Nookie – Exceptions

Tredici brani per cinquanta minuti di musica non sono pochi nel genere, ma i Nookie sanno bene come tenere alta l’attenzione dell’ ascoltatore non abbassando mai la guardia con brani che si alternano tra rock diretto e scariche di intricatissime ritmiche metalliche.

Nookie è lo pseudonimo con cui la cantante Daria Stavrovich degli alternative rockers russi Slot si cimenta con la band che prende il suo nome.

La Sliptrick Records licenzia il loro terzo album, una raccolta di brani alternative rock, con qualche sporadico salto nel new metal, senza però andare oltre ad una grinta controllata e radio friendly.
Exceptions è comunque un buon lavoro, nel quale il gruppo asseconda con bravura il talento vocale di Nookie, bravissima nel saper variare la sua voce a seconda dell’atmosfera di ogni canzone, proponendo sfumature vocali che vanno dalla rabbia, alla disperazione, dalla dolcezza alla mera esecuzione, davvero sorprendente quando gareggia tra intricate ritmiche con gli strumenti.
Exceptions è nel suo complesso un buon lavoro di genere, l’urgenza del metal moderno si alterna con trame rock di chiara matrice statunitense, le influenze si dipanano per i brani senza però dare quel senso fastidioso di deja vu, anche perché rapiti dall’interpretazione della singer a tratti rimembrante la pantera Skin.
Tredici brani per cinquanta minuti di musica non sono pochi nel genere, ma i Nookie sanno bene come tenere alta l’attenzione dell’ ascoltatore non abbassando mai la guardia con brani che si alternano tra rock diretto e scariche di intricatissime ritmiche metalliche.
Magari poco conosciuta nel mercato occidentale, la band russa ha invece le carte in regola per piacere ai fans dell’alternative metal/rock a cui va il consiglio di non perdersi questo lavoro.

Tracklist
01.Au
02.Before I Die
03.Isklyucheniya
04.Vverkh
05.Znaki
06.Myprostoest
07. In-Yan
08.Vremennaya
09.Samim soboy
10.Prodolzhaem dvizhenie
11.Tantsuy, kloun, tantsuy
12.Yadovitaya
13.Kosmos

Line-up
Nookie – Lead Vocals
Sergey Bogolyubskiy – Guitar
Andrey Ostrav – Bass
Alexander Karpukhin – Drums

https://www.facebook.com/nuki.space/

GENUS ORDINIS DEI

Il video di ‘Hail and Kill’ (Eclipse Recors).

Il video di ‘Hail and Kill’ (Eclipse Recors).

Watch the music video at here / Stream the single via Spotify & Apple Music
Symphonic death metal quartet Genus Ordinis Dei have revealed a brand-new music video for their latest single, Hail and Kill. The song, which was originally written and recorded by the legendary power-metal band Manowar is out now via iTunes, Amazon, Google Play, Spotify, Apple Music, Deezer, Pandora, iHeartRadio and more! The video was directed by Steve Saints. Watch the ‘Hail and Kill’ music video at this location.

“We’ve always been true fans of this legendary metal band and we know that Manowar inspired thousands of bands, including us” says vocalist Nick Key. Guitarist Tommy Mastermind adds, “Representing the universe of Manowar in just one is song is not only hard, it’s impossible. We’re excited and honored to pay homage to the Kings of Metal with our cover version of Hail and Kill. We did our best to arrange a song that we, as true Manowar fans, want to listen and recognize as a true classic… Hail!”

This is the latest music video and single from the band since releasing their full-length album Great Olden Dynasty in November of 2017. The album received critical acclaim from dozens of media outlets worldwide, and features Cristina Scabbia from Lacuna Coil on guest vocals for the song Salem.

Hail and Kill by Genus Ordinis Dei is now available on iTunes, Amazon, or Google Play, and stream it via Spotify, Apple Music, Deezer, Pandora, iHeartRadio and more!

Upcoming live dates
Oct 12 – Seregno, Italy @ HT Factory (Drink ‘em All Festival)
Nov 3 – Vercelli, Italy @ Officine Sonore
Nov 8 – Caserta, Italy @ People Meet Center
Nov 10 – Alatri, Italy @ Satyricon Live w/ Gigantomachina
Nov 10 – Mesagne, Italy @ Salento Funpark w/ Ghost of Mary
Dec 08 – Lodi, Italy @ KM298

Discography
Great Olden Dynasty (LP) – 2017
EP 2016 (EP) – 2016
The Middle (album) – 2015

ACOD – The Divine Triumph

La carriera degli ACOD fino a qui era già soddisfacente, ma questo disco è molto al di sopra della media e dovrebbe essere il definitivo trampolino per una formazione musicale che, in questo frangente, ha prodotto davvero una grande uscita, potentissima e molto coinvolgente.

Con un incondizionato assalto black death metal con forti accenni sinfonici, i francesi ACOD puntano tutto sulla notevole potenza di fuoco e su una composizione molto precisa e funzionale.

Il gruppo viene da Marsiglia e si inserisce nel solco della tradizione metal francese che stupisce sempre per la notevole varietà di soluzioni. Qui i generi si fondono e i codici musicali dei sottogeneri vengono usati per arrivare al risultato finale che è notevole. Lo stile potrebbe ricordare quello dei Behemoth di qualche anno fa, ma il loro tiro è maggiore di quello del gruppo polacco in alcuni frangenti. Le orchestrazioni sono composte benissimo dal gruppo e da Richard Fixhead, ex Tantrum. Spesso nel metal le parti orchestrali sono eseguite in maniera tale da risultare avulse dal contesto, o peggio, quasi sgradevoli all’orecchio, ma in questo caso invece sono un ulteriore valorizzazione del lavoro del gruppo e sono quindi molto piacevoli. L’incedere del quarto disco del trio marsigliese è incessante e lascia una scia di sangue dietro di sé, con l’ascoltatore che rimane pienamente soddisfatto da quanto sta ascoltando. La carriera degli ACOD fino a qui era già soddisfacente, ma questo disco è molto al di sopra della media e dovrebbe essere il definitivo trampolino per una formazione musicale che, in questo frangente, ha prodotto davvero una grande uscita, potentissima e molto coinvolgente. Non c’è un secondo di noia o di riempitivo, è tutto furia e devastazione, antiche storie e nuovi demoni, e il gruppo dimostra di possedere un marchio immediatamente riconoscibile, che è forse la cosa più difficile oggi, in ambito metal e non.

