Blut – Inside My Mind Part II

Inside My Mind Part II è una passeggiata tra le vie illuminate dalla fredda luce dei lampioni di una città oscura e decadente, trasformata da una mente malata in una città di creature bizzarre, un sorta di circo gotico presentato con estrema cura dal suo inventore e presentatore, Alessandro Schümperlin.

Questa creatura industrial/gothic chiamata Blut è il progetto del musicista Alessandro Schümperlin, che licenzia il suo secondo lavoro intitolato Inside My Mind Part II.

Quando ho letto Blut, la mia mente è andata agli Atrocity ed alla loro famosa opera dal concept vampiresco uscita nel 1994, ma di altra natura risulta questo lavoro, orchestrato su una base elettronica, campionamenti ed altre diavolerie per un risultato che tutto sommato può soddisfare gli amanti dei suoni sintetici, anche se il gruppo non manca di variare il sound e teatralizzare l’approccio.
Impreziosito dalla voce femminile della bravissima Marika Valli degli Eternal Silence, l’album si avvale di una buona alternanza di atmosfere dark, con qualche accenno alla new wave anni ottanta, (Depeche Mode) e da ombrose tinte gotiche, lasciando che il tappeto sintetico sia sempre l’assoluto protagonista.
Inside My Mind Part II risulta così una passeggiata tra le vie illuminate dalla fredda luce dei lampioni di una città tetra e decadente, trasformata da una mente malata in una città di creature freaks, un circo gotico presentato con estrema cura dal suo inventore e presentatore, Alessandro Schümperlin.
Intorno si aggirano personaggi e suoni che fanno da contorno alla voce del leader, mentre ci prende per mano e ci accompagna in un oscuro locale dove suonano dance anni ottanta ed elettronica tedesca.
L’album arriva alla fine senza grossi picchi ma neanche particolari cadute, riuscendo a non far perdere l’attenzione in chi ascolta, tra accenni ai soliti Rammstein quando la sei corde alza la voce.
Se la musica elettronica ed il gothic/dark fanno parte dei vostri abituali ascolti, Inside My Mind Part II potrebbe rivelarsi una sorpresa, altrimenti rivolgete le vostre attenzioni altrove, perchè My Naked Soul (splendida) e gli altri brani che compongono l’opera non fanno per voi.

Tracklist
1.Double Trouple
2.Reduplicative
3.Jerusalem Calls Me
4.A Matter of Choice
5.Kesswill 25-07-1875
6.Sigmun Freud ist mein Nachbar
7.Wind Ego
8.My Naked Soul
9.Folly of Two
10.Ekbom
11.Jerusalem Calls Me extended version

Line-up
Alessandro Schümperlin – voice, programming, backing voice, producer and (de)composer
Marika Vanni – Voice and backing vocals
Valentina Carlone – Dancer and performes
Fabio Attacco – Bass, backing vocals
Andrea “Ceppo” Faglia – Guitars
Alessandro Boraso – Drums

BLUT – Facebook

Breve storia di un grande gruppo: gli Holy Moses

Quando si parla di thrash in Germania vengono subito in mente i big four tedeschi (Kreator, Sodom, Destruction e Tankard). Eppure, se non altro per longevità, si potrebbero aggiungere anche gli Holy Moses, dalla discografia davvero nutritissima. Andiamo, pertanto, a riscoprirli, tramite questa breve retrospettiva.

Gli Holy Moses furono fondati da Raymond Brusseler, nel lontano 1979, influenzati dall’hard rock e dall’heavy britannico di quel periodo. Per un quinquennio il gruppo vivacchiò e la vera svolta arrivò solo nel 1984, quando entrarono in formazione i due coniugi Classen, Sabina alla voce ed Andy alla chitarra. Con loro vennero incisi due nastri, Walpurgis Night e The Bitch, che fruttarono un contratto con la Aaarrg Records (la label dei connazionali Mekong Delta e Living Death e dei belgi Target). Il 1986 vide l’esordio degli Holy Moses sulla lunga distanza, con Queen of Siam, ancor oggigiorno un piccolo classico. L’anno del vero salto di qualità fu tuttavia il 1987, quando apparve il loro Finished With the Dogs, che conquistò i fans del thrash. I pezzi sono colmi di carisma e molto oscuri, classici dello speed teutonico con il basso martellante, riff secchi e decisi, sorretti da una produzione ferrosa e metallica. La title-track ha inoltre una carica punk che è degna degli Exploited più tirati. Fortress of Desperation si inoltra invece nel doom: i risultati sono a dire poco grandiosi e inquietanti. Anche il mosh-core di Six Fat Woman, con una doppia cassa chirurgica, non è di certo da meno, con ottimi effetti nel dialogo tra la voce solista ed il coro, nel refrain. Da parte sua, Rest in Pain possiede poi un’atmosfera indubbiamente più orrorifica, arricchita da numerose dissonanze genuinamente sinistre e rallentate. L’iconografia generale del disco è sempre cupissima, fatta di vetri rotti, lastre di metallo arrugginite, rifiuti e cemento: un espressionismo volutamente sgraziato, degno sul palco dei migliori Killing Joke.

