb Milton Keynes, ENGLANDCraufurd Arms
28 Feb Norwich, ENGLAND Waterfront
01 Mar Southampton, ENGLAND Joiners
02 Mar Sheffield, ENGLAND Corporation
03 Mar Manchester, ENGLAND Rebellion
04 Mar London, ENGLAND The Dome
06 Mar Bochum, GERMANY Rockpalast
07 Mar Hamburg, GERMANY Logo
08 Mar Jena, GERMANY F-Haus
09 Mar Prague, CZECH REPUBLIC Nova Chmelnice
10 Mar Graz, AUSTRIA Explosiv
11 Mar Munich, GERMANY Backstage Club
13 Mar Milan, ITALY Legend Club
14 Mar Zurich, SWITZERLAND Klub Komplex
15 Mar Mannheim, GERMANY Ms Connexion Complex
16 Mar Zaandam, NETHERLANDS De Flux
17 Mar Leiden, NETHERLANDS Gebr. de Nobel

I KLOGR hanno pubblicato nel 2017 su Zeta Factory il loro terzo full-length intitolato “Keystone”.

Acquista subito “Keystone” qui:
http://www.klogr.net/shop/

Lihhamon – Doctrine

Utile riedizione in vinile dell’esordio su lunga distanza dei tedeschi Lihhamon.

Se a qualcuno non fosse chiaro il concetto di metal estremo direi che questo album d’esordio dei Lihhamon dovrebbe risultare piuttosto esaustivo.

Il trio di Lipsia ha seguito un trafila inversa rispetto al solito, partendo subito con un full length, appunto Doctrine nel 2016) facendolo seguire da un demo e da uno split con i concittadini II; l’album è stato poi riedito in vinile dalla Nuclear War Now!, essendo stato sicuramente rinvenuto dalla label statunitense qualcosa di rispondente alla propria ragione sociale nel sound ivi contenuto.
Quello dei Lihhamon è un brutal death black che non lascia alcuno scampo se non nei quattro frammenti ambient/strumentali che accompagnano la altre sei impietose tracce, per lo più impostate su ritmiche parossistiche ma inframmezzate da rari quanto efficaci rallentamenti: nulla di inedito, questo è evidente, ma la proposta convince abbastanza perché si percepisce un’urgenza espressiva che fa intuire come nell’ex Germania Est post riunificazione ci sia ancora diversa rabbia da smaltire, e la maniera scelta dalla band è senz’altro ideale e soprattutto indolore (salvo che per le orecchie più delicate)
Death Or Torment è l’ultima mitragliata offerta dal disco ed è un dilemma al quale è meglio non trovarsi a dover dare risposta, ma nel dubbio una soluzione ce la forniscono i Lihhamon, radendo tutto al suolo senza troppe remore o scrupoli di sorta.

Tracklist:
Side A
1. Decimation
2. Genocide Crusade
3. Throne of Eradication
4. Splendour
5. Hostes
Side B
6. Ironsides
7. Coronation
8. Cadaver Synod
9. Death or Torment
10. Triumph

Line-up:
A. Drums, Vocals
M. Guitars, Vocals
F. Bass, Vocals

LIHHAMON – Facebook

Whipstriker – Merciless Artillery

Merciless Artillery nel genere ha un suo perché, l’attitudine e l’impatto sono perfetti per risultare credibili nei confronti dei fans duri e puri, rimanendo però un’opera ad esclusiva loro e di pochi altri.

Gi Whipstriker sono una band che abbonda di uscite tra split ed ep e che arriva al quarto full length in carriera, iniziata nel 2010 nella lontana terra brasiliana, sporcata di sangue dal loro speed thrash.

Ne avevamo già parlato a suo tempo in occasione dell’uscita della compilation Seven Inches Of Hell, che racchiudeva brani tratti dai primi lavori del gruppo.
Merciless Artillery non cambia di una virgola la proposta del gruppo brasiliano e non potrebbe essere altrimenti visto il genere suonato: metal estremo rigorosamente old school, produzione da cassette in puro stile underground e partenza a manetta per non fermarsi più, in una corsa pericolosa su bolidi metallici come la title track, Rape Of Freedom e Soldier Of Sodom.
Il sound è quindi di matrice ottantiana, segnato da un’indole estrema, guerresca e luciferina in un tributo a Venom, Slayer, Sodom e compagnia; Merciless Artillery nel genere ha un suo perché, l’attitudine e l’impatto sono perfetti per risultare credibili ai fans duri e puri, rimanendo un’opera ad esclusiva loro e di pochi altri, ma per gli Whipstriker non credo sia un problema.

Tracklist
1.Merciless Artillery
2.Rape of Freedom
3.Calm After Destruction
4.Mantas´Black Mass
5.Soldier of Sodom
6.Warspell
7.Enemies Leather
8.Bestial Hurricane

Line-up
Whipstriker – Bass, Vocals

WHIPSTRIKER – Facebook

Wolf Counsel – Age Of Madness / Reign Of Chaos

Gli svizzeri Wolf Counsel approdano con Age Of Madness / Reign Of Chaos al loro terzo full length che giunge rispettando una cadenza pressoché annuale.

