Helel – A Sigil Burnt Deep into the Flesh

La durata ridotta inferiore alla mezz’ora sicuramente agevola la digestione di un piatto altrimenti indigesto se ingerito in dosi più massicce: l’industrial black degli Helel, benché sia passato quasi un decennio, si dimostra ancor oggi molto efficace, rifuggendo soluzioni ammiccanti o più attente alla forma che alla sostanza.

Dopo diverse riproposizioni arriva anche quella in vinile per quest’album dei francesi Helel, band davvero interessante ma che non ha poi dato seguito, se non con una raccolta, al lavoro in questione risalente ormai al 2009.

Il fatto stesso che l’album sia stato riedito in diversi formati e da diverse etichette (ultime delle quali la Dead Seed e la Necrocosm) depone a favore delle potenzialità di una band capace di imprimere una ferocia non comune al proprio sound, tramite un impalcatura fondata su un estremismo dai ritmi incessanti e a tratti quasi parossistici.
Non è solo brutalità quella che si rinviene tra le note degli Helel: le aperture melodiche sono inesistenti ma il fragoroso incedere degli strumenti è placato di tanto in tanto da rallentamenti nei quali è possibile scorgere ancora meglio le dissonanze, per il resto imprigionate nelle fitte maglie di un sound che non prevede compromessi.
La durata ridotta inferiore alla mezz’ora sicuramente agevola la digestione di un piatto altrimenti indigesto se ingerito in dosi più massicce: l’industrial black degli Helel, benché sia passato quasi un decennio, si dimostra ancor oggi molto efficace, rifuggendo soluzioni ammiccanti o più attente alla forma che alla sostanza.
Perché l’operazione possa assumere maggiormente un senso compiuto, sarebbe ovviamente necessario che gli Helel fornissero un segno sul loro status attuale, perché l’eventuale notizia di un nuovo lavoro in preparazione potrebbe far aumentare l’interesse anche per questa uscita, destinata altrimenti a rimanere appannaggio di pochi estimatori fedeli del genere.

Tracklist:
1.Mass Destruction / Mass Alienation
2.A Sigil Burnt Deep into the Flesh
3.This Is Hel(e)l
4.Cosmos Is Out of Order

Line-up:
Zaal – Bass, Vocals (backing)
Skvm – Guitars (lead), Vocals (backing)
Mz. – Guitars, Drums, Samples, Keyboards, Vocals (backing), Lyrics, Songwriting

HELEL – Facebook

Claudio Signorile – Groove Experience

Come ci hanno abituato ormai da tempo i musicisti che si cimentano in lavori strumentali, anche Claudio Signorile riesce ad impressionare senza necessariamente smarrire la strada maestra che conduce ad una scrittura rivolta non solo agli iniziati, bensì a chiunque ami la buona musica.

La musica contemporanea ha dato, da parecchi anni, sempre maggiore importanza agli strumenti ritmici, con il basso ad ergersi a protagonista principale, in più di un caso anche più della stessa chitarra: nell’economia dei vari generi con il suo suono caldo ha abbracciato migliaia di ascoltatori, ed anche nel metal e nel rock ha sempre trovato maestri indiscussi.

Groove Experience è il secondo ep del musicista pugliese Claudio Signorile, che i cultori del basso e dei lavori strumentali ricorderanno con A song 4 each day…, primo album uscito nel 2011 che lo vedeva impegnato quasi completamente con la programmazione degli altri strumenti, registrazione e mix.
Questa volta il bassista barese è accompagnato da una serie di ottimi musicisti che valorizzano i brani presenti in Groove Experience, dove il basso viene presentato sia come accompagnamento sia come strumento principale, offrendo una panoramica soddisfacente sul mondo delle quattro corde.
Ovviamente, in un album interamente strumentale, i pericoli dietro l’angolo sono l’ autocompiacimento e la tecnica fine a se stessa, a discapito di una fruibilità che per chi ascolta diventa vitale se non si è musicisti e non si ha confidenza con le tecniche di esecuzione.
Invece, per fortuna, Groove Experience lascia trasparire la voglia da parte di Signorile di rendere partecipi tutti quelli che si soffermeranno su queste sette gemme strumentali, nelle quali le capacità tecniche sono esclusivamente funzionali allo scorrere del fiume di musica che passa da rimandi jazz, al funky, dal rock, al metal, con il basso a dettare i tempi e, di conseguenza, le emozioni scaturite da bellissime cascate strumentali come Bass Suite, Groove Experiment e la magnifica Mosaic.
Come ci hanno abituato ormai da tempo i musicisti che si cimentano in lavori strumentali, anche Claudio Signorile riesce ad impressionare senza necessariamente smarrire la strada maestra che conduce ad una scrittura rivolta non solo agli iniziati, bensì a chiunque ami la buona musica.

Tracklist
01. Horizon
02. Bass Suite
03. Unforgettable
04. Groove Experiment
05. When love ends
06. Mosaic
07. In my memory

Line-up
Claudio Signorile – bass
Pierluigi Balducci,Vincenzo Maurogiovanni – Lead bass
Michele Campobasso – piano
Francesco Adessi and Danny Trent – acoustic guitar
Aurelio Follieri – electric guitar
Rha Stranges Francesco “Frums” Dettole – drums
Marcello Leanza – sax
Aurelio Follieri – electric guitar
Danny Trent – acoustic guitar

CLAUDIO SIGNORILE – Facebook

LE INTERVISTE DI OVERTHEWALL: ZEPHYR

Grazie all’avvio della reciproca collaborazione con la conduttrice radiofonica Mirella Catena, abbiamo la gradita opportunità di pubblicare la versione scritta delle interviste effettuate nel corso del suo programma Overthewall, in onda ogni mercoledì alle 21.30 ed ogni domenica alle 22.00 su www.energywebradio.it.

Grazie all’avvio della reciproca collaborazione con la conduttrice radiofonica Mirella Catena, abbiamo la gradita opportunità di pubblicare la versione scritta delle interviste effettuate nel corso del suo programma Overthewall, in onda ogni mercoledì alle 21.30 ed ogni domenica alle 22.00 su www.energywebradio.it.
Oggi è il turno degli Zephyr, storica band heavy metal guidata da Alessandro Zazzeri. Buona lettura.

MC Gli Zephyr si formano nel 1979 riscuotendo immediatamente un ottimo successo. Ci parli dell’inizio di quest’avventura?

