ULTIO

Il brano “The right weapon”, dall’ep Fera (Brucia Records).

Il brano “The right weapon”, dall’ep Fera (Brucia Records).

La one man band italiana Ultio debutta il 17 Marzo con l’EP “Fera” su Brucia Records.
Black metal oscuro, violento e melodico al tempo stesso: venti minuti di riff furiosi, voci inumane e atmosfere malsane. Per gli amanti della scena svedese e non solo.

Tracklist:
01. Beasts
02. Ablaze
03. Beyond the fog
04. The right weapon

L’EP uscirà come edizione limitata in Digipak CDr (66 copie) e digital download su Bandcamp: https://bruciarecords.bandcamp.com

Contacts:

bruciarecords@gmail.com
https://www.facebook.com/bruciarecords
https://bruciarecords.bandcamp.com

Innero – ChaosWolf

Il black metal offerto dagli Innero è offerto in maniera piuttosto tradizionale senza aderire però pedissequamente ai modelli nordici orientandosi, piuttosto, verso un approccio più epico e melodico.

Dalle note biografiche degli Innero salta subito all’occhio il fatto che la band è stata fondata da tre ex membri dei Màlnatt, il che potrebbe indurre in errore pensando di poter ritrovare nel black metal offerto dal gruppo bolognese parte della dissacrante e folle inventiva che ha sempre contraddistinto l’operato della creatura di Porz.

In realtà gli Innero, per assurdo, sorprendono semmai in virtù di una certa ortodossia perché qui il genere è offerto in maniera piuttosto tradizionale senza aderire però pedissequamente ai modelli nordici orientandosi, piuttosto, verso un approccio più epico e melodico.
In tal senso, appare eloquente una taccia come Durum in Armis Genus, dai connotati che riportano con decisione ai Primordial, con tanto di voce stentorea in stile Averill utilizzata al posto dello screaming evidenziato nei primi tre brani; d’altra parte, se un modello si doveva scegliere, quello della band irlandese è senz’altro di grande spessore e il fatto che non siano moltissimi i gruppi che l’hanno eletta quale punto di riferimento contribuisce a rendere il sound non troppo inflazionato.
In effetti, è proprio nella seconda metà dell’album che gli Innero paiono esplorare con maggiore profondità ed efficacia questo versante sonoro che interpretano sicuramente in modo coinvolgente, conferendo al tutto anche un’aura drammatica riscontrabile in Open Eyes, traccia che beneficia di una splendida introduzione per poi snodarsi nervosa con l’alternanza di accelerazioni e passaggi evocativi dalla notevole enfasi epica.
Questo è senza dubbio il volto migliore degli Innero, i quali dovrebbero spingere ancor più in questa direzione senza temere d’essere considerati poco originali perché, come già detto in più occasioni, chiunque suoni oggi black metal ha un suo punto di riferimento riscontrabile in maniera più o meno esplicita, per cui la differenza la fa il saperne reinterpretare la lezione introducendovi il giusto livello di pathos e convinzione.

Tracklist:
1.Among Wolves
2.The Shaman
3.Unbowed, Unbent, Unbroken
4.Durum in Armis Genus
5.Alone
6.Open Eyes
7.Under the Moon We Gather

Line-up:
Fuscus – Bass
Crassodon – Drums
Arctos – Guitars
Alces – Vocals

INNERO – Facebook

Iron Fire – Beyond The Void

Descrizione Breve Gli Iron Fire hanno dato vita ad un ottimo esempio di power metal come non se ne sentiva da tempo e perderselo sarebbe un peccato mortale.

Tornano con un nuovo potentissimo lavoro i danesi Iron Fire, band che debuttò nell’anno zero del nuovo millennio.

Sorta di ventata di aria fresca in una scena che stenta a tornare a livelli di una ventina d’anni fa, l’ormai trio di Copenaghen licenzia un album possente di true power metal alla Rage, band che più si avvicina al sound che ha sempre contraddistinto i lavori targati Iron Fire. Dopo otto album con cui il gruppo ha attraversato vent’anni di storia metallica, Beyond The Void vede la band nella formazione a tre, con Martin Steene al basso e voce, Kirk Backarach alla chitarra e Gunnar Olsen alla batteria pronti a distribuire potente metal classico, dall’impatto di un elefante in mezzo ad una cristalliera. Spaccano tutto gli Iron Fire, diretti e rocciosi ma con brani che, quando vengono attraversati da input melodici, si trasformano in salmi scritti nella sacra bibbia dell’heavy/power metal. L’album è stato mixato e masterizzato da Tue Madsen (The Haunted, Dark Tranquillity) e licenziato dall’ottima Crime Records, una garanzia per i suoni classici, risultando un lavoro imperdibile per i defenders sparsi per l’Europa. Gli Iron Fire danno una lezione di come si suona il power metal, senza orpelli sinfonici o elucubrazioni progressive, ma spingendo sulla potenza in contesto heavy metal, epico, roccioso, oscuro e duro come l’acciaio. Martin Steene si conferma un singer di genere, maschio, ruvido ma melodico all’occorrenza, un po’ come Peavy Wagner (e si torna a parlare di Rage) e, grazie ad una sezione ritmica tellurica ed una raccolta di brani massicci, tra cui spiccano le bellissime Beyond The Void, Cold Chains Of The North e Old Habits Die Hard, il nuovo album risulta una mazzata power metal da non perdere. Gli Iron Fire hanno dato vita ad un ottimo esempio di power metal come non se ne sentiva da tempo e perderselo sarebbe un peccato mortale.

