Double Malt – Addiction

L’album mantiene per tutta la sua durata una buona varietà di ritmi ed atmosfere senza tralasciare il rock’n’roll, padre putativo di questo lavoro.

Ci spostiamo ormai con buona costanza tra i meandri dell’hard rock nato nella nostra penisola, di certo non avara di ottime band che, all’hard rock classico, aggiungono verve e soluzioni moderne con sempre più buoni risultati.

I Double Malt sono un sestetto abruzzese nato nel 2010, con un ep alle spalle (Woman) accolto molto bene dagli addetti ai lavori e che ha permesso loro di calcare i palchi con nomi importanti della scena hard rock italiana e mondiale, come Pino Scotto, Paul Gilbert, John Corabi, Faster Pussycat.
L’album, uscito da un po’ di tempo, è un buon esempio di hard rock americano, dalla vena street, ma che non manca di sfumature alternative, comunque mantenendo costante un approccio stradaiolo.
Le sei corde sparano riff metal rock, mentre le ritmiche tengono stretto un forte legame con il punk rock, genere che viene fuori anche nel cantato sporco del singer Alfredo Mariani.
C’è ne davvero per tutti i gusti in Addiction: tra le tracce fanno capolino una buona fetta dei gruppi storici del rock ottantiano e del decennio successivo, passando agevolmente tra ispirazioni losangeline (Guns ‘n’ Roses, L.A Guns), rock alternativo del decennio successivo, con che l’album che mantiene per tutta la sua durata una buona varietà di ritmi ed atmosfere non dimenticando il rock ‘n’ roll , padre putativo di questo lavoro.
Tra i brani, Room 182, il punk rock di Let Me Roll ed il rock irriverente di Therapy colpiscono nel segno, canzoni d’impatto che non mancheranno di appagare i gusti dei rockers sparsi per lo stivale.

TRACKLIST
1.Right Time
2.Hear Me, I Scream
3.Room 182
4.P.H.
5.Let Me Roll
6.Just You Know Why
7.Goodnight
8.Therapy (feat. Dario Rosignoli)
9.Long Way
10.Me and the Sweet Dark Side

LINE-UP
Alfredo Mariani – Voice
Vittoriano Palerma – Keyboards and synth
Angelo Lo Tesoriere- Guitar and backing vocals
Bruno Sciri – Guitar and backing vocals
Davide D’Amico – Drums
Francesco Casoli – Bass and backing vocals

DOUBLE MALT – Facebook

Almassacro – Ostilità

Uno dei migliori dischi underground italiani dell’anno, ed uno dei migliori lavori in ambito rapcore.

La musica ha molti usi, ognuno dentro di sé ne conosce il più intimo, quello più adatto a lui, ma sicuramente è il veicolo migliore della propria rabbia, e qui in Ostilità dei sardi Almassacro di rabbia ce n’è tanta.

Questo disco è una cosa rara, nel senso che musicalmente siamo nei sobborghi della New York anni novanta, dove il rap si abbracciava mortalmente al metal, o nella Los Angeles dei Downset, stessi codici facce diverse, come nella Sardinia del 2016. Gli Almassacro fanno un disco fantastico di metal e di rap, di cuore e di stomaco, testi bellissimi e una musica che viaggia benissimo. Il loro è un rapcore esplosivo, nemmeno politico, è rabbia che viene dal basso, contro i capi e i loro sgherri. Ostilità è proprio ciò che dice il titolo, ed è un lavoro esplosivo fatto benissimo, che fa il paio con un’altra meraviglia, ovvero il disco dei La Furia, altro capolavoro. Qui rispetto ai La Furia c’è più metal, più rapcore, anche perché i ragazzi del gruppo provengono da altre esperienze con gruppi prevalentemente hardcore, per cui le coordinate sono quelle ma si va oltre. Fa tantissimo anche l’essere sardi, perché sull’isola la rabbia gioca sempre in champions league. Colpisce durissimo questo disco, a partire da A.c.a.b.che non è la solita canzone contro le guardie, ma è molto di più, perché certi schemi in Italia si ripetono sempre e sono immutabili: leggete qui , e vedete se non vi ricorda Stefano Cucchi e molti altri, ma è un omicidio poliziesco del 1897…
Una delle cose migliori di questo disco sono i testi, davvero notevoli e intrisi di poesia urbana (che è un termine di merda ma è per intenderci), ed è uno dei migliori dischi underground italiani dell’anno nonchè in ambito rapcore. Qui non troverete salvezza, democrazia come la intendete voi, ma rabbia e voglia di vendetta di chi sulla strada c’è si è fatto le nocche dure; inoltre va a continuare una linea rossa che va dai Tear Me Down fino agli Almassacro, per continuare con gruppi come i Coru e Figau, e passa per spazi liberati, morti e carceri e non si interrompe mai, ma grida ancora.

TRACKLIST
1. Per Chi Sputa Sangue
2. Maschere di Cera
3. Atena Suicida
4. Colpo di Grazia
5. A.c.a.b.
6. Attitude
7. Nervi Tesi

LINE-UP
Ese – voice-
Yari – voice-
Sgrakkio – guitar-
Deddu – drum-
Safety – bass-

ALMASSACRO – Facebook

Daniel Gazzoli Project – Night Hunter

Un album riuscito ed interessante, proprio per l’enorme varietà di atmosfere ed influenze che, sotto le bandiere del classic metal e dell’hard rock, vivono in questi nove ottimi brani.

Classic metal d’alta scuola quello che ci presenta la nostrana Street Symphonies Records con il progetto del chitarrista e compositore Daniel Gazzoli il quale, aiutato da una manciata di musicisti della scena hard rock melodica dello stivale, ci consegna un piccolo gioiellino hard’n’heavy ottantiano, che alterna grinta metallica alla raffinata tradizione aor.

