BREAK ME DOWN

Il video di Warrior, tratto dall’ep Resilience.

Il video di Warrior, tratto dall’ep Resilience.

Così dichiara la band: “Il video di “Warrior” è nato per caso… eravamo talmente concentrati sulle registrazioni del primo EP “Resilience” al Magnitude Studio, che tutto il resto non ci interessava. Fortunatamente durante le registrazioni, il nostro amico e fotografo Gianluca Sanna, il quale ci segue fin dalla prima stesura dei brani, invitato a sentire come procedeva il lavoro, ha pensato di riprendere tutto con la sua attrezzatura. Nonostante la canzone parli di come reagire ad un tradimento, un argomento che sentiamo particolarmente, nel video, volevamo dare qualcosa di noi, dell’alchimia che c’è come gruppo e, quando è venuto il momento di pensare ad un video, abbiamo chiesto a Gianluca il materiale che aveva catturato durante le varie sessioni… mangiate di pasta comprese! Abbiamo contattato Niccolò Cadregari per il montaggio e, dopo pochi giorni, ci ha rimandato il video montato. Vi assicuriamo che le sessioni sono state snervanti a tratti, in quanto finivamo di lavorare e tutte le sere ci fiondavamo a Seregno per completare “Resilience” -che tradotto letteralmente vuol dire proprio “capacità di ripresa”-, nonostante tutto è stato indimenticabile e lo rifaremmo 10, 100, 1000 volte ancora. Enjoy”

Il primo EP dei Break Me down è stato registrato e mixato da Matteo Magni, contiene tre brani inediti, scritti e prodotti dalla band stessa, è disponibile sui seguenti canali autorizzati:

Per fans di: Halestorm, Paramore, The Pretty Reckless, Icon for hire, Shinedown, Theory of a Deadman, Alter Bridge

OUTER HEAVEN

Il video di Into Hellfire (Relapse Records).

Il video di Into Hellfire (Relapse Records).

Relapse Records is proud to announce the signing of Pennsylvania-based death metal legion OUTER HEAVEN. Formed in 2013 from the backwoods of PA, OUTER HEAVEN immediately left a pulverizing imprint on the East Coast death metal scene with their crushing live performances, old-school ethos and string of releases including their 2013 Self-Titled demo, debut EP Diabolus Vobiscum (2015) and a 4-way split featuring label-mates Gatecreeper plus Homewrecker and Scorched (2016).

OUTER HEAVEN will enter the studio in the coming weeks to record their full-length debut at Developing Nations Recording Studio in Baltimore, MD with Kevin Bernsten (Full of Hell, Integrity, Magrudergrind). The album is planned for a late 2018 release via Relapse.

Watch OUTER HEAVEN’s previously released music video for “Into Hellfire” AT THIS LOCATION and all digital streaming services HERE.

The band commented on the signing and new material:

“We could not be more excited about becoming part of the beast that is Relapse Records. To be amongst so many bands that inspired us, as well as so many friends, is something truly killer. Our forthcoming LP promises to be the most devastating material we have conjured to date. We have sunken days, months, years, and LAVA into these songs and we think it will undoubtedly show.”

A list of currently confirmed OUTER HEAVEN tour dates, including appearances at Obnoxious Noise Fest alongside Pig Destroyer and Blood of the Wolf Fest, is available below. The band has previously performed with Deicide, Belphegor, Cryptopsy, Immolation, Gorguts, Nails, Hate Eternal, Defeated Sanity, Gatecreeper, Full of Hell, Internal Bleeding and numerous others.

OUTER HEAVEN is:

Austin Haines – Vocals
Jon Kunz – Guitar
Zak Carter – Guitar
Raymond Figueroa – Bass
Paul Chrismer – Drums

Repulsione – Desecrating

I Repulsione picchiano e gridano come un’ora di primitivi hooligans, e fanno un suono old school che sarà amato da chi ascolta grind da parecchi anni.

Chiamatelo grindcore, powerviolence o come vi pare, gli emiliani Repulsione sono tornati con il loro terzo disco, il punto più alto della loro discografia.

I Repulsione picchiano e gridano come un’ora di primitivi hooligans, e fanno un suono old school che sarà amato da chi ascolta grind da parecchi anni. Le chitarre stridono e disegnano linee che partono dall’italico hardcore per arrivare ad essere qualcosa di devastante, la batteria martella tutto con la terroristica complicità di ben due bassi per portare ancora più vicino al vostro culo il loro suono, mentre la voce copre tutta la gamma del growl ed anche oltre. Desecrating non si ferma nei dintorni del grindcore, ma continua nella marcia strada verso il powerviolence, che è un genere molto vicino ad un certo tipo di grindcore. Potenza e brutalità, il tutto senza mai farlo per posa ma con una grande conoscenza del genere e delle proprie possibilità. Il grind è uno dei pochi generi davvero internazionalisti, ed ha un grande scambio fra le diverse nazioni, tanto che i Repulsione in alcuni momenti sembrano una band di grind americano, poi fanno passaggi molto vicini al meglio dell’hardcore nostrano, che è comunque fortemente alla base di questo suono. I Repulsione attualmente sono forse il miglior gruppo di grind powerviolence in Italia e Desecrating è un disco che è destinato a generare molti ascolti, grazie ad una grande potenza e a tanto amore per la materia trattata. Ribellione e violenza, almeno musicale, sono sempre un gran bel programma.

Tracklist
1. The Eternal Darkness of an Usefull Skull
2. Vomero
3. Desecrating
4. Sacrifice
5. Junkyard Dog
6. Resistance
7. An Infamous Beast
8. Last Man Standing
10.1985
11. Arbeit Macht Nicht Frei
12. Union
13. Selfish (Comrades)
14. Maggio Rosso Sangue
15. Emptiness

Line-up
J.J. – bass
Gioele – drums
Tex – bass
Mosh – throat

REPULSIONE – Facebook

Necrodeath – The Age Of Dead Christ

The Age Of Dead Christ è il ritorno di una delle più importanti band metal italiane: il loro thrash black metal continua a mietere vittime e i trentatré anni passati dal primo storico demo non hanno lasciato alcuna cicatrice.

Non è mai facile recensire un album come l’ultimo Necrodeath, si rischia sempre la caduta nella retorica, celebrando una band di valore assoluto ed una manciata di nuovi brani che tornano a far parlare la storia del metal estremo, non solo nazionale.