Tracklist
01. L’ascension des abysses
02. Omnes Tenebrae
03. Road To Nowhere
04. Broken Eyes
05. Between Worlds
06. Tristis Unda
07. Sanity Falls
08. The Divine Triumph
09. Fleshcell
10. Beyond Depths
11. Sleeping Shores

Line-up
Fred – Vocals
Jerome – Guitars/Bass
Raph – Drums

ACOD – Facebook

Grisly – The Spectral Wars

L’album ha nelle ritmiche il suo punto di forza, con i tre che alzano muri sonori impressionanti grazie ad un riffing swedish di origine controllata, ricordandoci quanto questa scuola abbia influenzato tutto il panorama estremo da quasi trent’anni.

Anno domini 2014: il bassista Dennis Blomberg lascia i Paganizer del suo amico Rogga Johansson (assoluto protagonista della scena estrema underground mondiale con una sfilza di gruppi e progetti che il solo pensare di portarli avanti tutti ha sembra del miracoloso) e, indovinate un po’? I due musicisti continuano a suonare insieme, così decidono di reclutare il buon Henke Lundgren alla batteria e fondano questa marcissima realtà estrema chiamata Grisly.

I tre musicisti svedesi suonano swedish death, dai rimandi ai Bolt Thrower così come agli Asphyx, il tutto ancora una volta di buona qualità, ma questo era prevedibile.
I Grisly, come gli altri progetti di Johansson, nascono per dar modo ai suoi creatori di suonare death metal fiero ed old school, niente di nuovo quindi, ma solo l’ennesima prova del valore del musicista di questo musicista e dei suoi compagni di avventura di turno.
The Spectral Wars, con il suo bel carro armato in copertina (disegnato da Juanjo Castellano, artista di casa Xtreem), non fa prigionieri, travolge con il suo impatto tra death svedese e scuola europea: Consumed From Beneath apre le ostilità, il growl di Johansson presto si insinua rabbioso ed ostile tra le note di Rot To Living e The Casket Eaters, brano che cambia ritmo senza perdere un’oncia in impatto.
L’album ha nelle ritmiche il suo punto di forza, con i tre che alzano muri sonori impressionanti grazie ad un riffing swedish di origine controllata, ricordandoci quanto questa scuola abbia influenzato tutto il panorama estremo da quasi trent’anni.
In conclusione, The Spectral Wars è sicuramente da annoverare come una delle le migliori tra le numerose uscite che hanno visto coinvolto quest’anno l’inarrestabile Rogga Johansson.

Tracklist
1.Consumed From Beneath
2.Rot to the Living
3.Parasite Parasite
4.The Casket Eaters
5.Teeth that Rips
6.Bring Out the Horrors
7.Supernatural Warfare
8.Sentenced to Armageddon
9.Into Insanity
10.The Spectral Wars

Line-up
Rogga Johansson – Guitars/vocals
Dennis Blomberg – Bass
Henke lundgren – Drums

Bad Bones – High Rollers

High Rollers è un disco composto da dieci hit che non risparmiano grinta ed energia, sprizzando attitudine da tutti i pori, valorizzati poi da melodie ruffiane ed irresistibili: una vere bomba hard rock che vi esploderà tra le mani in questo autunno che si preannuncia caldissimo.

Torna una delle band più rappresentative dell’hard rock targato Italia, i piemontesi Bad Bones, al quinto album licenziato dall’attivissima Sliptrick Records.

Prodotto da due icone del metal tricolore come Simone Mularoni e Roberto Tiranti, il nuovo lavoro sfodera una sagacia compositiva straordinaria vantando una raccolta di brani entusiasmanti, adrenalinici, potenti e dal grande appeal, grazie ad una valanga di melodie che travolgono l’ascoltatore, impegnato a dimenarsi e cantare i ritornelli dopo un paio di ascolti.
High Rollers è un album duro e roccioso, uno tsunami di riff che si collocano tra gli anni settanta ed il decennio successivo, con atmosfere che passano agevolmente dalla polvere delle highways della frontiera a quelle dei locali del Sunset Boulevard, ed una serie di tracce che dall’opener e singolo American Days arrivano fino alla semi ballad Solitary Fields in un crescendo rock ‘n’ roll per poi lasciare alla fine dell’ascolto tanta soddisfazione ed un pizzico di nostalgia.
Con il proprio sound rude e melodico, perfettamente bilanciato tra le due caratteristiche, il gruppo piemontese un po’ di anni fa avrebbe fatto sfracelli, transitando regolarmente sui canali musicali grazie a brani magnifici come Wild Rose, Blood TrailsRock’ n Me.
High Rollers è un disco composto da dieci hit che non risparmiano grinta ed energia, sprizzando attitudine da tutti i pori, valorizzati poi da melodie ruffiane ed irresistibili: una vera bomba hard rock che vi esploderà tra le mani in questo autunno che si preannuncia caldissimo.