A collaborare con Gazzoli troviamo Leonardo F. Guillan, singer preparato e collaboratore in sede live con i Soul Seller, Luke Ferraresi batterista dei Perfect View ed il tastierista Luca Zannoni, con il chitarrista che si occupa anche del basso e dei synth.
Pronti via e con Night Hunter si sale sulla macchina del tempo, si torna al metal patinato delle grandi band hard rock del passato: il sound di ispirazione americana alterna classici anthem da arena rock ad effervescenti brani dove il blues sporca di attitudine il rock melodico del gruppo, con più di un passo nel metal tutta grinta e melodie che faceva capolino nelle classifiche rock nei lontani anni ’80.
Prodotto, cantato e suonato molto bene, Night Hunter è un prodotto molto professionale sotto ogni punto di vista, ma quello che più è importante è la musica e allora, cari miei rockers, tuffatevi tranquillamente in questo mare di note che risultano un tributo all’hard & heavy melodico, composto da una serie di tracce ispirate che vanno dal classic metal della title track e di Forged By The Pain, all’hard blues di Self Destruction Blues, dall’aor della splendida Liar, al rock da arena dell’altrettanto melodicissima Heartblame, fino alla ballatona Prayer For An Angel e al ritorno al metal tagliente della rabbiosa The Beast Of My Heart.
Un album riuscito ed interessante, proprio per l’enorme varietà di atmosfere ed influenze che, sotto le bandiere del classic metal e dell’hard rock, vivono in questi nove ottimi brani.

TRACKLIST
1. Night Hunter
2. Forged By The Pain
3. Liar
4. Self Destruction Blues
5. Heartblame
6. Run
7. Prayer For An Angel
8. Dont Leave Me Alone
9. The Beat Of My Heart

LINE-UP
Daniel Gazzoli – Guitar, Bass, Synth and Backing Vocals
Leonardo F. Guillan – Lead and Backing Vocals
Luke Ferraresi – Drums
Luca Zannoni – Keyboards

DANIELE GAZZOLI PROJECT – Facebook

Dark Lunacy – The Rain After The Snow

I Dark Lunacy sono una delle eccellenze, ma soprattutto una delle certezze, espresse dal movimento musicale italiano, non solo in ambito metal:

Prendendo in considerazione l’intero movimento metal italiano, i Dark Lunacy meriterebbero qualcosa di simile ad un premio alla carriera.

Intendiamoci, non si parla certo dell’omologo riconoscimento che viene conferito ad artisti imbolsiti e anche un po’ rincoglioniti: qui, infatti, si fa riferimento ad una realtà che continua ad essere guida ed esempio per tutte le band nostrane che vogliano aprirsi una strada peculiare per fare breccia nel cuore degli appassionati.
Mike prosegue nel suo percorso iniziato ormai nel lontano 1997, quando un manipolo di ragazzi parmensi si mise in testa l’idea meravigliosa di fondere il death metal con la musica classica: da allora ne sono scaturiti sei full length, dei quali uno seminale (Forget Me Not) ed un capolavoro assoluto (The Diarist), entrambi racchiusi nella fase centrale dello scorso decennio.
L’instabilità della line-up che ha visto nel corso degli anni avvicendarsi fin troppi musicisti alla corte di Mike, non ha certo contribuito a fornire ai Dark Lunacy quella continuità necessaria per continuare a sfornare lavori di quel livello: così, dopo un più opaco Weaver Of Forgotten, The Day Of Victory ha riportato la barra su coordinate vicine a The Diarist, sia riaffrontando tematiche legate alla cultura ed alla storia sovietica, sia ritrovando quella brillantezza che era venuta parzialmente meno nel lavoro precedente.
In The Rain After The Snow, ci si muove invece in scenari stilistici più vicini a Forget Me Not, con la differenza non da poco dell’introduzione di un elemento orchestrale quanto mai “reale” e perfettamente integrato con le pulsioni estreme del sound, grazie anche ad una produzione impeccabile.
Il tutto va ricondotto anche alla continuità compositiva offerta da Jacopo Rossi, musicista genovese attivo in diverse band di nome del capoluogo ligure (Antropofagus, Nerve, Will’O’Wisp), che ormai da qualche anno si sta rivelando l’ideale partner musicale di Mike.
The Rain After The Snow affronta il tema del passaggio tra la stagione invernale e quella primaverile quale metafora dell’esistenza stessa e, come avviene da anni, l’afflato poetico riversato da Mike nelle sue liriche si scontra non poco con il sempre roccioso e caratteristico growl; il fulcro del lavoro si trova nella fase centrale con l’accoppiata Gold, Rubies and Diamonds (non a caso la traccia scelta per essere accompagnata da un ottimo video) e la più struggente Precious Things, ma l’album è nella sua interezza una raccolta di brani preziosi, ricchi di un impatto melodico ed emotivo che rende l’ascolto piuttosto scorrevole, anche se in questo caso non si può certo parlare di un approccio leggero.
I Dark Lunacy sono una delle eccellenze, ma soprattutto una delle certezze, espresse dal movimento musicale italiano, non solo in ambito metal: al di là del merito d’aver aperto una strada che altri hanno parzialmente seguito ottenendo giustamente grandi riscontri (Fleshgod Apocalypse su tutti), non è così banale ritrovare una band capace, dopo vent’anni, di produrre arte di simile spessore, e credo che non servano altre parole per esortare chiunque di musica si nutre affinché venga tributato alla band parmense un supporto del tutto adeguato al suo indiscusso valore.

Tracklist:
1. Ab Umbra Lumen
2. Howl
3. King with No Throne
4. Gold, Rubies and Diamonds
5. Precious Things
6. Tide of My Heart
7. The Rain After the Snow
8. Life Deep in the Lake
9. The Awareness
10. Fragments of a Broken Dream

Line-up:
Mike Lunacy – Vocals, Lyrics
Jacopo Rossi – Bass, Piano
Marco Binda – Drums
Davide Rinaldi – Guitars

DARK LUNACY – Facebook

Vis – Vis Et Deus

Ancora una volta la Jolly Roger si distingue per un’iniziativa che aiuta a conoscere e comprendere la scena italiana dei primordi, valorizzando il lavoro e la passione di questi autentici pionieri del metal nel nostro paese.