Tracklist
1. Intro
2. Beyond the Void
3. Final Warning
4. Cold Chains of the North
5. Wrong Turn
6. Bones and Gasoline
7. Old Habits Die Hard
8. Judgement Day
9. To Hell and Back
10. One More Bullet
11. The Devils Path
12. Out of Nowhere

Line-up
Martin Steene – Vocals & Bass
Kirk Backarach – Guitar
Gunnar Olsen – Drums

IRON FIRE – Facebook

The Scars In Pneuma – The Paths Of Seven Sorrows

Un debutto potente e che marca in maniera possente il territorio e soprattutto un buon disco di black metal melodico con intarsi death ed epic.

Epico, mastodontico, un monolite sonoro che possiede bellissime trame sonore, esaltando il senso più autentico del black metal.

Saturazione dello spazio, l’aria si restringe mentre esce dalle casse il debutto dei bresciani The Scars In Pneuma. Da più parti questo suono è definito melodic black metal, ed in un certo qual senso è una definizione azzeccata, perché qui la melodia ha uno spazio importante, ma non aspettatevi un qualcosa di melenso, anzi. La melodia ed il black metal qui si incontrano per dare vita ad una proposizione molto epica del nero metallo e il pathos raggiunge alti livelli. I The Scars In Pneuma non sono più giovanissimi e, grazie all’esperienza, condensano in questo lavoro molte delle loro idee musicali e delle loro influenze sonore. The Paths Of Seven Sorrows è un disco molto ben bilanciato e con canzoni notevoli, lo spirito dell’amante del black metal viene appagato in maniera esaustiva grazie anche ad alcuni momenti che si avvicinano al death metal. Il progetto nacque nel dicembre 2019 come esercizio solista del chitarrista, bassista e cantante Lorenzo Marchello e durante il 2017 sono entrati gli altri due validi elementi come Francesco Lupi e Daniele Valseriati. Da quel momento si è lavorato per scrivere ed incidere il presente lavoro, hanno impiegato il tempo necessario ed il risultato è qui fra noi. Grazie a questo lavoro si possono vivere varie e vive emozioni, e si sente in maniera molto distinta che chi ha scritto questo album ha un grande amore per il metal e per il black in particolare, oltre che molte storie da raccontare. Una opus molto densa ed appagante, che ci mostra come la nostra vita sia sia epica che molto fragile, ed in questa forbice ci stiamo noi. Un debutto potente e che marca in maniera possente il territorio e soprattutto un buon disco di black metal melodico con intarsi death ed epic.

Tracklist
1.Devotion
2.Souls Are Burning
3.Spark To Fire To Sun
4.All The Secrets That We Keep
5.Dark Horizons Ahead
6.The Glorious Empire Of Sand
7.Constellations

Line-up
Lorenzo Marchello – vocals, guitars, bass
Francesco Lupi – guitars, keyboards
Daniele Valseriati – drums

THE SCARS IN PNEUMA – Facebook

Anèma – Umana Città

Gli Anèma tornano con il secondo album ed un approccio al genere lievemente cambiato, sterzando verso il rock/pop, con la lingua italiana che ne accentua questa nuova veste ed un sound ancora più lontano dai cliché classici del genere.

Una svolta non da poco quella che ha portato i siracusani Anèma a questo secondo lavoro sulla lunga distanza, intitolato Umana Città.

Già dal titolo si intuisce che il gruppo siciliano ha lasciato l’idioma inglese per quello italiano in questa nuova raccolta di brani che risultano più pop rispetto a quelli del bellissimo debutto.
Ma andiamo con ordine: per chi non conoscesse gli Anèma, la band nasce come cover band dei gruppi storici del rock progressivo nel 2015; bruciando le tappe arrivano due anni dopo al debutto con After The Sea, album rock che metteva in luce un’attitudine progressiva elegante e raffinata, modellata su toni pacati e mai vicini al metal come è di moda nel progressive odierno.
Il quartetto torna dunque con il secondo album ed un approccio al genere lievemente cambiato, sterzando verso il rock/pop, con la lingua italiana che ne accentua questa nuova veste ed un sound ancora più lontano dai cliché classici del genere.
Vero è che la traccia più progressiva del lotto è quella cantante in inglese (Shake It, Reply), che apre un finale di album sicuramente con più verve rispetto alle prime battute, con Anomala Ipnosi e la conclusiva title track.
Il resto dell’album è composto da un esempio elegante e raffinato di rock/pop cantato in italiano (dove spicca Blu Assoluto), pregno di sfumature progressive suonato molto bene e consigliato un po’ a tutti gli amanti dei generi descritti.

Tracklist
1.Ombre
2.Blu Assoluto
3.Apartheid
4.Inessenzialità
5.Controvers
6.Shake It, Reply
7.Anomala Ipnosi
8.Inverosimile
9.Umana Città

Line-up
Loris Amato – Drums
Dario Giannì – Bass, Keyborads
Lorenzo Giannì – Guitars, Keyboards
Baco Dì Silenzio – Vocals

ANEMA – Facebook

https://www.youtube.com/watch?v=0CPhPWFblLQ

Phobonoid – La Caduta Di Phobos

La peculiarità delle opere targate Phobonoid era già in pectore nei lavori precedenti, ma qui trova una sua importante conferma e se l’unica difficoltà nell’ascolto de La Caduta di Phobos risiede nel suo fluire come se si trattasse di una sola traccia, non c’è dubbio che i quaranta minuti necessari per ascoltare l’intero lavoro si riveleranno decisamente ben spesi.

A quattro anni dal primo full length omonimo, e a sei dall’ep di esordio Orbita, si rifà vivo il progetto Phobonoid, interessante realtà creata da Lord Phobos.