I Necrodeath sono una delle icone del metal italiano, un gruppo che ha scandito con la sua discografia trent’anni abbondanti di musica metal in Italia, più facile al giorno d’oggi, meno se parliamo degli anni ottanta e novanta.
Peso, Pier, Flegias e G.L sono ancora qui con un album che celebra i trentatré anni dal primo seminale demo The Shining Pentagram, uscito nel 1985, tanti anni quanti quelli del Cristo prima di finire appeso ad una croce sulla collina del Golgotha, come è ben raffigurato nell’artwork che riporta il logo storico del combo genovese.
Ne sono passati di anni e di musica sotto i ponti dell’inferno dove si celebra il metal estremo di matrice thrash/black genere di cui la band è maestra, valorizzato da una tecnica sopraffina e da una furia estrema mai sopita.
The Age Of Dead Christ arriva ad un anno dal bellissimo split con la regina nera del metal nazionale Cadaveria, quel Mondoscuro che vedeva interagire le due band in modo totale, al punto da coverizzarsi a vicenda, e quattro dal precedente The 7 Deadly Sins, opera sui sette vizi capitali nella quale i Necrodeath per la prima volta usavano la lingua italiana, alternandola con l’idioma inglese.
Una band che non ha mai avuto timore di sperimentare torna però al più classico death/black, una mazzata estrema violentissima ed oscura che ci sputa in faccia tutta la sofferenza del mondo tramutata in livore e furia, fin dall’opener The Whore Of Salem, una traccia di metal estremo old school, seguita dal devastante thrash/black di The Master Of Mayhem.
The Age Of Dead Christ non ha pause, con la band che alterna velocissime ripartenze a mid tempo di schiacciante potenza: Peso dimostra d’essere uno dei batteristi più bravi della scena estrema mondiale con una prestazione che ha nei dettagli e nelle tante finezze ritmiche sparse qua e là il suo maggior pregio, G.L. supporta con una prova gagliarda il collega e la furia tecnicamente ineccepibile di Pier Gonella, con Flegias che sputa veleno, demone inarrestabile dietro al microfono.
The Kings Of Rome infuria tempestosa, The Triumph Of Pain rallenta i ritmi ma, in quanto ad atmosfera, è uno dei brani più riusciti dell’ opera; The Return Of The Undead è il tributo al passato e al primo full length Into The Macabre, in quanto nuova versione del classico The Undead con A.C. Wild degli storici Bulldozer come ospite.
L’album si chiude con un trittico di perle estreme come The Crypt Of Nyarlathotep, The Revenge Of The Witches e la title track, che formano un delirio musicale tra atmosfere nere e diaboliche ed il thrash/black metal nella sua forma più convincente, chiudendo come meglio non si poteva questo bellissimo nuovo capitolo della trentennale e leggendaria storia dei Necrodeath.

Tracklist
1. The Whore Of Salem
2. The Master Of Mayhem
3. The Order Of Baphomet
4. The Kings Of Rome
5. The Triumph Of Pain
6. The Return Of The Undead
7. The Crypt Of Nyarlathotep
8. The Revenge Of The Witches
9. The Age Of Dead Christ

Line-up
Flegias – Vocals
Pier – Guitars
G.L. – Bass
Peso – Drums

NECRODEATH – Facebook

LE INTERVISTE DI OVERTHEWALL: ROSSOMETILE

Grazie all’avvio della reciproca collaborazione con la conduttrice radiofonica Mirella Catena, abbiamo la gradita opportunità di pubblicare la versione scritta delle interviste effettuate nel corso del suo programma Overthewall, in onda ogni mercoledì alle 21.30 ed ogni domenica alle 22.00 su www.energywebradio.it.
Inauguriamo questa rubrica con i Rossometile. Buona lettura.

Grazie all’avvio della reciproca collaborazione con la conduttrice radiofonica Mirella Catena, abbiamo la gradita opportunità di pubblicare la versione scritta delle interviste effettuate nel corso del suo programma Overthewall, in onda ogni mercoledì alle 21.30 ed ogni domenica alle 22.00 su www.energywebradio.it.
Inauguriamo questa rubrica con i Rossometile. Buona lettura.

Voi siete attivi già dal 1996. Com’è nata l’esigenza di voler proporre musica originale?

È nata dal primo giorno in cui abbiamo imbracciato uno strumento! Abbiamo avuto percorsi diversi e quando ci siamo incontrati per fondare i Rossometile io avevo già suonato e registrato brani con altri progetti, tutti volti alla realizzazione di inediti. Erano gli anni ‘90 e in quegli anni era abbastanza naturale concentrarsi su proposte proprie. Forse oggi lo è un po’ di meno perché, secondo me, con la grandissima diffusione che la musica ha oggi, chi inizia adesso è più propenso ad imitare che a proporre cose nuove.

Ci sono band a cui vi siete inizialmente ispirati?

Sicuramente si, però, per nostra fortuna, credo che queste influenze non si siano mai avvertite nella nostra musica. Il motivo probabilmente sta nel fatto che i membri dei Rossometile hanno avuto storicamente sempre influenze musicali diverse, davvero distanti tra loro, per cui la fusione dei nostri mondi musicali e dei nostri ascolti ha portato, per forza di cose, ad un risultato poco etichettabile, e questo lo consideriamo un elemento positivo.

Le vostre sonorità spaziano in diversi generi rock e metal, passando per il rock, il prog, il gothic e state preparando nuovi brani symphonic metal. Come mai questi cambiamenti da album in album? Un rifiuto ad etichettarsi?

Non si è trattato di qualcosa di studiato ma è capitato naturalmente durante il nostro percorso. La causa principale di ciò sono senz’altro i frequenti cambi di formazione che abbiamo avuto, soprattutto nel ruolo della voce. Questo in qualche modo ha influenzato le nostre scelte e in alcuni casi ha indirizzato la fase compositiva in modo da adeguarsi alle caratteristiche vocali della singer. Per noi infatti la vocalità è sempre al centro della composizione. Siamo consapevoli di aver prodotto una discografia molto eterogenea e del fatto che ciò contribuisca a renderci poco etichettabili, tuttavia è stato un percorso naturale e anche abbastanza inconsapevole.

A chi è affidata la composizione e la stesura dei testi e quali sono le tematiche che trattate nelle vostre canzoni?

Della scrittura dei testi e della composizione dei brani in genere me ne occupo io. Poi con la band si fa una rifinitura dell’arrangiamento. Le tematiche dei testi sono abbastanza varie come lo è la musica, anche se fondamentalmente spaziano nell’introspettivo e a volte dello storico scientifico. Sicuramente per scelta non c’è nulla di politico o sociale. Dietro ogni brano c’è una visione, un immaginario che afferisce a stati d’animo, a situazioni della mente oppure ad episodi storici o aspetti scientifici romanzati.

Quali sono i vostri progetti futuri?

Abbiamo un album in preparazione. Si tratta del quinto album. Per metà attualmente è già registrato. Stiamo sviluppando altre idee per completarlo. Nei prossimi mesi inizieremo già a pubblicarne qualche traccia mediante un video sul nostro canale youtube senza attendere l’ultimazione dell’intero album. Abbiamo di recente pubblicato un video con il rifacimento in chiave sinfonica della prima parte di un brano intitolato Nel Solstizio d’invero parte 1 e 2, incluso nel nostro quarto album Alchemica. Tra poche settimane pubblicheremo anche la seconda parte. Per quanto riguarda il live abbiamo in programma di ripartire in primavera con una serie di date in tutta Italia e in autunno, per la prima volta, anche fuori dai confini nazionali.