Tracklist
1 American Days
2 Lost Again
3 Wild Rose
4 Midnight Rider
5 Solitary Fields
6 Now Or Never
7 Blood Trails
8 Wolf Town
9 Story Of A Broken Bone
10 Rock’ N Me

Line-up
Max Malmerenda – vocals
Sergio Aschieris – guitar
Steve Balocco – bass guitar
Lele Balocco – drums

BAD BONES – Facebook

R.A.I.V.A. – R.A.I.V.A.

Il disco si inserisce nella tradizione hardcore punk della penisola iberica, ed infatti il gruppo lusitano in qualche passaggio ricorda i Soziedad Alkoholika, con quella chitarra distorta che si accompagna ad una sezione ritmica ben cadenzata e con la voce bella ruvida e potente.

Esordio discografico per questo gruppo hardcore punk dalla sfumature metal che si chiama R.A.I.V.A. e di cui non si sa granché.

Il disco si inserisce nella tradizione hardcore punk della penisola iberica, ed infatti il gruppo lusitano in qualche passaggio ricorda i Soziedad Alkoholika, con quella chitarra distorta che si accompagna ad una sezione ritmica ben cadenzata e con la voce bella ruvida e potente. Le liriche sono di rabbia piena, infatti in portoghese Raiva vuol dire rabbia e qui ce n’è davvero tanta. Il Portogallo è un paese che è stato colpito duramente dalla crisi scatenata da lor signori ma, a differenza dell’Italia e della Grecia, è forse quello che si è ripreso meglio, soprattutto a livello politico, riprendendo a lottare invece di odiare il più debole. Tutto ciò si riflette nella musica e nelle parole del gruppo, che riesce a caricare molto l’ascoltatore, e a proporre una musica dura e con buoni contenuti. Ci sono stacchi, stop and go, sfuriate e momenti di maggiore melodia, e tutto è bene bilanciato con una grande fedeltà alla scuola portoghese, che non lascia molto spazio ai fronzoli e dà molta importanza alla sostanza. Raiva non è forse un disco originale, ma era da tempo che non si ascoltava un qualcosa che va nel passato musicale per attualizzarlo e proporre una nuova formula. Il disco si fa ascoltare molto bene e ha anche dei momenti prettamente metal, ora con un pizzico di Iron Maiden, ora con assoli come i gruppi metal iberici che sono ben bilanciati in questo aspetto. Un lavoro che viene da persone giustamente rabbiose per altre che li sanno ascoltare: musicalmente è una sorpresa e soprattutto non è scontato.

Tracklist
1. O Bom Aluno
2. A Vida é dos Que Acreditam
3. Eu Não Vivo, Eu Sobrevivo
4. Sou o Resultado Desse Mal Profundo
5. Filho da Maldade
6. Partidos & Quebrados
7. Ponham as Cartas na Mesa
8. Medo de Falhar
9. Pago Impostos com a Vida
10. A Revolta do Mundo
11. O Mais FRaco Não Tem Nada
12. Raiva Dessa Raiva
13. O Herdeiro da Parada

Line-up
Ricardo Mendonça – Guitar
Renato Lourenço – Bass
Ricardo Pinto – Drums
Fernando Girão – Vocals

ETHEREAL SOUND WORKS – Facebook

Bald Anders – Spiel

Il cantato il lingua madre caratterizza non poco opere di questo tipo, che sono comunque in grado di soddisfare il palato di chi vuole cibarsi di qualche pietanza saporita e meno usuale, assumendosi pure qualche rischio, ampiamente compensato dalla bellezza straniante di Spiel.

Chi ha amato i Lunar Aurora, quella che probabilmente è stata la migliore band black metal di sempre partorita dal suolo germanico, non può fare a meno di avvicinarsi con trepidazione e doveroso rispetto verso questo nuovo lavoro dei Bald Anders, gruppo fondato qualche anno fa dai fratelli Benjamin e Constantin König, ovvero gli Aran e Sindar responsabili, fra gli altri, di un capolavoro ineguagliabile come fu Andacht.

E’ bene però sgombrare subito il campo da ogni equivoco: qui il black metal è solo una delle molte componenti che si sovrappongono, talvolta in maniera apparentemente illogica o bulimica, all’interno di un progetto musicale che si presenta maniera esplicita come un qualcosa di difficilmente etichettabile.
Spiel è incentrato sull’idea di gioco (appunto spiel in tedesco) in tutte le sue forme, siano esse quelle più spensierate e di natura infantile, sia un qualcosa i cui esiti finali possono radicalmente la vita di chi vi si cimenta; ma un gioco è anche quello nel quale si trova sicuramente coinvolto l’ascoltatore provando a scoprire, di volta in volta, dove i nostri andranno a parare, ricordando ora la solennità degli stessi Lunar Aurora (Verhext), ora la vis sperimentale dei Nocte Obducta (Pestulon), per arrivare alle ritmiche scanzonate e catchy in quota Die Apokalyptischen Reiter (Drei Wünsche) fino ad una sorta di cabaret decadente di tipica matrice germanica (Rosenspalier).
L’album al primo ascolto spiazza e non poco, ma poi di volta in volta i tasselli del puzzle trovano la propria giusta collocazione, per cui la convivenza tra tutte le sfumature citate in precedenza vede la sua sublimazione nell’enfasi lirica di Fantasma, brano in cui il flusso emozionale che pervadeva l’opera dei Lunar Aurora trova un suo naturale sbocco, sia pure sotto diverse sembianze.
Come sempre il cantato il lingua madre caratterizza non poco opere di questo tipo, che sono comunque in grado di soddisfare il palato di chi vuole cibarsi di qualche pietanza saporita e meno usuale, assumendosi pure qualche rischio, ampiamente compensato dalla bellezza straniante di Spiel.