Nel settembre del 1987, anche per cavalcare l’onda del successo, gli Holy Moses licenziarono l’EP-picture disc Road Crew, con due nuovi pezzi sul retro: Current of Death e Life’s Destroyer. Il fine, evidente, era quello di promuovere il successivo tour in Germania occidentale insieme a DRI e Holy Terror. Nel frattempo, mentre la situazione interna alla band rimaneva non poco burrascosa e molti avvicendamenti di line-up si susseguivano con una certa frequenza, l’istrionica cantante si esibì con ottimi riscontri nelle vesti di presentatrice del programma televisivo dedicato alla musica Mosh.
Nel 1988, vista l’attenzione del pubblico e le buonissime vendite, gli Holy Moses firmarono con la WEA ed entrarono negli studi di registrazione Horus di Hannover per incidervi il loro terzo album, prodotto dal famoso ed affermato Alex Perialas (Anthrax, SOD ed Overkill tra gli altri). I problemi, peraltro, non mancarono: durante le registrazioni il chitarrista Thilo Hermann se ne andò per tornare nei Risk e venne sostituito da Reiner Laws, il quale però su The New Machine of Lichtenstein non suonò affatto, responsabile soltanto della grafica di copertina. La nuova formazione si presentò, con una esibizione davanti a ventimila persone, al Dynamo Open Air, nel maggio del 1989. Il disco però non ebbe il successo sperato e la WEA ruppe il contratto. Fallita l’esperienza con una major, la band tedesca si accasò presso la Virginia Records e, nel rapido volgere di pochi mesi, confezionò l’ottimo World Chaos (1990), in tutto e per tutto un ritorno ai suoni ed allo stile di tre anni prima, forte anche dell’ottima prova finalmente fornita dalla sezione ritmica (Thomas Becker al basso e Uli Kusch alla batteria).

Gli Holy Moses – a differenza di altri colleghi, in patria ed all’estero – non subirono particolarmente il contraccolpo della crisi innescatasi, nel movimento thrash, a partire dal 1991, realizzando ancora Reborn Dogs (1992), l’antologia Too Drunk to Fuck (1993) e No Matter What’s the Cause (1994). Il calo di interesse verso il genere tuttavia prostrò alla fine anche la loro carriera. Riemersero soltanto all’alba del nuovo millennio, con l’entusiasmante Master of Disaster (2001), seguito dai validissimi Disorder of the Order (2002), Strenght Power Will Passion (sin dal titolo una vera dichiarazione di intenti, realizzato tra il 2004 e il 2005) e Agony of Death (2008). Nel 2012 uscì anche la raccolta In the Power of Now, utilissima per chi si volesse accostare loro la prima volta: venti classici del loro repertorio, ri-registrati ex novo, con due brani inediti, aggressivi e asciutti come da tradizione, con il thrash tedesco old school che si rivolge anche a metal classico e hardcore-death, attraverso momenti più elaborati e vari. Notevole, infine, è pure il nuovo capitolo in studio, Redifined Mayhem (2014), forte di una maturità tecnico-compositiva e di una classe identitaria ormai inossidabili.

BARREN EARTH

Il lyric video di “Withdrawal”, dall’album “A Complex Of Cages” in uscita a fine marzo (Century Media Records).

Il lyric video di “Withdrawal”, dall’album “A Complex Of Cages” in uscita a fine marzo (Century Media Records).

Disponibile da oggi il lyric video del singolo di “Withdrawal” dei finlandesi BARREN EARTH. Il brano è incluso nel nuovo album “A Complex Of Cages” in uscita il 30 marzo 2018 su Century Media Records di cui è già disponibile il preorder.

Di seguito la tracklist:

The Living Fortress
The Ruby
Further Down
Zeal
Scatterprey
Solitude Pith
Dysphoria
Spire
Withdrawal

Vocalist Jón Aldará comments, “Withdrawal moves Barren Earth into previously unexplored territory, making it an unorthodox album closer, but one that makes complete sense to us. It is the song that inspired the album title, and it’s theme of social anxiety is the glue which binds the songs together, lyrically.”

Drummer Marko Tarvonen adds, “Barren Earth was always heavily categorised as death metal or prog for mixing those two influences. With Withdrawal we wanted to do something that is neither. Instead this song is a slowly growing rock ballad where the instrumentation has been kept minimal giving most room for Jón’s voice. It’s the ballad that Scorpions or King Crimson never did!”

“Withdrawal” is available as a digital single on all download and streaming platforms and as an Instant Grat Track on iTunes and Amazon. Preorders for all physical formats of “A Complex of Cages” are also available as of now.

Use the following link to direct you to selected download and streaming platforms or to preorder a physical copy of the album:

BARREN EARTH live:
30.03.2018 Helsinki (Finland) – Kuudes Linja
01.04.2018 Tampere (Finland) – YO-talo, SAARIHELVETTI EASTER BASH

BARREN EARTH is:
Marko Tarvonen – Drums
Olli-Pekka Laine – Bass
Antti Myllynen – Keyboards
Jón Aldará – Vocals
Sami Yli-Sirniö – Lead guitars
Janne Perttilä – Rhythm guitars

BARREN EARTH online:
http://www.barrenearth.com
https://www.facebook.com/BarrenEarth
https://twitter.com/BarrenEarthBand
http://instagram.com/BARRENEARTH
http://www.last.fm/music/Barren+Earth

Ataraxy – Where All Hope Fades

La proposta di questa ottima realtà estrema chiamata Ataraxy si colloca perfettamente nel doom/death metal e risulta una lenta agonia, tra impietose ed estreme parti death old school e sofferenze senza fine tramutate in cadute negli abissi eterni del doom.

La proposta di questa ottima realtà estrema chiamata Ataraxy si colloca perfettamente nel doom/death metal e risulta una lenta agonia, tra impietose ed estreme parti death old school e sofferenze senza fine tramutate in cadute negli abissi eterni del doom.