La più grande delle due lune di Marte è un riferimento costante in tutto l’immaginario poetico e musicale creato dal musicista trentino e non sorprende, quindi, che il concept continui a seguire quelle coordinate accompagnato da un sound in cui convergono pulsioni industrial, black e doom. Come nei lavori precedenti il contributo della voce viene confinato sullo sfondo dalla produzione ma, fondamentalmente, il fulcro dell’operato di Lord Phobos risiede in una parte musicale che è sempre contraddistinta da un naturale incedere cosmico che, volendo esemplificare al massimo, riporta ai Mechina sul versante industrial black e ai Monolithe per quanto riguarda quello doom.
Tutto ciò contribuisce a rendere il sound nervoso, solenne e al contempo minaccioso, del tutto adeguato al racconto di un viaggio interstellare che il protagonista intraprende per trovare rifugio dopo la distruzione di Phobos; proprio il suo essere sorretto da un’idea ben precisa, anche dal punto di vista concettuale, rende il sound decisamente personale e in grado di emanare un suo oscuro fascino, distribuito in maniera equa lungo tutte le dieci tracce presenti nell’album, nel corso delle quali il passaggio tra le varie sfumature sonore avviene in maniera quanto mai fluida.
La peculiarità delle opere targate Phobonoid era già in pectore nei lavori precedenti, ma qui trova una sua importante conferma e se l’unica difficoltà nell’ascolto de La Caduta di Phobos risiede nel suo fluire come se si trattasse di una sola traccia, non c’è dubbio che i quaranta minuti necessari per ascoltare l’intero lavoro si riveleranno decisamente ben spesi.

Tracklist:
1.26.000 al
2.La Caduta di Phobos
3.Titano
4.TrES-2b
5.CoRot-7b
6.GU Psc b
7.KOI-1843 b
8.WASP-17b
9.MOA-192b
10.A-Crono

Line-up:
Lord Phobos

PHOBONOID – Facebook

MYRATH

Il video di “No Holding Back”, dall’album “Shehili” in uscita a maggio (earMUSIC).

Il video di “No Holding Back”, dall’album “Shehili” in uscita a maggio (earMUSIC).

Dopo aver annunciato la pubblicazione del nuovo album “Shehili”, previsto in uscita il 3 maggio 2019 su earMUSIC, i tunisini MYRATH presentano oggi il video del nuovo singolo “No Holding Back”. L’album è disponibile per il preorder nei seguenti formati:
CD Digipak
LP+Download
digitale
I MYRATH hanno precedentemente pubblicato il video di “Dance”.

Di seguito la tracklist:
1. Asl (Intro)
2. Born To Survive
3. You’ve Lost Yourself
4. Dance
5. Wicked Dice
6. Monster In My Closet
7. Lili Twil
8. No Holding Back
9. Stardust
10. Mersal
11. Darkness Arise
12. Shehili

“Shehili” è stato registrato tra Germania, Tunisia e Francia e mixato da tre differenti produttori, Kevin Codfert, Eike Freese e Jens Bogren (già al lavoro per il precedente “Legacy”).

I MYRATH hanno precedentemente suonato con band del calibro di Dream Theater e Symphony X e quest’anno calcheranno i palchi di due fra i più importanti festival metal a livello mondiale, il Wacken Open Air e lo Sweden Rock Festival. Verso la fine dell’anno la band intraprenderà un tour da headliner.

With their incredibly personal, epic and beautiful oriental-infused progressive metal, MYRATH have slowly but surely established themselves as one of the most fascinating bands in the current international metal scene.

Their latest album “Legacy” (2016) received high acclaim internationally and contained the brilliant and until now their most successful song, “Believer”! The video collected more than ten million views on YouTube! The current and first single “Dance” from the upcoming album “Shehili” received more than one million views within the first five weeks since its release in December 2018 and is setting the bar high for what to expect!

“Shehili” surpasses all expectations. Innovative, yet loyal to MYRATH’s signature sound, this new album dares to establish contrasts between uplifting melodies and well-thought, heart-breaking lyrics.

The best example of this duality can be found in the first single “Dance” (illustrated by a mind-blowing video, a sequel to the one that was filmed for “Believer”, the band’s biggest hit so far), which tells the story of “a Syrian dancer who faced death threats from ISIS, but chose to keep on dancing, even if it meant dancing through ruins and tombs”, as singer Zaher Zorgati puts it. “The purpose of our music is to induce happiness and joy, to pay tribute to those who refuse to fall or to stop hoping, even in a world filled with hatred and uncertainty

To The Rats And Wolves – Cheap Love

Ascoltare Cheap Love dei tedeschi To The Rats And Wolves e rimanere fermi è impossibile.

Ascoltare Cheap Love dei tedeschi To The Rats And Wolves e rimanere fermi è impossibile.