Tracklist:
1.Das achte Haus
2.Drei Wünsche
3.Taugenichts
4.Verhext
5.Fantasma
6.Rosenspalier
7.Le Fuet
8.Pestulon
9.Der Onkel

Line-up:
Benjamin König
Constantin König
Clemens Kernert

BALD ANDERS – Facebook

An Autumn For Crippled Children – The Light of September

The Light of September è un album raccomandato ai fruitori del black più atmosferico e degli amanti di certo post punk e lo si ascolta con grande piacere, in virtù di una grande scorrevolezza e delle sue peculiarità che, piacciano o meno ai puristi, ne costituiscono il principale punto di forza.

Gli An Autumn For Crippled Children sono una strana creatura musicale che ormai da diversi anni offre un mix, invero dai tratti molto personali, di shoegaze, darkwave e black metal, il tutto sempre con risultati decisamente positivi.

Il solo problema di chi si cimenta in simili operazioni è quella di avere a che fare con ascoltatori magari non troppo propensi nel derogare dai propri gusti musicali, rischiando così di scontentare, da una parte, quelli che non sopportano la voce in screaming e, dall’altra, chi ritiene lo sviluppo musicale troppo morbido per avere diritto di cittadinanza nel panorama dei generi più estremi.
Sicuramente, a chi non suddivide la musica in compartimenti stagni l’opera di questi olandesi sarà decisamente gradita, perché la facilità innata nel tessere melodie avvolgenti quanto malinconiche da parte del trio è sempre sorprendente.
Non c’è un solo brano, infatti, che non regali uno sviluppo armonico incisivo al quale il substrato metallico dona solo uno scheletro più robusto senza andarne a snaturare l’essenza; d’altro canto, se è vero che tra magnifiche tracce come The Light of September, Lovelorn e Fragility le differenze appaiono evidenti per approccio e ritmi, non si può fare a meno di notare che, alla lunga, rischia ugualmente di affiorare quel pizzico di ripetitività capace di offuscare leggermente il piacere dell’ascolto.
Detto questo, personalmente preferisco di gran lunga trascorrere una quarantina di minuti del mio tempo con gli An Autumn For Crippled Children piuttosto che con i più celebrati Ghost Bath, tanto per restare su territori contigui, proprio perché quello della band dei Paesi Bassi mi appare come un sentire malinconico genuino, a differenza del depressive di facciata, per quanto ben costruito, degli statunitensi.
Al settimo full length in poco più di otto anni, gli An Autumn For Crippled Children offrono un’altra prova di sicuro valore: The Light of September è un album raccomandato ai fruitori del black più atmosferico e degli amanti di certo post punk (il lavoro del basso è un marchio di fabbrica, in tal senso), e lo si ascolta con grande piacere in virtù di una grande scorrevolezza e delle sue peculiarità che, piacciano o meno ai puristi, ne costituiscono il principale punto di forza.

Tracklist:
1. The Light of September
2. New Hope
3. Hiding in the Dark
4. Lovelorn
5. Fragility
6. The Silence Inside
7. A New Day Has Come
8. Still Dreaming
9. The Golden Years

Line-up:
TXT – Bass, Keyboards
CXC – Drums
MXM – Vocals, Guitars, Keyboards

AN AUTUMN FOR CRIPPLED CHILDREN – Facebook

Prophets Of The Apocalypse – War Metal

War Metal è un esempio di metal estremo old school che resta confinato ad uno status di nicchia, rivelandosi consigliabile quindi ai soli agli amanti del più nascosto sottobosco metallico.

I Prophets Of The Apocalypse sono una one man band americana proveniente dal Tennessee, una creatura death/thrash metal creata da Pete Serro (ex-Strychnine, ex-Beyond Deranged).

Quella dei Prophets Of The Apocalypse è una proposta assolutamente old school ed ultra underground, una dichiarazione di guerra al mondo con otto tracce incentrate su un thrash metal tra Slayer e primi Kreator, potenziato da iniezioni death e qualche spunto black.
L’intro d’ordinanza con le sue armonie semiacustiche crea un crescendo atmosferico che sfocia nella thrashy Battle Eyes, mentre nella lunga Storm The Gates il thrash metal viene accompagnato da sfumature black care all’Abbath solista.
La produzione è in linea con il concept classico del sound, dignitosa nelle parti death/thrash, un po’ troppo piatta nelle fasi in cui la guerriglia black metal si fa più feroce.
Bleed To Death torna su sentieri insanguinati dal thrash metal anni ottanta, Breath risulta un intermezzo atmosferico prima che Step Into Your Mind ci travolga, ultima vera canzone di War Metal, chiuso da Exit Eternity, outro che nulla aggiunge all’economia dall’album.
Il lavoro è un esempio di metal estremo old school che resta confinato ad uno status di nicchia, rivelandosi consigliabile quindi ai soli agli amanti del più nascosto sottobosco metallico.

Tracklist
1.A Prelude to War
2.Battle Eyes
3.Storm the Gates
4.Bleed to Death
5.Breathe
6.Step into Your Mind
7.Exit Eternity

Line-up
Pete Serro – All instruments, Vocals

PROPHETS OF THE APOCALYPSE – Facebook

Holy Shire – The Legendary Shepherds Of The Forest

Un lavoro emozionante e bellissimo, classica opera per cui vale la pena fermarsi per cinquanta minuti e farsi guidare dal drago nel mondo senza tempo di The Legendary Shepherds Of The Forest: bentornati Holy Shire.

Il nuovo lavoro dei milanesi Holy Shire era atteso con trepidazione e non poca curiosità da chi segue l’underground metallico tricolore, dopo il bellissimo esordio di ormai quattro anni fa intitolato Midgard.