Il gruppo spagnolo non è certo nuovo a questi deliri oscuri e macabri: nato a Saragozza dieci anni fa, ha all’attivo un demo, l’ep Curse Of The Requiem Mass, licenziato nel 2010, ed il primo full length dato alle stampe sei anni fa, dal titolo Revelations Of The Ethereal.
La band alterna così dilatate parti doom a ripartenze death, lasciando che le atmosfere horror che pervadono i brani si impossessino dell’ascoltatore, avvolto da un penetrante fetore di carni in decomposizione.
Una catacombe, un abisso senza uscita dove aspettare la fine di ogni sofferenza ed il silenzio della morte, mentre le anime si dannano per trovare una pace irraggiungibile ed i guardiani si accaniscono sui corpi ormai ridotti ad ammassi di carne maciullata.
Un purgatorio, molto vicino all’inferno, raccontato dagli Ataraxy con lunghi brani come Matter Lost In Time o As Uembras d’o Hibierno, in una cornice estrema che ricorda il genere negli anni che vedevano muovere i primi passi i gruppi che hanno fatto storia.
Asphyx, ma anche primi Tiamat nel dna di questa ottima realtà estrema che lascia ai dodici minuti di The Blackness Of Eternal Night il compito di portarci nei meandri dove regnano il male, la sofferenza e la dannazione, tra growl abissali, clean vocals teatrali e sofferte e riff che lasciano in bocca il gusto sanguigno del Gregor Mackintosh di Lost Paradise e Gothic.

Tracklist
1. The Absurdity of a Whole Cosmos
2. A Matter Lost in Time
3. One Last Certainty
4. As Uembras d’o Hibierno
5. The Mourning Path
6. The Blackness of Eternal Night

Line-up
Javi – Vocals, Guitars
Santi – Guitars
Edu – Bass
Viejo – Drums

ATARAXY – Facebook

Enoid – Livssyklus & Dodssyklus

Trattandosi di una rivisitazione di quanto fatto da Ormenos circa un decennio fa, il tutto deve essere visto come l’occasione per fare la conoscenza di una realtà musicale interessante e degna della massima stima, per la coerenza e la passione che il musicista elvetico immette nella sua riproposizione piuttosto fedele della tradizione del genere.

Lo svizzero Ormenos è il titolare di questa one man band denominata Enoid, anche se nel primo anno di attività ha avuto diverse denominazioni prima di quella attuale.

Livssyklus & Dodssyklus è una compilation che raccoglie i primi due full length usciti a nome Enoid (intitolati appunto Livssyklus e Dodssyklus), anche se il primo in realtà era già uscito come demo a nome Organ Trails nel 2004 per essere poi riedito nel 2014 con il titolo Organ Trails 2004.
Dopo avevi confuso il giusto le idee, veniamo al contenuto dell’opera, che offre un’ora complessiva di buon black metal di matrice scandinava, lineare, melodico e di gradevole ascolto.
Il musicista di Losanna è piuttosto arrivo nella scena elvetica, essendo impegnato a vario titolo con almeno un’altra decina di band, per cui il fatto di riproporre per l’ennesima volta questi due lavori (soprattutto il primo) non deve far pensare ad una particolare aridità compositiva; l’operazione della Grimm Distributin appare quindi valida perché offre la possibilità di ascoltare black metal di buona fattura, con il secondo dei due che si rivela leggermente più aspro del predecessore, spingendosi a livello artistico dalle parti degli Arckanum, il che tutto sommato è un modello di sicuro pregio.
In generale, trattandosi di una rivisitazione di quanto fatto da Ormenos circa un decennio fa, il tutto deve essere visto come l’occasione per fare la conoscenza di una realtà musicale interessante e degna della massima stima, per la coerenza e la passione che il musicista elvetico immette nella sua riproposizione piuttosto fedele della tradizione del genere.
Per finire, ma solo a livello di curiosità, i titoli dei brani non fanno riferimento a qualche antica lingua mesopotamica ma, perché abbiano un senso, devono essere semplicemente letti al contrario …

Tracklist:
1. Riruop
2. Ecnassian
3. Ridnarg
4. Erviv
5. Rillieiv
6. Riruom
7. Noitpecnoc
8. Edicius
9. Ecnarffuos
10. Edulretni
11. Trom
12. Noitcurtsed
13. Dlrow eht Kcuf

Line-up:
Ormenos – Drums, Guitars, Vocals

ENOID – Facebook

PUREST OF PAIN

Il lyric video di The Solipsist, dall’album Solipsis.

Il lyric video di The Solipsist, dall’album Solipsis.

Dutch melodic death metal band PUREST OF PAIN will be the releasing their debut album “Solipsis” on March 1st, 2018 to follow their 2013 single “Momentum” and 2011 EP “Revelations In Obscurity”.

Lead by guitarist and main songwriter Merel Bechtold of DELAIN, whom also performs in much respected bands MaYaN and The Gentle Storm/Anneke van Giersbergen, the energetic quintet from Holland, which now includes DELAIN drummer Joey de Boer is a force to be reckoned with. Combining Scandinavian metal influences with groove, ambiance, tone and melody, the band has teamed up with NoCleanSinging.com for the North American premiere of their lyric video and second single “The Solipsist”.

Seven years in the making, from the writing process up to the final mastering to launching a successful online crowd funding campaign on Indiegogo (raising over 18,000 Euros, thank you video here), along with increasing their funds through live performances, which saw them open for such bands as Opeth, Textures, Suicide Silence, Unearth and Attack Attack! plus an unforgettable slot at Wacken in 2014. “Solipsis” is 14 tracks of brutality blended with groove and emotion produced by Merel Bechtold with recording done at Mantis Audio Studio (Delain) and mastering by Jens Jorgen (Opeth, Arch Enemy, Soilwork).

Guitarist Merel Bechtold comments:

“‘Solipsis’ is a guitar oriented record, is has been recorded as organic as possible: partly at home, partly at Mantis Audio Studio. The song ‘E.M.D.R.’ is written by fellow guitarist Michael van Eck. All the other songs were summoned by myself. The lyrics are written by vocalist J.D. Kaye. And even though the music is at times technical and challenging, it’s undeniably driven by relentless groove, enhanced by hugely melodic passages, wonderful tone and moments of ambient clarity.”

“Solipsis” will be available on CD, Vinyl plus as a digital release and is available for pre-order here. Their single “Terra Nil” is available for download and stream on iTunes, Amazon, Google Play, Spotify, Deezer.

The CD and Vinyl versions have slightly altered artwork. Merel Bechtold was responsible for its concept and bass player Frank van Leeuwen designed and finalized the covers.