Il primo nucleo degli Zephyr nacque per caso dalla passione per la musica da parte mia, il tastierista Nicola Castanò, il bassista Marco Capecci e il batterista Fabio Chiarini. Eravamo tre quattordicenni tranne il batterista che era quindicenne. Successivamente Capecci nel 1984 fu sostituito con Paolo Rinaldini al basso. Subito ci mettemmo a fare cover dei Deep Purple, Led Zeppelin, Black Sabbath, Uriah Heep e brani nostri in linea con quel sound, in
quanto erano quelli i nostri gruppi preferiti. Eravamo decisamente fuori moda per i tempi. In particolare in italia in quel periodo la musica mainstream era la disco music e la primissima new wave pop, niente a che fare con l’hard rock. Anzi la musica rock nel vero senso della parola era quasi sparita dai media italiani. Insomma eravamo una delle poche piccole realtà fuori dagli schemi imperanti del periodo. A dir la verità lo siamo sempre stati anche negli anni
a seguire. Questo a creato interesse nei nostri confronti da parte di una fedele, e devo dire, inaspettatamente numerosa nicchia di appassionati. Ovviamente ci ha chiuso anche qualche porta a livello mediatico, ma noi ce ne fregavamo, per noi contava suonare ciò che ci piaceva e facevamo parecchi concerti. Ci siamo molto divertiti. Questa era la nostra filosofia, lo è sempre stata. E ne andavamo fieri.

MC Nel 82 vincete il “Cantagiro Romagnolo” e immediatamente dopo trionfate al festival “Heavy Mass”, primo raduno hard rock/heavy metal per gruppi emergenti. Quali sono i ricordi più significativi di quelle esperienze?

Nel 1982 registrammo il primo nostro demo con pezzi originali e partecipammo al Cantagiro romagnolo, una kermesse molto popolare allora, per cantanti e gruppi emergenti… e lo vincemmo. Madrina delle numerose serate di quel festival era una certa Cicciolina, che poi faceva il suo spettacolo molto, molto osè… incurante dei minorenni (noi compresi). Che dire, altri tempi. Successivamente nel 1985 registrammo il nostro secondo demo e lo spedimmo a Clive Griffith, indimenticato presentatore della fu Video Music, poi diventata MTV, prima emittente di video musicali in Italia. A Clive piacemmo molto e ci intervistò all’interno di un programma della medesima emittente (Heavy con Kleever) primo programma di video heavy metal in Italia. In seguito Clive si ricordò di noi e quando Video Music organizzò il primo raduno di gruppi hard/heavy “Heavy Mass”, ripreso dalla emittente nel palazzetto dello sport di Pistoia, in occasione della uscita del primo numero di “H.M” prima rivista del genere in italia, ci chiamò per partecipare. Il tutto venne trasmesso dalla emittente Video Music e noi risultammo il gruppo più apprezzato, sia dal pubblico in loco sia da quello televisivo che dagli stessi organizzatori della emittente televisiva, tanto che ci
commissionarono la sigla per un programma, “Road show”, andato in onda nel 1987.

MC  Nonostante questi successi la band si scioglie e tu collabori con i Rex Inferi altra band storica dell’heavy metal italiano. Ci parli di questa parentesi della tua attività?

La pubblicità che ci venne dalla esperienza Video Music ci consentì di fare numerosi concerti molto apprezzati; ci sentivamo pronti per il grande salto…. Ma come spesso accade, e allora più di ora, il salto di qualità non avvenne; questo portò allo scioglimento del gruppo. Troppe aspettative tradite. Col senno del poi eravamo solo degli illusi, in quanto in quegli anni avere successo, nel vero senso della parola, per una band italiana hard/metal era praticamente impossibile. Tante le band che avrebbero meritato… In realtà però sempre rimaste un fenomeno di nicchia. Noi poi eravamo una band atipica, in quanto più sul versante hard rock, quindi fuori moda anche per quel movimento. Facevamo parte di una nicchia nella nicchia, e se da un lato questo ci caratterizzava in positivo, dal punto di vista commerciale ci castrava ulteriormente.
L’esperienza con i Rex Inferi è dovuta alla mia amicizia con Maurizio Samorì, grandissimo chitarrista. Cantai su tre brani (uno andò perso) nell’ottimo “Like a hurricane”. I Rex Inferi erano un grande e storico gruppo, sono orgoglioso di avervi partecipato

MC Ma gli Zephyr restano il fulcro della tua creatività musicale e con un provino dove suoni tutti gli strumenti, riesci a convincere la LM Records a mettere la band sotto contratto.
Quanto ti ha aiutato la passione per la musica in tutti questi anni?

La passione per me è tutto. Ho continuato e continuo a scrivere canzoni e ho realizzato due cd a nome Zephyr, a testimonianza di quella esperienza che nel mio piccolo porto nel cuore con grande orgoglio.

MC Nel 91 ti affermi in varie manifestazioni musicali molto importanti anche da solista e con un altro progetto, gli Washing Machine, e nel 97 riformi gli Zephyr e nel 2008 pubblicate finalmente”The Last Dawn”.
Cosa ha rappresentato questo disco per te?

Sì, io ho continuato a suonare e cantare in vari progetti e mi sono tolto anche qualche soddisfazione: come arrivare secondo nel 1991 al “Festival di Ariccia” trasmesso in diretta su Rai 2 e più recentemente, nel 2007, con gli Washing Machine con un nostro brano trasmesso Su Radio Rai 2.
Il mio primo disco The Last Dawn è uscito postumo nel 2008 per problemi (fallimento) della LM Records. In realtà si tratta di una registrazione del 1989. In quel disco suonai tutti gli strumenti e ovviamente cantavo. Sfortuna volle che uscì quasi 20 anni dopo e questo ha sicuramente nuociuto al nome Zephyr e all’esser meno popolari di quello che forse avrebbero meritato. Ma pazienza, sono cose che succedono.

MC  Nel 2015 Taste The Bomb, che contiene ben 18 tracce, conferma il definitivo ritorno della band. Ci parli di quest’album?

Più recentemente  ho realizzato Taste The Bomb … 18 tracce! Contiene numerose ballate, questo ha fatto storcere il naso a qualcuno, ma altri lo hanno apprezzato proprio per questo. Personalmente ne vado fiero. Forse la produzione non è all’altezza del precedente (nel 1989 il nome Zephyr aveva un’altra risonanza) ma i pezzi secondo me sono validi, gli arrangiamenti molto più complessi e maturi e la mia voce si esprime in varie coloriture, era quello che volevo. Anche in questo caso, tranne la batteria (Guido Minguzzi), tutte le voci e strumenti sono suonati da me. Ci sono anche brani in italiano.

MC  La componente live è sempre stata importante per te e per la band. Com’è cambiato il pubblico rispetto gli anni 80/90?

Penso di non sbagliare a dire che gli Zephyr siano state tra le band del genere ad aver all’attivo più live della media. Questo perché il pubblico rispondeva positivamente e semplicemente i gestori di festival e locali ci richiamavano volentieri. Noi ci divertivamo e ci facevamo le ossa. I nostri live duravano all’incirca 2 ore e mezza e davamo tutto noi stessi.
Forse è proprio questo che è cambiato negl’ultimi anni. Ora vedo gruppi tecnicamente molto validi ma freddi, quasi distanti, che si atteggiano molto, e soprattutto sembrano cloni di cloni. Ecco io penso che i gruppi della nostra generazione fossero più sinceri, più veri, anche perché le difficoltà erano talmente grosse che se non eri veramente convinto di quello che facevi non potevi sopravvivere. Al di là della qualità e della serietà (c’erano sfigati e figli di papà anche allora), ora vedo un sacco di gente che nonostante i capelli lunghi, le borchie, gli atteggiamenti e le classiche pose plastiche da rocker, sembrano, e spesso lo sono, degli “impiegati del catasto” che giocano a fare i duri su un palco. Sì, ritengo che il discrimine sia proprio la spontaneità e la credibilità; qualità che mancano a molti musicisti odierni. Il pubblico se ne accorge, secondo me.