Per suonare hard & heavy ci vuole anche forza (in latino Vis) e il gruppo nostrano di forza hard rock ne sprigionava molta, anche se Vis Et Deus, demo autoprodotto valse alla band un contratto con la Promosound che non portò successivamente altri frutti.

Fondata nel lontano 1984 dal batterista Mario Rusconi e dal chitarrrista Marco Becchetti, con il basso di Gino Ammaddio e la voce di Johnny Salani (con un passato nella Strana Officina), la band torna a far parlare di sé grazie al prezioso lavoro della nostrana Jolly Roger, che si è premurata di rimasterizzare l’album.
Vis Et Deus è un buon esempio dell’hard & heavy che si suonava all’epoca, con uno sguardo all’heavy metal britannico, all’hard rock che arrivava dalla terra dei canguri con qualche riff ispirato dai fratelli Angus e chiaramente debitore della band leggenda di quegli anni nel nostro paese, la Strana Officina.
L’album parte benissimo con Maria Stuarda, heavy rock dal retrogusto epico, ma la ballad Lacrime nella Pioggia riporta la band sulle strade dell’hard blues.
Inno Al Rock (dal titolo scontato) è forse il brano più puramente metallico di tutto il disco, dalle ritmiche che ricordano i primi Saxon, mentre Caronte è un mid tempo dove torna quel leggero tocco epico, già evidenziato sull’opener.
Il resto dei brani sono puro ottanta Style, perciò tanto entusiasmo da parte del gruppo (all’epoca non era così facile lasciare il segno per i gruppi metal) espresso tramnite inni hard & heavy che ora possono rivelarsi scontati, ma che all’epoca inorgoglivano i fans del genere.
Ancora una volta la Jolly Roger si distingue per un’iniziativa che aiuta a conoscere e comprendere la scena italiana dei primordi, valorizzando il lavoro e la passione di questi autentici pionieri del metal nel nostro paese.

TRACKLIST

1.Maria Stuarda
2.Lacrime Nella Pioggia
3.Inno Al Rock
4.La Ballerina Nera
5.Nanà La Gatta
6.Caronte
7.Rocker Batti Il Tuo Pugno
8.Vis Et Deus

LINE-UP

Johnny Salani – Vocals
Marco Becchetti – Lead Guitar
Gino Ammaddio – Bass
Mario Rusconi – Drums

VOTO
7.50

URL Facebook
http://

URL YouTube, Soundcloud, Bandcamp
[Not answered]

DESCRIZIONE SEO / RIASSUNTO

Eris Pluvia – Different Earths

Un buon lavoro, ispirato ed emozionante, pervaso di oscura e melanconica tristezza e perciò, in questi tempi di allegria artefatta, non per tutti.

Il rock progressivo torna sulle pagine di MetalEyes con il terzo lavoro dei genovesi Eris Pluvia, attivi dal 1980 anche se non troppo prolifici.

Siamo infatti arrivati solo al terzo album in più di trent’anni, eppure l’esordio Rings Of Earthly Light è considerato un must del rock progressivo uscito dallo stivale, dopo l’epoca aurea del decennio precedente.
Gli Eris Pluvia tornano così con un nuovo album ed una formazione rivoluzionata, dopo che Third Eye Light segnò il primo lavoro del nuovo millennio, anche se arrivato solo nel 2010 e, per di più, il gruppo l’anno dopo deve scontrarsi con il destino che li priva del tastierista Paolo Raciti, elemento importantissimo nell’economia del loro sound.
L’opera a lui dedicata, Different Earths, pur con qualche elemento innovativo prosegue la tradizione il percorso del gruppo ligure, il progressive rock che esce dalla mente e dagli strumenti è assolutamente ispirato alla tradizione, dunque l’album è dedicato ai fans del genere e nel genere si specchia nel suo elegante e raffinato incedere.
Trattasi di un concept legato alla condizione del pianeta e dell’impatto negativo dell’uomo su di essa, raccontato con una vena melanconica che porta inevitabilmente a pensare, lasciando che la musica fluisca in noi come l’acqua di un ruscello montano.
La musica degli Eris Pluvia mantiene un approccio delicato e, anche nei momenti più tragici e bui, la band continua a cesellare note incantevoli, intimiste ed avvolte in una tristezza radicata in anni testimoni del decadimento del nostro pianeta e dunque dell’uomo, ormai totalmente alla mercé di sé stesso.
Nove i brani che caratterizzano Different Earths, con il cuore dell’album lasciato alla bellissima ed emozionate Heroes Of The Dark Star e all’ incantevole Aqua.
Buona la prestazione, raffinata e mai urlante, di Roberto Minniti alla voce, e quella di Roberta Piras al flauto, che valorizza con interventi crimsoniani il sound di Different Lights, incentrato come giù espresso sul progressive rock tradizionale di Genesis e Camel.
Un buon lavoro, ispirato ed emozionante, pervaso di oscura e melanconica tristezza e perciò, in questi tempi di allegria artefatta, non per tutti.

TRACKLIST
1. Renaissance (TDOMS Reprise)
2. Man on a Rope
3. Aqua
4. Rain is Falling
5. Poet’s Island
6. Black Rainbow
7. Heroes of the Dark Star
8. Springtime Drop
9. The Door of my Soul

LINE-UP
Alessandro Cavatorti – guitars, words
Marco Forella – bass, piano, acoustic guitar, keyboards, drums, percussion
Roberta Piras – flute
Roberto Minniti – vocals

ERIS PLUVIA – Facebook

Damnatus – Io Odio La Vita

Una buona prova d’esordio, alla quella forse manca soltanto qualche spunto melodico più incisivo e melodico in grado d’imprimersi più a lungo nella memoria.

