Give Up The Ghost – Before Heading Home

Un ep convincente, con sei brani che ci presentano un gruppo da tenere d’occhio, visti i margini di miglioramento e le strade non così scontate che potrebbero essere percorse in futuro.

Melodic death o metalcore?’

Per quanto riguarda il primo lavoro dei riminesi Give Up The Ghost la verità sta nel mezzo, nel senso che il loro sound risulta personale e meritevole di attenzione, amalgamando sagacemente death melodico, gothic e metalcore.
Before Heading Home è il loro primo ep, uscito sul finire dello scorso anno e composto da sei brani, con l’apertura lasciata ad Archetype, canzone scelta come singolo e che è il sunto di quello che si ascolterà nel proseguo.
Licenziato dalla Volcano Records, l’album è stato realizzato nell’arco di due anni e si sofferma a livello lirico sul periodo che intercorre tra la fine di un viaggio ed il ritorno a casa.
Una voce femminile duetta con il growl, che conferisce un’anima gothic ai brani, mentre la band passa agevolmente tra ritmiche più tirate e di matrice death a mid tempo che si rifanno al metal più moderno: le orchestrazioni hanno la loro importanza, ma non sono invadenti così come le divagazioni folk delle splendide Zwbriwska e Voluspa, tracce che concludono ottimamente il lavoro.
Un ep convincente, con sei brani che ci presentano un gruppo da tenere d’occhio, visti i margini di miglioramento e le strade non così scontate che potrebbero essere percorse in futuro.

Tracklist
1. Archetype
2. The Longest Dive
3. The Barbaric Way
4. Ding Dong Song
5. Zwbriwska
6. Voluspa

Line-up
Christopher Mondaini – Vocals
Thomas Gualtieri – Keyboards
Michele Vasi – Guitar
William Imola – Guitar
Lodovico Venturelli – Bass
Yann Gualtieri – Drums

Rolando Ferro – Drums

GIVE UP THE GHOST – Facebook/

Vetrarnott – Scion

Scion è una prova molto convincente per una band che ha operato una scelta importante in maniera consapevole e ci riserverà ancora black metal di ottima fattura sui miti italici, per cui speriamo presto di avere un nuovo disco sulla lunga distanza dei Vetrarnott.

Black metal classico e molto ben suonato per gli italiani Vetrarnott.

Questo ep è stato concepito come omaggio alla scena black metal del nord Europa, sia della prima che della seconda ondata. Inoltre il disco è anche una descrizione musicale della storia mitica dei tre figli di Loki e Angrboða. Quest’ultima era una gigantessa, il cui nome significa colei che porta tristezza, che si unì con Loki, nato dall’unione di un gigante e di una gigantessa: dalla loro unione nacque il lupo Fenrir, che avrà un ruolo importante nel Ragnarok, il dies irae nordico. Scion, tra le altre cose, significa anche discendente di una nobile stirpe. Infatti i Vetrarnott sono tre musicisti che hanno inciso tre canzoni di black metal come altrettanti omaggi al black metal e alla cultura nordica perché, come dice il fondatore Gar Ulfr, questo ep segna un passaggio molto importante nella storia del gruppo in quanto segna il distacco dai temi nordici per arrivare a cantare dei miti italici, come nella quarta canzone, la bonus track La Voce Degli Dei. Questa canzone è è un ottimo inizio per la nuova fase del gruppo e il cantato nella nostra lingua valorizza ulteriormente il valido black metal del gruppo pugliese. L’ep Scion è un’ottima prova per una band che ci propone musica di ottima fattura, con dichiarata preferenza per il black scandinavo, specialmente quello della seconda ondata. Tutto è molto intelligibile e fatto con ottime scelte, troviamo anche momenti meno veloci che sono utili per rafforzare ulteriormente una struttura già buona. I Vetrarnott sono uno di quei non comunissimi gruppi che hanno compenetrato alla perfezione la materia, ovvero sono riusciti a cogliere il lato più musicale e creativo del black, e ne hanno tratto una versione tutta loro e molto originale, che qui giunge al massimo compimento. Anche con l’uso dell’inglese il risultato è ovviamente molto buono. Una delle peculiarità del gruppo è un incedere sì violento e deciso, che è però al contempo anche sognante ed arioso. Scion è una prova molto convincente per una band che ha operato una scelta importante in maniera consapevole e ci riserverà ancora black metal di ottima fattura sui miti italici, per cui speriamo presto di avere un nuovo disco sulla lunga distanza dei Vetrarnott.

Tracklist
1.The Tide
2.Unbound
3.Helvegr
4. La Voce Degli Dei (bonus track)

Line-up
Gar Ulf – Vocals, Bass, Keys, Programming
Valar – Lead & Solo Guitars
Osculum – Rhythm & Acoustic Guitars
Ambrogio L – Live Drums

VETRARNOTT – Facebook

Ferum – Vergence

Per i Ferum, Vergence rappresenta un primo passo ineccepibile e quindi una base ideale per costruire qualcosa di ancora più interessante e consistente in futuro.

L’esibizione in musica del dolore e del disagio può avvenire in maniere diverse, certo è che che il metal offre in tal senso diverse ed efficaci gamme: quella scelta dagli esordienti Ferum è un death doom corrosivo e decisamente avaro di slanci melodici.