Appunto nel 2016 (Age Of Madness / Reign Of Chaos è uscito nello scorso mese di novembre) avevamo affrontato il precedente album Ironclad, traendo l’impressione che il gruppo elvetico interpretasse il doom metal suo versante più classico in maniera più che dignitosa ma senza particolari guizzi.
Il raffronto con il nuovo lavoro ci mostra una band dalle coordinate immutate ma con un songwriting più incisivo, pur se sempre fedele ai modelli più comuni del genere: la voce del leader Ralf W. Garcia resta sempre un po’ piatta nella sua ispirazione osbourniana, ma appare maggiormente asservita ad uno sviluppo musicale capace di catturare più efficacemente l’attenzione.
Infatti, disseminati nell’album tra sonorità devote ai campioni del classici doom ottantiani troviamo notevoli progressioni chitarristiche (una fra tutte quella di Semper Occultus) che sono un po’ il contraltare dell’andamento indolente e venato di psichedelia della successiva title track.
Nel complesso restiamo sempre nel gruppo di rincalzo del genere ma con qualche freccia un più per trovare un qualche spazio in un ambito nel quale, comunque, gli appassionati sono sempre ben disposti a ripagare la dedizione alla causa di musicisti esperti e competenti come quelli che fanno parte dei Wolf Counsel.

Tracklist:
01. WolvenEarth
2. Semper Occultus
3. Age Of Madness/Reign Of Chaos
4. O’Death
5. Eternal Solitude
6. Coffin Nails
7. Remembrance

Line-up:
Ralf W. Garcia – Bass/Vocals
Reto Crola – Drums
Andreas Reinhart – Guitars
Ralph Huber – Guitars

WOLF COIUNSEL – Facebook

Throaat – Reflections in Darkness

Reflections in Darkness si rivela una sorta di bignamino del metal estremo, redatto con buona cura e indubbia competenza tanto da lasciare solo impressioni positive, per quanto su tratti di un’opera che ben difficilmente verrà ricordata bei secoli dei secoli .

Reflections in Darkness è l’esordio su lunga distanza dei Throaat, band statunitense attiva da qualche anno e messasi in mostra fino ad oggi tramite una manciata di ep e split album.

I nostri rappresentano alla perfezione ciò che si intende per suonare metal senza fronzoli: partendo da una base black il sound si arricchisce di volta in volta di elementi thrash, sfumature death e rallentamenti di stampo doom
Insomma, Reflections in Darkness si rivela una sorta di bignamino del metal estremo, redatto con buona cura e indubbia competenza tanto da lasciare solo impressioni positive, per quanto su tratti di un’opera che ben difficilmente verrà ricordata bei secoli dei secoli .
Fa sempre piacere comunque trovare band che, senza troppi proclami né pretese, offrono lavori convincenti e comunque non banali o monocordi, visto che i ritmi cambiano sovente anche all’interno dei singoli brani restando sempre ben incatenati alle pulsioni più oscure e corrosive del metal.
Essendo New York la residenza ufficiale del duo, qualche venatura proveniente da Carnivore/ primi Type 0 Negative talvolta affiora ma, effettivamente le band storiche che concorrono a formare lo stile dei Throaat sono tali e tante che, alla fine, è difficile individuarne una prevalente; questo è un bene perché depone a favore della capacità della band di rielaborare la materia con notevole proprietà riuscendo a renderla in più di un passaggio piuttosto accattivante.
Detto ciò, il meglio i Throaat lo offrono quando decidono di viaggiare al massimo della velocità consentita, quindi Burning the Ice, The Light, Tormentia e Impaler’s Night lasciano un discreto segno, scuotendo il giusto anche l’ascoltatore più distratto e lasciando in fin dei conti un’impressione piuttosto positiva.

Tracklist:
1. Burning the Ice
2. The Light
3. The Crypt
4. Radiation
5. Alive Inside of the Pentagram
6. The Bells of Newcastle upon Tyne
7. Tormentia
8. Tormentia II
9. Impaler’s Night

Line-up:
Impurifier Vilethroaat – Drums, Keyboards, Vocals
Revelation of Doom – Guitars

THROAAT – Facebook

Tony Tears – Demons Crawl At Your Side

Un lungo monologo dell’orrore integrato da camei presi da opere cinematografiche e che, come da tradizione nella musica proposta da Tony Tears, alterna dark metal, elettronica e parti progressive dettate da tasti d’avorio che creano sfumature di inquietante musica dannata.

Torna il polistrumentista genovese Tony Tears con una nuova opera che segue di circa tre anni il precedente Follow The Signs Of The Time.