Damnatus è il nome dato al proprio progetto solista dal musicista alessandrino Oikos, all’esordio con questo ep intitolato Io Odio La Vita.

Ci troviamo mani e piedi negli anfratti più oscuri e dolenti del depressive black, che qui viene offerto in maniera molto esplicita anche dal punto di vista lirico. Se le coordinate sonore e stilistiche sono quelle consuete del dsbm, con i protagonisti che urlano tutto il loro disagio su una base piuttosto malinconica e melodica, non si può mai fare a meno di apprezzare questa particolare forma musicale, capace di far riflettere ciascuno sui pensieri più negativi ed autodistruttivi che ognuno prova in determinati momenti della propria esistenza.
L’operato dei Damnatus rientra nella media per la sua resa finale, rivelandosi ben eseguito, tutto sommato ben prodotto per gli standard del genere e convincente anche a livello lirico, pur evidenziando a volte qualche accentuazione retorica di troppo: di sicuro, però, alla fine dell’ascolto resta la consapevolezza del fatto che l’alienazione ed il desiderio di fuga del protagonista verso un solo approdo, la morte, rappresentano un qualcosa appartenente al vissuto di tutti noi e con il quale, prima o poi, si è destinati a dover fare i conti.
Anche per questo amo il depressive, per il coraggio di chi lo suona nel mettere in piazza, con un auspicabile effetto catartico, quel malessere che spesso viene nascosto sotto maschere di convenienza che non riescono a celare del tutto l’inanità di gran parte dei nostri gesti quotidiani.
Per Oikos, quindi, una buona prova d’esordio, alla quella forse manca soltanto qualche spunto melodico più incisivo e melodico in grado d’imprimersi più a lungo nella memoria.

Tracklist:
1. Intro
2. Primavera depressa
3. Ricaduta
4. Le ferite non si rimarginano
5. Il ricordo inesistente di una vita andata a male

Line-up:
Oikos – Vocals, All Instruments

Dead Behind The Scenes – Black EP

Come già scritto in occasione del primo lavoro, i Dead Behind The Scenes sono una band da seguire con molta attenzione, oltre che rappresentare uno degli esempi più fulgidi della bontà della scena alternative dello stivale.

A distanza di un anno tornano i Dead Behind The Scenes con il Black ep che segue il precedente White, uscito sempre con il supporto della Atomic Stuff.

Per chi non conoscesse la band milanese, il quintetto è dedito ad un rock alternativo ispirato da una vena progressiva (specialmente in questo capitolo) ed un impatto da punk rock band, con il singer Dave Bosetti dal particolare cantato che si avvicina a quella di Les Claypool dei Primus, ed una personalità spiccata che riesce a far risultare il gruppo sempre convincente in ognuna delle sfumature musicali che compogono il suo sound.
Il Black ep è molto più ragionato ed intimista rispetto al primo lavoro, anche il concept che si basa sulle paure ed il rifiuto di esse da parte dell’individuo, è perfettamente inserito in questo ottimo esempio di rock alternativo tragico ed oscuro, che accompagna il viaggio nei meandri dell’io.
Il risultato è convincente e la parte tooliana del sound del gruppo è chiaramente più in luce rispetto al passato, apportando una velo di sperimentazione che preclude un facile ascolto ma non per questo ne abbassa la qualit, tutt’altro.
Living On My Own cambia subito le carte in tavola rispetto all’opener Empty Skies, più progressiva rispetto all’approccio alternative /punk della seconda, ma è un attimo perché Etius e Valentine, dal tappeto di synth in stile dark wave, portano a Mr.Paranoia, capolavoro non solo di questo album ma di tutta la discografia finora prodotta dal gruppo, in un crescendo di emozioni tra Tool e Smashing Pumpkins.
Si ritorna all’alternative rock progressivo dell’opener, con la conclusiva A.T.M. (All These Memories) sunto del mood oscuro e tragico di questo lavoro, un dischetto che ipoteticamente accompagnato dal primo (lasciandoli comunque separati) formerebbe un’unica opera assolutamente interessante e fuori dagli schemi.
Come già scritto in occasione del primo lavoro, i Dead Behind The Scenes sono una band da seguire con molta attenzione, oltre che rappresentare uno degli esempi più fulgidi della bontà della scena alternative dello stivale.

TRACKLIST
1. Empty Skies
2. Living On My Own
3. Etius
4. Another Valentine
5. Mr. Paranoia
6. A.T.M. (All These Memories)

LINE-UP
Dave Bosetti – lead vocals, guitar
Marco Tedeschi – guitar
Lorenzo Di Blasi – keyboards, piano
Valerio Roman – bass
Chris Lusetti – drums, backing vocals

DEAD BEHIND THE SCENES – Facebook

Dreariness – Fragments

I Dreariness confermano e rafforzano con Fragments il loro status di band capace di produrre musica di bellezza cristallina, ammantata da una spessa coltre di oscurità ed inquietudine.

Attendevo con curiosità il secondo album dei Dreariness, band che mi aveva colpito alla sua prima uscita (My Mind Is Too Weak To Forget – 2013) con una proposta radicata nel depressive, ma con quel qualcosa in più a livello poetico e melodico in grado di fare la differenza.