La band in questo lungo periodo non ha praticamente mai smesso di suonare live e ora l’ombra del drago si staglia nel cielo autunnale di quest’anno che si avvia alla fine, portando nuova musica che va a comporre The Legendary Shepherds Of The Forest.
E il drago campeggia nella copertina, creata dal batterista Maxx, per quello che risulta un altro viaggio fantastico nella musica senza tempo del gruppo, portando con sé qualche novità nella formazione ed una manciata di ospiti a valorizzare queste nuove undici composizioni.
The Legendary Shepherds Of The Forest è stato registrato e mixato al Noise Factory Studio di Milano, per poi essere affidato a Mika Jussila per la masterizzazione ai leggendari Finnvox Studios.
Kima Chiara Brusa al flauto e Frank Campese alla chitarra sono i nuovi entrati nella formazione ufficiale degli Holy Shire, ai quali si è aggiunta in seguito ed in sede live Claudia Beltrame, mentre sull’album come scritto in precedenza figurano una serie di ospiti tra cui Federico Maffei (Folkstone), che si è occupato della produzione artistica della seconda parte dell’opera, Masha Mysmane (Exilia), che ha curato gli arrangiamenti di tutto l’album, e poi Simona Aileen Pala, Francesca Chi, Lisy Stefanoni e Piero Chiefa.
Con queste premesse la curiosità e le aspettative nei confronti nuovo album sono logicamente aumentate, insieme alla consapevolezza che il gruppo non aveva lasciato nulla di intentato, ripresentandosi agli ascoltatori nella sua veste migliore.
Il sound continua sulla strada intrapresa nel lavoro precedente, ed anche in questo caso le soluzioni orchestrali e talvolta eccessive di molte realtà del genere sono sostituite da un approccio più raffinato ed elegante, con la parte metallica che, solo a tratti, sconfina nel power per solcare strade più classiche e a loro modo progressive.
Le tematiche fantasy sono accompagnate da passaggi più moderni rispetto al passato (la title track), mantenendo una forte connotazione classica, meno rock e più folk, ma sempre d’autore con il flauto che detta atmosfere dal retrogusto medievale, e l’uso eccelso delle voci, perfettamente sublimi in ogni contesto; un passo avanti auspicato e confermato da splendidi brani come Danse Macabre, Princess Aries, la progressiva ed epica At The Mountains Of Madness e l’oscura sinfonia di Inferno.
Un lavoro emozionante e bellissimo, classica opera per cui vale la pena fermarsi per cinquanta minuti e farsi guidare dal drago nel mondo senza tempo di The Legendary Shepherds Of The Forest: bentornati Holy Shire.

Tracklist
1. The Source
2. Tarots
3. Danse Macabre
4. The Legendary Shepherds Of The Forest
5. Princess Aries
6. Ludwig
7. At The Mountains Of Madness
8. The Gathering
9. Inferno
10. Ophelia
11. The Lake

Line-up
Massimo Pianta – TheMaxx – Drums
Erika Ferraris – Aeon – Dragon Vocals
Claudia Beltrame – DeepBlue – Unicorn Vocals
Andrea Faccini – Andrew Moon – Guitar
Frank Campese – Guitar
Piero Chiefa – Blackbass – Bass
Chiara Brusa – Kima – Flute

HOLY SHIRE – Facebook

MAYAN

Il video di ‘Saints Don’t Die’, dall’album “Dhyana” (Nuclear Blast).

Il video di ‘Saints Don’t Die’, dall’album “Dhyana” (Nuclear Blast).

“Anche se con alte aspettative, non ero pronto a questo, probabilmente il più completo album metal sinfonico che ho mai avuto il piacere di ascoltare.” (voto 10/10)
POWERPLAY (UK), Mark Lacey

“Una strabiliante esperienza di cinematografico, sinfonico death metal, che va dalla bellezza funerea alla furia più sinistra. Un vero classico di Death Metal sinfonico per i posteri.”
OVERDRIVE (AUS), Lewis Allan

“Completamente un nuovo standard in termini di metal (estremo) sinfonico!”
LEGACY (D), Andreas Schiffmann

Il collettivo death metal sinfonico MaYaN ha pubblicato il terzo epico album “Dhyana”. Insieme alla City of Prague Philharmonic Orchestra, la band ha registrato lo spettacolare disco, che riflette temi concettuali quali la coscienza di sé, rinunciare al proprio ego e alla tendenza di essere arroganti per scoprire chi si è davvero.

Per festeggiare il nuovo album, i MaYaN hanno pubblicato il video ufficiale del loro inno ‘Saints Don’t Die’.

Il cantante Mark Jansen spiega il background della traccia: “‘Saints Don’t Die’ parla delle guerre combattute sulle spalle di giovani donne e uomini che sono stati mandati in battaglia e ne hanno poi patito le conseguenze per tutta la loro vita, mentre i ‘Santi’ rimangono nelle loro torri d’avorio, a muoverne i fili.”

Acquista la tua copia del jewelcase (incl. bonus instrumental CD in O-card), il vinile nero o l’edizione limitata dorata: http://www.nuclearblast.com/mayan-dhyana

La line-up attuale dei MaYaN è la seguente:
Mark Jansen, George Oosthoek | grunts
Henning Basse, Adam Denlinger | voce pulita maschile
Laura Macrì, Marcela Bovio | voce pulita femminile
Jack Driessen | synth, arrangiamenti orchestrali
Frank Schiphorst, Merel Bechtold/Arjan Rijnen/Jord Otto | chitarra
Roel Käller | basso
Ariën van Weesenbeek | batteria

Maggiori info:
www.mayanofficial.com
www.facebook.com/mayanband
www.nuclearblast.de/mayan

Sherpa – Tigris & Euphrates

Sei brani di post folk rock e psichedelia occulta per la seconda fatica discografica degli abruzzesi Sherpa.

Sei brani di post folk rock e psichedelia occulta per la seconda fatica discografica dei Sherpa.