La band ha la sua base a Bologna ed e stata fondata da Samantha, la quale si disimpegna alla voce e alla chitarra, oltre ad essere autrice di tutte le musiche, e da Angelica (batteria), raggiunte in seguito da Matteo al basso.
Il growl è aspro ed efferato più che profondo, come è sovente quello femminile, e si adegua ottimamente ad un sound volto ad esprimere la giusta dose di rabbia e disgusto; la componente death è prevalente nel suo rappresentare la frangia più morbosa e putrida del genere, con i rallentamenti di matrice doom che giungono puntuali a conferire quel pizzico di varietà sotto forma di cambi di tempo.
Così quest’opera prima dei Ferum lascia buone impressioni, in virtù di una convinzione ed una chiarezza d’intenti che non sono sempre facilmente riscontrabili: dei cinque brani offerti, i primi tre si snodano in maniera uniforme, mentre il quarto, decisamente più cadenzato, è l’efficace cover di Funeral, traccia che segnò l’esordio nel 1990 degli storici statunitensi Cianide.
Chiude l’ep Ed È Subito Sera, brano che riprende liricamente la breve poesia di Quasimodo: anche in questo caso il trio brilla per il suo sound essenziale e coinvolgente che si apre a tratti, questa volta. anche melodicamente andando a lambire lidi black metal.
Per i Ferum, Vergence rappresenta un primo passo ineccepibile e quindi una base ideale per costruire qualcosa di ancora più interessante e consistente in futuro.

Tracklist:
1. Siege Of Carnality
2. Perpetual Distrust
3. Subcoscious Annihilation
4. Funeral (Cianide cover)
5. Ed È Subito Sera (Outro)

Line-up:
Angelica: drums
Samantha: guitars, vocals
Matteo: bass

FERUM – Facebook

Duirvir – Endless Graves, Endless Memories

Il disco è una puntata notevole dell’eterno raccontare della vita e della morte, di come siamo cenere portata via dal vento, mentre viviamo per un ricordo, per un attimo che brucia in fretta.

I Duirvir sono di Udine, e sono nati nell’estate del 2011 da un’idea dei due chitarristi Iskhathron e Ithydvea.

Il gruppo nacque inizialmente come progetto di melodic death meta sulla scia di gruppi come gli Amon Amarth, e in seguito il progetto è evoluto in maniera costante, fino ad arrivare ad un post black metal, che è la punta dell’iceberg, perché sotto ci sono molte meraviglie. Come tanti musicisti di talento ed evoluti, i Duirvir hanno intrapreso un sentiero sconosciuto che passo dopo passo è mutato ed è arrivato ad essere ciò che ci presentano in questo bel debutto sulla lunga distanza. Il cambio avviene con il primo demo Duir del 2013, dove le istanze post black, atmospheric black e doom vedono la luce in maniera compiuta per poi realizzarsi nell’ep Idho del 2014, che permette loro di suonare anche in festival prestigiosi. Una domanda lecita che potrebbe essere fatta da un ascoltatore attento è la seguente: cosa hanno i Duirvir di diverso rispetto ai tanti gruppi atmospheric e post black? Una breve risposta potrebbe essere che la musica della band udinese ha un sapore diverso, un incedere molto più black nel tipo di composizione e nella resa. La risposta più lunga e molto più compiuta sono le cinque tracce e i quasi trenta minuti di Endless Graves, Endless Memories, un disco che va assaporato lentamente, come una giornata di neve lenta, dove si guarda fuori dalla finestra o camminando sulla neve fresca, in quel silenzio carico di rumori soffusi. L’atmosfera creata dai Duirvir è notevole e molto ben strutturata, si sente subito che il gruppo ha qualcosa in più, e lo sviluppo del disco è pieno di episodi notevoli, di momenti malinconici e dolci, di carezze struggenti e graffi rabbiosi, di slanci e di momenti di isolamento, ma tutto è caduco eppure eterno proprio come dice il titolo. Il disco è una puntata notevole dell’infinito raccontare della vita e della morte, di come siamo cenere portata via dal vento, mentre viviamo per un ricordo, per un attimo che brucia in fretta. Il cantato in growl si alterna a quello in chiaro e le voci giostrano benissimo, come tutto il resto del gruppo. Un’opera che colpisce al cuore chi sa che dentro al black ci sono infiniti universi, un premio per persone che godono di piccole grandi gioie: il gran debutto di un gruppo che ha ancora enormi margini e tanto da dire.
Scaricabile con offerta libera dal loro sito.

Tracklist
1.Autumnal Lethargy
2.Blooming the Rose
3.Storm’s Chant
4.Drop from the Woods
5.Haggard Sin

Line-up
Marjan – Voice, Guitar
Ivan – Guitar
Luca – Bass
Fabiano – Drums

DUIRVIR – Facebook

Sacrificium Carmen / Sarkrista / Malum – Trinity of Luciferian Illumination

Trinity of Luciferian Illumination è un ottima uscita rivolta essenzialmente ad appassionati puri e duri del genere, visto che le tre band coinvolte confermano in pieno il loro valore senza offrire però particolari spunti dai quali poter trarre indizi, anche parziali, di cambiamenti nel prossimo futuro: ma a chi ama il black metal tutto ciò di norma basta ed avanza.

La sempre attiva Purity Through Fire, etichetta tedesca specializzata in black metal, propone questo interessante split album che ci presenta tre realtà invero dai tratti piuttosto simili, ma tutte indubbiamente di buon livello.