I ragazzi da Essen sono attivi dal 2012 e hanno all’attivo un ep e due dischi sulla lunga distanza. Si autodefiniscono electro metalcore, ma in realtà sono un notevole gruppo pop. Canzone dopo canzone sfornano ritornelli dolci e che ti si attaccano alla testa senza staccarsi più, grazie anche alla bella voce di Dixi Wu che concatena bene le mosse della band. Ci sono dei momenti più grintosi ma il tutto è molto melodico ed armonioso, con l’elettronica che ha un ruolo importante. Le chitarre metalcore compaiono abbastanza spesso, specie nella seconda parte del disco, ma le cose migliori appaiono quando si vira decisamente sul pop. In campo metalcore i To The Rats And Wolves sono bravi ma si perdono nelle schiere dei gruppi che fanno questo sottogenere del metal, mentre quando uniscono metalcore, elettronica e pop sono assai notevoli e spiccano su tutti. Come detto poc’anzi, ascoltare il disco e non muoversi è davvero difficile. Le canzoni che compongono Cheap Love sono quelle che canterete sotto la doccia vergognandovi un po’, perché ne potrebbe risentire la vostra fama di metallaro duro e puro, invece non potete farne a meno ed è molto divertente. Qui alla base di tutto c’è il groove, una forma di melodia che pervade il tutto e nella quale questi ragazzi sono molto bravi. Chi cerca il metal qui forse rimarrà deluso, ma chi cerca un qualcosa per divertirsi e ballare questa è la festa giusta. Ci sono momenti di illuminazione pop come non si sentiva da tempo, e questa è una sintesi molto moderna di qualcosa che parte da lontano e che alcuni giovani di oggi hanno sintetizzato molto bene. Tendenzialmente chi ha più di trent’anni tende a catalogare come pessima questa musica senza nemmeno sentirla, ma questo disco è valido e va ascoltato. Per farvi un’idea il singolo Down rende bene cosa faccia questo gruppo, provate a non cantarne a squarciagola il ritornello…

Tracklist:
01 – Cheap Love
02 – Therapy
03 – All the Things
04 – Never Stop
05 – Friendz
06 – Look What You Made Us Do
07 – True (feat. Trevor Wentworth)
08 – Cure
09 – Famous
10 – B.I.C.
11 – Down

Line-up
Dixi Wu – vocals
Nico Sallach – vocals
Danny Güldener – guitars
Marc Dobruk – guitars
Stanislaw Czywil – bass
Simon Yildirim – drums

TO THE RATS AND WOLVES – Facebook

ZENIT

Il video di “Black Paper”, dall’album omonimo (Time To Kill Records).

Il video di “Black Paper”, dall’album omonimo (Time To Kill Records).

I modern prog metaller italiani ZENIT hanno lanciato il video ufficiale della title track del nuovo album “Black Paper”.

Gli ZENIT hanno recentemente pubblicato “Black Paper” su Time To Kill Records. Il disco contiene otto tracce di moderno e sognante progressive modern metal.

Formatisi nel 2013, gli ZENIT sono una band giovane e ambiziosa, continuamente alla ricerca di nuove soluzioni all’interno del moderno panorama metal. Il loro approccio estremamente eclettico li porta a mescolare elementi djent, progressive e metal vecchia scuola in canzoni ricche di dinamiche e dall’alto tasso emotivo.

Il nuovo album “Black Paper” è stato registrato a Roma presso i Kick Recording Studio dal noto produttore Marco Mastrobuono (COFFIN BIRTH, HOUR OF PENANCE, FLESHGOD APOCALYPSE).

Tracklist:
01. Zenit
02. Wraith
03. Above and Below
04. Crow’s Perch
05. King Of Lies
06. The Prophecy
07. Black Paper
08. Nadir

Line-up:
Federico Fracassi – Vocals
Andrea Pedruzzi – Bass & Growls
Simone Prudenzi – Guitars
Daniele Carlo – Drums

https://www.facebook.com/Zenit.Italy.Official/
https://www.instagram.com/zenitband_official/

Ex – I nostri fantasmi

Hard rock. Quello classico, duro e puro, provocatorio e senza tempo, privo di fronzoli.

Da Verona, con oltre vent’anni di attività sulle spalle. Gli Ex furono formati da musicisti dalla lunga e provata esperienza, attivi sul territorio nazionale sin dal lontano 1981 (anche nei prime movers del metal tricolore Spitfire).

La musica della band è oggi la naturale somma delle singole esperienze dei suoi componenti: un hard rock, cantato in italiano, con forti influenze Seventies. Essenziali e liberi dai modelli: questi sono gli Ex. Come il grande e compianto Sergio Leone nel cinema, gli Ex altro non fanno che ‘demitizzare’ il loro stesso genere musicale, con testi di contestazione sociale verso i luoghi comuni della realtà urbana odierna. Una band indipendente, priva di compromessi, nemica di ogni troppo facile etichetta. Già il loro disco precedente, Cemento armato (2016) – promosso live in Svizzera, Francia, Scozia – era un validissimo esempio di combat rock (per citare qui il classico dei Clash, targato 1982). Del resto, se non il genere suonato, l’attitudine è molto punk. I pezzi sono tutti scarni ed immediati, energici e di forte impatto. Raccontano le periferie, la passione per la musica, la vita di strada (un po’ alla Rolling Stones) e il desiderio insopprimibile di libertà, l’insofferenza per ipocrisia e perbenismo, nonché la difficoltà di essere visibili all’interno di un sistema che appiattisce e livella, oggi, tutto e tutti. Le undici canzoni de I nostri fantasmi, sesto capitolo nella carriera degli Ex, sono tutto questo. Con la giusta dose di orgoglio e tanto, tantissimo cuore.

Tracklist
1- Vieni a vedere
2- La mia donna odia il rocchenroll
3- No Panic
4- L’ambiguità
5- Ora
6- La sconfitta del 2000
7- (Ogni giorno è) un nuovo giorno
8- Idee uniche
9- California
10- Santi e delinquenti
11- Cicatrice

Line up
Roberto Mancini – Vocals
Gabriele Agostinelli – Bass
Yari Borin – Drums
Stefano Pisani – Guitars

EX – Facebook

https://www.youtube.com/expastarock

Alexandra Zerner – Opus 1880

Opus 1880 si rivela un lavoro monumentale, consigliato agli amanti delle opere di Lucassen e agli ascoltatori del metal/rock progressivo.