Mi dite i vostri contatti sul web per i nostri ascoltatori?

pagina fb: https://www.facebook.com/rossometile/
sito : http://www.rossometile.it/
canale youtube: https://www.youtube.com/user/rossometile/featured?view_as=subscriber
instagram: https://www.instagram.com/rossometile/

Grazie di essere intervenuti. Vi lascio l’ultima parola!

Grazie infinite per averci dedicato un po’ del vostro tempo! Per noi è molto importante! Vi auguriamo di cercare e di trovare sempre la bellezza e di nutrirvi sempre di musica e cultura, le uniche cose in grado di salvare il mondo!

Nemesis Inferi – A Bad Mess

Un album violento e melodico, potente e devastante quanto basta per non deludere gli amanti del genere e che proietta i Nemesis Inferi verso un futuro all’insegna del groove metal.

Continua imperterrita la trasformazione o evoluzione dei Nemesis Inferi, partiti tanti anni fa verso i gironi infernali dove regna il symphonic black metal, e tornati sui loro passi prima di cedere alle lusinghe del groove metal.

L’ultimo album in studio del gruppo bergamasco si spazzola via le ultime briciole gotiche ancora presenti sul precedente Natural Selection e si candida come album groove metal tout court, caratterizzato da un’anima thrash ed una più alternative, per un lavoro duro come l’ acciaio, pesante come un blindato e melodico il giusto per fare degli otto brani in programma una buona alternativa tutta tricolore allo strapotere statunitense, almeno in questo genere.
Solo il singolo e video Anything Anymore lascia passare la luce fioca di una candela gothic/dark, con G.M.Gain che ricoda a più riprese Peter Steele, per poi tornare a lidi thrash/groove con la tiltle track.
Prodotto da un nome importante della scena metal internazionale come Jaime Gomez Arellano (Paradise Lost, Ghost, Solstafir, Cathedral, With The Dead), l’album è un’esplosione di groove metal che dalle prime note dell’opener Never On Your Mouth alza un vento nucleare che spazza via tutto.
Il thrash moderno fa capolino quando la band sgomma prima di tornare su tempi medi, l’alternative metal è presente ma viene a tratti drogato dallo stoner, le melodie incastonate nei brani mantengono alta la fruibilità della musica ma non fanno mai scendere la tensione anche quando le atmosfere sembrano placarsi, per poi ripartire in un crescendo hard rock (Crawling In The Dust).
Vertigo chiude l’album come era iniziato, violento e melodico, potente e devastante, quanto basta per non deludere gli amanti del genere, chiudendo definitivamente con il passato e proiettandosi verso un futuro all’insegna del groove metal.

Tracklist
1.Never on your Mouth
2.Breaking Bad
3.Hate My Name
4.Rising
5.Anything Anymore
6.Bad Mess
7.Crawling in the Dust
8.Vertigo

Line-up
G.M. GAIN – Vocals & Guitar
FAZZ – Lead Guitar
DANIEL – Bass & Backing Vocals
MATTEO – Drums

NEMESIS INFERI – Facebook

Dustin Behm – The Beyond

Behm, cresciuto a pane e James Murphy, con contorno di Satriani e Gilbert, licenzia un debutto che ricorda più un testo didattico che un’opera musicale e che potrebbe piacere solo a chi si trastulla con i guitar heroes ed i virtuosi degli strumenti.

Una cascata di note allucinanti tra dischi volanti e mostri usciti dalla cultura horror degli anni settanta, un vorticoso incedere tra prog metal e technical death che porta alla totale distruzione, mentre gli incubi del musicista ci appaiono confusi e nebulosi.

Dustin Behm, chitarrista e polistrumentista americano, ex Lumus ed in forza ai prog metallers Increate, debutta con il primo lavoro solista interamente strumentale, un “mappazzone” (come lo definirebbe lo chef Barbieri, davanti ad un piatto presentato da uno dei cuochi dilettanti nel noto programma culinario di Sky) estremo di note suonate alla velocità della luce, tra death metal, prog e sfumature jazz.
Il problema di questo lavoro è l’assoluta mancanza di feeling, trattandosi di una cinquantina di minuti (e non sono pochi) di musica suonata da un mostro di tecnica (su questo non ci piove) che ben poco a chi ascolta e ancora meno se non si è un musicista, per cui l’attenzione rimane alta solo per trovare qualche difetto al collega di turno.
Lo shredding è portato all’estremo, la forma canzone manca totalmente e l’interesse comincia a svanire dopo il terzo brano, travolti da un’interminabile ghirigoro elettrico che affoga nel mare in burrasca dell’ego di un musicista prigioniero della propria inattaccabile tecnica.
Behm, cresciuto a pane e James Murphy, con contorno di Satriani e Gilbert, licenzia un debutto che ricorda più un testo didattico che un’opera musicale e che potrebbe piacere solo a chi si trastulla con i guitar heroes ed i virtuosi degli strumenti.
Le emozioni, che sono il fulcro di qualsiasi forma d’arte, non abitano tra questi solchi, peccato.

Tracklist
01. Mechanization
02. Poltergeist
03. Alien Voodoo
04. Interdimensional Travel
05. The Beyond
06. Genesis
07. Rituals
08. Descent Into The Unknown
09. Haunted Labyrinth
10. Obelisk
11. Last Resort
12. Awakening
13. Towers Of Glass

Line-up
Dustin Behm – All Instruments

DUSTIN BEHM – Facebook

SONS OF APOLLO

Il video di Alive, dall’album Psychotic Symphony (InsideOut Music).

Il video di Alive, dall’album Psychotic Symphony (InsideOut Music).

I SONS OF APOLLO, la super band formata dagli ex-Dream Theater Mike Portnoy e Derek Sherinian, Ron “Bumblefoot” Thal (ex-Guns N’ Roses), Billy Sheehan (The Winery Dogs, Mr. Big, David Lee Roth) e Jeff Scott Soto (ex-Journey, ex-Yngwie Malmsteen’s Rising Force), presenta il video di “Alive”, diretto da Vicente Cordero.

La band sarà in Italia il 24 giugno 2018 per un’unica data presso il Teatro Degli Arcimboldi di Milano.

In touring news, SONS OF APOLLO launched their much-anticipated world tour in Tampa, FL at the beginning of February as part of the “Cruise To The Edge.” The band have also added UK & European headline dates, in addition to the already announced Summer festivals plus extensive North American shows. For more information about tickets and on sale dates, fans should visit SonsOfApollo.com

As Mike Portnoy declares, “Ever since this line-up assembled to make PSYCHOTIC SYMPHONY, the thing I’ve been most excited about is anticipating how insane I know this band is going to be on stage. Well, the wait is almost over! Here are the first U.S. dates that will get to witness this ‘five-headed musical spectacle’ live on stage in February. We plan on being on tour all year long, all over the globe, with plenty of dates now being announced for summer festivals throughout Europe, but these are the very first shows that will get to witness this amazing lineup in person for the first time. We can’t wait!”