Dei finlandesi Sacrificium Carmen non si può che ripetere quanto detto di buono in occasione del loro recente album Hermetica: il fatto che sia lo split che il full length siano stati pubblicati a distanza molto ravvicinata non fa che rendere questi tre brani inediti del tutto conformi a quanto già ascoltato, il tutto però con un accezione positiva, visto che la band di Tampere continua sempre più a convincere con il proprio melodico ed incessante incedere; Kuolonkerjäläinen e Soihdunkantaja esibiscono ritmi intensi ed accattivanti, mentre Ikiliekki si rivela una traccia relativamente più ragionata e rallentata, almeno nella parte iniziale, prima di esplodere nel finale.
I tedeschi Sarkrista sono una delle band che più ha impressionato nell’ultimo decennio in virtù di due ottimi album, l’ultimo dei quali, Summoners of the Serpents Wrath, uscito lo scorso anno: musicalmente la band proveniente dall’estremo nord della Germania fa proprio l’insegnamento soprattutto del black svedese, con i migliori Arckanum che paiono essere uno dei maggiori riferimenti; Distant Blazing Battle Horns e Staring with Fiery Eyes sono due notevoli brani, con il secondo che si fa preferire per intensità e cattiveria
Le ultime tre tracce sono appannaggio dei Malum, anch’essi esponenti dell’emergente scena finnica; anche per la band di Turku l’ultimo album risale al 2017 Night of the Luciferian Light ed in effetti bisogna dire che i tre gruppi che partecipano allo split album sono abbastanza omogenei anche a livello di curriculum, visti che tutti hanno due full length all’attivo, oltre a svariate uscite minori, in un arco temporale compreso dal 2013 in poi.
I Malum appaiono solo un po’ più ruvidi rispetto ai compagni d’avventura, forse anche a causa di una produzione più sporca, ma sostanzialmente le coordinate non cambiano, tramite l’offerta di una traccia lunga ma convincente come Opening the Gates of Cursed Dimension, una più breve Possessed votata al black’n’rpoll, con la sola conclusiva Desecrating the False Temples che assume toni più algidi e cadenzati, offrendo un gradito spunto di discontinuità rispetto a quanto ascoltato in precedenza.
In sostanza Trinity of Luciferian Illumination è un ottima uscita rivolta essenzialmente ad appassionati puri e duri del genere, visto che le tre band coinvolte confermano in pieno il loro valore senza offrire però particolari spunti dai quali poter trarre indizi, anche parziali, di cambiamenti nel prossimo futuro: ma a chi ama il genere tutto ciò di norma basta ed avanza.

Tracklist:
1. Sacrificium Carmen – Kuolonkerjäläinen
2. Sacrificium Carmen – Soihdunkantaja
3. Sacrificium Carmen – Ikiliekki
4. Sarkrista – Distant Blazing Battle Horns
5. Sarkrista – Staring with Fiery Eyes
6. Malum – Opening the Gates of Cursed Dimension
7. Malum – Possessed
8. Malum – Desecrating the False Temples

Line-up:
Sacrificum Carmen
Hypnos – Bass
Advorsvs – Guitars
Profostus – Guitars
Hoath Cambion – Vocals
Xeth – Drums

Sarkrista
Exesor – Drums
Farbauti – Guitars
Revenant – Vocals
VT – Guitars

Malum
KK – Bass
HH – Drums
Valtteri Tuovinen – Guitars
EV – Guitars
Tyrant – Vocals, Guitars, Bass

SACRIFICIUM CARMEN – Facebook

SARKRISTA – Facebook

MALUM – Facebook

Ellende – Rückzug in die Innerlichkeit

Se proprio post black deve essere, questo ristampa del primo ep degli Ellende è il volto migliore che vorremmo sempre attribuirgli.

La label tedesca Art Of Propaganda ha da poco ristampato l’ep di debutto degli Ellende, progetto solista del musicista austriaco Lukas Gosch.

Rückzug in die Innerlichkeit risale al 2012 e rappresenta un buon esempio di come si dovrebbe suonare ed interpretare il black metal nella sua versione più atmosferica ed intimista (mi piace definirlo così perché post black rischia di voler dire tutto e niente).
Il bravo L.G., infatti, già al suo primo passo cercava di differenziarsi da tutte le altre one man band conferendo una particolare cura ai suoni sia al livello di produzione che di varietà degli stessi, affidando per esempio un parte importante agli strumenti ad archi affidati all’ospite Anne; tale notevole commistione diede i sui frutti regalando quattro brani che alternavano con grande gusto ed abilità le sfuriate ritmiche del black alle aperture melodiche contrassegnate dall’uso di strumenti classici.
Una traccia magnifica e dal grande tasso evocativo come Der letzte Marsch, con le ossessive note del pianoforte che accompagnano lo sviluppo del brano nella sua seconda metà, è solo un esempio dell’elevata qualità che il bravo musicista di Graz era stato in grado di esibire, ma il resto della tracklist non era affatto da meno, riservando sorprese in più frangenti senza che il sound ne risentisse minimamente a livello di omogeneità.
Comunque, tornando a quanto detto qualche riga sopra, se proprio post black deve essere questo è il volto migliore che vorremmo sempre attribuirgli; negli anni successivi gli Ellende (che in sede live diventano comunque una band vera e propria) hanno pubblicato due full length molto ben accolti a livello di critica, mentre nel prossimo marzo è prevista l’uscita del terzo lavoro su lunga distanza che sarà intitolato Lebensnehmer, per il quale quale l’ascolto di questa ristampa potrebbe risultare un’ideale introduzione.