MC Cos’è previsto nel futuro degli Zephyr? Ci sono progetti che vorresti realizzare?

Ora sto componendo nuovo materiale che registrerò in un Cd appena posso e ho voglia. Sarà più heavy del precedente anche se non mancherà qualche ballata acustica. Non per scelta “commerciale” ma perché mi va così. Il non dover dipendere dal successo ha almeno questo lato positivo: te ne puoi fregare altamente e fare quel che ti pare. Per me vale solo la testimonianza e il mio divertimento, poi se con la mia musica si diverte anche qualcun’altro, tanto meglio. Se devo essere sincero trovo un po’ patetico chi, come nel mio piccolo, arrivato agli ‘anta pretenda qualcosa di più di questo e si atteggi ancora a essere considerato la miglior rockstar del proprio pianerottolo…

MC Dove i nostri ascoltatori possono seguirvi sul web?

Non sono un cultore del web e non mi interesso più di tanto a questo aspetto, ma comunque sul Web gli Zephyr sono presenti in qualche video su Youtube, oppure su Facebook direttamente come Zephyr dove si troveranno soltanto notizie veramente importanti; non qualsiasi “scorreggia” come fanno certi altri gruppi che pensano di essere i Rolling Stones “de noartri”. Ci tengo a non fare certe figure (da noi si dice: non sono un “pataca”).

MC Ti ringrazio di essere stato con noi. Ti lascio l’ultima parola

Coltivate le vostre passioni fino a che potete, al di là della qualità delle stesse. Non pretendete troppo, non tutti possono fare successo, non tutti se lo meritano, non tutti hanno fortuna e il carattere adatto. Il successo non deve essere il solo traguardo, l’importante è essersi divertiti ed aver espresso sé stessi o comunque una parte importante di sé stessi. Io ho avuto la fortuna di centrare questi obiettivi. Lo auguro a tutti

Crucifyre – Post Vulcanic Black

La band si muove a meraviglia tra sfuriate slayerane, devastanti ripartenze thrash/black e mid tempo metallici dai rimandi sabbathiani.

La title track di questo bellissimo nuovo album degli svedesi Crucifyre ci dà il benvenuto come meglio non si sarebbe potuto tra le note di Post Vulcanic Black, terzo full length del quartetto attivo in quel di Stoccolma dal 2006.

Non molto ricca, ma sicuramente di qualità, la discografia di questo satanico gruppo, fatta di un terzetto di lavori minori che fungono da corollario per lavori sulla lunga distanza che trovano in Post Vulcanic Black il picco qualitativo.
L’album si apre come detto con i sei minuti della title track, un mid tempo dai tratti heavy, molto atmosferica e dai solos armonici in un crescendo di tensione culminante nella seguente Thrashing With Violence che, come suggerisce il titolo, risulta un brano di ruvido thrash metal old school.
Si torna all’heavy metal con la splendida Mother’s Superior Eyes, mentre le sfumature black di War Chylde tornano a rivestire di estremo il sound del gruppo.
I nuovi arrivati (Karl Buhre alla voce e Cristian Canales al basso) risultano perfettamente a loro agio, inseriti in un contesto collaudatissimo capitanato dal batterista Yasin Hillborg (ex Afflicted), e la band gira come un orologio tra sfuriate slayerane (Murder And Sex And Sel-Destruction), devastanti ripartenze thrash/black (Död Människa?) e mid tempo metallici dai rimandi sabbathiani (Copenhagen In The Seventies, altro brano da applausi insieme alla title track).
Non resta quindi che cercare la vostra copia di Post Vulcanic Black, mentre la conclusiva Serpentagram , oltre a richiamare un noto gruppo doom nel titolo, vi accompagna lentamente verso la fine del viaggio nel mondo di questa ottima band estrema.

Tracklist
1. Post Vulcanic Black
2. Thrashing With Violence
3. Mother’s Superior Eyes
4. War Chylde
5. Hyper Moralist (Deemed Antichrist)
5. 200 Divisions
6. Död Människa?
7. Murder And Sex And Self-Destruction
8. Copenhagen In The Seventies
9. Serpentagram

Line-up
Karl Buhre – Vocals
Patrick Nilsson – Lead Guitar
Alex Linder – Lead Guitar
Christian Canales – Bass
Yasin Hillborg – Drums

CRUCIFYRE – Facebook

Satanic Surfers – Back From Hell

Back From Hell è un disco che porta direttamente al meglio dell’hardcore punk degli ultimi anni, e la conferma che la storia dei Satanic Surfers sarà ancora lunga e con molte soddisfazioni, sia loro che nostre.

In un momento in cui praticamente tutti i gruppi punk hardcore e non solo degli anni novanta si sono riformati, mancavano loro, uno dei migliori gruppi del genere, i Satanic Surfers da Lund, Svezia.

Ascoltando questo Back From Hell c’è la felicità di sentire che non hanno perso nulla della loro bravura, della loro immensa capacità di fare musica veloce e potente con una grandissima melodia, ottenendo un risultato che solo loro sanno dare. Chi si ricorda la magia di dischi come 666 Motor Inn, Going Nowhere Fast o Hero Of Our Time, sappia che i ragazzi sono ancora al loro massimo, e anzi, questo è uno dei loro dischi migliori, forse anche più di quelli usciti con la mitica etichetta svedese Burning Heart, una label che ci regalò molte gioie. Questo disco esce dopo tredici anni di silenzio discografico e non è una mera riproposizione delle glorie passate, ma un fantastico album di un gruppo che sa fare canzoni molto belle, con mille stop and go, molta melodia unita ad una grande potenza, in un connubio che ha un nome di due parole : Satanic Surfers. C’è sempre stata una particolare magia in questa band e questa ultima prova è un ulteriore passo in avanti. Come detto poc’anzi, molte riunioni sono un qualcosa di quantomeno triste, mentre questo disco è uno splendido esempio di cosa si può fare se si ha talento e voglia da vendere. Rodrigo è come sempre alla batteria ed alla voce, uno dei talenti più cristallini mai comparsi sulla scena hardcore punk mondiale, che con grande umiltà riesce sempre a regalarci grandi melodie. Back From Hell è un disco che porta direttamente al meglio dell’hardcore punk degli ultimi anni, e la conferma che la storia dei Satanic Surfers sarà ancora lunga e con molte soddisfazioni, sia loro che nostre.

Tracklist
1.The Usurper
2.Catch My Breath
3.Self-Medication
4.All Gone To Shit
5.Ain’t No Ripper
6.Madhouse
7.Going Nowhere Fast
8.Paying Tribute
9.Pato Loco
10.Back From Hell

Line-up
Rodrigo
Magnus
Andy
Stefan
Max

SATANIC SURFERS – Facebook

Inhibitions – La Danse Macabre

Forse gli Inhibitions peccano talvolta in omogeneità, ma nel proporre la loro idea di black metal perlomeno non si accontentano di un’espressione piatta, provando ad inserire con buona proprietà elementi, sempre riconducibili al metal estremo,  capaci di rendere meno prevedibile la proposta.