Band Members:
J.D. Kaye -­ Vocals
Merel Bechtold – Guitars
Michael van Eck – Guitars
Frank van Leeuwen – Bass
Joey de Boer – Drums

Track Listing:
1. The Pragmatic (1:19)
2. Truth–seeker (2:09)
3. Vessels (2:59)
4. Crown of Worms (3:42)
5. Momentum (5:05)
6. The Sleep of Reason (1:33)
7. Tidebreaker (4:16)
8. Trial & Error (4:49)
9. Terra Nil (6:05)
10. Noctambulist (3:38)
11. E.M.D.R. (4:21)
12. Phantom Limb (4:09)
13. The Solipsist (3:52)
14. The End (2:25)
Album Length: 50:21

For More Info:
http://www.purestofpain.com
http://www.facebook.com/purestofpain
http://www.instagram.com/purestofpainofficial

PARADISE LOST

Il lyric video di So Much Is Lost, dall’album Host, di prossima uscita in vinile (Nuclear Blast).

Il lyric video di So Much Is Lost, dall’album Host, di prossima uscita in vinile (Nuclear Blast).

PARADISE LOST – svelano i primi aneddoti sulle registrazioni di “Host”

Il 16 marzo i PARADISE LOST pubblicheranno la versione rimasterizzata del loro leggendario settimo album “Host” e, per la prima volta, il disco sarà disponibile in vinile.

Oggi la band presenta il primo trailer di “Host”, in cui il cantante Nick Holmes e il chitarrista Greg Mackintosh parlano del fatto di essere su una major negli anni ’90 e delle stravaganti, strane e fantastiche conseguenze. I ragazzi ricordano anche di avere costruito uno studio nella dimora dell’attrice Jane Seymour per registrarvi l’album e di avere dormito nel letto in cui era stato prima Marti Pellow dei WET WET WET, dopo avere trovato dei libri un po’ dubbi nel cassetto del comodino.

https://youtu.be/w-52ADmhQM4

L’album sarà disponibile in digipack e tre differenti vinili colorati (black, clear e mint) per la prima volta in assoluto. I pre-ordini sono attivi:
http://nblast.de/ParadiseLostHostNB

Chi pre-ordina il disco in digitale riceverà immediatamente il download di ‘So Much Is Lost’, di cui è stato realizzato il lyric video: https://www.youtube.com/watch?v=WeeID9ag-zY

http://smarturl.it/SoMuchIsLost
https://smarturl.it/HostRemastered

L’ultimo album della band “Medusa” è nei negozi ed è stato scelto come miglior album del 2017 da diverse riviste, tra cui Decibel e Rock Hard Italy: http://nblast.de/ParadiseLostMedusaNB

La band parteciperà ai seguenti festival estivi:

01.04. D Munich – Dark Easter Metal Meeting
04.04. BG Sofia – 12 Years of Tangra Mega Rock
04.-07.07. D Ballenstedt – Rockharz Open Air
11.-14.07. E Vivero – Resurrection Fest
20./21.07. FIN Laukaa – John Smith Rock Festival
08.-11.08. CZ Jaromer – Brutal Assault
10./11.08. NL Leeuwarden – Into the Grave
15.08. D Dinkelsbühl – Summer Breeze

www.paradiselost.co.uk
www.facebook.com/paradiselostofficial
www.nuclearblast.de/paradiselost

Polynove Pole – On the Edge of the Abyss

L’album viene eseguito con tale competenza e credibilità da renderlo un ascolto tutt’altro che superfluo, non solo per gli appassionati più attenti alle produzioni provenienti dall’est europeo.

Gradito ritorno per i Polynove Pole (Полинове Поле), band che tiene fede ad una ormai consolidata tradizione ucraina in ambito gothic death doom.

Il gruppo di Lviv ha iniziato la propria carriera nello scorso decennio ma, aver pubblicato due ep ed un full length tra il 2008 ed il 2009, è rimasta a lungo in silenzio prima di rifarsi viva con questo nuovo ep, On the Edge of the Abyss, sul quale in teoria non ci sarebbe moltissimo da dire, nel bene e nel male, trattandosi della riproposizione di un modello oramai consolidato da quasi due decenni.
In realtà l’unico dato relativamente negativo è proprio quello legato ad una inevitabile prevedibilità del sound, che non si sposta di una virgola dagli stilemi del genere, incluso il ricorso alla doppia voce (in growl maschile e operistica femminile); in compenso, però, il tutto viene eseguito con tale competenza e credibilità da rendere l’album un ascolto tutt’altro che superfluo, non solo per gli appassionati più attenti alle produzioni provenienti dall’est europeo.
I Polynove Pole, infatti, sciorinano cinque brani molto belli nei quali la fa da padrona la bravissima Marianna Laba, con la sua impeccabile impostazione da soprano operistico, un elemento determinante che va ad inserirsi all’interno di un contesto nel quale le quattro canzoni (la quinta è un beve interludio strumentale) sono sapientemente costruite attorno alla dicotomia tra le due voci, rimarcando il pregevole doppio lavoro di Yurii Krupiak alle prese con la chitarra ed il growl.
Valga come esempio e spinta ad approfondire la conoscenza della band, per l’ipotetico ascoltatore, la conclusiva title track, brano sognante, a tratti epico e capace di toccare le giuste corde emotive senza scadere nella stucchevolezza di certe proposte similari.
I Polynove Pole esibiscono nel migliore dei modi le coordinate di un genere nel quale lo spazio per particolari variazioni sul tema è piuttosto ridotto, per cui non resta, per chi lo propone, che focalizzarsi sulla scrittura e sulla concretezza della forma canzone, aspetti riguardo ai quali il gruppo ucraino dimostra ampiamente di sapere il fatto proprio.