Tracklist:
1. Rückzug in die Innerlichkeit
2. Pfad der Endlichkeit
3. Der letzte Marsch
4. Von Vergänglichkeit und Trost

Line-up:
L.G. – everything
P.F. – drums

ELLENDE – Facebook

Jon Schaffer’s Purgatory – Purgatory EP

Jon Schaffer ha richiamato i compagni di un tempo e ha riformato i Purgatory, dai quali in seguito nacquero appunto gli Iced Earth, riregistrando una manciata di brani provenienti dai tre demo licenziati a quei tempi, più un brano inedito.

Jon Schaffer è uno dei migliori compositori che il metal classico a stelle e strisce ci abbia regalato negli ultimi trent’anni: sottovalutato da molti, ha continuato a scrivere heavy metal di un certo spessore anche dopo gli anni di maggior successo, dovuti ad una serie di album epocali, con la triade Burnt Offerings, The Dark Saga e Something Wicked This Way Comes che tra il 1995 ed il 1998 collocò gli Iced Earth sul trono di un genere che stava lentamente trovando una nuova giovinezza.

In questo ultimo periodo il chitarrista statunitense, dopo i buoni responsi ottenuti dall’ultimo album (Incorruptible) del gruppo uscito lo scorso anno, ha riesumato vecchi demo risalenti alla metà degli anni ottanta, quando la band si chiamava Purgatory e Jon era un giovane musicista innamorato della New Wave Of British Heavy Metal e del metal classico suonato nel suo paese.
Jon Schaffer ha richiamato i compagni di un tempo e ha riformato i Purgatory, dai quali in seguito nacquero appunto gli Iced Earth, riregistrando una manciata di brani provenienti dai tre demo licenziati a quei tempi, più un brano inedito.
I Jon Schaffer’s Purgatory vedono dunque, oltre al leader, il cantante Gene Adam ed il chitarrista Bill Owen alle prese con un heavy metal che molto deve agli Iron Maiden dei primi due album, con quel tocco americano riconducibile ai Metal Church, oscuro e dark come da tradizione dell’U.S. Metal.
Ottima la prova del cantante, interpretativo e teatrale ma lontano anni luce dal Matt Barlow d’annata, molto più orientato al thrash e robusto rispetto al suo collega che, invece, non disdegna il falsetto di scuola King Diamond.
Il brano inedito (l’opener In Your Dreams) risulta anche la traccia più vicina al sound degli Iced Earth, mentre la varie Dracula, In Jason’s Mind e Jack si rivelano ottimi brani di heavy metal old school.
Jack Lo Squartatore, Freddy Krueger, Jason e Dracula ringraziano per i brani a loro dedicati, mentre noi non possiamo che aspettare buone nuove e goderci dell’ottimo heavy metal firmato Jon Schaffer.

Tracklist
1.In Your Dreams
2.Dracula
3.In Jason’s Mind
4.Jack
5.Burning Oasis

Line-up
Jon Schaffer – Guitars (rhythm, lead), Vocals
Bill Owen – Guitars (lead)
Gene Adam – Vocals

Nachtmystium – Resilient

Resilient si rivela un ritorno ben più che incoraggiante e, ovviamente, la possibilità di riascoltare musica inedita con il marchio Nachtmystium non può che rappresentare una buona notizia per i numerosi estimatori di questa band.

Di uno come Blake Judd dalle nostre parti si direbbe che ne ha fatte più di Carlo in Francia, intendendo con questo che il musicista statunitense ci ha messo molto del suo per uscire dai radar degli appassionati.

In realtà, a ben vedere, Judd è stato solo l’ultimo di una serie di musicisti che hanno rischiato di compromettere la loro vita, artistica e non, a causa della dipendenza da eroina, una condizione che rende ogni persona capace di fare le peggiori cose pur di soddisfare le proprie necessità primarie, che altre non sono se non quella di procurarsi altra droga; resta il fatto che, nell’ambiente musicale, chi truffa i colleghi o gli stessi fans, indipendentemente dalle motivazioni che stanno alla base, finisce per farsi attorno terra bruciata rendendo molto arduo qualsiasi tentativo di risalire la china.
Ma se una seconda possibilità viene concessa anche ai più efferati criminali, perché questo non deve accadere anche per Blake, che in fondo ha già pagato abbastanza toccando con mano i recessi più profondi nei quali si possa sprofondare nel corso della propria esistenza ? La stessa domanda devono essersela posta anche quelli della Prophecy Productions, label che ha acquisito i diritti dell’intero catalogo dei Nachtmystium e hanno fornito a Judd la possibilità di ricominciare a fare quello che nella vita gli riesce sicuramente meglio, ovvero il musicista.
Così, oltre alla ristampa in occasione del decennale dell’uscita di di Assassins: Black Meddle, Part I, l’etichetta tedesca tramite la sublabel Lupus Lunge ha immesso sul mercato l’ep Resilient, che rappresenta il ritorno sulle scene di Judd con la sua band dopo tutte le già citate vicissitudini.
Fatte le doverose premesse, chi si aspettava una nuova esibizione di black metal obliquo e psichedelico è stato pienamente accontentato: i tre brani più intro presenti nell’edizione base di Resilient dimostrano che il nostro ha ancora parecchio da dire e che la sua particolare cifra stilistica non è andata smarrita.
La title track è infatti un brano sofferto, strutturato su tempi piuttosto rallentali e dal buon impatto melodico e atmosferico, mentre Silver Lanterns è un più classico mid tempo all’interno del quale non mancano certo le variazioni sul tema, nel quale viene messo in evidenza il solito buon lavoro chitarristico di Blake.
Davvero interessante, tanto da renderlo a mio avviso l’episodio migliore del lavoro nonostante il suo netto scostamento rispetto agli altri due brani, è la lunga traccia finale Desert Illumination, vero e proprio trip psichedelico che tiene fede al titolo per la prima metà prima di trasformarsi in una trascinante cavalcata all’insegna del puro black metal.
Tra i musicisti che accompagnano Judd in questo suo riuscito tentativo di rinascita musicale va segnalato il tedesco Martin van Valkenstijn, uno che oltre a essere coinvolto in diverse band della scena black del suo paese, ha all’attivo anche collaborazioni con nomi pesanti quali Empyrium, Sun Of The Sleepless e The Vision Bleak, e da uno che gravita nell’area presidiata da un certo Markus Stock non c’è dubbio che possa esser giunto un prezioso supporto per il redivivo Blake.
In definitiva, Resilient si rivela un ritorno ben più che incoraggiante e, ovviamente, la possibilità di riascoltare musica inedita con il marchio Nachtmystium non può che rappresentare una buona notizia per i numerosi estimatori di questa band.