Symphonic black metal per i greci Inhibitions, al loro secondo full length all’interno di una carriera ancora relativamente giovane.

Detto così ci si potrebbe aspettare qualcosa di enfatico e basato totalmente sul suono delle tastiere, ma come abbiamo imparato in questi ultimi tempi non è necessariamente così.
La Danse Macabre è  infatti un album nel quale l’aspetto melodico viene tenuto in primo piano, ma gli Inhibitions conferiscono al tutto una certa varietà, inserita in un sound che mantiene il giusto grado di sporcizia che attiene al genere.
Peraltro in questo caso ritroviamo dopo nemmeno troppo tempo Dimons’ Night, musicista che non aveva impressionato più di tanto alle prese con il death doom dei suoi Humanity Zero: qui, invece, il connubio con Pain pare offrire frutti ben più pregiati perché l’album offre molti spunti di interesse, in virtù di un approccio versatile grazie al quale lo spirito del black metal non viene snaturato bensì arricchito dalle numerose digressioni presenti all’interno dei singoli brani.
Troviamo così  un brano davvero ricco come Toxic Rain, con un break centrale di chitarra acustica pregevole, e una più lineare e catchy No Escape nella quale però non si rinuncia a cambiare le carte in tavola nel finale, e anche una notevole Religion of Peace, dai rallentamenti asfissianti che rimandano ai Morbid Angel di Covenant, pur se inseriti su una struttura black alla quale fa da contraltare l’ariosa Harsh Awakening.
Chiude questo buonissimo album la cover di K.I.N.G., vera e proprio hit in campo black metal, la cui riproposizione è utile soprattutto per rendersi conto di quanto nei Satyricon possa fare la differenza il drumming di Frost (infatti, una delle controindicazioni matematiche nel proporre cover fedeli alla versione originale è quella di soccombere inevitabilmente nel confronto con chi il brano l’ha scritto).
Forse gli Inhibitions peccano talvolta in omogeneità, ma nel proporre la loro idea di black metal perlomeno non si accontentano di un’espressione piatta, provando ad inserire con buona proprietà elementi, sempre riconducibili al metal estremo,  capaci di rendere meno prevedibile la proposta.

Tracklist:
1. The Calling
2. Toxic Rain
3. Back to the Dust
4. No Escape
5. My Journey to Death
6. Religion of Peace
7. Harsh Awakening
8. Eternal Winter
9. Rusty Razor
10. K.I.N.G. (Satyricon cover)

Line-up:
Pain – Vocals, Guitars
Dimon’s Night – Vocals, All instruments

INHIBITIONS – Facebook

Eartheria – Awaken The Sun

L’ep, della durata di mezzora, fatica a tenere l’ascoltatore con l’attenzione concentrata su brani come Myriad o la conclusiva Nihil, tracce tenute prigioniere dalle catene di un sound che segue le peripezie tecniche di Gojira e compagnia, ma che fatica nel lasciare qualcosa in termini di emozioni in chi ascolta.

Secondo mini cd per i finlandesi Eartheria, metal band proveniente da Pori e formata da quattro ottimi musicisti.
Ed infatti la loro bravura strumentale si evince da questi cinque brani che formano Awaken The Sun, successore del primo lavoro uscito tre anni fa (Throes Of Time).

Il quartetto si dedica anima e corpo al death metal dai rimandi tecnici e progressivi, lasciando trasparire un anima melodica per un sound che risulta una via di mezzo tra il technical ed il melodic death.
Il risultato è altalenante, le emozioni latitano, lasciate agli attimi in cui la melodia prende il sopravvento sul tecnicismo, e questo impedisce ad Awaken The Sun di prendere definitivamente il volo.
L’ep, della durata di mezzora, fatica a tenere l’ascoltatore con l’attenzione concentrata su brani come Myriad o la conclusiva Nihil, tracce tenute prigioniere dalle catene di un sound che segue le peripezie tecniche di Gojira e compagnia, ma che fatica nel lasciare qualcosa in termini di emozioni in chi ascolta.
Due ep in quattro anni portano a pensare che al prossimo giro la band si dedicherà all’esordio sulla lunga distanza, e qui vedremo se gli Eartheria sapranno o vorranno sterzare verso un sound più lineare, lasciando maggiore spazio ad un elemento melodico che  sembrerebbe tutto sommato essere nelle loro corde.

Tracklist
1.A Wake (In the Sun)
2.Brought Before the Emperor
3.Myriad
4.Escapist
5.Nihil

Line-up
Leino Juha-Pekka – Guitar & Main Vocals
Unkila Lauri – Guitar & Backing Vocals
Rosholm Janne – Bass & Backing Vocals
Ojakoski Mikko – Drums & Backing Vocals

EARTHERIA – Facebook

HELL OBELISCO

Il video di “Earth Rage Apocalypse”, dall’album “Swamp Wizard Rises” in uscita a marzo (Argonauta Records).

Il video di “Earth Rage Apocalypse”, dall’album “Swamp Wizard Rises” in uscita a marzo (Argonauta Records).

Gli heavy sludge metallers di Bologna HELL OBELISCO pubblicheranno il loro attesissimo album di debutto “Swamp Wizard Rises” il 23 marzo 2018 su Argonauta Records.

Registrato con Para (Boat Studio) e Paso (Studio 73) “Swamp Wizard Rises” conterrà nove canzoni.

Il frontman Andrew spiega:

“Il brano descrive il dialogo finale tra la madre terra e l’uomo: dopo millenni di sfruttamento e di violenza la terra decide di scatenare la furia della natura in un enorme ultimo atto suicida per ripulire la superficie dal virus dell’umanità. L’uomo cerca di giustificare il suo operato parlando di quello di buono che ha fatto, di come ha reso fertile il terreno di come ha fatto prosperare il progresso ecc. ma ormai è troppo tardi.

L’idea ci è venuta dopo l’ultima tragedia della neve di Rigopiano. Ci siamo immaginati una sorta di stop da parte del nostro caro e martoriato pianeta. Siamo una band molto attenta anche a queste tematiche e cercheremo sempre di dare il nostro contributo positivo”.

I pre-ordini di “Swamp Wizard Rises” sono attivi qui:
CD: http://hyperurl.co/HellObelisco_CD
DD: http://hyperurl.co/HellObelisco_DIGITAL
SINGLE: http://hyperurl.co/HellObelisco_SINGLE

“Swamp Wizard Rises” vedrà la parteciapzione di Tony J.J. dei TRANSPORT LEAGUE e Carmelo Orlando dei NOVEMBRE come ospiti speciali in due canzoni (“Voodoo Alligator Blood” e “Biting Killing Machine”).

L’artwork è stato realizzato da Roberto Toderico, artista che ha già lavorato in precedenza con la band.