Tracklist:
1. Сивий ангел (Grey Angel)
2. Каїнові діти (Cain’s Children)
3. Вогні в тумані (Lights in the Fog)
4. Нічні птахи (The Nightbirds) – Remake 2017
5. On the Edge of the Abyss

Line-up:
Andriy Kindratovich – Bass, Vocals
Yurii Krupiak – Vocals (backing), Guitars
Marianna Laba – Vocals
Sergiy Vladarsky – Drums
Andriy Divozor – Keyboards

POLYNOVE POLE – Facebook

Days Of Confusion – Yin & Out

Consigliato agli amanti del metal moderno dai gusti progressivi e core, l’album ha qualche fiammata lungo il suo svolgimento che lascia buone sensazioni per il futuro, anche se una stretta al songwriting è assolutamente d’obbligo per rendere la proposta più fluida e digeribile ai giovani fans del genere.

Ennesima band di modern metal core con tutti i cliché che ormai hanno spezzato una cinghia tirata all’inverosimile, o buona realtà che valorizza dosi massicce di metallo moderno con un’ottima tecnica esecutiva e sfumature progressive?

Come sempre la verità sta nel mezzo, così da poter affermare che Yin & Out, primo full length dei rumeni Days Of Confusion, è un lavoro discreto con pregi e difetti di una band sicuramente ambiziosa ma ancora acerba.
Il gruppo proveniente da Bucarest si forma otto anni fa, ed arriva all’esordio sulla lunga distanza tra i soliti aggiustamenti di line up, premi vari e supporto live a nomi importanti della scena metallica (Arch Enemy, Accept, Queensryche).
Yin & Out è sicuramente un’opera ambiziosa, forse troppo, ed il passo più lungo della gamba porta ad un lavoro mastodontico, prolisso, tecnicamente valido, ma con ancora molte idee da sviluppare per benino.
Il sound infatti risulta ancorato a schemi ormai abusati nel genere, con l’alternanza tra parti estreme ed altre atmosferiche, digressioni strumentali che portano a ritmiche cervellotiche ed un senso di deja vu che si ripete per ben settanta minuti.
Dalla sua la band mette sul piatto una buona tecnica, abbinata ad una voce pulita che non fa rimpiangere le parti in scream, e brani riusciti specialmente quando atmosfere intimiste ammantano di sfumature dark il sound di Yin & Out.
Consigliato agli amanti del metal moderno dai gusti progressivi e core, l’album ha qualche fiammata lungo il suo svolgimento (Killing You Killing Me, Eternal Summer, Memories From My Future Lives) che lascia buone sensazioni per il futuro, anche se una stretta al songwriting è assolutamente d’obbligo per rendere la proposta più fluida e digeribile ai giovani fans del genere.

Tracklist
1.Yin: Confession
2.War
3.Killing You Is Killing Me
4.The Guest
5.Bloodstream
6.Eternal Summer
7.Kagemusha
8.Abis
9.Turning Point
10.Dharkata
11.Above The Waves
12.Memories From My Future Lives
13.Out: The Question Is The Answer
14.The Day We D

Line-up
Cosmin Lupu – Vocals/ Guitar
Cezar Popescu – Vocals/ Guitar
Andrei Zamfir – Bass guitar
Alex Halmagean – Drums
Mihai Ardelean – Keyboards/Ambient/Guitars
Alecu – Guitar/Bass guitar

DAYS OF CONFUSION – Facebook

Demonical – Chaos Manifesto

Riff inossidabili, ritmiche forsennate, accenni melodici in solos che sono l’abc dello swedish death, colmano un gap temporale di quasi trent’anni, tornando a far risplendere nomi storici del metal estremo mondiale come Dismember, Entombed ed Unleashed.

I Demonical sono tornati con il loro death metal scandinavo che risulta una tempesta old school senza soluzione di continuità.

La band formata da ex Centinex rinnova il suo appuntamento con gli amanti del genere e si ripresenta con questo devastante e cattivo Chaos Manifesto, una furia metallica che non lascia speranze di trovare superstiti dopo il suo passaggio.
L’album è stato registrato, mixato e masterizzato da Karl Daniel Lidén (Terra Tenebrosa, Cult of Luna, Katatonia) e il suono esce potente e cristallino, le veloci cavalcate ritmiche si alternano a granitici mid tempo per quaranta minuti, sconquassate da uno dei migliori esempi di swedish death che si possa ascoltare in giro.
La band è tornata un quintetto, con il vocalist Alexander Högbom che prende il posto dietro al microfono che fu di Sverker “Widda” Widgren, e Chaos Manifesto può così far grondare sangue innocente dal lettore di ogni fan della frangia scandinava del death.
Riff inossidabili, ritmiche forsennate, accenni melodici in solos che sono l’abc dello swedish death, colmano un gap temporale di quasi trent’anni, tornando a far risplendere nomi storici del metal estremo mondiale come Dismember, Entombed ed Unleashed.
Non esiste un minuto di quest’opera che non sia perfettamente ed assolutamente legato alla tradizione, quindi aspettatevi di essere travolti da brani come A Void Most Obscure, trascinandovi negli abissi infernali che si aprono come voragini al passaggio del tellurico sound di cui sono portatrici altre spettacolari tracce come il singolo Towards Greater GodsVälkommen Undergång e From Nothing, altro pezzo da novanta di Chaos Manifesto.
Un album bellissimo, estremo ed oscuro come vuole il genere, con i Demonical a regalare l’opera più riuscita della loro carriera agli amanti di queste storiche sonorità.

Tracklist
1.A Void Most Obscure
2.Towards Greater Gods
3.Sung to Possess
4.Välkommen Undergång
5.Torture Parade
6.From Nothing
7.Unfold Thy Darkness
8.Death Unfaithful
9.Nightbringer

Line-up
Alexander Högbom – Vocals
Martin Schulman – Bass
Johan Haglund – Guitars
Eki Kumpulainen – Guitars
Kennet Englund – Drums

DEMONICAL – Facebook

Bestialord – Law of the BurningBestialord – Law of the Burning

Il problema di un album simile, scritto ed interpretato con buona competenza, è quello di non riuscire a colpire come dovrebbe, tanto che in certi frangenti viene persino il dubbio che il lettore si sia incantato sullo stesso brano.