In questo nuovo Fragments il sound appare più meditato in molte sue parti, ma nulla cambia riguardo al tormento e la sofferenza che la musica dei Dreariness induce, utilizzando come strumento aggiunto la voce di Tenebra, che si dimostra una delle interpreti più credibili del settore.
Il suo screaming esasperato è accompagnato da vocals pulite (altro elemento di novità rispetto al passato) che ne sono l’ideale contraltare, e il tutto va a comporre un quadro compositivo che si potrebbe definire depressive blackgaze ma che, in fondo, è solo un modo come un altro, per quanto necessario, di definire un sound in cui le melodie create da Gris e ben punteggiate dal drumming di Torpor vengono trasformate in qualcosa di realmente inquietante dagli interventi vocali.
Infatti, se gli Alcest, con il loro shoegaze, ci conducono per mano all’interno dei sogni di Neige, con i Dreariness ci si addentra in una realtà onirica prossima all’incubo, quasi che le asprezze vocali intendano riportarci bruscamente ad una realtà che la mente immagina meno ostile e più rassicurante.
Vengono rappresentati frammenti di luce, a tratti abbacinante, che vivono nella nostra mente lo spazio della vita di una lucciola, prima d’essere oscurati dall’inquietudine e dal senso di costante inadeguatezza di fronte al mistero dell’esistenza: un qualcosa che ogni mente dotata di n minimo di raziocinio non può fare a meno di provare.
Melodie struggenti sono la colonna sonora di una vita in frantumi, la cui catarsi finale però non avviene necessariamente con l’autoannientamento, ma può giungere anche attraverso un azzeramento del proprio vissuto propedeutico ad una nuova rinascita.
Di certo l’ascolto di un album dei Dreariness non è mai né semplice né banale: questa è musica che provoca non poco turbamento, anche se le sonorità meno aspre rispetto al più classico depressive favoriscono un approccio meno ostico per chi dovesse approdare a Fragments con un background meno estremo.
Quasi un’ora di musica sognante, che la voce di Tenebra trasforma sovente in un incubo dal quale il risveglio, però, potrebbe rivelarsi tutt’altro che una liberazione, è il magnifico contenuto di un album dall’elevato impatto emotivo, nel quale ogni passaggio è funzionale allo scopo e dove The Blue ( traccia “novembrina” non solo per il titolo) e In The Deep Of Your Eyes catturano qualche consenso in più nella mia personale scala di gradimento, prima che la splendida Catharsis chiuda il lavoro quale autentico manifesto concettuale reso ancor più potente dall’utilizzo della nostra lingua.
I Dreariness confermano e rafforzano con Fragments il loro status di band capace di produrre musica di bellezza cristallina, ammantata da una spessa coltre di oscurità ed inquietudine: francamente, oggi, non credo ci sia in giro un’altra realtà, in questo specifico settore, capace di trasmettere con eguale forza e cristallina bellezza un tale senso di senso di prostrazione e smarrimento.

Tracklist:
1. Starless Night
2. The Blue
3. Essence
4. In the Deep of Your Eyes
5. Somnium
6. No Temporary Dreams
7. Catharsis

Line-up:
Tenebra – Vocals
Grìs – Guitars, Bass, Keys
Torpor – Drums

DREARINESS – Facebook

Helushka – Signora Libertà

Gli Helushka sanno dove vogliono andare e rispolverano una tradizione rock che è viva nell’underground ma che non riesce a venire a galla, e proprio loro potrebbero riuscire a colmare questa lacuna.

Gli Helushka sono un gruppo di Cagliari formatosi nel 2014 e Signora Libertà è il loro esordio discografico, un singolo che precede la prossima uscita del full length Giromondo.

Gli Helushka fanno rock and roll all’italiana, con molta melodia e buone composizioni sonore. Questo singolo ci fa conoscere un gruppo che ha un suono composito e personale, un rock and roll vitaminico e con un gran lavoro di tastiere, alla ricerca di una melodia che eleva il tutto ad un buon livello. Gli Helushka sanno dove vogliono andare e rispolverano una tradizione rock che è viva nell’underground ma che non riesce a venire a galla, e proprio loro potrebbero riuscire a colmare questa lacuna. Un antipasto corposo e che promette bene.

TRACKLIST
1. Signora Llibertà

LINE-UP
Alessio Mereu – Guitars
Michele Inconi – Drums
Stefano Matta – Guitars
Annalisa Di Giacomo – Bass
Samuele Zara – Voice

HELUSHKA – Facebook

https://www.youtube.com/watch?v=2QRq_Szdq64

Ancestral – Master Of Fate

Master Of Fate sprizza furia metallica genuina, magari per molti già sentita e risentita, ma ottimamente suonata e prodotta, epica nel suo glorificare il metal classico in tutti i suoi aspetti più conosciuti che non smetteremo comunque di amare, in barba ai detrattori e ai fautori dell’originalità a tutti i costi.

Una mazzata tremenda di power speed metal è in arrivo via Iron Shields, nuova label degli Ancestral, band proveniente da Trapani di ritorno sul mercato dopo un silenzio lungo dieci anni.

Il gruppo infatti, attivo dall’alba del nuovo millennio, dopo due demo aveva esordito con il full length The Ancient Curse nel 2007, per poi sparire e tornare più forte di prima con il nuovo Master Of Fate.
Dieci anni di silenzio e grosse novità nelle line up, con i fratelli Mendolia a formare la devastante sezione ritmica, Alessandro Olivo alla sei corde e poi i due nuovi innesti, l’axeman Carmelo Scozzari (al posto di Giovan Battista Ferrantello) e Jo Lombardo che prende il posto di Mirko Olivo dietro al microfono.
Master Of Fate sarà sicuramente una grossa sorpresa per gli amanti del power metal classicamente tedesco, senza ghirigori orchestrali tanto di moda negli ultimi tempi, con l’ acceleratore sempre premuto a tavoletta, una prova di sezione ritmica e chitarre convincente e con un Lombardo sontuoso al microfono; l’album a tratti risulta travolgente, una botta di vita power/speed come non se ne sentono poi così tante in giro, neanche dalla germanica terra natia.
La band non fa sconti e parte alal meglio, Back To Life è subito grande metal classico, ritmiche serrate, grandi chorus, sei corde che si rincorrono tra ritmiche veloci come il vento e mid tempo rocciosi, un’apoteosi di suoni metallici impreziositi dalla prova incandescente del singer e di un songwriting che fino alla conclusiva cover degli Helloween (Savage) non lascia respiro.
Master Of Fate sprizza furia metallica genuina, magari per molti già sentita e risentita, ma ottimamente suonata e prodotta, epica nel suo glorificare il metal classico in tutti i suoi aspetti più conosciuti che non smetteremo comunque di amare, in barba ai detrattori e ai fautori dell’originalità a tutti i costi.
Il power metal tedesco è la base del lavoro, poi si rinviene qualche accenno all’heavy classico, tanta epica melodia e sfuriate ritmiche che sfiorano il thrash, con chitarre  le sei corde che sputano lingue di fuoco come i molti vulcani della Sicilia: Master Of Fate è questo, con due o tre brani entusiasmanti (la title track, lo strumentale Refuge Of Souls ed il massacro intitolato On The Route Of Death) che trainano una tracklist priva di cedimenti di sorta.
Un pezzo di granito power speed consigliato a tutti i true defenders, del resto gli Ancestral non potevano rientrare sulle scene in modo migliore.