Demons Crawl At Your Side è un altra sinfonia dell’orrore targata Tony Tears, un musicista che ha contribuito in modo importante al metal/rock underground dalle tinte dark progressive con le tante collaborazioni illustri e le sue partecipazioni a progetti e tributi.
Aiutato dalla stessa formazione che lavorò sull’album precedente, e quindi composta da Regen Graves (batteria, basso – Abysmal Grief), David Krieg (voce – Soul of Enoch) e Sandra Silver (voce – ex Paul Chain), Tony Tears ci fa dono di un altra colonna sonora per i nostri incubi, tra possessioni e profondo terrore in un’atmosfera penetrante come la nebbia demoniaca che entra in noi e diabolicamente ci possiede.
Demons Crawl At Your Side è un lungo monologo dell’orrore, integrato da camei presi da opere cinematografiche e che, come da tradizione nella musica proposta da Tony Tears, alterna dark metal, elettronica e parti progressive dettate da tasti d’avorio che creano sfumature di inquietante musica dannata.
Tony Tears è un sacerdote diabolico che racconta il mondo dell’orrore attraverso una musica totale, legata da un filo invisibile alla cultura musicale e cinematografica del genere sviluppatasi in Italia negli anni settanta e ottanta (ottenendo poi uno status di culto anche a livello internazionale) che ha influenzato inevitabilmente generazioni di sceneggiatori, scrittori e musicisti.
Goblin, Death SS, The Black, Paul Chain, Black Hole sono gli artisti che più si avvicinano concettualmente all’esperienza sonora di Tony Tears che, ricordo, ormai da quasi trent’anni è dedito alla creazione di musica influenzata dalle proprie visioni spirituali, quindi profondamente personali ed uniche.
L’album viene licenziato dalla storica label Minotauro Records, in formato cd, ed in vinile dalla Blood Rock Records, un’opera che non può mancare nella discografia degli amanti del rock nero come la pece.

Tracklist
01. Psychic Exorcism
02. In Lilith’s Day
03. The Beast Inside The Beast
04. Fury Of Baphomet
05. Predication
06. Archangel Warrior
07. The Thin Shroud Of Moloch
08. Demon Always Stands At The Darkness Of Fear
09. Eternal Conflict

Line-up
Regen Graves – Drums
David Krieg – Vocals
Tony Tears – Guitars, Keyboards
Sandra Silver – Vocals

TONY TEARS – Facebook

Infection Code – Dissenso

Ogni minuto di questo disco è stato composto, lavorato e pensato per cancellare la forza della matrice che governa le nostre vite

Arriva un nuovo capitolo della vitale lotta del rumore nelle nostre vite, tornano gli Infection Code.

Il gruppo piemontese sforna il nuovo disco di una lunga carriera, ed è il suo episodio migliore, una gemma oscura che sanguina e mette molto in chiaro la nostra situazione, per chi non la volesse ancora vedere per quella che è. Portando avanti la politica, perché la loro musica  è un atto politico cominciato con il precedente La Dittatura del Rumore, gli Infection Code con Dissenso tentano di rompere la sacca di liquido amniotico ed amnesiaco che circonda le nostre vite. I testi del cantante Gabriele Oltracqua sono incisivi, scritti con il rasoio di Occam e rendono benissimo il riverbero fastidioso della distopia nella quale viviamo. La musica raggiunge il punto più alto della loro carriera, andando a toccare molti aspetti che nell’altro disco erano in nuce e che qui si esplicano completamente. Non ci sono generi ma una complessa commistione di elementi che combaciano perfettamente, tra metal, elettronica, un industrial di lotta e tanto altro. Il riferimento forse più vicino potrebbero essere i Killing Joke, anche per quanto riguarda la parte concettuale, ma invece è tutto Infection Code. Forte rimane la radice hardcore punk del loro suono, poiché questa è un’evoluzione della lotta, e soprattutto nei testi troviamo un iperrealismo molto accentuato, tra citazioni di Aldo Moro e molto altro. Dissenso è un disco che parla di tante cose, ma fondamentalmente è una richiesta di aprire gli occhi, di buttarsi nel rumore per potersi pulire dalla merda che abbiamo attorno e dentro di noi. Ogni minuto di questo disco è stato composto, lavorato e pensato per cancellare la forza della matrice che governa le nostre vite. I musicisti che compongo gli Infection Code possiedono una grande tecnica, ma soprattutto funzionano molto bene quando sono assieme, come se fossero quattro inneschi per l’incendio perfetto, quello che non si può spegnere. Come non si può silenziare il rumore, solo noi possiamo non volerlo sentire. Splendida, come al solito, e molto calzante la copertina ed il retro copertina ad opera di Marco Castagnetto.

Tracklist
01. Santa Mattanza
02.Costretti a Sanguinare
03. Macerie
04. Dssn
05. In Assoluto Silenzio
06. Ad Nauseam
07. Strategie
08. Sentenza

Line-up
Enrico – Bass & Keyboards
Gabriele – Voices
Riki – Drums
Paolo – Guitars

INFECTION CODE – Facebook