You can find the full list of confirmed European dates below, new additions in bold:

Fri 6/22 Clisson, France; Hellfest
Sat 6/23 Dessel, Belgium; Graspop
Sun 6/24 Milan, Italy; Teatro Degli Arcimbodi
Wed 6/27 Leipzig, Germany; Hellraiser
Sat 6/30 Barcelona, Spain; Be Prog My Friend
Sun 7/1 Maidstone, England; Rambling Man Festival
Mon 7/2 Motherwell, England; Motherwell Concert Hall
Tue 7/3 Belfast, England; Limelight
Wed 7/4 Dublin, Ireland; Tivoli Variety Theatre
Sun 7/14 Eindhoven, Netherlands; Dynamo MetalFest
Fri 8/3 Wacken, Germany; Wacken Open Air
Sat 8/18 Warsaw, Poland; Prog In Park
Sun 8/19 Budapest, Hungary; Barba Negra Track
Wed 9/19 Moscow, Russia; Glavclub
* Sat 9/22 Plovdiv, Bulgaria; Roman Amphitheater
Mon 9/24 Athens, Greece; Fuzz Club

* A Very Special Evening with SONS OF APOLLO and the Plovdiv Psychotic Symphony.

The band will also play a very special show at the Roman Amphitheatre in Plovdiv, Bulgaria on the 22nd September, including a ‘By-Request’ covers set alongside the orchestra of Plovdiv State Orchestra.

22nd September – Roman Amphitheatre, Plovdiv, Bulgaria

You can also watch the video for ‘Coming Home’, which recently broke the 1 million views mark here:

PSYCHOTIC SYMPHONY is available as a 2CD Mediabook (featuring a second disc of instrumental mixes and extended booklet with an exclusive Studio Diary), Gatefold 2LP vinyl + CD (which comes with an etching on side D and the entire album on the CD), Standard Jewelcase CD & digital download. It was produced by the dynamic production duo of Portnoy and Sherinian, also affectionately known as “The Del Fuvio Brothers,” which is the nickname given to them over 20 years ago during their time together in Dream Theater. Order it here: http://smarturl.it/SonsOfApolloPS.

PSYCHOTIC SYMPHONY has racked up some fantastic reviews:
“Fuck the term ‘supergroup’, that’s not what this is about. Sons of Apollo are simply a group that are super.” – Classic Rock
“Psychotic Symphony is fierce, loud, bewildering, brilliantly performed and monstrously entertaining.” – Prog Magazine
“God-like in conception, stellar in ambition and perfection in delivery.” – Metal Talk

SONS OF APOLLO online:
www.sonsofapollo.com
www.facebook.com/SonsOfApollo1
www.Twitter.com/SonsOfApollo1

INSIDEOUTMUSIC ONLINE:
www.insideoutmusic.com
www.youtube.com/InsideOutMusicTV
www.facebook.com/InsideOutMusic
www.twitter.com/insideouteu

Naxatras – III

Non ci sono davvero punti deboli per un viaggio che è molto piacevole e che pone i Naxatras fra i primi gruppi strumentali di questi anni in ambito psichedelico.

Tornano i greci Naxatras per portarci nuovamente lontano con la loro fantastica psichedelia pesante.

III parte da un viaggio attraverso una terra sconosciuta, un antico meccanismo ed una profezia. Con queste premesse arriva la musica del gruppo ellenico, un misto di psichedelia, fuzz e stoner non convenzionale. I Naxatras dipingono paesaggi con la loro musica strumentale, narrando i suoni che ne sono al centro della poetica. La loro musica nasce in assenza di canto, ed è un gran bel sentire che porta molti punti a favore della musica strumentale, per molti un valore aggiunto e non una sottrazione. III è un disco molto ben composto e suonato in maniera eccellente e che va molto oltre i generi, per immergersi in acque sconosciute attingendo molto da fertili jam. Le canzoni viaggiano tra sospensioni, momenti di intensità e tante dilatazioni, la perfetta produzione coglie nel segno i vari passaggi che costellano questa opera, che cattura fin da subito l’attenzione dell’ascoltatore e non tradisce mai le sue aspettative. Questo disco può essere letto come un libro o approcciato come quando ci si ascolta chiudendo gli occhi, essendo un variegato cosmo che abita dentro e fuori di noi. Non ci sono davvero punti deboli per un viaggio che è molto piacevole,  che pone i Naxatras fra i primi gruppi strumentali di questi anni in ambito psichedelico. Ci sono giri di chitarra assolutamente ipnotici, una sezione ritmica che puntella il tutto con fare davvero fine ed adeguato: tutto è al servizio di una particolare idea di suono, che viene portata avanti dall’inizio alla fine senza cedimenti. Un viaggio potente e raffinato, una grande affermazione di classe e bravura senza alcuna paura dell’ignoto.

Tracklist
1.You Won’t Be Left Alone
2.On the Silver Line
3.Land of Infinite Time
4.Machine
5.Prophet
6.White Morning
7.Spring Song

Line-up
John Delias – Guitar
Kostas Harizanis – Drums
John Vagenas – Bass & Vocals

NAXATRAS – Facebook

WOWS

Il video di “Chakpori”, dall’album “Aion” (Argonauta Records).

Il video di “Chakpori”, dall’album “Aion” (Argonauta Records).

Italian doom/post-metal band WOWS have teamed up with Decibel to reveal their video for “Chakpori”. The song is taken from their album Aion which was released via Argonauta Records.

The band commented “The first time we saw this video, we couldn’t believe what we were looking at, we just knew that is the best video we have so far. “The music totally fuses with the images and the storyline is just thrilling throughout all the length of the song. The locations are familiar because that’s where we all live, it’s the Garda Lake, but the story takes the whole thing magically back in the past. Maybe it all happened for real!”

Listen to Aion here: https://thewows.bandcamp.com/

WOWS is:
Paolo Bertaiola (vocals)
Marco Bressanelli (guitar)
Matteo Baldi (guitar)
Fabio Orlandi (drums)
Pierluca Esposito (bass guitar)
Kevin Follet (keyboards, samples)

Aorlhac – L’Esprit des Vents

Di questo lavoro va apprezzato soprattutto il risultato d’insieme, perché i brani si concatenano tra loro proprio per la continuità stilistica e per un’intensità che non si placa, travolgendo l’appassionato di turno per il suo impatto ritmico e melodico.

Il black metal proveniente dalla Francia non sempre è sinonimo di sonorità complesse e dalle venature sperimentali e dissonanti: in questi ultimi tempi ci stiamo imbattendo in diverse band che, al contrario, offrono un’interpretazione molto accattivante grazie all’inserimento di una pesante componente epica , ponendosi come obiettivo un coinvolgimento emotivo immediato dell’ascoltatore.