Alexandra Zerner è una chitarrista e polistrumentista di origine bulgara, e questo mastodontica opera progressiva dal titolo Opus 1880 è il suo terzo album di una carriera solista iniziata nel quattro anni fa con il debutto 9 Stories e proseguita con il successivo Aspects.

Conosciuta e rispettata nell’ambiente shred, la Zerner ha collaborato ad una miriade di progetti prima di dedicarsi alla sua musica che arriva con questo lavoro alla consacrazione.
Due ore di musica divisa in due cd seguendo la storia di una donna in cerca dell’amore, un lungo viaggio in una linea temporale parallela iniziato appunto nel 1880.
Sci-Fi e prog metal non sono una novità essendo un connubio già sviluppato ampiamente da Arjen Anthony Lucassen con il suo progetto Ayreon, al quale la musicista di Sofia si ispira non poco, anche se le tante sinfonie orchestrali negli album del folletto olandese sono sostituite dai momenti in cui la chitarra prende il sopravvento e ci investe con parti strumentali dalla tecnica sopraffina.
Considerare Opus 1880 il classico album del talentuoso musicista di turno risulta però una colossale cantonata: i brani, nelle due lunghe ore di musica, si fregiano di splendide aperture progressive, atmosfere pregne di melodie e di raffinato metallo, per cui l’ascolto è consigliato soprattutto agli amanti dei suoni progressivi.
L’enorme mole di musica prodotta dalla Zerner merita sicuramente di non passare inosservata, essendo per di più valorizzata da una manciata di ospiti che aiutano la chitarrista in questa nuova e splendida avventura.
Sul primo cd una menzione particolare la meritano le bellissime Quest Of Light e Pinch Of Time, mentre passando al secondo supporto è The Other Side Of The Sky Part 2 a deliziarci con melodie progressive di stampo settantiano.
Opus 1880 si rivela un lavoro monumentale, consigliato agli amanti delle opere di Lucassen e agli ascoltatori del metal/rock progressivo.

Tracklist
Disc 1
1.Overture
2.Chaos of Cards
3.The Oracle
4.Mirrors
5.Quest of Light
6.The Sound of Dreaming
7.Questions
8.Letter to Nowhere
9.Diamind
10.Pinch of Time
11.The Missed Dance

Disc 2
1.Desaturation Point
2.Master of Lightning
3.The Other Side of the Sky, Pt. 1
4.Unfairlytale
5.Cumulonimbi
6.Dolphins
7.Electric Kisses
8.Sensosphere
9.Five Gardens
10.The Other Side of the Sky, Pt. 2
11.Youtopia

Line-up
Alexandra Zerner – Guitars, Bass, Keyboards, Mandolin, Drum programming

ALEXANDRA ZERNER – Facebook

Hell’s Guardian – As Above So Below

Anche questo nuovo lavoro è promosso a pieni voti, ora resta solo da supportare una band che nel genere suonato lancia il guanto di sfida alle realtà che giungono da oltre confine, vincendo per freschezza compositiva, impatto diretto e senza fronzoli ed una nuova vena orchestrale che rende raffinate atmosfere e sfumature.

Tornano gli Hell’s Guardian con il secondo lavoro sulla lunga distanza, successore di Follow Your Fate, debutto licenziato nel 2014.

La band bresciana si ripresenta sul mercato con un album che in parte riconferma la propria proposta, anche se nel nuovo As Above So Below trovano più spazio sfumature orchestrali che rendono più raffinato un sound rodato e dalle influenze che guardano come sempre alle terre del nord Europa.
Il gruppo, con il nuovo bassista Claudio Cor al basso ed una manciata di ospiti che danno il loro importante contributo su alcune tracce, come Marco Pastorino (Temperance, Light & Shade), Adrienne Cowan (Seven Spires, Winds of Plauge, Light & Shade), Ark Nattlig Ulv (Ulvedharr), Fabrizio Romani (Infinity) e Mirela Isaincu, convince con un album che porta qualche novità senza stravolgere la propria idea di metal melodico ed estremo, con un lavoro che non mancherà di trovare estimatori tra gli amanti del death metal melodico così come in quelli dai gusti classicamente power.
Ottimo il lavoro chitarristico di scuola Amorphis (Blood Must Have Blood, 90 Days), l’atmosfera symphonic power è presente ma non invadente come in altre realtà
e lo stesso vale per l’epica oscurità classica del death metal melodico, che ovviamente fa la differenza aiutata da un growl possente stemperato a tratti da evocativi interventi delle voci pulite (la title track, My Guide My Hunger).
Anche questo nuovo lavoro è promosso a pieni voti, ora resta solo da supportare una band che nel genere suonato lancia il guanto di sfida alle realtà che giungono da oltre confine, vincendo per freschezza compositiva, impatto diretto e senza fronzoli ed una nuova vena orchestrale che rende raffinate atmosfere e sfumature.

Tracklist
1.Over The Line
2.Crystal Door
3.As Above So Below
4.Blood Must Have Blood
5.Waiting… For Nothing
6.90 Days
7.Lake Of Blood
8.Jester Smile
9.My Guide My Hunger
10.I Rise Up
11.Colorful Dreams

Line-up
Cesare Damiolini – Vocals, Guitars
Freddie Formis – Guitars
Claudio Cor – Bass
Dylan Formis – Drums

HELL’S GUARDIAN – Facebook

Saor – Forgotten Paths

Forgotten Paths rafforza lo status acquisito dai Saor senza apportare particolari novità, se non per la presenza di ospiti importanti, ma effettivamente non c’era alcuna necessità di modificare uno schema compositivo che sta continuando a dare ottimi frutti.

Ci ritroviamo a parlare di questo interessante progetto solista proveniente dalla Scozia, ad un anno di distanza dal precedente full length Guardians.