Tracklist:
01 Conversion
02 Resilient
03 Silver Lanterns
04 Desert Illumination

Line-up:
Joel Witte Guitars (rhythm) (additional)
Blake Judd Vocals, Guitars (lead, rhythm)
Martin van Valkenstijn Bass, Effects, Vocals (backing)
Job Phenex Bos Keyboards, Effects

NACHTMYSTIUM – Facebook

Subtrees – Polluted Roots

Partendo dall’assennato assunto di Italo Svevo che la vita attuale è inquinata alla radice, i bolognesi Subtrees debuttano con un disco meraviglioso e pieno di tossici gioielli.

Partendo dall’assennato assunto di Italo Svevo che la vita attuale è inquinata alla radice, i bolognesi Subtrees debuttano con un disco meraviglioso e pieno di tossici gioielli.

Tutti portiamo un certo grado di tossicità dentro di noi, abbiamo un lato che come un click difettoso non funziona molto bene, o funziona molto meglio della parte che crediamo sana, comunque c’è e vive assieme a noi come un simbionte. La sensazione più importante fra le tante che regala questo disco è il tremendismo, un senso di catastrofe imminente che fortunatamente non si riesce a cogliere nella sua pienezza perché siamo intossicati, e i nostri pensieri viaggiano molto lentamente. Musicalmente il disco esplora diversi lidi e tocca molte istanze musicali, a partire da un forte retrogusto grunge che permea tutta l’opera, ma si va anche verso il noise anni novanta, tenendo sempre ben presente la propria impronta originale. Procedendo nell’ascolto si trova anche un incedere tipico degli Isis, ovvero un passo musicale davvero ampio e che abbraccia l’ascoltatore mentre lo porta lontano. La musica dei Subtrees è qualcosa che riscalda e che scorre direttamente nelle vene, come un droga salvifica, rinnovando la nostra tossicità, rendendola inevitabile e immanente. La completezza del disco è difficile da descrivere a chi non lo ascolterà, perché è sempre la musica che deve spiegare, qui possiamo solo dare indicazioni di ascolto, e questo è un ascolto da fare assolutamente. Le atmosfere create dal gruppo sono bolle temporali nei quali ci si sente confortevoli e al contempo viene esposto il nostro disagio. Non ci sono momenti particolarmente veloci, è tutto molto incisivo e ben composto, con trame che non si sentivano da tempo per un gruppo davvero notevole.

Tracklist
1.Syngamy
2.Everything’s Beautiful, Nothing Hurt
3.Conversation #1 (Hero’s Death)
4.Conversation #2 (Adam’s Resurrection)
5.Reflections
6.Motorbike
7.Jungle/Overexposure

Line-up
Roberto Andrés Lantadilla – voce, chitarra e testi
Nicola Venturo – basso e sintetizzatori
Riccardo Pantalone – chitarra e ostrich guitar
Alberto Lazzaroni – batteria

SUBTREES – Facebook

Zayn – Evolution Made Us

Intimista, ma nello stesso tempo pervaso da un’urgenza di comunicare, Evolution Made Us lascia pochi riferimenti ai quali ci si possa aggrappare, con la musica che scorre tra atmosfere che passano dal metal progressivo moderno ad una sorta di rock alternativo.

Zayn in arabo significa bellezza interiore ed è il monicker di questo interessante progetto nato nel 2011 in Croazia, già protagonista di tre album tra il 2014 e l’anno successivo.

Dopo tre anni il quartetto si ripresenta nell’underground metal/rock con questo lavoro composto da cinque brani strumentali, dal sound alternativo e progressivo, fortemente compresso, dai molti cambi di tempo e a suo modo originale.
Intimista, ma nello stesso tempo pervaso da un’urgenza di comunicare, Evolution Made Us lascia pochi riferimenti ai quali ci si possa aggrappare: la musica scorre tra atmosfere che passano dal metal progressivo moderno ad una sorta di rock alternativo che rende brani quali l’opener Tall As Mountain o Metamorphos un incrocio di generi racchiusi nelle più generali etichette descritte.
Evolution Made Us è un lavoro di corta durata e quindi più facilmente assimilabile anche se il sound è tutto fuorché facilmente catalogabile: a tratti gli Zayn possono ricordare i Tool, ma il consiglio è di ascoltare questa raccolta di brani con la massima attenzione perché la band croata potrebbero rivelarsi per molti un gradita sorpresa.