E’ questo il caso per esempio dei Nydvind (dei quali si parlerà tra qualche giorno) e degli Aorlhac, gruppo che nella sua decina d’anni di attività arriva al terzo full length, L’Esprit des Vents, a otto anni di distanza dal precedente, La cité des vents, e appunto a dieci dal quello d’esordio, À la croisée des vents.
Con il vento quale termine ricorrente nei titoli, la band di Aurillac omaggia la propria città utilizzandone il nome in occitano quale monicker, mentre musicalmente l’immaginario medioevale si traduce in una musica dal potente impatto evocativo, con sfumature che vanno dal pagan/epic al folk metal, il tutto eseguito con notevole maestria.
Di questo lavoro va apprezzato soprattutto il risultato d’insieme, perché i brani si concatenano tra loro proprio per la continuità stilistica e per un’intensità che non si placa, travolgendo l’appassionato di turno per il suo impatto ritmico e melodico.
L’Esprit des Vents è il classico lavoro il cui ascolto sicuramente tiene alla larga dalla noia: il piede batte furiosamente mentre Spellbound recita aspramente in lingua madre testi che raccontano di vicende del passato, facendoci realmente vivere in maniera credibile questi sbalzi temporali; all’interno del sound degli Aorlhac si trovano anche diversi passaggi che rimandano all’heavy metal, per cui non si disdegnano neppure ottimi assoli chitarristici (La révolte des tuchins), anche se la sei corde viene impiegata di norma in tremolo per tessere incessantemente linee melodiche bellissime (valgano per tutti brani magnifici come Ode à la croix cléchée e un’esaltante L’ora es venguda).
L’Esprit des Vents è un album che merita davvero il plauso di chiunque ami il metal, perché nonostante la sua base black possiede tutti i crismi per trovare favori anche in chi predilige di norma altri generi e, aggiungerei, è del tutto in linea con l’elevata qualità del materiale normalmente offerto dalla piccola ma attivissima etichetta transalpina Les Acteurs de L’Ombre Productions.

Tracklist:
1. Aldérica
2. La révolte des tuchins
3. Infâme Saurimonde
4. Ode à la croix cléchée
5. 1802-1869 | Les méfaits de Mornac
6. Mandrin, l’enfant perdu
7. La procession des trépassés
8. Une vie de reclus (quand les remparts ne protègent plus)
9. L’ora es venguda
10. L’esprit des vents

Line-up:
NKS – Guitars, Bass
Spellbound – Vocals
Lonn – Lead Guitars
Ardraos – Drums

AORLHAC – Facebook

Nekhen – Akhet

Quella offerta da Nekhen è musica che possiede tutte le caratteristiche per far breccia in chi dalle note ricerca nutrimento per la mente e l’anima.

Dopo il riuscito esordio intitolato Entering the gate of the western horizon, ritroviamo Nekhen, musicista italiano alle prese con la il proprio intrigante mix di doom, ambient e musica egizia.

La fascinazione per le sonorità tipiche del paese dei faraoni non è una novità in ambito metal, con i Nile a fare da capiscuola ed una serie di band a seguirne le tracce, sempre però all’insegna di sporadiche contaminazioni che vanno ad inserirsi all’interno di una struttura comunque estrema, death o black che sia.
In questo caso, invece, la musica tradizionale è la base sulla quale poi si diramano le varie pulsioni di Nekhen, il quale in questo caso, rispetto al lavoro precedente introduce maggiori contributi vocali, inclusi quelli femminili a cura di Eleonora B., mentre l’insieme appare ancora più vario e coinvolgente dal primo all’ultimo minuto.
Ovviamente questa mezz’ora di musica è divisa in quattro tracce che richiedono preferibilmente un ascolto continuato, in quanto i brani possiedono un forte legame tematico e musicale che porta a considerarli in maniera naturale come un corpo unico; di fatto, però, la suddivisione tra episodi consente di dire che Invocating Khentiamentiu rappresenta una sorta di lunga ed avvolgente introduzione acustica ad Invocating Bat, vero climax emotivo dell’album grazie a magnifiche intuizioni melodiche, con Invocating Kherti e la conclusiva title track che portano infine sound ad esplorare terreni più cupi, sotto forma di uno sludge doom che si fa più pesante proprio in quest’ultima traccia.
La bravura di Nekhen risiede nella capacità di mantenere stretto il legame con le sonorità etniche esibendo grande competenza e continuità, ed evitando quindi che le due componenti si presentino quasi come dei corpi separati.
Quella offerta in Akhet è musica che possiede tutte le caratteristiche per far breccia in chi dalle note ricerca nutrimento per la mente e l’anima.

Tracklist:
1.Invocating Khentiamentiu
2.Invocating Bat
3.Invocating Kherti
4.Akhet

Line-up:
Nekhen – all isntriuments

Eleonora B. – vocals

NEKHEN – Facebook

NUCLEUST

Il video di The Symphony Of Revenge, dall’album Terra Cerebral (Rockpit Records).

Il video di The Symphony Of Revenge, dall’album Terra Cerebral (Rockpit Records).

Perth based Australian progressive metal band Nucleust have dropped a new and hard hitting video for The Symphony Of Revenge, warning – it’s pretty graphic!

This track comes from the bands debut album Terra Cerebral which was released July last year.

“The instrumental of the track was written by guitarist Max Palizban with the story in mind, and vocalist Shannon Marston and Max wrote the lyrics together that tells the story of a fictional girl who is raped and her life is affected dramatically by this awful event. Her father who is unhappy with the result of an investigation decides to take matters into his own hands resulting in the demise of the rapist only to find that his vigilante justice, although momentarily satisfying did not remove the pain from his daughter’s life. This changed all their lives forever not necessarily for the better. Some wounds will never heal.” – Nucleust

Meet the Band

Shay William Graham Smith (Drums), Shannon Marston (Vocals), Max Palizban (Guitars & Back Vocals) and Josh Fox (Bass).

Nucleust are a progressive metal band from Perth, Australia who strive to deliver what can be classified as heavy odd music comprising of unpredictable combinations of metal riffs and motives. Having been inspired by a diverse range of genres from Classical Music to Doom/Goth Metal, from Thrash to Death Metal, and from Jazz to Progressive Rock/Metal; Nucleust creates music, which is a reflection of what is happening in the real world through their own screaming critique, backed by a distinctive sound of extreme 7 & 6 string guitar riffs, massive crunchy bass sounds and groovy heavy drum patterns.

Sotz’ – Tsak’ Sotz’

La band portoghese si destreggia con maestria tra le intricate ispirazioni che il death metal melodico ha prodotto in questi ultimi anni, lasciando intravedere un buon talento e confermando così il valore delle nuova generazione dei musicisti metal nati all’estremo ovest della penisola iberica.

Ci hanno messo praticamente dieci anni i portoghesi Sotz’ prima di dare alle stampe Tsak’ Sotz’, primo ep sotto l’ala della Raising Legends Records, label già apparsa sulle pagine di MetalEyes in occasione dell’uscita dell’ultimo splendido parto dei thrashers Wrath Sins.