In origine, con la stessa formazione, gli abruzzesi si chiamavano Edith A.u.f.n. e facevano un folk rock a tinte americane, mentre ora è cambiato tutto. Il primo disco con la nuova denominazione è Tanzlide, che riceve un buon riscontro, e vengono invitati da Crisitna Donà a rifare la sua Tregua in Tregua 1997-2017 Stelle buone, disco per il ventennale dell’uscita. Gli Sherpa colpiscono subito l’ascoltatore con il loro suono mellifluo e minimale, eppure ricchissimo, che parte dal folk per abbracciare il post rock più visionario, riprendendo poi la psichedelia e facendola diventare un soffio occulto che parla la nostro cuore. Ciò che creano i pescaresi è un’atmosfera intima e calda, dove il tempo e lo spazio sono altre cose rispetto a quelli che viviamo normalmente. Come si può evincere dai titoli, la loro poetica abbraccia anche l’occulto, e specialmente per questo disco si è provato a tracciare la parabola dell’evoluzione del linguaggio e di come esso sia servito a cambiare i rapporti umani. Il linguaggio è la prima e forse più grande ricchezza che abbiamo e, nonostante ora sia svilito a favore di altri mezzi, è il respiro che ci porta a creare il nostro mondo, e qui gli Sherpa lo sottolineano molto bene. La produzione di Giuseppe Sericola e Fabio Cardone è adeguata, pulita e cristallina, perché non è un suono facile da catturare; etereo e bilanciato, dionisiaco e lascivo, quello degli Sherpa si adatta sempre molto bene a ciò che vogliono esprimere, per un disco che alle nostre latitudini non si è ascoltato spesso essendo un qualcosa maggiormente appannaggio di gruppi scandinavi o nordici. Un lavoro che cresce a poco nel nostro cervello e trova il suo meritato posto.

Tracklist
1. Kim (((o)))
2. Creatures from Ur
3. Equiseto
4.Abscent to the Mother of Language
5.Overwhelmed
6.Descent of Inanna to the Underworld

Line-up
Matteo Dossena – voce, chitarra, synth, cori-Pierluca Michetti – batteria, percussioni
Axel DiLorenzo – chitarre-drone
Franz Cardone – basso, synth, cori

SHERPA – Facebook

Heroes Don’t Ask Why – Sound Of A Broken Heart

Sound Of A Broken Heart è un salto in avanti rispetto al debutto omonimo risalente a tre anni fa, ma ora il gruppo deve affrontare la prova nove rappresentata dal full length per convincere del tutto fans e addetti ai lavori.

La copertina del nuovo ep di questa giovane band finlandese potrebbe far pensare ad un sound melodico di estrazione classica, invece gli Heroes Don’t Ask Why suonano un rock moderno con qualche accenno al metalcore più commerciale, inserito in un contesto fortemente melodico.

Devo dire che il sound di queste sette tracce che vanno a formare Sound Of A Broken Heart funziona: il gruppo scandinavo non lascia mai che una delle sue due anime prenda il sopravvento sull’altra, così che rock melodico e metal moderno convivono con una certa naturalezza.
Gli Heroes Don’t Ask Why non rinnegano certo la loro provenienza da una terra di metal estremo e melodico, influenza che non manca di donare a brani come 15th Of May o Blink Of An Eye quel rude approccio metallico perfetto per non risultare solo la classica band cool mossa dal solo intento di scalare le classifiche. Sound Of A Broken Heart è un salto in avanti rispetto al debutto omonimo risalente a tre anni fa, ma ora il gruppo deve affrontare la prova nove rappresentata dal full length per convincere del tutto fans e addetti ai lavori.

Tracklist
1. Poisoned Well
2. Twisted Paradise
3. 15th of May
4. My Dear Friend
5. Wooden Box
6. Blink of an Eye
7. Sound of a Broken Heart

Line-up
Jussi Pajunpää – Vocals, Lead Guitar
Matias Kaunisvesi – Guitar, bgv
Johnny Kivioja – Bass, bgv
Kimmo Puhakka – Drums, management

HEROES DON’T ASK WHY – Facebook

INIRA

Il lyric video di “This is War”, primo singolo estratto da “Gray Painted Garden” (Another Side Records / Metal Scrap Records).

Il lyric video di “This is War”, primo singolo estratto da “Gray Painted Garden” (Another Side Records / Metal Scrap Records).

La Modern Metal band friulana INIRA annuncia la pubblicazione del nuovo album “Gray Painted Garden” tramite Another Side Records / Metal Scrap Records Inc.
L’album pubblicato il 5 Ottobre 2018 in Europa/Giappone/Nord & Sud America contiene 11 tracce cariche di riff taglienti e melodie accattivanti. Consigliato a fan di In Flames, Gojira, Architects e Deftones.
Il 5 Settembre è uscito il lyric video di “This is War”, primo singolo estratto da “Gray Painted Garden”.
“Discarded” sarà il secondo singolo del disco accompagnato da un Videoclip UfficialeGray Painted Garden” è stato registrato e mixato dal frontman Efis Canu nel suo InferiStudio.
La batteria è stata registrata da Riccardo Pasini (Extrema, The Secret, Blindead, Nero di Marte) allo Studio 73 di Ravenna.
Il master del disco è stato affidato al noto produttore svedese Henrik Udd (Bring Me The Horizon, Architects, At The Gates, Powerwolf, I Killed The Prom Queen, Hammerfall etc.) all’Henrik Udd Recording Studio.

Di seguito potete trovare la track-list del disco:
1. Gray Painted Garden
2. Discarded
3. This Is War
4. Sorrow Makes For Sincerity
5. Venezia
6. Zero
7. The Falling Man
8. The Path
9. Universal Sentence of Death
10. Oculus Ex Inferi
11. Home

Ennui – End of the Circle

La scena funeral doom dell’est europeo ha una capacità incredibile di creare opere d’arte di alto livello;il quarto disco degli Ennui ci trasporta in territori disperati, rassegnati e onirici.