“Swamp Wizard Rises” tracklist:

1. Voodoo Alligator Blood
2. Teenage Mammoth Club
3. Escaping Devil Bullets
4. Earth Rage Apocalypse
5. Biting Killing Machine
6. Death Moloch Rising
7. Dead Dawn Duel
8. High Speed Demon
9. Black Desert Doom

HELL OBELISCO – PROSSIMI CONCERTI

24 Marzo 2018 – Officine Sonore, Vercelli (TO)
https://www.facebook.com/events/1787876544603730/

31 Marzo 2018 – Alchemica Music Club, Bologna
https://www.facebook.com/events/249018742305547/?ti=cl

Gli HELL OBELISCO sono:

Andrew – Front Row Mammoth
Doc – Six Sludge Strings
Fraz – Seven Doomed and Lowered Strings
Alex – Behind The Skins

Info:
facebook.com/hellobelisco
hellobelisco.bandcamp.com
argonautarecords.com

Morbid Saint – Destruction System

Un ottimo gruppo statunitense, poco conosciuto dai più, che seppe traghettare il thrash verso i lidi del death metal floridiano.

I Morbid Saint – originari di Sheboygan, Wisconsin, e poi trasferitisi a Chicago – si formarono nel 1982 sotto le insegne del nascente US Metal.

L’avvento del thrash californiano cambiò loro la vita e il debutto del 1990, intitolato Spectrum of Death, fu folgorante. L’anno successivo, si sa, Nevermind dei Nirvana e l’omonimo dei ‘Tallica mandarono in crisi il thrash più tradizionale e i Morbid Saint si trovarono costretti a registrare solo su cassetta, in versione demo, il loro secondo disco, Destruction System, pubblicato su compact, insieme all’esordio, soltanto nel 2015 dalla Keltic, con distribuzione Century Media: otto tracce durissime e cattivissime, tra Slayer, primi Kreator, Sepultura, Possessed, Dark Angel e Sadus. Non mancavano contaminazioni con il black metal (primissimi Sodom, nonché Infernal Majesty) e nello specifico con il death di Malevolent Creation, Vader e Merciless (ormai la nuova frontiera dell’estremo in musica all’alba dei Novanta). Destruction System è dunque, oltre che una attestazione di indelebile coerenza ed integrità artistica, anche una significativa e preziosissima testimonianza storica circa l’evoluzione parallela ed intrecciata di thrash e death al principio dei ’90: un prodotto quindi assolutamente da avere.

Tracklist
– Darkness Unseen
– Death of Sanity
– Final Exit
– Destruction System
– Disciples of Discipline
– Halls of Terror
– Living Misery
– Sign of the Times

Line up
Pat Lind – Vocals
Jay Visser – Guitars
Jim Fergades – Guitars
Lee Raynolds – Drums
Gary Beimel – Bass

1991 – Autoprodotto

Special Ops – Baby Take It All

Ep di tre brani per gli alternative rockers canadesi Special Ops, band consigliata agli amanti dell’alternative metal e del crossover.

Gli Special Ops sono una band alternative metal canadese, nata all’inizio del nuovo millennio e con una discografia abbastanza nutrita, tra full length e lavori minori.

In passato il quartetto suonava una miscela originale di metal classico, digressioni jazz e musica tradizionale orientale, trovando un discreto successo per via di un brano utilizzato in uno spot pubblicitario.
Baby take It All è un mini cd di tre brani che segue di pochi mesi l’ultimo album (Tangents), il quarto della storia del gruppo di Montreal.
La title track è il classico brano alternative, un hard rock moderno dal metallico riff iniziale che sterza il tiro del sound verso un rock più radiofonico e mainstream, così come la seguente Dead Are Calling, traccia oscura e melodica che lascia spazio alla notevole Salt, un ritorno a quelle sonorità che che si riassumono in un unico termine: crossover.
Rock, jazz, sezioni di fiati che impreziosiscono ritmiche funky, fanno di quest’ultimo brano il motivo per dare un ascolto a questo ep e fare la conoscenza dei rockers canadesi.

Tracklist
1.Baby take It All
2.Dead Are Calling
3.Salt

Line-up
AK Johnson – Guitar/Vocals,
Weka BW – Lead Guitar,
Waldo Thornhill – Bass,
Clarence Mcgillucutty – Drums & Percussion

SPECIAL OPS – Facebook

TERROR UNIVERSAL

Il video di “Through The Mirrors”, dall’album “Make Them Bleed” (Minus Head Records).

Il video di “Through The Mirrors”, dall’album “Make Them Bleed” (Minus Head Records).

“Through The Mirrors”, the new slasher flick-inspired video from TERROR UNIVERSAL, the “horror metal” band featuring ILL NIÑO drummer Dave Chavarri (who also previously played with SOULFLY), can be seen below. The song is taken from TERROR UNIVERSAL’s full-length debut, “Make Them Bleed”, which was released on January 19 via Minus Head Records. The disc features guest appearances by bassists John Moyer (DISTURBED, ART OF ANARCHY, ex-ADRENALINE MOB) and Tony Campos (FEAR FACTORY, MINISTRY, SOULFLY, STATIC-X). Campos appears on the track “Dead On Arrival”, and Moyer can be heard on “Spines”.

“Through The Mirrors” was directed by vocalist Plague via Film/Facer Productions. He says: “As a director, I was given the freedom to give my visual interpretation of what the song meant to me personally. The inner self that tortures the outer self into being something different no matter the cost. Now mix a twist of insanity into the recipe and you get the ‘Through The Mirrors’ official TERROR UNIVERSAL music video.”

Adds Chavarri: “I am very pumped to be releasing the ‘Through The Mirrors’ video, as this track is one of my favorite songs on our new album, ‘Make Them Bleed’. This song showcases many of TERROR UNIVERSAL’s diverse sounds, as it’s brutally heavy and also has a very anthemic and memorable chorus.”

“Make Them Bleed” track listing:

01. Passage Of Pain
02. Welcome To Hell
03. Spines (feat. John Moyer)
04. Make Them Bleed
05. Through The Mirrors
06. Dig You A Hole
07. Dead On Arrival (feat. Tony Campos)
08. Into Darkness
09. Your Time Has Come
10. Piece By Piece

Guitarist Ahrue Luster (ILL NIÑO; formerly of MACHINE HEAD), who played with TERROR UNIVERSAL in the early stages of the band, has not been involved with the group for around two years.

TERROR UNIVERSAL is:

Vocals: Plague
Drums: Massacre
Guitars: Thrax
Bass: Diabolus

Nydvind – Tetramental I – Seas of Oblivion

I Nydvind non si risparmiano, offrendo oltre un’ora di pagan black metal al suo massimo livello, intenso e robusto allo stesso tempo e privo di punti morti.

Un ottimo pagan black metal è quello che viene offerto dai Nydvind, band francese in circolazione fin dai primi anni del secolo e giunta con Tetramental I – Seas of Oblivion al terzo full length di una carriera dalle uscite piuttosto diradate, nonché di pregevole qualità.