Tracklist
1.Tall as Mountain
2.Barbarogenius
3.Homoerectus
4.Metamorphos
5.Old as Earth

Line-up
Marko Dragičević – guitar
Bojan Gatalica – guitar, synth
Miran Kapelac – bass, synth

ZAYN – Facebook

Idle Hands – Don’t Waste Your Time

Tutto sommato una buona partenza per la band di Portland, con un album consigliato alle anime oscure amanti tanto del dark rock dei Sisters Of Mercy che del metal classico di scuola statunitense alla Metal Church.

Gli Idle Hands sono una metal band proveniente da Portland formata da ex membri degli Spellcaster, band della scena metallica dell’Oregon con tre full length all’attivo prima dello scioglimento avvenuto lo scorso anno.

Gabriel Franco (voce e chitarra), Sebastian Silva (chitarra) e Colin Vranizan (batteria), raggiunti da David Kimbro (basso), tornano dopo pochi mesi con l’ep di debutto per questa nuova realtà.
Gli Idle Hands suonano un metal dalle tinte gotiche, che alterna alle atmosfere dark un sound che prende ispirazione dal metal tradizionale di scuola statunitense.
Ne escono cinque brani racchiusi in questo ep intitolato Don’t Waste Your Time, che si apre con l’arpeggio melodico di Blade And The Will, seguita da By Way Of Kingdom e l’ottima Can You Hear The Rain, il brano sicuramente più riuscito nonchè orientato verso il dark rock ottantiano.
Ed infatti il meglio gli Idle Hands lo tirano fuori quando la musica lascia territori marcatamente metal per un rock robusto, ma figlio del dark/gothic classico, come appunto avviene in Can You Hear  The Rain e nella conclusiva I Feel Nothing.
Tutto sommato una buona partenza per la band di Portland, con un album consigliato alle anime oscure amanti tanto del dark rock dei Sisters Of Mercy che del metal classico di scuola statunitense alla Metal Church.

Tracklist
1. Blade And The Will
2. By Way Of Kingdom
3. Can You Hear The Rain
4. Time Crushes All
5. I Feel Nothing

Line-up
Gabriel Franco – Vocals/Guitar
Sebastian Silva – Guitar
David Kimbro – Bass
Colin Vranizan – Drums

IDLE HANDS – Facebook

The Turin Horse – The Turin Horse

I The Turin Horse sono un gruppo che francamente mancava nel panorama del noise nostrano, che come quello mondiale vive di flash e questa è una gran bella esplosione.

Quando si uniscono due musicisti che sanno come fare rumore e scrivere distorsioni il risultato fortunatamente non è quello che ti aspetti, perché il rumore spiazza sempre.

Il duo The Turin Horse racchiude al suo interno Enrico Tauraso, già nei mitici Dead Elephant che hanno scritto grandi pagine dell’underground italico, e Alan Lapaglia che militava nei MoRkObOt, vera e propria fucina di rumore. Unendo le visioni musicali hanno dato vita a questo power duo che pubblica questo debutto di tre pezzi che brucia tutto ciò che incontra. Prendete del noise e velocizzatelo, dello stoner e rendetelo più corrosivo, un po’ di sludge e sarete in quei dintorni, ma come al solito soltanto l’ascolto può rendere giustizia al grande suono del duo. Qui dentro troviamo certe malate ripetitività del miglior noise, come quello degli Unsane dei quali infatti viene riproposta Blame Me da Scattered, Smothered & Covered del 1996. Infatti qui troviamo tonnellate di quel piacere perverso che dà certo noise, ovvero quel ripetersi in maniera sempre diversa, e giro dopo giro di chitarra alzare la posta fino a fotterti il cervello: è quello che vogliamo ed i The Turin Horse lo fanno come nessun altro. Come si diceva all’inizio, non sai cosa aspettarti e ne vieni spiazzato, e qui effettivamente si va ben oltre le già alte aspettative, perché comunque Enrico e Alan sono di un altro livello, ma i The Turin Horse sono un gruppo che francamente mancava nel panorama del noise nostrano, che come quello mondiale vive di flash e questa è una gran bella esplosione. Unico difetto, bisogna accontentarsi ma solo per ora, è la lunghezza dell’ep, che è di tre pezzi che sono altrettante mazzate, ma se ne vorrebbe ancora. Il duo è anche sperimentatore, dato che alcuni strumenti sono costruiti da Enrico, e la mancanza del basso ha introdotto a scelte diverse e molto interessanti. Non è un caso che la città culla di questo grande inizio sia Torino, che è molto noise già di per sé e che è decisamente la migliore città musicale d’Italia. Un debutto devastante, maturo e bellissimo.

Tracklist
1. The Regret Song
2. Blame Me
3. The Light That Failed

Line-up
ALAIN LAPAGLIA – Drums & Power Electronics –
ENRICO TAURASO – Guitar & Voice & Power Electronics –

THE TURIN HORSE – Facebook

Rigor Sardonicous – Ridenti Mortuus

Il funeral, nell’interpretazione del duo di Long Island, è quanto mai essenziale e minimale ed è rivolto perciò a chi apprezza il genere nella sua versione più ottundente e meno atmosferica.

I Rigor Sardonicous sono una delle realtà più longeve in ambito funeral doom sul suolo statunitense, considerando che il loro primo demo è datato 1994, anche se il primo dei loro sei full length ha visto la luce (si fa per dire…) solo nel 1999.