Nelle note del booklet interno, il duo di Tbilisi ringrazia Greg Chandler e gli albionici Esoteric per la loro musica, l’influenza e l’ispirazione che hanno permesso agli Ennui di ritagliarsi un’importante spazio all’interno della scena funeral doom europea.

Fondata nel 2012 da David Unsaved e Serj Shengelia, la band georgiana ha proposto ben quattro full length (compreso ora End of the Circle) marchiati nel più puro suono funeral doom, serio, incompromissorio, diventando un nome di culto all’interno della fertile scena dell’est europeo. Per ogni cultore di questa arte difficile ma ricca di emozioni e atmosfera, gli Ennui sono una garanzia: nessuna loro opera mi ha mai deluso e ho sempre ritrovato le stimmate tipiche del suono funeral e anche in questo monumentale lavoro, fatto di tre brani per 74 minuti, ognuno troverà intensi minuti di piacere estremo. Bisogna, come noto, riuscire a trovare il tempo giusto per staccarsi dal mondo circostante e immergersi in un universo parallelo, dove le emozioni fluiscono pure e stimolano le nostre terminazioni nervose, verso momenti di piacere assoluto. Ascolto sicuramente impegnativo ma estremamente appagante e sono sicuro che chi segue la scena avrà già assaporato le note della mastodontica title track (oltre 30′) con la quale si raggiunge il perfetto equilibrio tra evocativi soundscapes, condotti da liquide tastiere e telluriche stratificazioni doom; questa alternanza, peraltro condotta in modo naturale e senza manierismi, mantiene alta la tensione del brano conducendoci in zone oniriche della nostra psiche, in cui la voglia di abbandonarsi e lasciarsi trasportare in altre dimensioni prende il sopravvento. Brano magnifico che nonostante l’immane lunghezza si vorrebbe non finisse mai. Gli Ennui, dopo averci ipnotizzato con queste note cariche di un’amara disperazione, ci danno il colpo di grazia con gli altri quaranta minuti di The Withering, divisa in due parti, che ci porta in territori maggiormente oscuri e cupi; le keyboards mantengono un profilo più defilato e le chitarre con la loro metodica e lenta marcia tracciano una strada colma di disperazione e “sadness”. Al di là della potenza espressa dal duo, bisogna cogliere le varie sfumature nelle melodie, nei toni del growl sempre molto espressivo, nell’evolversi del viaggio che ci viene proposto e che intraprendiamo… ogni nota crea un’atmosfera unica e l’ispirazione non manca: l’affresco creato è profondo e maestoso. Sicuramente tra i dischi funeral del 2018.

Tracklist
1. End of the Circle
2. The Withering Part I – Of Hollow Us
3. The Withering Part II – Of Long-Dead Stars

Line-up
Serj Shengelia Guitars, Bass
David Unsaved Guitars, Vocals

ENNIU – Facebook

Die Sonne Satans – Metaphora

Ci si perde in questo tempo dilatato, in questi suoni altri, in questo austero tempo che non è il nostro, ed il tutto sarebbe immensamente piaciuto all’inquisitore Eymerich, a parte il monicker ovviamente.

Dopo 25 anni dalla sua uscita torna il disco Metaphora del progetto dark ambient italiano Die Sonne Satans, manovrato dalle tenebre da Paolo Beltrame, deus ex machina del gruppo.

Metaphora era originariamente uscito nel 1993 come metà dello spilt con i Runes Order, per i tipi della mitica Old Europa Cafè, un’etichetta di ambient e industrial che ha tracciato una strada ancora molto futuristica tuttora. Su Die Sonne Satanas non si sa granché, solo che dietro al nom de plume c’è Paolo Beltrame, ma va benissimo così, perché ci sono le sue opere a parlare di e per lui. Il disco ha avuto un ottimo restauro sonoro da parte di Maurizio Pustinaz, il tutto avvallato da Beltrame stesso. L’opera in questione non è prettamente musica, né si avvicina minimamente alla sua concezione tradizionale ma va ben oltre: è un insieme di ambient e di spunti che hanno per oggetto il simbolismo religioso, come se si lavorasse sulla materia religiosa e la si facesse uscire in un’altra maniera. Centrale è il concetto espresso dal breve titolo Metaphora, che in greco significa trasportare oltre, per cui un termine viene usato per significare qualcosa di diverso dalla sua origine. Qui è esattamente così, nel senso che si prende un significato e lo si usa in contesti diversi, facendolo diventare altro. Ciò che stupisce maggiormente in un disco come questo è la capacità di penetrare dentro l’ascoltatore, e come fosse un rito sciamanico portarlo lontano, in un ambiente diverso dal suo. Alcuni stilemi della religione cristiana vengono qui lavorati a tal punto che diventano un qualcosa ora di liquido, ora di monolitico, come se fossero salmi che minimali salgono al cielo accompagnati da droni e loop. Metaphora era un disco gigantesco già all’epoca dell’uscita, in un momento magico per il movimento ambient industrial occultistico italiano. Ascoltare questo album è una vera esperienza sonora, e ognuno ci sentirà ciò che preferisce, non ci sono limitazioni qui od intrattenimento. In quei fantastici anni novanta in Italia si producevano autentiche chicche di questo genere, musica che era ben oltre la musica, poi è arrivata la risacca e si è affievolito tutto, anche se rimane qualcosa. L’etichetta Annapurna di Firenze, una delle migliori in Italia con un catalogo notevolissimo, ci dà la possibilità di ascoltare un disco che è bellissimo e che è meraviglioso nel senso che produce autentica meraviglia e bellezza. Ci si perde in questo tempo dilatato, in questi suoni altri, in questo austero tempo che non è il nostro, ed il tutto sarebbe immensamente piaciuto all’inquisitore Eymerich, a parte il monicker ovviamente.