In questo trio troviamo comunque personaggi abbastanza conosciuti nella scena transalpina, a partire dal fondatore della band Richard Loudin, qui con lo pseudonimo di Hingard, vocalist che gli appassionati di doom conoscono molto bene per la sua militanza prima nei Despond e poi nei Monolithe, per arrivare poi a Olivier Sans (Nesh, chitarrista anche negli ottimi Azziard) ed Eric Tabourier (Stig, batterista, ex-Temple Of Baal).
Con queste premesse, l’operato dei Nydvind non poteva che rappresentare il frutto del lavoro di musicisti competenti e capaci di raccogliere e con buona personalità i dettami di uno dei generi nordici per eccellenza.
Ne scaturisce, quindi, un lavoro di notevole spessore, coinvolgente ed epico come devono essere gli album di matrice pagan, con riferimenti stilistici che riportano ai campioni del genere come i Primordial; è bene far notare, comunque, come la storia della band parigina tragga origine dalla precedente militanza di Hingard e Nesh in un’altra band dedita a sonorità folk e celtiche come i Bran Barr, tanto per dimostrare come questa inclinazione verso certe sonorità non sia frutto di una folgorazione improvvisa ma arrivi decisamente da lontano.
Al di là di tali premesse, l’operato dei Nydvind parla attraverso la musica contenuta in questo lavoro splendido per intensità e capacità di coinvolgimento, che si avvicinano non poco al meglio della produzione della citata band irlandese; al proposito va ribadito che tale riferimento è un’indicazione di massima utile a far capire cosa di debba attendere chi ascolterà l’album, visto che il sound dei francesi ha un propria peculiarità stilistica che si esplicita tramite uno spiccato senso melodico sviluppato in una direzione più epica che solenne.
Composto e suonato e prodotto come meglio non si potrebbe, Tetramental I – Seas of Oblivion si pone fin d’ora come uno dei probabile album di punta del genere negli ultimi tempi: il mare in tempesta che ci accoglie fin dalla copertina è l’ambiente naturale lungo il quale si dipana il racconto, con la band che mantiene sempre vivo tale immaginario a partire dalla fatica dei rematori evocata nell’opener Plying the Oars, fino allo sciabordio delle onde od ai versi dei gabbiani che sovente si manifestano nel corso dell’opera.
I Nydvind non si risparmiano, offrendo oltre un’ora di pagan black metal al suo massimo livello, intenso e robusto allo stesso tempo e privo di punti morti, con le quattro lunghe tracce superiori ai dieci minuti di durata (Sailing Towards the Unknown, Till the Moon Drowns, Through Primeval Waters, Unveiling a New Earth) che costituiscono la spina dorsale di un’opera davvero ispirata, alla quale non manca nulla per raccogliere i favori di chi ama questo sonorità ricche di fascino ed emotività.
Il fatto che Richard Loudin non faccia più parte dei Monolithe, con i quali è stato impegnato in maniera piuttosto intensa in questo decennio, fa ragionevolmente pensare e sperare che probabilmente non sarà necessario attendere altri sette anni prima di ascoltare un nuovo album dei Nydvind.

Tracklist:
1. Plying the Oars
2. Sailing Towards the Unknown
3. Skywrath
4. Till the Moon Drowns
5. Sea of Thalardh
6. The Dweller of the Deep
7. Through Primeval Waters
8. Unveiling a New Earth

Line-up:
Hingard: Vocals, Guitars
Nesh: Guitars, Bass nad Bouzouki
Stig: Drums

NYDVIND – Facebook

Hexis – XII EP

Qui tutto è malato, contaminato dal virus dell’umana corruzione: Dio esiste ed è cattivo come nella cosmogonia catara, viviamo in un fluido nero che ricopre tutto e questa musica rappresenta bene la fine dell’illusione.

Devastante hardcore caotico, pesante e dalla grande intensità, un nuovo evolversi di una pesante forma deviata di suono.

I danesi Hexis sono una band piuttosto attiva, che ha ben chiara la propria direzione e continua in maniera interessante un discorso iniziato cominciato sette anni fa. L’essenza del loro suono è nera, si può definire in diverse maniere, come hardcore caotico, quindi una mutazione di tale genere, ma può essere osservato anche da una diversa angolazione come quella del black metal, che è un mattone importante in questo muro sonoro che si staglia contro di noi. Qui tutto è malato, contaminato dal virus dell’umana corruzione: Dio esiste ed è cattivo come nella cosmogonia catara, viviamo in un fluido nero che ricopre tutto e questa musica rappresenta bene la fine dell’illusione. Il gruppo di Copenaghen raccoglie il testimone da gruppi come gli italiani The Secret ed amplia ulteriormente il discorso, dipingendo un quadro molto simile a quelli di Bosch. La composizione e l’esecuzione sono molto buone, come la produzione. Ci son pause, ripartenze, momenti che trasudano potenza e brutalità, e passaggi in stile Amen Ra. La scuola nordica della musica pesante è il principale riferimento dei nostri, che partono da lì per fare un discorso totalmente personale. Grazie alla loro bravura e alle loro capacità il disco è molto interessante, nonostante possieda un suono senza compromessi e privo di commerciabilità. Si soffre, si suda per vivere, ma se lo si riesce a sublimare con dischi come questo allora potrebbe avere un senso.

Tracklist
1.Derelictus
2.Nefarius
3.Famelicus
4.Miseria
5.Sacrificium

HEXIS – Facebook

XENOSIS

Il video di Night Hag, dall’album Devour and Birth.

Il video di Night Hag, dall’album Devour and Birth.

New Haven, Connecticut based progressive death metal legion Xenosis recently dropped their 3rd full-length, Devour and Birth on January 19th, 2018. The album has been well received and praised by many music outlets worldwide.The group has a keen knack for creating technical/progressive death metal that blurs the lines and draws from the past and present equally. Devour and Birth will strongly appeal to fans of Death, Contrarian, Black Crown Initiate, The Black Dahlia Murder, Wretched, and The Faceless.

Devour and Birth is available through Bandcamp
https://xenosis.bandcamp.com/album/devour-and-birth

Social Media Links
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https://xenosis.bandcamp.com/
https://www.youtube.com/channel/UCWwiADo_JL2bMoJHght_YJQ/featured
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Bloodland/Necrosi – Death Metal Attack Split

Buona iniziativa della Unholy Fire Records che unisce in uno split i tedeschi Bloodland ed i nostri Necrosi.

Buona iniziativa della Unholy Fire Records che unisce in uno split i tedeschi Bloodland ed i nostri Necrosi.