Bestialord è il nome scelto da questi musicisti del Kansas per dar vita ad una nuova band dedita a sonorità a cavallo tra il death ed il doom.

Law of the Burning è un album che non riserva particolari sorprese, nel senso che la proposta è decisamente lineare per quanto non priva di una sua efficacia, anche se alla lunga lo schema compositivo tende ad essere un po’ ripetitivo.
Più death (e un po’ di thrash) che doom, comunque, è quello che troviamo in Law of the Burning, con i dettami della scuola floridiana che vengono talvolta rallentati, ma sempre in maniera non troppo accentuata; restano quindi apprezzabili i lavori del basso, sempre ben in evidenza, e della chitarra solista, al contrario non convince del tutto il suono troppo secco della batteria, mentre la voce appare adeguata anche se leggermente monocorde.
In fondo il problema di un album simile, scritto ed interpretato con buona competenza, è quello di non riuscire a colpire come dovrebbe, tanto che in certi frangenti viene persino il dubbio che il lettore si sia incantato sullo stesso brano.
Peccato, perché l’opener The Doom That Came è una traccia che fa scapocciare non poco, facendo presupporre uno sviluppo ben più eccitante di quello chi si rivelerà, in seguito, un album piacevole ma sul quale difficilmente ci si soffermerà troppo a lungo, a meno che il tipo di sound descritto non sia il proprio pane quotidiano.

Tracklist:
1. The Doom That Came
2. Vermin
3. All Fall Down
4. Law of the Burning
5. Marduk Kurios
6. I Am Pain
7. Loathed Be Thy Name
8. Above the Vaulted Sky
9. What Is the End

Line-up:
Chris Johnson – Drums
Mark Anderson – Guitars, Vocals
Rob Harris – Bass

BESTIALORD – Facebook

VIBORAS

Il video di “Where Were You”, primo estratto dal nuovo album “Eleven”.

Il video di “Where Were You”, primo estratto dal nuovo album “Eleven”.

Le parole della band sul nuovo video:
“Where Were You” è stato girato in un angolo di sala prove in cui il focus è volutamente la fisicità della band e ovviamente la canzone. Il brano in particolare chiede ad un immaginario interlocutore il perché della sua assenza proprio nel momento del bisogno.
E’ stato girato a settembre 2017 al 33Hz Studio di Trezzo (MI).
Regia e concept sono di Sal Rinella e Gio Poison.

www.facebook.com/viboras.rock
www.instagram.com/viboras_official

BIOGRAFIA
I Viboras nascono nel settembre 2003, pochi mesi dopo l’incontro-colpo di fulmine tra i componenti della band sul set del video dei Berenice Beach (già band di Sal e Beppe) “Jennifer”: Irene, all’epoca protagonista del video e Gio, il regista, trovano subito il feeling con il chitarrista Sal che propone di fondare un nuovo gruppo chiedendo a Beppe di unirsi al progetto.
Nell’arco di 4 mesi la band compone e registra un demo al Malibu di Milano, “We Bite”, e dopo una breve label search entra nel roster Ammonia Records, registrando l’album “Wrong” presso il celebre West Link Studio di Pisa allo scoccare dell’anno dalla formazione.
Da quel momento la band gira in Italia, Austria e Spagna unendosi a festival punk d’eccellenza come Eastpak Etnika Rock e alla prima edizione di Rock in Idro, condividendo palchi con nomi storici quali Toy Dolls, Darkest Hour, Punkreas, Derozer, Pornoriviste, Alberto Camerini.
Durante la composizione del secondo album Irene Viboras partecipa a brani di Thee STP, Punkreas e J-AX: quest’ultimo con 2,5 milioni di visualizzazioni del video “Tre Paperelle” e i successivi live sold out agli MTV TRL Awards e Live Club, aprono la band ad un ampio pubblico dai gusti musicali liberi da genere.
Nel 2010 i componenti decidono di mettere in standby la band per concentrarsi sui progetti artistici personali, ma l’assenza dell’entità “Viboras” si fa sentire da tutti. Dopo aver finalmente pubblicato “We Are With You Again” nel 2015 ripartono live e composizione e gli anni di pausa danno alla luce “Eleven”, terzo studio album registrato al 33Hz Studio di Frank Altare a Trezzo Sull’Adda (MI).
La band entra a far parte del roster di The Jack Music Agency ed è pronta per la release del nuovo album, il prossimo 23 febbraio.

Eternal Helcaraxe – In Times of Desperation

In Times of Times of Desperation è il classico lavoro che cresce con gli ascolti, consentendo di scoprire ogni volta qualche nuova interessante sfumatura, all’interno comunque di un sound robusto ma nel contempo mai eccessivamente spinto all’estremo.

Secondo full length per gli irlandesi Eternal Helcaraxe, band attiva da circa un decennio ma dall’attività piuttosto diradata, visto che il precedente Against All Odds risale appunto al 2012.

Poco male, se l’attesa produce un black metal così valido sotto tutti gli aspetti: In Times of Desperation è, infatti, un lavoro che unisce intensità e buon gusto melodico derogando un po’ dalle sfumature più atmosferiche del genere alle quali siamo abituati con le band che fanno parte del roster della Naturmacht.
L’album si rivela sufficientemente elaborato e vario, sempre dotato di una buona fruibilità che si esplica in un brano emblematico come la lunga Bannow, dove troviamo anche il gradevole contributo di una voce femminile, oltre che nelle trascinanti End Of All Things e From Seeds To Forest e nella più evocativa e conclusiva One Journey.
Come sempre le band irlandesi non si rivelano banali, qualsiasi possa essere il genere da loro prorosto: In Times of Times of Desperation è il classico lavoro che cresce con gli ascolti, consentendo di scoprire ogni volta qualche nuova interessante sfumatura, all’interno comunque di un sound robusto ma nel contempo mai eccessivamente spinto all’estremo.