Il quintetto proveniente da Oporto suona un metal estremo che tanto deve al death metal e al thrash moderno in parti uguali, creando un muro sonoro di notevole potenza.
Cinque brani oggi bastano ai Sotz’ per convincere gli amanti del genere, anche se così tanti anni hanno inciso negativamente su un minimo di notorietà per un gruppo meritevole d’attenzione, per l’impatto di cui si fregiano i brani, la buona alternanza di melodie e devastanti partenze di death/thrash duro come l’acciaio.
Scream e growl si danno il cambio in questo esempio di estremismo sonoro che difficilmente troverà un’etichetta adatta per spiegare i continui passaggi tra i vari generi da cui è ispirato.
La band schiaccia il piede sull’acceleratore e solo a tratti lo alza: tra le trame chitarristiche delle varie Apocalyptic Machine e The End Of Civilization troverete suoni già adottati dalle maggiori band del genere (Lamb Of God e Soilwork), quindi assolutamente nulla di nuovo ma bilanciato quel tanto che basta per ben figurare.
La band portoghese si destreggia con maestria tra le intricate ispirazioni che il death metal melodico ha fatto suo in questi ultimi anni, lasciando intravedere un buon talento e confermando così il valore delle nuova generazione dei musicisti metal nati all’estremo ovest della penisola iberica.

Tracklist
1.Apocalyptic Machine
2.Within the Evil Empire
3.The End of Civilization
4.Reborn
5.Tzak’ Sotz’

Line-up
João “Jisus” Rocha – Guitar
Pedro Magalhães – Guitar
Emanuel Ribeiro – Bass
Dan Vesca – Vocals
Tiago Silva – Drum

SOTZ’ – Facebook

OVERACTIVE

Il track stream video di “The Call Of The Grave”, dall’album di prossima uscita “The Opponent”.

Il track stream video di “The Call Of The Grave”, dall’album di prossima uscita “The Opponent”.

I Deathsters Italiani OVERACTIVE hanno rivelato in anteprima un track stream video per il brano “The Call Of The Grave”, dal loro prossimo debut album “The Opponent”.

Il loro sound contemporaneo è il risultato di un mix di tecnica, brutalità e velocità che prende ispirazione dalle forme di metal più tecnico.
Il concept della band è incentrato su una storia di ribellione, evoluzione ed esaltazione del disvalore nella spiritualità e nell’autorità morale, i cui fautori si pongono come cavalieri in lotta contro la decadenza di un sistema imputridito, annunciatori di un mondo nuovo in cui le credenze metafisiche sono un lontano ricordo …

“The Opponent” è in uscita nel 2018, ed è stato registrato, mixato e masterizzato ai 16th Cellar Studio (Fleshgod Apocalypse, Hour Of Penance, Decrepit Birth) da Stefano “Saul” Morabito.
Lyric video prodotto da Cult Of Parthenpe.

Max Blam Jam – Blowup Man

Un album assolutamente da avere se siete amanti dei suoni noventiani, divenuti fondamentali per la crescita del rock dell’ultimo trentennio e che i Max Blam Jam tributarono al meglio.

La label statunitense Roxx Records ci regala l’ennesima chicca che va a rimpinguare un roster formato da band che in comune hanno solo l’appartenenza all’ala cristiana del metal, mentre per quanto riguarda il sound la parola d’ordine è varietà.

Questo è un bellissimo album di christian rock, fuori dai soliti schemi risulta, perso nel tempo e ritrovato in tempo per deliziare i palati dei rockers dai gusti funky e blues.
Blowup Man, mai pubblicato fino ad oggi, è stato creato dalla coppia Glenn Rogers e Brian Khairullah dei Deliverance nel lontano 1991, con il monicker Max Blam Jam, gruppo che vedeva all’opera, oltre ai due musicisti, l’ex bassista degli Steel Vengeance Cesar Ceregatti e il polistrumentista Dan Ceregatti alle prese con batteria e tastiere.
L’album è un bellissimo esempio della varietà di stili che le band di quegli anni usavano per creare la loro musica, senza vincoli e barriere, prima che alternative o crossover diventassero generi abituali nel rock di quel decennio.
Un album cristiano atipico ma sicuramente pregno di quel modo di fare musica che ha influenzato il rock del nuovo millennio e che nasconde ancora oggi perle come Blowup Man, nascoste nelle soffitte delle casette indipendenti lungo le vie alberate dove i giovani rockers crescevano ascoltando Red Hot Chili Peppers, Aerosmith, Primus, Metallica e Jimi Hendrix.
Un album assolutamente da avere se siete amanti dei suoni di quell’epoca, divenuti fondamentali per la crescita del rock dell’ultimo trentennio e che i Max Blam Jam tributarono con splendidi brani come l’opener I Wasn’t Ready, Desert Flower, Everybody (Needs Love) e Apathy’s Child.

Tracklist
1. I Wasn’t Ready
2. Burning Deep Inside
3. Desert Flower
4. I Love My Gun
5. Standing Alone
6. Everybody (Needs Love)
7. Wild Billy
8. Apathy’s Child
9. Rescue Me
10. Because

Line-up
Glenn Rogers – guitars
Brian Khairullah – Vocals
Cesar Ceregatti – Bass
Dan Ceregatti – Drums, Keyboards

ROXX PRODUCTIONS – Facebook

Visionoir – The Waving Flame of Oblivion

Un album frizzante e dal grande charme: l’ascolto che ne risulta è incredibilmente piacevole e di assoluto trasporto.

La musica dei Visionoir non è sicuramente di quella che trovi da tutte le parti. Il progetto nasce da un’idea di Alessandro Sicur, che fonda il progetto nel 1998 e lavora duramente a The Waving Flame of Oblivion, quest’album che esce solamente a fine 2017 dopo anni di rielaborazioni e nuovi contenuti.

Attesa lunga in stile (ormai) Tool, ma possiamo piangere da un solo occhio ascoltando i grandi risultati prodotti dal musicista friulano: il suo è un sound non inquadrabile in nessun genere preciso, e nemmeno identificabile da un singolo aggettivo. Questo è certamente il punto di forza del progetto, che propone uno sperimentalismo musicale variegato al 100% , prendendo elementi di post rock, avvertibile in pezzi come Coldwaves e A Few More Steps, progressive e space rock, ma non solo. Il sintetizzatore collabora nella creazione di tutto un universo musicale che schizza in mille direzioni e non è inquadrabile solamente nella categoria rock, per quanto già vastissima: basti ascoltare brani emblematici in tal senso come Shadowplay e Distant Karma.
L’artista esplora tutte le atmosfere possibili provocando nell’ascoltatore qualsiasi emozione meno che la noia. C’è sempre da aguzzare le orecchie durante l’ascolto, per cogliere ogni nuova sonorità introdotta nel viaggio musicale. L’unica band più rinomata, il cui sound è avvicinabile a ciò che il musicista italiano ha fatto, sono gli Arcane Alchemists, accompagnati da altri meno noti al grande pubblico.
Per il momento il nome Visionoir si trova tra questi ultimi ma siamo solo al primo vero e proprio album. Ci auguriamo solo che questo sia l’inizio una produzione più frequente negli anni a venire ma, ovviamente, senza mai cadere nell’errore opposto di sfornare album a raffica, come talvolta vediamo accadere ad altre one-man band.