La prima parte vede quindi i Bloodland alle prese con una mezzora scarsa di death metal old school, feroce e battagliero accostabile ai Bolt Thrower e alla scena olandese.
Una lunga intro ci prepara all’esplosione di Into Sect, brano che rispecchia quanto scritto, mentre Disingrate è leggermente più elaborata nelle ritmiche, con un inizio in mid tempo ed una oscura potenza guerriera che si trasforma in una cavalcata veloce e devastante.
Le coordinate del gruppo tedesco sono mantenute intatte anche negli altri brani, con Disconnected By Humanity a risultare la traccia più convincente di questo breve lotto di  bombe atomiche musicali.
I Necrosi sono invece una band siciliana e nelle sue fila si muovono personaggi di spicco dell’underground estremo come Giuseppe Peri e Tony “Grave”, coppia d’assi dei Thrash Bombz, già recensiti più volte sulle nostre pagine; ad aiutare i due musicisti agrigentini troviamo altri due musicisti appartenenti alla stessa cerchia, Angelo Bissanti al basso e Totò alla batteria.
I tre brani presentati dal gruppo fanno riferimento al death metal tradizionale, producendo una scarica estrema riconducibile alle gesta dei gruppi storici nei primi anni novanta e di palese ispirazione americana.
Ritmiche varie, mid tempo che si trasformano in pesantissime cavalcate estreme, growl feroce e chitarre torturate, fanno di questi tre brani un ottimo antipasto per quello che si potrebbe trasformare in qualcosa di più che non un progetto limitato ad un ep.
Fire In Carnage, la progressiva Nocturnus Trauma e l’ottima Haunted By Fear, dall’inizio doom/death per poi trasformarsi in un crescendo death entusiasmante, sono un biglietto da visita niente male per il gruppo siciliano.
In complesso un ottimo split , che ci presenta due gruppi separati da migliaia di km, ma uniti nel diffondere il verbo del genere.

Tracklist
1.Bloodland-Intro Apocalyptic Visions
2.Bloodland-Into Sect
3.Bloodland-Disingrate
4.Bloodland-Invasion Of Bacteria
5.Bloodland-Disconnected By Humanity
6.Bloodland-The Usual Mortality
7.Necrosi-Fire In Carnage
8.Necrosi-Nocturnus Trauma
9.Necrosi-Haunted By Fear

NECROSI – Facebook

Kobaloi – For Nothing We Follow

Thrash metal e groove si fondono nel sound degli statunitensi Kobaloi per dar vita ad una tempesta estrema che non risparmia frustate hardcore.

Thrash metal e Groove si fondono nel sound degli statunitensi Kobaloi per dar vita ad una tempesta estrema che non risparmia frustate hardcore, composto da un sound personale e che, nella sua violenta ispirazione risulta suonato a meraviglia, tanto che non è così difficile scorgere riferimenti all’heavy metal classico.

La band nasce nel nord Minnesota quattro anni fa e prima di questo debutto sulla lunga distanza ha rilasciato un ep, Crossing Akheron nel 2015.
For Nothing We Follow è un lavoro atipico se si considerano i canoni odierni del genere: spogliato dei classici mid tempo del groove metal, appare quale un devastante macigno thrash dove il gran lavoro ritmico passa da martellate groove a sorprendenti passaggi tecnici di scuola Iron Maiden.
Poi, come d’incanto, una furia hardcore si impossessa del sound (Revence Of A Dying Liar) alternando suoni old school a parti dai rimandi al metal moderno statunitense, in un’altalena di atmosfere esaltate dalla tellurica prestazione del gruppo.
Aphonic Breed è il classico brano che riassume in quattro minuti tutte le sfaccettature della musica composta dai Kobaloi: Megadeth, Sepultura, Iron Maiden e Lamb Of God vengono mescolati in un cocktail estremo che dal groove metal prende quella forza espressiva moderna, il tanto che basta per fare di For Nothing We Follow un album riuscito e, a suo modo, originale.
Choleric e Khold Sin confermano con la loro rabbiosa atmosfera l’approccio estremo del gruppo americano, sicuramente una realtà da seguire nel vasto panorama del metal underground.

Tracklist
1.Walls Of Flesh, Blood And Bone
2.Reverance Of A Dying Liar
3.Endenial
4.Aphonic Breed
5.Choleric
6.The Fury Never Fades
7.Khold Sin
8.Throes Of Hollow

Line-up
J.J. Mohr – Vocals
Vincent Verroust – Guitars
Thomas Toepper – Drums
Adam Syverson – Bass, Vocals
Damian Dunn – Guitars

KOBALOI – Facebook

AFTERLIFE SYMPHONY

Il video di Artemisia, dall’album Lympha in uscita a fine marzo (Revalve Records).

Il video di Artemisia, dall’album Lympha in uscita a fine marzo (Revalve Records).

The Symphonic Metal band Afterlife Symphony, have released the i a brand new video for single “Artemisia”, the imposing opening track of the upcoming album “Lympha” out on march 30th via Revalve records.

The album is available now on pre-order CD/DIGITAL at: https://player.believe.fr/v2/3615930256396

http://www.revalverecords.com/AfterlifeSymphony.html
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Profane Burial – The Rosewater Park Legend

Il lavoro tastieristico guida ma non schiaccia il resto della strumentazione: proprio questo equilibrio consente di mantenere il tutto al di sotto del livello di potenziale saturazione per l’ascoltatore, anche se l’assimilazione dell’album non è agevolissima.

I Profane Burial sono una nuova band norvegese che scende nell’arena a cimentarsi con il symphonic black metal curiosamente nello stesso periodo in cui è previsto l’atteso ritorno dei maestri del genere, i connazionali Dimmu Borgir.

E’ inevitabile quindi utilizzare questi ultimi quale termine di paragone anche se, indubbiamente, l’approccio dei Profane Burial è molto più aspro e a tratti dissonante, un qualcosa che già l’appartenenza alla scuderia della Apathy Records poteva far presupporre.
Peraltro, è interessante ritrovare dopo alcuni anni Ronny Thorsen, ex-vocalist dei Trail Of Tears, gothic band che ha goduto di un discreto riscontro di audience nello scorso decennio: la sua prestazione vocale è assolutamente in linea con i dettami del genere, con una buona alternanza tra tonalità più vicine al growl ed altre allo screaming.
Ovviamente, in The Rosewater Park Legend risulta preponderante il lavoro di orchestrazione curato dai fondatori della band Kjetil Ytterhus ed André Aaslie, abili nel fornire al sound un’aura più minacciosa che enfatica, riuscendo piuttosto bene ad evitare eccessivi e stucchevoli barocchismi; in effetti, quali riferimenti vengono indicati, oltre agli inevitabili Emperor, gli altri seminali, per quanto meno conosciuti, Limbonic Art così come i Carach Angren, e per inquadrare al meglio il sound offerto dai profane BurialProfane Burial direi che si può parlare di un’ideale via di mezzo tra queste due ultime maniere di intendere il black metal sinfonico.
L’impronta fornita dalla coppia Ytterhus / Aaslie è solenne ma mai eccessivamente ridondante, prediligendo appunto un approccio inquieto, a tratti sincopato, nel quale il lavoro tastieristico sicuramente guida ma non schiaccia il resto della strumentazione: proprio questo equilibrio consente di mantenere il tutto al di sotto del livello di potenziale saturazione per l’ascoltatore, anche se l’assimilazione dell’album non è agevolissima.
Forse l’unica cosa che fa difetto al lavoro è la mancanza del brano guida capace di catturare l’attenzione in maniera più immediata, anche se The Stench Of Dying Roses spicca sul resto della tracklist presentando una serie di passaggi davvero coinvolgenti, oltre ad una notevole linea vocale: del resto, il suono dei Profane Burial è proprio strutturato in modo tale da non prevedere più di tanto il ricorso ad aperture melodiche, mantenendo sempre un elevato livello di tensione che implica anche frequenti cambi di tempo e spezzature ritmiche, tali da non agevolare il compito dell’ascoltatore, il quale avrà comunque di che dilettarsi con un’opera di questa notevole levatura.