Ridenti Mortuus è un ep che rompe un silenzio lungo sei anni e l’occasione, colta peraltro da molte altre band in ambito metal, è stata quella di pubblicare un lavoro collegato alla ricorrenza del centenario della fine della prima guerra mondiale.
Il funeral, nell’interpretazione del duo di Long Island, è quanto mai essenziale e minimale ed è rivolto perciò a chi apprezza il genere nella sua versione più ottundente e meno atmosferica: del resto il genere in questo frangente non assume sembianze consolatorie ma semmai è volto a ribadire come in generale la vita sia quello schifo che molti pensano, con l’inclusione di una (in)sana dose di misantropia ad appesantire il tutto anche a livello concettuale.
Ridenti Mortuus non lascia respiro, schiaccia ed opprime senza soluzione di continuità e a nulla valgono le rare rarefazioni del sound per sfuggire alla morsa; poi, paradossalmente, l’album si chiude con l’incremento ritmico di Intereo Parum Infantia, primo ed unico elemento di discontinuità di un lavoro che offre oltre mezz’ora di growl catacombali e suoni ribassati all’inverosimile.
Chi è pronto a subire tutto questo, troverà anche più di un perché nell’ascolto di questo ritorno dei Rigor Sardonicous che racchiude, in qualche modo, la quintessenza del funeral nella sua forma più primitiva e priva di alleggerimenti di sorta.

Tracklist:
1. The Smiling Dead
2. The Hound
3. The Unsepulchered Dead
4. Intereo Parum Infantia

Line-up:
Glenn Hampton – Bass
Joseph J. Fogarazzo – Vocals, Guitars

RIGOR SARDONICOUS – Facebook

Moloch – The Experiment

The Experiment è un altro tassello posto da quello che oggi si sta confermando uno dei migliori e più credibili esponenti della scena dark synth.

Ritorna il geniale esponente polacco della darkwave elettronica con questo singolo contenente tre brani inediti più la riproposizione del cavallo di battaglia F.E.A.R.

Moloch possiede la dote di collocare la propria musica su un terreno raggiungibile da svariati punti di partenza, quindi anche per chi vi giunge da un background metal; del resto una traccia magnifica come The Experiment, pur nel suo essere tremendamente attuale, profuma intensamente di Ultravox e Kraftwerk, entità che fanno parte del vissuto di molti appassionati di musica a 360°.
Un quarto d’ora di puro e danzereccio godimento sonoro è quanto scaturisce da questo lavoro ispirato ai primi due film della serie Specie Mortale (Species), all’insegna di un horror fantascientifico che si rivela un’ideale accompagnamento visivo alla musica di Moloch.
The Experiment è un altro tassello posto da quello che oggi si sta confermando uno dei migliori e più credibili esponenti della scena dark synth.

Tracklist:
01. The Experiment
02. She Has Returned!
03. Catch-22
04. F.E.A.R. (Bonus)

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Satan’s Grind – Degenerazione EP

Accompagnata da testi più articolati che in passato, la musica segue il nuovo corso concedendosi non solo alla violenza tout court, ma sorprendendo per una vena elettronica e, se mi passate il termine, progressiva, variando atmosfere e ritmi anche nello spazio di un brano lungo un solo minuto.

I Satan’s Grind sono di fatto la band del musicista pugliese Antonio, chitarrista con un passato nei Blood Soda che nel 2016 decide di lasciare il gruppo per dedicarsi a questo progetto estremo dai taglio grind.

Una serie di ep e split, un paio di cambi al microfono, ed un presente che vede il nuovo cantante Giovanni (proveniente anch’egli dai Blood Soda) alle prese con i nove brani che compongono questi dieci minuti di musica estrema alquanto sperimentale intitolata Degenerazione.
Accompagnata da testi più articolati che in passato, la musica segue il nuovo corso concedendosi non solo alla violenza tout court, ma sorprendendo per una vena elettronica e, se mi passate il termine, progressiva, variando atmosfere e ritmi anche nello spazio di un brano lungo un solo minuto.
La presenza del piano in alcuni brani, l’alternanza tra elettronica e grind efferato fanno di brani come Indulto, Elettroesecuzione, la title track e la conclusiva Reprobo un modo originale per proporre una musica estrema come il grind, orchestrato con sagacia dai Satan’s Grind.
Il duo sta lavorando al full length che dovrebbe uscire il prossimo anno, noi vi terremo informati, nel frattempo non perdetevi questi dieci minuti di musica targata Satan’s Grind.

Tracklist
1.Pozzo Per L’Ade
2.Indulto
3.Bagno Nel Cocito
4.Pietà e Coscienza
5.Elettroesecuzione
6.Palpitazioni
7.Morbo
8.Degenerazione
9.Reprobo

Line-up
Antonio – Drum, Guitar and Bass programming
Giovanni – Lyrics and Vocals

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Anomalie – Integra

Nonostante si tratti di un ep, Integra vale ampiamente a livello qualitativo un album completo, rafforzando le reputazione del nome Anomalie al quale, forse, sarebbe opportuno dedicare qualche attenzione in più in futuro.

Anomalie è un progetto solista austriaco in circolazione dal 2011 con all’attivo già tre full length molto ben accolti: questa nuova uscita è un ep comunque abbastanza corposo, visto che presenta quattro tracce per poco meno di mezz’ora di musica.