TRACKLIST
1. Back To Life
2. Wind Of Egadi
3. Seven Months Of Siege
4. Master Of Fate
5. Refuge Of Souls (instr.)
6. Lust For Supremacy
7. No More Regrets
8. On The Route Of Death
9. From Beyond
10. Savage (Helloween cover)

LINE-UP
Jo Lombardo – Vocals
Carmelo Scozzari – Guitars
Alessandro Olivo – Guitars
Massimiliano Mendolia – Drums
Domiziano Mendolia – Bass

ANCESTRAL – Facebook

The Sinatra’s – Nerves

I The Sinatra’s sono in giro dal 2005 a macinare chilometri, dischi e canzoni, e ci sono sempre, come quelle macchine che non ti abbandonano mai, e questo disco lo testimonia.

I The Sinatra’s sono un gruppo che fa musica rumorosa ed emozionante, con molte influenze dalla scena dell’alternative modern metal a stelle e strisce.

Come dice già il titolo del disco, il suono che troverete è dominato dai nervi, ma c’è anche tantissima melodia, anzi la melodia qui regna su tutto. Il suono è molto radiofonico e piacevole, i The Sinatra’s ci mettono del loro, creando atmosfere molto interessanti, facendo rumore e pesanti melodie, tenendo in primo piano l’impatto dal vivo che è notevole. I The Sinatras’s sono un gruppo che fa musica per emozionare il loro pubblico, con un’azzeccata formula in bilico fra emo, metal e la melodia italiana; sono in giro dl 2005 e sono un gruppo che macina chilometri, dischi e canzoni, e ci sono sempre, come quelle macchine che non ti abbandonano mai, e questo disco lo testimonia. Note come dolce lava, una voce che ti culla e ti sculaccia quando è il caso, ed un rifacimento in pieno stile Sinatra’s di Helter Skelter dei Beatles, con tante emozioni e divertimento da parte un gruppo che si impegna e porta sempre a casa il risultato.

TRACKLIST
01. Landscapes
02. It Came From The Sand
03. Useless Perspectives
04. Nightdrive
05. Shelter
06. Black Feeder
07. Helter Skelter
08. Mare Magnum
09. Sleeping Giant
10. For The Lost

LINE-UP
Nicola Sant’Agata – Vocals
Nelson Picone – Guitar
Gennaro “Johnny” Caserta – Drums
Orazio Costello – Bass

THE SINATRA’S – Facebook

Ruxt – Behind The Masquerade

Un album d’altri tempi che, forse, avrebbe fatto eruttare vulcani, scintillare spadoni e creato in cielo ponti colorati: fatelo vostro e questi miracoli si avvereranno sotto l’effetto della musica dei Ruxt.

Forse non tutti sanno che Jorn Lande non solo è uno dei più accreditati eredi del grande Ronnie James Dio, ma in passato ha portato in giro per i palchi la musica degli Whitesnake con i The Snakes della coppia Moody/Marsden con cui ha registrato l’album di inediti Once Bitten ed un live nel 1998.

Il riferimento non è affatto casuale, perché questo nuovo super gruppo ligure chiamato Ruxt , ha nel vocalist Matt Bernardi (Purplesnake) il suo Jorn, spettacolare singer, perfetto per valorizzare questa sontuosa raccolta di brani che di classic metal si nutre, così come si abbevera alla fonte dell’hard rock.
In compagnia del singer troviamo la coppia di chitarristi Stefano Galleano ed Andrea Raffaele (Snake, Rock.It), il bassista Steve Vawamas (Athlantis, Mastercastle) e il batterista Alessio Spallarossa (Sadist).
In uscita per la label genovese Diamonds Prod., Behind The Masquerade letteralmente incanta grazie non solo alla clamorosa performance del cantante al microfono, ma anche per un songwriting ispiratissimo ed una produzione cristallina.
Quasi settanta minuti immersi nel heavy/ hard rock ispirato dalla famiglia Deep Purple, così oltre che al serpente bianco, anche l’arcobaleno più famoso del rock fa capolino tra le nobili note suonate dal gruppo, con l’aggiunta di un pizzico di Dio solista ed ovviamente della discografia del cantante norvegese che della famiglia è l’erede.
Dal momento in cui il mid tempo di Scare My Demons ci accoglie nel mondo dei Ruxt , per quasi settanta minuti veniamo travolti da suoni che hanno fatto storia, tra mid tempo epici, hard rock blues drammatici di scuola Whitesnake e sontuosi brani heavy metal, dove le chitarre non mancano di riversare tempeste di solos classici forgiati sul monte dove il pugno degli dei tenne stretto l’arcobaleno di Blackmore .
Niente di originale, solo hard & heavy che ogni amante del genere dovrebbe ascoltare con le mani giunte, ringraziando quello in cui crede per questo inatteso regalo, davvero straordinario nel tributare un modo di fare rock che fino ad oggi aveva i suoi massimi esponenti in Lande e negli svedesi Astral Doors, ma a cui si aggiunge il quartetto ligure grazie alle splendide Spirit Road, Where Eagles Fly, Lead Your Destiny (su cui si posa il corvo simbolo del Lande solista) e ancora Daisy e Between The Lies.
Un album d’altri tempi che, forse, avrebbe fatto eruttare vulcani, scintillare spadoni e creato in cielo ponti colorati: fatelo vostro e questi miracoli si avvereranno sotto l’effetto della musica dei Ruxt.