Tracklist:
1. Our Time In The Sun
2. End Of All Things
3. Kneel Before None
4. The Healer And The Cross
5. Bannow
6. From Seeds To Forest
7. In Times Of Desperation
8. One Journey

Line-up:
Tyrith – Drums
Praetorian – Guitars, Keyboards, Vocals
Maulgrim – Guitars, Vocals (backing)

ETERNAL HELCARAXE – Facebook

Visigoth – Conqueror’s Oath

I barbari statunitensi si ripresentano dopo due anni da The Revenant King con un buon lavoro devoto ai canoni dell’epic true heavy metal,roccioso e fiero, ma inferiore allo splendido esordio.

Duri come l’acciaio, i barbari di Salt Lake City si ripresentano dopo l’ottimo debutto del 2015, The Revenant King, con un nuovo disco forgiato con il classico epic true heavy metal.

Le radici sono profondamente immerse nel suono epic americano dei bei tempi e i cinque musicisti ripercorrono con grinta, tenacia e discreta personalità questa strada, sguainando riff devoti e abbastanza memorabili, vocals e chorus rocciosi e carichi di pathos: il loro intento è sincero e convinto, non volendo modificare le regole del genere ma solo scrivere canzoni battagliere e indomite. Otto brani per quaranta minuti di musica dal forte impatto energetico: fin dall’opener Steel and Silver i canoni del genere vengono rispettati, con grandi chitarre che tagliano l’aria con riff e assoli fortemente epici ed il vocalist Jake Rogers che intona fieri inni accompagnato da chorus che esaltano l’atmosfera.Tutti i brani sono di buon livello, tranne forse Salt City, un po’ fuori fuoco e più “easy”, ma le vere punte del lavoro si trovano in Warrior Queen (bel titolo) compatta e decisa nel suo incedere, con un bel interplay di chitarra che ha sentori di NWOBHM e un’interpretazione molto sentita di Rogers. La melodia iniziale di Traitor’s Gate, accompagnata dalle accusatorie vocals, esplode in un tornado irrefrenabile scandito dal chorus vibrante e teso per una song che alza la temperatura della battaglia e sarà memorabile in sede live. La velocissima Blades in the Night continua a infiammare gli animi e non concede tregua attraversata da assoli perentori, mentre la title track è un mid-tempo quasi marziale dove sono ripercorsi con inalterata fierezza i canoni del genere e nel quale non mancano momenti esaltanti, con chitarre tonanti e chorus il cui motto è “sing through our souls like thunder and blood”. Una classica ma splendida cover completa un buon lavoro che a mio parere rimane però al disotto del disco d’esordio.

Tracklist
1. Steel and Silver
2. Warrior Queen
3. Outlive Them All
4. Hammerforged
5. Traitor’s Gate
6. Salt City
7. Blades in the Night
8. The Conqueror’s Oath

Line-up
Jamison Palmer Guitars
Leeland Campana Guitars
Matthew Brown Brotherton Bass
Mikey Treseder Drums
Jake Rogers Vocals

VISOGOTH – Facebook

Eye Of The Destroyer – Starved And Hanging

Quattro brani, quattro pallottole death/grind/hardcore sparate ad altezza d’uomo da questa macchina da guerra estrema per la quale la parola d’ordine è fare male, senza pietà.

E’ giunto anche per l’ep Starved and Hanging degli americani Eye Of The Destroyer il momento dell’uscita su supporto fisico in queste prime battute del nuovo anno.

Il gruppo proveniente dal New Jersey, nato nel 2013, ha un solo full length all’attivo (Methods Of Murder) ed un buon numero di ep di cui questo è l’ultimo arrivato: la band suona death metal, contaminato da furiose parti hardcore e grind, quindi una proposta musicale assolutamente estrema e senza compromessi.
Il mini cd in questione è composto da quattro tracce per soli dieci minuti di macello sonoro che si rifà alla scena d’oltreoceano, con echi di Dying Fetus e Cannibal Corpse che si ritrovano in un concept che unisce tradizione metal e frustate core per una pesantissima e quanto mai devastante proposta.
La durata del lavoro aiuta non poco l’ascolto, anche se la natura underground e violentissima del prodotto risulta materia solo per chi di questi suoni si nutre abitualmente.
Quattro brani, quattro pallottole death/grind/hardcore sparate ad altezza d’uomo da questa macchina da guerra estrema per la quale la parola d’ordine è fare male, senza pietà.

Tracklist
1.Obsessed with Death
2.Crushed Between Earth and Bone
3.Starved and Hanging
4.Mandatory Bludgeoning

Line-up
Joe Randazza – Drums
Chris Halpin – Guitars
Christopher Vlosky – Vocals
Dan Kaufman – Bass

EYE OF THE DESTROYER – Facebook

DISAFFECTED

Il video di “Glossolalia”, dall’album “The Trinity Threshold” (Chaosphere Recordings).

Il video di “Glossolalia”, dall’album “The Trinity Threshold” (Chaosphere Recordings).

Prog/Death metal band Disaffected release new video for “Glossolalia”. “Glossolalia” is taken from Disaffected’s third studio album “The Trinity Threshold”, which was released last November via Chaosphere Recordings.

The clip was filmed at Black Sheep Studios (Mem Martins, Portugal), and was directed and produced by Ivo Martins.