Il black atmosferico offerto da Christian “Marrok” Brauch, il quale si fa accompagnare dall’ottimo batterista Lukas Schlintl, si rivela indubbiamente di buona qualità, mantenendo quell’andamento austero di matrice mitteleuropea al quale fornisce il suo ideale imprimatur Markus Stock in sala di registrazione.
Tutti questi elementi vanno a comporre una quadro compositivo convincente e vario, pur nel suo esibire per lo più un volto oscuro che non deroga mai dalla propria matrice stilistica, ed aprendosi a quelle sfumature post che risultano comunque meno accentuate che in altre band, senza rinunciare ad una componente melodica equilibrata e ben inserita nel contesto.
In tal senso, l’ascolto dell’ultima traccia Deliverance si rivela decisamente emblematico, in virtù di un incedere che spazia con grande disinvoltura tra le varie fonti di ispirazione mantenendo ugualmente il sound sempre ben compatto ed efficace.
Nonostante si tratti di un ep, Integra vale ampiamente a livello qualitativo un album completo, rafforzando le reputazione del nome Anomalie al quale, forse, sarebbe opportuno dedicare qualche attenzione in più in futuro.

Tracklist:
1. Rebirth
2. Aurora
3. Temples
4. Deliverance

Line-up:
Christian “Marrok” Brauch – Vocals, Guitars, Bass, Synths, Percussions
Lukas Schlintl – Drums

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Sodom – Partisan

Passano gli anni ma i Sodom continuano il massacro a colpi di mitragliate thrash metal che non fanno prigionieri, con due rasoiate che solleticano l’appetito dei fans in procinto di essere sfamati a dovere con l’imminente full length.

Una nuova uscita dei Sodom è sempre motivo per scrivere due righe, non fosse altro per l’importanza che la band tedesca ha avuto nella storia del thrash metal europeo.

I Sodom tornano con una nuova formazione che vede, oltre al mastermind Tom Angelripper, Frank Blackfire e Yorck Segatz alle chitarre e Husky alla batteria, ed un ep di tre brani composto da due inediti (la title track e Conflagration) ed un brano live estratto dalla performance che il gruppo ha tenuto al Rock Hard Festival di quest’anno (Tired & Red).
Passano gli anni ma i Sodom continuano il massacro a colpi di mitragliate thrash metal che non fanno prigionieri, con due rasoiate che solleticano l’appetito dei fans in procinto di essere sfamati a dovere con l’imminente full length.
Il brano dal vivo risulta il classico bombardamento sonoro a cui la band ci ha abituato in tale sede da oltre trent’anni, anche se la proposta in verità appare un po’ striminzita, potendo al contrario essere più esaustiva con qualche minuto di live in più.
Quindi accontentiamoci ed aspettiamo il nuovo lavoro che si preannuncia come l’ennesima tellurica opera da parte di una band ancora capace di esaltare i suoi ammiratori.

Tracklist
1. Partisan
2. Conflagration
3. Tired & Red (Live at the Rock Hard Festival 2018)

Line-up
Tom Angelripper – bass, vocals
Frank Blackfire – guitars
Yorck Segatz – guitars
Husky – drums

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Imber Luminis & Eyelessight – As The Sun In Your Eyes

As The Sun In Your Eyes è una mirabile sintesi tra quanto ha saputo fare Déhà con il suo progetto più vicino al depressive, Imber Luminis, e il più diretto e straziante approccio alla materia di Kjiel, accompagnata anche dal sempre presente HK alla batteria e, per l’occasione, anche alla voce.

L’incontro di anime sensibili e tormentate non può che produrre musica che rispecchia in toto queste caratteristiche.

La collaborazione di Kjiel, colei che non esito a definire l’artista di punta del movimento DSBM italiano, con il genio multiforme di Déhà ha preso forma in occasione dell’album degli Angor Animi, progetto della musicista abruzzese sbocciato lo scorso anno con lo splendido Cyclothymia, e si è rafforzata oggi con questo lungo brano di venticinque minuti, scaturito da un’improvvisazione nata agli Opus Studio di Bruxelles nel corso delle sessioni di registrazione di Athazagorafobia, il nuovo album degli Eyelessight.
As The Sun In Your Eyes, per quanto possa avere, in base a quanto detto, caratteristiche estemporanee, è in realtà una mirabile sintesi tra quanto ha saputo fare Déhà con il suo progetto più vicino al depressive, Imber Luminis, e il più diretto e straziante approccio alla materia di Kjiel, accompagnata anche dal sempre presente HK alla batteria e, per l’occasione, anche alla voce.
Gli ascoltatori più attenti potranno così cogliere con un certo agio le due anime fondersi in un sound unico, capace di conservare gli elementi peculiari di ciascuna di esse senza che l’una vada e prevaricare l’altra; sarebbe stato un vero peccato che quanto scaturito da questo incontro fosse rimasto inascoltato perché As The Sun In Your Eyes è una dimostrazione dell’enorme potenziale a disposizione dei musicisti coinvolti, senza dimenticare che tutto questo rappresenta anche, in fin dei conti, un’ideale viatico all’ascolto del nuovo album degli Eyelessight, appena uscito per Talheim Records.
Non mancano quindi i buoni motivi per ascoltare a far proprio questo doloroso e malinconico frammento musicale visitando il bandcamp degli Imber Luminis (https://imberluminis.bandcamp.com/album/as-the-sun-in-your-eyes).

Tracklist:
1. As The Sun In Your Eyes

Line-up:
Kjiel : Vocals, guitars
HK : Vocals, drums
Déhà : Vocals, guitar, bass, producing

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