Andy Marshall è riuscito meritatamente a costruirsi un buon seguito, essendo sostanzialmente uno dei principali fautori della commistione tra il folk scozzese ed il black metal.
Forgotten Paths, quarto lavoro su lunga distanza con il marchio Saor, rafforza lo status acquisito dal musicista di Glasgow senza apportare particolari novità, se non per la presenza di ospiti importanti, tra i quali Neige, ma effettivamente non c’era alcuna necessità di modificare uno schema compositivo che sta continuando a dare ottimi frutti.
Infatti, nei tre lunghi brani più lo strumentale posto in chiusura, rinveniamo le atmosfere epiche ed ariose alle quali Marshall ci ha piacevolmente abituato in passato e delle quali, francamente, non ci si stanca quando sono proposte con tale maestria. Se vogliamo, l’unica zavorra che non è ancora stata eliminata dal contesto Saor è la voce, perché tra le molte doti riconosciute al nostro di sicuro non c’è quella di uno screaming efficace ed interpretativo, ma in fondo la cosa appare non così rilevante alla luce dell’approccio stilistico che privilegia di gran lunga le parti strumentali.
Se la title track è un brano valido ma nella media, nonostante l’ospitata di Neige che, inconsapevolmente o meno, contribuisce ad “alcestizzare” il tutto, è la successiva è sognante Monadh ad offrire il volto migliore dei Saor, ovvero quello capace di emozionare evocando i tipici scenari naturalistici della terra scozzese.
Bròn è invece una traccia che alterna sfuriate sempre sorrette da un’impalcatura melodica e passaggi più rarefatti, tra i quali fa la sua comparsa la voce femminile fornita dalla meravigliosa Sophie Rogers.
Il più breve episodio acustico Exile chiude un album che non fa gridare al miracolo ma che convince, comunque, in ogni sua parte, grazie alla consolidata capacità dimostrata da Marshall nel far convivere al meglio le due componenti fondamentali del sound dei Saor.

Tracklist:
1. Forgotten Paths
2. Monadh
3. Bròn
4. Exile

Line-up:
Andy Marshall – All instruments, Vocals

Guests:
Carlos Vivas – Drums
Neige – Vocals (additional, track 1)
Kevin Murphy – Bagpipes (track 3)
Lambert Segura – Violin
Sophie Rogers – Vocals (female, track 3)
Glorya Lyr – Everything (track 4)

SAOR – Facebook

Maestus – Deliquesce

Un atmosferico funeral doom è quanto ci offrono gli statunitensi Maestus: imponenti squarci strumentali evocativi,intrisi di romantica oscurità.

Importante e significativa seconda opera degli statunitensi Maestus, band formatasi nel 2013 e autrice nel 2015 del buon debutto Voir Dire; la materia trattata dagli artisti di Portland non è di immediata fruizione e tanto meno veloce assimilazione.

Il funeral doom offre tanto a livello sensoriale, ma come già affermato in passato, ha bisogno di dedizione, di attenzione, di una sensibilità particolare, non è per le masse ma per chi ama ascoltare con il cuore, lasciandosi travolgere da onde emotive di alto livello siano esse nostalgiche, amare, angoscianti e intrise di “extreme darkness”. Il quintetto statunitense, tra cui spicca la figura del bassista dei Pillorian, dimostra di avere buone frecce nel suo arco e in quattro lunghi brani, in media sopra i dieci minuti, propone un suono cangiante, con molte sfumature che esprimono la voglia dei musicisti di accostarsi anche ad altri suoni siano essi black e death. La band è capace di essere aggressiva e potente, ma il lato atmosferico è prevalente, l’amalgama tra le chitarre e le tastiere, suonate magnificamente da Sarah Beaulieu, raggiunge forti livelli di intensità e maestosità mantenendo alta l’attenzione e donanodoci un lavoro significativo. Ampi squarci strumentali ci rammentano quanto sia stata importante l’opera dei seminali Shape of Despair nella formazione musicale dei musicisti; il suono del piano all’inizio e alla fine della title track dona un tocco romantico a un brano estremamente coinvolgente ed evocativo. La capacità di variare l’atmosfera all’interno delle tracce, così come la versatilità dei due fratelli vocalist impreziosisce la struttura sonora mantenendo la tensione sempre alta e ricca di interesse. I cinquanta minuti di Deliquesce rappresentano la quintessenza dell’arte di una band che sta seguendo un proprio percorso, cercando una personalità definita. In definitiva i Maestus sono da seguire con attenzione e sono certo che chi ha a cuore l’ascolto di queste sonorità non mancherà l’appuntamento con la loro arte.

Tracklist
1. Deliquesce
2. Black Oake
3. The Impotence of Hope
4. Knell of Solemnity

Line-up
SP – Guitars, Keyboards, Vocals
KRP – Bass, Vocals
NK – Guitars
SB – Keyboards
CC – Drums

MAESTUS – Facebook

Lucifera – La Caceria De Brujas

I Lucifera non tradiscono chi aveva apprezzato i precedenti lavori, ed anche quest’ultimo album risulta impedibile per gli amanti della vecchia scuola estrema.

Tornano con un nuovo album i Lucifera, duo colombiano composto da David HellRazor e la strega Alejandra Blasfemia.