Order new album “The Trinity Threshold” – https://disaffectedmetal.bandcamp.com/

Follow Disaffected:
https://www.facebook.com/disaffectedmetal/
https://www.reverbnation.com/disaffected
https://soundcloud.com/disaffectedmetal
https://www.myspace.com/disaffectedmetal

Follow Chaosphere Recordings:
https://www.facebook.com/chaosphererecordings/
http://www.chaosphererecordings.net/

Deathcult – Cult Of The Goat

Cult Of The Goat è senz’altro un album ricco di sostanza e in grado di soddisfare chi disconosce gran parte di quanto offerto in ambito black metal nel nuovo secolo, prediligendo l’impatto di sonorità a loro modo datate ma sempre in grado di fare molto male

I Deathcult sono una band norvegese dal curriculum di tutto rispetto in ambito black metal, visto che a far parte del trio troviamo musicisti che hanno collaborato con nomi quali Gorgoroth e Taake (di questi ultimi addirittura lo stesso Hoest, qui nel ruolo di bassista).

Neanche a dirlo, quello dei Deathcult è un black devoto alla tradizione del genere ma con qualche piacevole variazione sul tema, quindi resta all’insegna di un’interpretazione del genere diretta e senz’altro lineare ma senza che vengano disdegnati cambi di ritmo oppure passaggi relativamente più ricercati.
Un brano di apertura come Climax Of The Unclean basta ed avanza per farsi un’idea esaustiva del contenuto di un album come Cult Of The Goat, dal quale tutto bisogna attendersi fuorché  sperimentazioni o fascinazioni provenienti da altri filoni stilistici, anche se l’esperienza dei musicisti coinvolti fa sì che ogni traccia si riveli ricca di spunti e curata in ogni dettaglio, produzione inclusa.
Davvero notevole si rivela Man Versus Beast, travolgente nelle sue ritmiche incessanti, mentre The Oath sposta nel finale le sue coordinate verso un sapiente black’n’roll che anticipa una inquieta Devilgoat, nella quale va rimarcato il pregevole lavoro al sitar dell’ospite Gjermund Fredheim.
Da segnalare anche l’ospitata di Attila Csihar, magari non fondamentale  per il contributo fornito ma significativa di quanto questo gruppo di musicisti goda di una solida credibilità all’interno della scena.
In definitiva Cult Of The Goat è senz’altro un album ricco di sostanza e in grado di soddisfare chi disconosce gran parte di quanto offerto in ambito black metal nel nuovo secolo, prediligendo l’impatto di sonorità a loro modo datate ma sempre in grado di fare molto male.

Tracklist:
1. Climax Of The Unclean
2. Bloodstained Ritual
3. Ascension Rite
4. Man Versus Beast
5. The Oath
6. Devilgoat
7. Laudate Hircum

Line-up:
Skagg – Vocals, Guitar
Hoest – Bass
Thurzur – Drums

Guests:
Dirge Rep: Lyrics
Attila Csihar: Vocals
Lava: Guitar
Gjermund Fredheim: Guitar/Sitar/Baroque Guitar and Bow
Carmen Boveda: Cello
Gøril Skeie Sunde: Cello

DEATHCULT – Facebook

CORROSIVE

Il video di “Taste The Pain”, dall’album “Lucifer Gave The Faith”.

Il video di “Taste The Pain”, dall’album “Lucifer Gave The Faith”.

The Marburg based death metallers Corrosive have released a video for the track “Taste The Pain”, taken from their latest album “Lucifer Gave The Faith”, which is available since December 8th. In the opening credits of the video, which contains controversial scenes, the band publishes the following statement: “This video is not intended to incite people to harass others sexuality, nor do we glorify any kind of violence and abuse. The song is written through the eyes of an agressor. It is intended to raise awareness of the problem of molestation.”

Corrosive @ Facebook: https://www.facebook.com/corrosiveband/
Order @ MDD Shop: https://goo.gl/p6sTxj

Xenosis – Devour and Birth

Devour And Birth è un album molto interessante, progressivo e piacevole nell’ascolto anche per chi non stravede per la tecnica fine a se stessa e questo a mio parere è il complimento più bello che si possa fare alla band.

Band dall’alto tasso tecnico, ma che mantiene al suo interno un buon bilanciamento tra l’anima progressiva e quella più tradizionalmente death metal: tornano gli statunitensi Xenosis, gruppo che, in regime di autoproduzione dà vita al terzo lavoro sulla lunga distanza, questo riuscito esempio di technical death metal album dal titolo Devour And Birth.

L’opera si presenta in tutta la sua estrema natura e ricamata da sfumature e digressioni progressive di ottima fattura, mantenendo una buona forma canzone che permette all’ascoltatore di seguire le evoluzioni strumentali senza perdere il filo di un discorso musicale lungi dall’essere noioso o troppo cervellotico.
L’opener Night Hag ci presenta un gruppo perfettamente in grado di viaggiare a ritmi considerevoli nel variegato e pericoloso mondo del death metal ultra tecnico, anche per merito di una sagacia nella scrittura che lascia spazio a parti melodiche o più dirette, mentre le mere sezioni dedicate alla tecnica sono dosate e sistemate al posto giusto nel momento giusto.
Un growl brutale accentua la vena estrema e mette in risalto la parte old school del sound dei nostri che, con audaci e devastanti brani come Concave, Ominous Opus e la title track, convincono anche l’ascoltatore più intransigente ed amante di nomi altisonanti del metal estremo come Death, Atheist e Obituary.
Devour And Birth è un album molto interessante, progressivo e piacevole nell’ascolto anche per chi non stravede per la tecnica fine a se stessa e questo a mio parere è il complimento più bello che si possa fare alla band.

Tracklist
1. Night Hag
2. Army of Darkness
3. Delirium (Death of a God)
4. Concave
5. Oxidation
6. Ominous Opus
7. Devour and Birth
8. The Projector

Line-up
Sal Bova – Vocals
Kenny Bullard – Guitar
Mark Lyon – Guitar
Dave Legenhausen – Bass
Gary Marotta – Drums

XENOSIS – Facebook

childthemewp.com