TRACKLIST
1.Intro
2.Scare My Demons
3.Soul Keeper
4.Spirit Road
5.Forever Be
6.Where Eagles Fly
7.Lead Your Destiny
8.A New Tomorrow
9.Daisy
10.Life
11.Between The Lies
12.Forgive me
13.Madness Of Man
14.Soldier of Fortune

LINE-UP
Matt Bernardi – Vocals
Stefano Galleano – Guitars
Andrea Raffaele – Guitars
Steve Vawamas – Bass
Alessio Spallarossa- Drums

RUXT – Facebook

Aenigma – The Awakening

Al primo lavoro gli Aenigma confermano di essere una band dal buon potenziale, del resto le caratteristiche principali per piacere ai fans del genere ci sono tutte.

Un altro gruppo si affaccia sulla scena symphonic gothic metal tricolore, si tratta dei toscani Aenigma.

La band licenzia il suo primo lavoro, questo ep dal titolo The Awakening, sette brani compresi di intro e cover (Song Of Durin della cantante Eurielle) per un mezz’oretta di symphonic gothic metal ben strutturato, dal piglio cinematografico, che alterna potenza power, atmosfere epic/folk ed una buona ma mai invadente parte orchestrale.
Nata tre anni fa ed arrivata al debutto dopo qualche assestamento nella line up, la band lascia sicuramente un’ottima impressione sull’ascoltatore, le sue carte sono tutte al posto giusto e The Awakening si presenta come un album professionale sotto tutti gli aspetti.
Chiaro che il genere, ormai, non lascia particolare spazio all’originalità, e le influenze dichiarate dal gruppo sono più o meno quelle che si riscontrano all’ascolto dei brani ma, complici la buona prova della singer (Caterina Bianchi) ed un impatto heavy sostenuto dal tappeto orchestrale prodotto dalle tastiere, The Awakening funziona e risulta sicuramente un’ottima partenza per gli Aenigma.
Subito dopo l’intro la band si gioca il jolly con il suo brano migliore, Your Ghost: un symphonic power metal dai tratti gothic, pregno di melodia, potente nelle ritmiche e dall’ottimo appeal.
Silence lascia ai tasti d’avorio il compito di aprire le danze, il chorus è ancora una volta azzeccato, mentre il brano in generale segue le coordinate del suo predecessore.
Unleash The Storm lascia spazio alla bellissima e già citata Song Of Durin, canzone dalle atmosfere epic/folk interpretata con delicata maestria dalla Bianchi, qui in versione elfica, mentre il power metal di Weakness e le ottime orchestrazioni della conclusiva The Darkest Side ci accompagnano al finale di questo buon lavoro.
Al primo lavoro gli Aenigma confermano di essere una band dal buon potenziale, del resto le caratteristiche principali per piacere ai fans del genere ci sono tutte.

TRACKLIST
1. Intro
2. Your ghost
3. Silence
4. Unleash the storm
5. Song of Durin(Eurielle Cover)
6. Weakness
7. The darkest side

LINE-UP
Caterina Bianchi – Vocals
Matteo Pasquini – Drums
Lorenzo Ciurli – Guitars, Vocals
Denis Hajolli – Keyboards
Valerio Mainardi – Bass

AENIGMA – Facebook

MindAheaD – Reflections

Un viaggio soprattutto mentale che porta inevitabilmente ad una alternanza tra passaggi intimisti e crimsoniani, e sfuriate death metal tecnicamente ineccepibili.

Nei Campi di Controllo della Mente il tempo sembrava essersi fermato all’ultima Grande Guerra; il progetto di recupero informazioni non era terminato del tutto, la macchina adibita a tale compito era ormai vecchia ed il soggetto collegato ad essa,#6119, cercava di resistere alle allucinazioni causate dagli innesti di falsi ricordi e di false emozioni.

Il debutto dei toscani MindAheaD parte da qui, da questo concept dalla chiara trama sci-fi, ed il sound che accompagna la storia passa agevolmente dal progressive al metal estremo per un ottimo risultato finale.
La Revalve come label e Simone Mularoni ad occuparsi della masterizzazione nei suoi Domination Studios sono sicuramente garanzie di qualità, e la band sfrutta a dovere i suoi jolly con un’opera intrigante e ben congegnata.
Il gruppo fondato dal chitarrista Nicola D’Alessio, con un passato in Hellrage ed Athena nel 2010, dopo alcuni assestamenti nella line up arrivano finalmente al traguardo del primo full length, un concept come nella migliori tradizione progressiva, soluzione in questi anni molto utilizzata pure dai gruppi metal ed estremi.
E di metal si nutre la musica del sestetto, così come di death e prog, riuscendo a far convivere le varie influenze in un unico caleidoscopio di musica e sfumature dai colori scuri, pregni di drammatica follia.
Un viaggio soprattutto mentale che porta inevitabilmente ad una alternanza tra passaggi intimisti e crimsoniani, e sfuriate death metal tecnicamente ineccepibili.
L’uso delle due voci accentua questo scendere e salire sull’ottovolante mentale, disturbato e rabbioso (il growl) delicatamente epico e dai tratti gotici (la voce femminile), mentre la musica dona cangianti sfumature progressive.
Dopo l’intro, l’incedere estremo dei primi tre brani è di assoluto impatto, con Mind Control a prendersi la scena e far risplendere le capacità strumentali dei vari musicisti del gruppo, con la sezione ritmica a dispensare furia metallica e le voci a duettare in una tempesta estrema.
I dieci minuti di Amigdala fungono da sunto della musica del gruppo toscano, parti atmosferiche si danno il cambio a sezioni metalliche più accentuate, la vena progressive infonde nel sound un tocco maturo, adulto, lasciando che le oscure trame musicali si insedino dentro all’ascoltatore.
Ad un ascolto superficiale si potrebbe scambiare facilmente i MindAheaD per un gruppo gothic metal, come i tanti che invadono il mercato odierno, ma non fatevi ingannare dall’uso della voce femminile, la musica del gruppo va oltre ai soliti cliché e si insinua tra i meandri del progressive metal, con la giusta personalità per ritagliarsi un prezioso spazio tra le migliori realtà nostrane.