Archiviato il precedente e bellissimo Preludio Del Mal, uscito due anni fa, la band con La Caceria De Brujas conferma in toto le ottime impressioni suscitate in passato ripresentandosi sul mercato con un altro ottimo esempio di black/thrash old school.
La formula è la stessa dei gruppi dediti al genere, ma con un marcato talento per le cavalcate heavy/thrash che, unite ad un’attitudine blasfema e fortemente black, non lascia prigionieri sul campo, infestato dai corvi che banchettano in un clima infernale.
La cantante, come sul disco precedente, è una delle armi in più del duo sudamericano, una maligna signora della morte dalla voce che entra come un coltello nel burro nell’anima dell’ascoltatore.
La Caceria De Brujas viene licenziato dalla label tedesca Dunkelheit Produktionen ed è composto da otto inni alla distruzione totale, una colonna sonora putrida e maligna che esprime tutta la sua morbosa bellezza nel suo intero svolgimento, ma che ha nell’opener Arde En Llamas e in Sortilegio e Brujeria tre motivi più che validi per non perdere questo inno al male di matrice black/thrash.
I Lucifera non tradiscono chi aveva apprezzato i precedenti lavori, ed anche quest’ultimo album risulta impedibile per gli amanti della vecchia scuola estrema.

Tracklist
1.Arde en llamas
2.Sigillum Diaboli
3.Sortilegio
4.Ceremonia secular
5.Pacto pagano
6.Conjuro
7.Brujeria
8.Evocación del caos

Line-up
A. Blasfemia – Vocals, Arrangements
D. HellRazor – All instruments, Songwriting

LUCIFERA – Facebook

PRISTINE

Il video di ‘Cause & Effect’, dall’album “Road Back To Ruin” in uscita ad aprile (Nuclear Blast).

Il video di ‘Cause & Effect’, dall’album “Road Back To Ruin” in uscita ad aprile (Nuclear Blast).

I PRISTINE, una delle più interessanti band rock norvegesi, ha pubblicato il video ufficiale del nuovo singolo, ‘Cause & Effect’

Il primo singolo, ‘Sinnerman’, è disponibile qui: https://youtu.be/yOgqCsR7SIQ

“Road Back To Ruin” uscirà il 19 aprile 2019 su Nuclear Blast e può essere pre-ordinato in digitale, CD e vinile (nero, blu): http://nblast.de/PristineRoadBackToRuin

Il quinto album dei PRISTINE vede il suono della band rock norvegese evolversi e diversificarsi. Heidi Solheim, nativa di Tromsö e forza trainante del gruppo, fonde varietà musicale e lirica nelle undici canzoni che compongono “Road Back To Ruin”, ma nonostante le innovazioni il disco è ancora PRISTINE al 100%.

Il titolo dell’album, “Road Back To Ruin”, stando alla cantante, deriva dalla frustrazione. Parla di circostanze sociali, in cui opinioni e valori si spostano verso una certa direzione. La separazione dagli altri o la paura degli altri viene usata dalle persone influenti per ottenere ancora più potere. Si diffonde la diffidenza e muri vengono costruiti. Tutte cose che sono accadute più e più volte nella storia e la società sembra essere ancora una volta nella stessa trappola. Persone prive di nobiltà ed empatia, che traggono guadagno dall’odio, cosa di cui Heidi ha sempre avuto paura. Quindi l’ultima riga dei crediti dell’album è: “Prendetevi cura l’uno dell’altro. Siate generosi, comprensivi e gentili”.

“Road Back To Ruin” è stato registrato al Paradiso Studio di Oslo, con il produttore Øyvind Gundersen e il tecnico del suono Christian Engfelt. La canzone ‘Sinnerman’ è stata scritta durante il tour dell’anno scorso, ed è una traccia d’apertura perfetta. La title track è massiccia e pesante. E lo stesso si può dire di ‘Blind Spot’ con l’intro cantata in arabo dall’artista siriano Racha Rizk, seguito dal potentissimo riff di Espen Elverum Jacobsen, l’arma segreta della band.

Alla fine di questo ampio spettro musicale c’è ‘Cause & Effect’ con l’orchestra d’archi The Arctic Philharmonic, che reca in sé un certo feeling alla James Bond. La non troppo tipica ma sorprendente ‘Your Song’ è stata ispirata dalle registrazioni acustiche di NEIL YOUNG.

Heidi Solheim, Espen Elverum Jacobsen (chitarra), Gustav Eidsvik (basso) e Ottar Tøllefsen(batteria), nucleo della band, incorporano un’ampia varietà di stili e influenze con una grandiosa visione reciproca della musica. Gli ospiti in studio Anders Oskal e Hansi Enzesperger abbelliscono il tutto con l’organo Hammond.

Il 2019 segnerà il ritorno della band nei club rock. Dopo “Detoxing” (2012) e “No Regret” (2013) usciti solo in Norvegia, “Reboot” è stato il primo disco a venire pubblicato al di fuori del Paese natale del gruppo. “Ninja” del 2017 ha segnato il debutto per Nuclear Blast e verrà seguito dal successore “Road Back To Ruin”. Tutti gli album sono disponibili in digitale, CD e vinile.

Kings Destroy – Fantasma Nera

La musica dei Kings Destroy è fatta per durare, si può ascoltare molte volte, ed ogni volta è come fosse la prima.

Dal 2010 i Kings Destroy fanno musica pesante di gran classe, coniugando sonorità vicino allo stoner, all’hard rock e al noise con melodia e grande tecnica.