Tracklist
1. Distant Karma
2. The Hollow Men
3. 7even
4. The Discouraging Doctrine of Chances
5. Shadowplay
6. Electro-Choc
7. Coldwaves
8. A Few More Steps
9. Godspeed Radio Galaxy

Line-up
Alessandro Sicur – Vocals, Keyboards, Piano, Bass, Programming

VISIONOIR – Facebook

Desolation Angels – King

Vecchi guerrieri che non mollano mai, che vogliono essere salvati dal loro “demon inside”. Gran bel ritorno di una leggenda minore della NWOBHM.

Vecchi guerrieri che non mollano mai, che vogliono essere salvati dal loro “demon inside”! Il ritorno di questa leggenda minore della NWOBHM, già avvenuto con l’EP del 2014 Sweeter the meat, si compie completamente per Dissonance Records che commercializza King, uscito l’estate scorsa sul sito della band.

Via ogni dubbio, il disco è bello, molto bello, ricco di freschezza, ricco di atmosfera, dove i due chitarristi originali (Robin Brancher e Keith Sharp) assemblano magnifiche canzoni nelle quali si mescolano antichi suoni con un tocco di modernità; il senso melodico dei Desolate Angels dà vita a brani trascinanti, energetici (Doomsday) e nei quali la voce espressiva e sentita del singer Paul Taylor (qualcuno lo ricorderà negli Elixir di Son of Odin) riempie la scena di emozioni importanti, come in Another turn of the screw, dove il lavoro intrecciato delle chitarre srotola note vibranti fino al delizioso assolo. Queste due songs che aprono l’opera ci fanno capire che la band ci crede, è convinta, se ne frega delle mode e ci vuole far viaggiare con la memoria ai primi anni 80, quando la band emerse in U.K.: due full length nel 1986 (Desolation Angels) e nel 1990 (While the flame still burns), poi il silenzio, interrotto dal box del 2008 Feels like thunder, ricco di demo, live e inediti. I musicisti hanno gusto, sanno suonare e il disco non conosce momenti di stanca: quarantacinque minuti di buone vibrazioni anche quando si rallentano i ritmi, ma non il coinvolgimento (Devil Sent); i toni convulsi di Your Blackened Heart e l’urgenza vocale di Taylor infiammano i cuori e già me la immagino in sede live far esplodere i piccoli locali dove presumo possano fare sfracelli. Le delicate e malinconiche note di Find your life esplodono in momenti di rabbia dove ci ammoniscono che è necessario …find your life, or be lost forever… mentre le killer song Hellfire e Sky of pain rammentano che l’arte del riff non è cosa per tutti. I toni più cupi di My demon inside  suggellano un gran ritorno che consiglio caldamente.

Tracklist
1. Doomsday
2. Another Turn of the Screw
3. Devil Sent
4. Rotten to the Core
5. Your Blackened Heart
6. Find Your Life
7. Hellfire
8. Sky of Pain
9. My Demon Inside

Line-up
Keith Sharp – Guitars
Robin Brancher – Guitars
Clive Pearson – Bass
Chris Takka – Drums
Paul Taylor – Vocals

DESOLATION ANGELS – Facebook

Iron Angel – Legions of Evil

Nastro di culto, per un gruppo chiave del thrash tedesco anni Ottanta, appena dietro la sacra triade rappresentata da Kreator-Sodom-Destruction.

Nel 1980 nacquero ad Amburgo i Metal Gods, sin dal nome devoti al verbo della NWOBHM e dei Judas Priest in particolare.

Tre anni dopo, al momento del loro scioglimento, alcuni membri diedero vita ad una nuova formazione, gli Iron Angel. Questi ultimi – amici dei Kreator di Mille Petrozza, a fianco dei quali suonarono diverse volte in concerto – prima di rilasciare il capolavoro d’esordio, dal titolo Hellish Crossfire, nel 1985, incisero tre demo tape, tutti registrati nel 1984: il migliore rimane senza dubbio Legions of Evil. Il gruppo, capitanato dal cantante Dirk Schroeder, suonava uno speed-thrash cupo ed occulto, non troppo dissimile da quello di molti connazionali di allora (Risk, Living Death, Vendetta, Paradox, Angel Dust, primissimi Blind Guardian), ma aperto anche ad influenze di ascendenza americana (principalmente Laaz Rockit, Flotsam and Jetsam e Nasty Savage, peraltro a quell’epoca anche loro appena agli inizi). L’intro Return From Hell, con i suoi rintocchi funerei, ben rappresentava il potenziale dark del quintetto germanico – messo poi da parte dalla svolta molto più melodic-power del secondo disco (Winds of War, 1987) – e lasciava presto il posto ad autentici inni, quali Metallian, la title-track, Heavy Metal Soldiers, la più priestiana Sinner e l’oscura e sabbathiana Church of the Lost Souls. Chiudeva infine la cassetta Rush of Power, incisa dal vivo durante uno dei molti gig che la band teneva in quel periodo in patria. Legions of Evil – abbinato all’altro demo tape, Power Metal Attack, sempre del 1984 e in realtà di puro thrash – è stato ristampato su CD dalla HR Records nel 2017, con la stessa grafica meravigliosamente spartana del nastro originario. Una vera e propria chicca per intenditori.

Track list
– Opener: Return From Hell
– Metallian
– Legion of Evil
– Church of the Lost Souls
– Sinner
– Heavy Metal Soldiers
– Rush of Power (live)

Line up
Dirk – Vocals
Sven – Guitars
Peter – Guitars
Thorsten – Bass
Mike – Drums

1984 – Autoproduzione

TREVOR AND THE WOLVES

Quando si intervistano personaggi come Trevor, non bisogna nemmeno introdurli, ma solo mettersi comodi e leggere cosa dicono, e Trevor ha molto da dire, sia sul suo ultimo progetto che sul resto.
Buona lettura.

ME Ciao. Ci racconti come nasce questo progetto ?

TREVOR: Ciao ragazzi, intanto grazie per quest’opportunità. Un saluto a tutto lo staff di MetalEyes e a tutti i lettori.
Trevor and the Wolves è il mio progetto solista, lontano dai miei Sadist. Ho voluto mettere in piedi questa nuova avventura con lo scopo di fare qualcosa di alternativo alla mia band principale, pur restando consapevole che sono nato come cantante death metal e voglio restare tale. L’hard rock, l’heavy classico appartengono a tutti noi che ascoltiamo musica da fine anni settanta, era mia intenzione fare qualcosa che fosse legato a quegli anni e credo che Road to Nowhere rispecchi appieno tali sonorità. Si tratta del mio album solista, ma che al tempo stesso richiedeva il supporto di una band che potesse sposare il progetto stesso, e così sono nati i “miei Wolves”, musicisti di ottima caratura tecnica, scelti non sono per le loro capacità sul singolo strumento ma perché si tratta di grandi amici prima di essere esecutori. Da subito c’è stato buon feeling e anche in sede live abbiamo sperimentato l’amalgama e l’amicizia che ci portiamo sul palco. Avere buona attitudine e il giusto approccio è basilare per una band rock.