Tracklist:
1.The Tower Bell
2.The Stench Of Dying Roses (The Children’s Song)
3.The Soldier’s Song
4.A Different Awakening (A Proclamation By The Priest)
5.An Interlude (Or How The Curse Of Rosewater Park Began)
6.The Letters
7.The Tale The Witches Wrote

Line-up:
Kjetil Ytterhus : Orchestration
André Aaslie : Orchestration & Vocals
Bjørn Dugstad Rønnow : Drums
Jostein Thomassen : Guitar & Bass
Ronny Thorsen : Vocals

PROFANE BURIAL – Facebook

Atomwinter – Catacombs

Il quartetto tedesco non conosce compromessi e fin dalla copertina è palese l’intenzione di presentarci un lavoro basato su un sound old school, marcio e putrido come l’odore di morte che pervade le catacombe dalle quali, una volta entrati, sarà impossibile uscirne.

Ci si fa una bella gita nelle catacombe con l’ultimo album dei deathsters tedeschi Atomwinter, quartetto che vede l’inizio dell’attività nel 2010 e che ha licenziato due full length, il primo album dal titolo che è una chiara dichiarazione d’intenti come Atomic Death Metal, seguito da un ep e dal precedente Iron Flesh, licenziato tre anni fa.

Il quartetto tedesco non conosce compromessi e fin dalla copertina è palese l’intenzione di presentarci un lavoro basato su un sound old school, marcio e putrido come l’odore di morte che pervade le catacombe dalle quali, una volta entrati, sarà impossibile uscirne.
L’Intro ci apre la via verso le tombe coperte da centinaia di ratti malefici e la title track parte in quarta, il suono è riprodotto fedelmente come nei primi anni novanta, il growl maligno accompagna la parte strumentale che ha in Sadistic Intent la prima clamorosa frenata, un passaggio doom/death perfettamente in grado di regalare sfumature profondamente aberranti e ritornare a macellare padiglioni auricolari con la mastodontica Ancient Rites, il primo grande brano dell’album.
Gathering Of The Undead continua a mantenere la qualità di questo lavoro medio alta, perché Catacombs non brilla certo in originalità, ma la sua forza è espressa nel songwriting che in alcune tracce non fa prigionieri.
Carved In Stone, Necromancer e Morbid Lies risultano tre sfuriate estreme, riportando Catacombs verso il death metal dell’inizio, lasciando alla conclusiva Funeral Of Flesh il compito di levarci ogni speranza di ritorno alla luce con il suo incedere lento, falciato da accelerazioni continue e pesantissimi rallentamenti doom che lentamente chiudono l’entrata della tomba, con il buio totale che ci avvolge nel suo lugubre silenzio.
Asphyx, Bolt Thrower e Morgoth sono i principali ispiratori del combo tedesco, una macchina da guerra death metal consigliata senza remore agli amanti dei suoni old school.

Tracklist
1. Intro
2. Catacombs
3. Dark Messiah
4. Sadistic Intent
5. Ancient Rites
6. Gathering of the Undead
7. Carved in Stone
8. Necromancer
9. Morbid Lies
10. Funeral of Fles

Line-up
O. Holzschneider – Vocals
B.Grapp – Guitars
P.Walter – Drums
M.Schulz – Bass

ATOMWINTER – Facebook

Grievance – Pilar, Pedra e Faca

Quaranta minuti di black metal diretto, melodico, coinvolgente, sporco il giusto nei suoni ma limpido come acqua di fonte per intenti.

Subito dopo essere stato costretto, mio malgrado, ad ascoltare rumorismi assortiti che fa molto “cool” definire arte, imbattermi in un sano album di black metal come Pilar, Pedra e Faca equivale ad una vera e propria liberazione.

Infatti, il bravo Koraxid, musicista portoghese detentore del progetto solista denominato Grievance, mette in scena un bellissimo lavoro nel quale “ciò che si vede è”, senza dover ricorre a chissà quali seghe mentali per ricercare significati che spesso sono più nella testa di chi scrive che degli stessi musicisti oggetto delle recensioni.
In realtà in questo caso, più che il canonico tempo presente, dovrei usare un passato prossimo, visto che album è in realtà datato 2016 ma giunge al nostro cospetto solo quest’anno grazie all’opportuna ristampa in formato fisico curata dalla War Productions.
Poco male, qui non c’è prescrizione che impedisca di godersi questa quarantina di minuti di black metal diretto, melodico, coinvolgente, sporco il giusto nei suoni ma limpido come acqua di fonte per intenti: confermando la crescita esponenziale di una scena portoghese che sembra voler approcciare il genere risalendone le pareti partendo dagli antri più reconditi e profondi, i Grievance offrono un magnifico spaccato di quello che questo genere dovrebbe sempre essere.
Koraxid strepita in lingua madre la propria poco rassicurante visione delle cose, mentre al di sotto la musica si snoda con ritmi ragionati nei quali emerge uno strumento normalmente in secondo piano come il basso (non a caso il nostro ricorre anche all’ospite Joaquim “Vulture” Moreira), lavorando in unisono con un tremolo di grande ortodossia ma sempre capace di disegnare ottime linee melodiche.
Del resto, quanti hanno nelle corde brani trascinanti come Nausea o Um Trono Vazio, o il crescendo della conclusiva Agora e Sempre (peraltro impreziosita da notevoli passaggi di chitarra portoghese, disseminati anche in altre parti dell’album da parte dell’altro ospite Tiago Da Neta)? Non molti, e comunque troppo spesso sottovalutati per una linearità che dovrebbe essere, invece, sempre portata in palmo di mano quando è sinonimo di emotività .
Pilar, Pedra e Faca è magari un lavoro perfettibile in diversi passaggi, ma si rivela molto più ricco di sfumature rispetto alla maggior parte degli album di black metal nei quali mi sono imbattuto ultimamente: magari la mia visione è distorta dal fatto che adoro quella terra e quel popolo, ma ogni volta che ascolto musica provenire dalla Lusitania vi rinvengo sempre una profondità ed un sentore malinconico che va oltre le coordinate tipiche dal genere di volta in volta offerto.

Tracklist:
1. Mensagem Secreta
2. Fortaleza
3. O Novo Dia
4. Desconstruir
5. Náusea
6. Pragas
7. Um Trono Vazio
8. Subliminar Voz Interior
9. Agora e Sempre

Line-up:
Koraxid All instruments, Vocals

Guests:
Tiago da Neta – Portuguese Guitar on tracks 06, 08 and 09
Joaquim “Vulture” Moreira – Electric Bass Guitar in tracks 06 and 07

GRIEVANCE – Facebook