Fantasma Nera è un disco pieno di canzoni entusiasmanti, che cominciano con un motivo per poi andare davvero lontano, portando l’ascoltatore a spasso per mondi fatti di melodia e grazia musicale. Questi nativi di Brooklyn sono andati a Toronto per collaborare con David Bottrill, già al lavoro con Tool, King Crimson, Stone Sour, ed infatti qui troviamo molto del suono progressivo delle prime due band di cui sopra. Rispetto a Maynard e soci e alla creatura di Fripp, i Kings Destroy hanno una grande facilità nel rendere maggiormente immediata la loro musica, con passaggi molto melodici e fantastici ritornelli. Questo loro quarto album differisce dagli altri, come ogni altro album che hanno fatto gli americani, sempre differente da quello precedente, in una continua ricerca sonora. La musica dei Kings Destroy è fatta per durare, si può ascoltare molte volte, ed ogni volta è come fosse la prima. Dentro alle loro canzoni c’è qualcosa che riesce a dare una notevole pace, come se ci si ricongiungesse con un’altra parte di noi stessi che avevamo perduto. Ogni canzone è una nuova scoperta, si viene avvolti da una grande quantità di luce, anche se la tenebra non è sconosciuta. Nella bella ed esoterica copertina c’è quello che potrebbe sembrare un lago od un mare, comunque tanta acqua, e proprio la sensazione di stare nell’elemento acqueo è una della grandi emozioni che ci regala questo gruppo. Possiamo anche trovare un po’ di grunge in chiave hard rock, ma i Kings Destroy non appartengono ad un genere ben preciso. Ci sono moltissime cose qui dentro e sono tutte da scoprire in un lavoro che è molto superiore e non lo nasconde.

Tracklist
1.The Nightbird
2.Fantasma Nera
3.Barbarossa
4.Unmake It
5.Dead Before
6.Yonkers Ceiling Collapse
7.Seven Billion Drones
8.You’re The Puppet
9.Bleed Down The Sun
10.Stormy Times

KINGS DESTROY – Facebook

Lividity – Perverseverance

Perverserance è caratterizzato da una raccolta di bombe sonore che non deluderanno affatto gli amanti del brutal death.

Per i fans del brutal death metal, fine anno in compagnia degli storici Lividity, gruppo dell’Illinois attivo dal lontano 1993 e con una discografia che oltre ad una marea di ep, split, live e compilation si avvale di cinque full length.

Un appuntamento da non perdere questo con la band statunitense, una vera macchina da guerra brutale e devastante che non perde colpi, almeno all’ascolto del nuovo lavoro intitolato Perverseverance.
Il quartetto di perversi serial killer provenienti da Decatur rilasciano tramite la Metal Age Productions questa tellurica raccolta di brani brutal/grind, una tempesta di blast beat, growl disumani e riff potentissimi, il tutto condito da un’insana voglia di sangue, torture e smembramenti dal depravato istinto sessuale.
Questo è il brutal death, prendere o lasciare, senza compromessi, più difficile da suonare di quanto si creda e perfettamente in grado di dire ancora la sua nel mondo del metal estremo, specialmente se a suonarlo è gentaglia come i Lividity.
Perverseverance è caratterizzato da una raccolta di bombe sonore che non deluderanno affatto gli amanti del genere.

Tracklist
1. Kill Then Fuck
2. The Pussy Horde
3. Meat for the Beast
4. Cumming With Labial Pulp
5. Whore Destroyer
6. Bitch Cunt Fuck
7. Violated in the Vatican
8. Parasitic Infestation
9. Something´s Dead
10. Tampered Flesh
11. Pussy Lover-Salvation
12. Perverseverance

Line-up
Von Young – Vocals, guitars
Dave Kibler – Guitars, vocals
Jake Lahniers – Bass, vocals
Garrett Scanlan – Drums

LIVIDITY – Facebook

FEED THEM DEATH

Il lyric video di “Exposed Parading Dissent”, dall’album “No Solution / Dissolution” (GrimmDistribution and Exalted Woe Records).

Il lyric video di “Exposed Parading Dissent”, dall’album “No Solution / Dissolution” (GrimmDistribution and Exalted Woe Records).

Today nihilistic death-grind purveyor premieres the official lyric video of the gut-wrenching new track “Exposed Parading Dissent” via the official media partners listed below.

Lyric video by LVM.

The song is taken from the band’s debut album “No Solution / Dissolution”: it is the first full-length release by FEED THEM DEATH, the old school death-grind solo project created by Void – founding member of legendary Italian death metallers ANTROPOFAGUS back in 1996 and mastermind behind the seminal “No Waste of Flesh” (1999) and “Alive
 is Good… Dead is Better” (2001).

FEED THEM DEATH is committed to oppose to the bullshit and hedonistic mentality that seem to have misshaped the anatomy of the extreme music since the turn of the millennium: its releases will be concise, its songs short. Lyrics are also angry and relevant, bridging the gap with a past in which extreme music had something meaningful to say, before the whole parading dissent began and the underground lost its way.

Featuring many collaborations including Argento (Spite Extreme Wing D.M., ex-Antropofagus), Christian Montagna (ex-Traitor, ex-Cast Thy Eyes, BUNE, editor of Son of Flies Webzine) and Deimos (Will’o’Wisp), FEED THEM DEATH first release blasts 12 tracks of uncompromising brutality.

New chaos from the old depths of extreme music. No intros, no outros, no solos, no bullshit. This is just pure fucking death-grind. A must for fans of Terrorizer, Brutal Truth, Napalm Death, Nasum and Misery Index.

“No Solution / Dissolution” is out now via GrimmDistribution and Exalted Woe Records.

Tracklist:
1. Cadavoracity I
2. Exposed Parading Dissent
3. Bloodshed Theatre
4. The Horrific Balance
5. Terrific Gods Caravan
6. First Time Dead
7. Prosperity / Captivity
8. Doctrine of Approximation
9. Penance in the Wrong Direction
10. Inception in Rot
11. Divide + Conquer
12. Cadavoracity II

Line-up:

Void – Vocals, guitars, bass, drum programming

facebook.com/feedthemdeath/

feedthemdeath.bandcamp.com/