ME Quali sono state le influenze musicali che sono confluite nel lavoro?

TREVOR: Come detto, Road to Nowhere è un album hard’n’heavy che rispecchia i canoni del genere, sia musicalmente parlando che attitudine. I rimandi sono quelli che ci portano indietro nel tempo, nonostante la produzione curata da Tommy Talamanca nei Nadir Studios sia da considerarsi assolutamente odierna. Gli stilemi dell’hard rock richiedevano un mixing acustico, suonato con cuore e passione. Sono davvero soddisfatto del lavoro venuto fuori, non ho nulla da recriminare e questo è ciò che più conta. Devo fare i miei più sinceri complimenti alla band e a tutte le persone che hanno lavorato duro per la realizzazione di questo disco. Road to Nowhere è da considerarsi un album a km 0, visto che tutti i miei collaboratori, oltre ad essere persone preparate e professionalmente parlando molto serie, sono anche ottimi amici e che non sono solo vicini affettivamente. Matteo Siri ha diretto il video di Burn at Sunrise così come il secondo che uscirà a breve, di cui non voglio svelare altro, Ennio Parodi si è preso cura di tutto il set fotografico, mentre Eloisa Parodi e Manuel Del Bono hanno lavorato a quattro mani su tutta la parte grafica. Ne è scaturito un gran lavoro da parte di tutti che mi rende orgoglioso. Infine la produzione esecutiva del disco fatta da Nadir Music S.R.L. Ad arricchire il disco sono intervenuti alcuni super musicisti che hanno voluto partecipare alla realizzazione di questo mio sogno, grandi nomi come quelli di Christian Meyer batterista di Elio e le Storie Tese, Stefano Cabrera violoncello dei Gnu Quartet, Paolo Bonfanti, chitarrista e bluesman apprezzato anche oltreoceano, Grazia Quaranta con la sua voce blues/soul (ascoltare per credere), Francesco Chinchella e Daniele dei Winterage, rispettivamente alla ghironda medioevale e cornamusa. Ne è scaturito un gran lavoro grazie anche a loro.

ME Dopo anni di permanenza e di duro lavoro in campo musicale cosa pensi della musica e dell’industria musicale?

TREVOR: Purtroppo non penso bene, sono un pessimista di natura e ovviamente spero di sbagliarmi. Questo non vuol dire che bisogna gettare la spugna anzi, siamo tutti tenuti a fare di più, tuttavia temo che per troppi anni nel nostro paese si sia pensato che il metal fosse divertimento, sono stati persi almeno vent’anni di lavoro e questo si ripercuote sulla nostra scena musicale. L’industria musicale è in netta crisi ormai da anni, non crediamo però che il nemico numero uno sia la masterizzazione, il download o i siti digitali, anzi la fortuna del nostro genere è quella che il feticcio fisico tiene ancora. Il male peggiore è il cambiamento storico e generazionale oltre che l’over offerta, negli anni ottanta le nuove uscite erano venti/trenta l’anno, mentre oggi parliamo di centinaia in un solo mese, è una cosa scontata, la carcassa è divisa da più predatori. Poco importa, ho le spalle larghe e non ho assolutamente voglia di alzare la bandiera bianca, anzi il vessillo col teschio pirata è sempre issato.

ME Se dovessi dare la definizione di metal cosa diresti?

TREVOR: Cuore, passione, fede, spirito di sacrificio, ore di sala prove, adrenalina incontenibile che sconvolge il tuo modo di essere. Credetemi, il metal non è per tutti, bisogna averlo dentro, non si è mai trattata di una moda. Il mio modo di vivere il metal è sempre stato molto viscerale, così come per la squadra del cuore, non puoi concederti alcun tradimento.

ME La musica può essere quindi uno stile di vita?

TREVOR: Assolutamente sì, specie come detto nel caso del metal, e comunque nelle forme di rock. Sono sempre più felice e soddisfatto di appartenere ormai da tanti anni a questo mondo, appartengo al metal e il metal appartiene a me!

ME Quali obiettivi ti poni con questo nuovo progetto?

TREVOR: Sto raggiungendo i miei primi cinquant’anni, sarebbe stupido vivere di sogni e illusioni, questo non significa essere disincantati, a volte sognare è bello ma bisogna sempre avere almeno un occhio aperto che ti possa far vivere le emozioni con i piedi saldi a terra. Non mi sono posto alcun obiettivo se non quello di fare le cose al meglio e di lavorare sodo sulla promozione dell’album. Una cosa è certa, Road to Nowhere non sarà un capitolo isolato, anzi a dire il vero sto già pensando a un nuovo full length anche se ora è forse prematuro, visto che oltre alla promozione del disco appena uscito sono impegnato anche con la stesura dei brani relativi al nuovo album Sadist; insomma si tratta di una bellissima catena di montaggio!

ME Il bellissimo video di Burn At Sunrise è stato girato in posti a te molto cari…

TREVOR: Il progetto Trevor and the Wolves da una parte nasce per soddisfare la mia voglia di fare qualche passo indietro nella mia storia di musicista, di metalkids, di ascoltatore, dall’altra posso confermare che si tratta di un omaggio alla mia terra. Il videoclip di Burn at Sunrise ne è la prova: nonostante a tratti alcune riprese ci rimandino al Nord America in realtà siamo sull’Appenino Ligure in luoghi a me molto cari, avvolti da un fascino incredibile. Ma non è tutto, il brano di chiusura Unforgivable Mistake si riferisce al “Road to Nowhere”, lungo viaggio che mi ha portato in giro per il mondo, a visitare posti incantevoli ma che, al tempo stesso, mi ha ricordato ancora una volta che non c’è partenza più bella del ritorno a casa!

ME In Italia è possibile fare metal di buon livello?

TREVOR: Assolutamente sì, il metal è arte e non dobbiamo dimenticarci che l’Italia è un paese di grande cultura e arte. Purtroppo non abbiamo supporto dai media di maggior rilevanza ma questa è storia vecchia, fortuna che abbiamo imparato a camminare con le nostre gambe. Nel nostro paese abbiamo grandissime band che suonano ogni giorno in anguste sale prova. Dovremmo solo cercare di essere più uniti, specie tra le band più giovani. Quello che di certo fa male alla scena musicale è l’assenza quasi totale di cooperazione, l’unione fa la forza non è solo un proverbio.

ME Grazie mille. Ciao.

TREVOR: Grazie a te e tutta la redazione, un forte abbraccio a tutti voi e ai lettori di MetalEyes, ci si vede on stage e come sempre… In alto il nostro saluto!!
Trevor