TRACKLIST
1.Intro: Reflection
2.Remain Intact
3.Mind Control
4…On the Dead Snow
5.Amigdala
a. Anxiety
b. Fear
c. Panic
6.Emerald Green Eyes
7.The Mask Through the Looking Glass
a. Ballad of the Mad Jester
b. The Mask
8.Farewell
9.Three Sides of a Dangerous Mind
a. The Fall in the Subconscious
b. My Dirty Soul
c. Three Are My Faces
10 Outro: Memories

LINE-UP
Frank Novelli – Vocals
Kyo Calati – Vocals
Nicola D’Alessio – Guitar
Guido “Shiboh” Scibetta – Guitar
Matteo Prandini – Bass
Matteo Ferrigno – Drums

MINDAHEAD – Facebook
https://www.youtube.com/watch?v=Y7q2eXjn-p4

DESCRIZIONE SEO / RIASSUNTO

Windshades – Crucified Dreams

Bravi e a loro modo originali, gli Windshades risultano una bella sorpresa ed un nome su cui i fans del genere possono tranquillamente puntare, aspettando il probabile arrivo del primo full length.

Accompagnato da una splendida copertina che ha ricordato al sottoscritto le atmosfere del romanzo I Pilastri Della Terra di Ken Follett, arriva sul mercato Crucified Dreams, ep di tre brani con cui gli Windshades debuttano per la nostrana Atomic Stuff che ha messo a disposizione della band i suoi studi di registrazione ed il talento di Oscar Burato, che si è occupato di registrazione, mixaggio e masterizzazione.

Il gruppo proveniente dalla provincia di Mantova e fondato lo scorso anno dalla cantate Chiara Manzoli e dal batterista Carlo Bergamaschi, ci propone un buon metal dalle trame gotiche, dove le ritmiche serrate fanno da contrasto alla voce dai rimandi classici ed operistici della singer, mantenendo in primo piano un ottimo impatto heavy.
Si potrebbe parlare di un mix ben assortito di heavy metal (nel buon lavoro delle due chitarre si riscontrano rimandi agli Iron Maiden) e sonorità dark/gothic, con la parte sinfonica inesistente se non per l’uso della voce operistica.
Non male, Crucified Dreams si ritaglia un suo spazio nel genere, l’impatto terremotante della sezione ritmica, i solos taglienti ed un ottimo impatto si placano solo nella parte iniziale di Resurrection, mentre in generale il gruppo imprime la giusta dose di potenza al proprio sound, non facendo mancare una buona dose di velocità, sempre in contrasto con la sublime voce della cantante.
Metafora è attraversata da sali e scendi maideniani, Resurrection parte delicata e prepara l’ascoltatore alla danza metallica, con la cantate che ispirata, fa volare la sua voce sulle scariche elettriche ed oscure degli strumenti, mentre la conclusiva title track risulta il brano più estremo del gruppo, su cui il gruppo alterna potenti mid tempo a veloci fughe al confine tra heavy e thrash.
Bravi e a loro modo originali, gli Windshades risultano una bella sorpresa ed un nome su cui i fans del genere possono tranquillamente puntare, aspettando il probabile arrivo del primo full length.

TRACKLIST
01. Metafora
02. Resurrection
03. Crucified Dreams

LINE-UP
Chiara Manzoli – Voice
Matteo Usberti – Guitar
Riccardo Soresina – Guitar
Andrea Bissolati – Bass
Carlo Bergamaschi – Drums

WINDSHADEDS – FacebookURL YouTube, Soundcloud, Bandcamp

Saturno – Thou Art All

La buona tecnica permette alla band avventurose e velocissime arrampicate su e giù per lo spartito, senza sacrificare la forma canzone, assolutamente imprescindibile per la riuscita dei brani.

Con il primo lavoro dei ferraresi Saturno ci troviamo al cospetto di un’opera di death metal tecnico e brutale, racchiusa in cinque brani per quindici minuti di musica dal titolo Thou Art All.

Il quartetto nostrano confeziona questo antipasto alla propria carriera mettendo subito in chiaro che qui si fa death metal tripallico, progressivamente brutale e squisitamente tecnico, dai rimandi ai gruppi storici statunitensi (padri del genere) , ma con una personalità da veterani.
Non manca nulla a Thou Art All per farsi apprezare: buona tecnica esecutiva, impatto enorme, blast beat alternati a parti dalle ottime varianti ritmiche, vorticosi solos, il tutto accompagnato da un growl come il genere richiede.
La buona tecnica permette alla band avventurose e velocissime arrampicate su e giù per lo spartito, senza sacrificare la forma canzone, assolutamente imprescindibile per la riuscita dei brani, anche nel metal estremo, così che l’opener Creator e l’accoppiata Preserver/Birthrope non mancano di lasciare un’ ottima impressione sulle potenzialità in mano ai Saturno.
Il gruppo merita il giusto supporto ed una spinta verso il traguardo importantissimo del primo full length, parola di MetalEyes!

TRACKLIST
1.Creator
2.Devotion
3.Preserver
4.Birthrope
5.Destroyer

LINE-UP
Tommaso Pellegrini – Guitars
Alessio Giberti – Guitars
Nicola Donegà – Bass
Nico Malanchini – Drums

SATURNO – Facebook