Tracklist
1.The garden of Hydra
2.Body snatcher
3.Spiritwook (revised)
4.Source
5.Orbis
6.The Venerable
7.Advent
8.Pleurotomaria (revised)
9.Cheopys

ANNAPURNA – Facebook

GTO – Super

Super si rivela un buon lavoro, qualcosa di diverso ed intrigante, divertente e nostalgico, irriverente e ribelle come il rock e chi lo vive.

Tornano per festeggiare i venticinque anni di carriera gli umbri folk/rockers GTO con il sesto album di una discografia iniziata nel 2000 con l’album The Best Of e proseguita fino al 2013, anno di uscita dell’ultimo lavoro intitolato Little Italy.

Licenziato dalla Music Force, questo Super prende il titolo dal carburante che anima il motore del vecchio furgone che li porta in giro per i palchi dello stivale a suonare il loro rock ‘n’roll energico ed intriso di armonie folk, che potrebbero essere sicuramente definite alternative, usando un aggettivo ormai abusato nel rock, ma che riveste a mio parere un ruolo importante nell’economia del sound dei nostri.
Il sound è ispirato agli anni cinquanta, con una vena rockabilly capace di scuotere le membra dei ragazzi sui litorali adriatici, abbinato ad una vena folk rock e dunque a quel tocco alternativo che rende la proposta del quintetto umbro tremendamente attuale.
Si parte quindi per viaggiare con questa Gran Turismo Omologata, bolide ad alta velocità sulle strade del rock, tra l’ Umbria, l’ Emilia ed un passo tra Londra e gli States, con questi tredici brani tra i quali troviamo energiche semiballad e canzoni rock’n’ roll dal piglio giusto per coinvolgere che nei propri ascolti abbina la tradizione con le tendenze più moderne.
Super risulta così un buon lavoro, qualcosa di diverso ed intrigante, divertente e nostalgico, irriverente e ribelle come il rock e chi lo vive.

Tracklist
1.I re della riviera
2.1970 Hostel
3.La Rambla
4.L’amore è una scelta
5.Di notte sabato alle 3
6.La strada è liberazione
7.Destination anywhere
8.Dove ho sbagliato
9.Johnny’s back summer’s back
10.Passione
11.Francis
12.Ma maladie
13.Mi parlerai di te

Line-up
Stefano Bucci – Voce
Romano Novelli – Chitarra, mandola, armonica, cori
Luigi Bastianoni – chitarra, fisarmonica, cori
Giampiero Passeri – basso
Alessandro Bucci – batteria

GTO – Facebook

VV.AA. – Demolition Derby

Lo split della Retro Vox Records di Parma è un gran bel Demolition Derby nel quale, per una volta, in una gara di questo tipo non c’è un vincitore se non il suono che questi gruppo esprimono e che da troppi anni è stato messo in panchina perché non di moda, mentre invece grazie a band come queste può dare ancora enorme soddisfazione all’ascoltatore.

Split su vinile dieci pollici con due tracce a testa per quattro band, gli italiani King Mastino e Black Gremlins, e dalla Svezia “Demons” e Scumbag Millionaire.

Il disco è stato concepito e realizzato dalla Retro Vox Records. Il disco è venuto bene e mostra quattro sfaccettature diverse del punk rock. Innanzitutto i gruppi lo fanno in una maniera molto virata verso il rock and roll ad alto numero di ottani, alla maniera di Hellacopters ed affini, in un maniera che purtroppo si è andata a perdere negli ultimi tempi.
Aprono le danze gli svedesi Scumbag Millionaire nati nel 2014 e che esordiranno a breve per la Suburban Records con il loro debutto che, se si rivelerà all’altezza come i due pezzi qui presenti, entrerà nella scia della bellissima scena hard rock punk scandinava degli anni novanta visto che anche qui troviamo tanta melodia e chitarre che viaggiano veloci. A ruota degli svedesi arrivano gli interessantissimi parmigiani Black Gremlins, che annoverano musicisti da band come i Caronte, gli Shinin’ Shade e i Calendula. Il loro punk rock è molto veloce e tirato, sporco e di gran classe, di quella genia che parte dai Motörhead per arrivare fino ai giorni nostri, sudore e voglia di suonare a tutto volume. I parmigiani hanno già prodotto due dischi per la Retro Vox Records e sono un gruppo davvero molto interessante ed appagante. Continuano lo split le due canzoni dei King Mastino, band spezzina nata nel 2007 in una terra dove i Manges e i Pea Wees hanno fatto la storia del genere. Anche loro sono molto influenzati dalla scena scandinava, hanno grandi melodie ed un tiro micidiale e molto coinvolgente. Chiudono il Demolition Derby gli svedesi “Demons” che anche nel 1995 facevano parte dell’originale scena svedese del rock and punk, e si sente, grazie a quel suono che fece innamorare tante persone un po’ di anni fa, dimostrando d’essere ancora in forma nonostante siano stati fermi per qualche anno. Lo split della Retro Vox Records di Parma è un gran bel Demolition Derby nel quale, per una volta, in una gara di questo tipo non c’è un vincitore se non il suono che questi gruppo esprimono e che da troppi anni è stato messo in panchina perché non di moda, mentre invece grazie a band come queste può dare ancora enorme soddisfazione all’ascoltatore.

Tracklist
1.Time After Time – Scumbag Millionaire
2.Ride It Out – Scumbag Millionaire
3.Alpha People – Black Gremlin
4.Turn Your Head Around – Black Gremlin
5.Cheap Souls For Nothing – King Mastino
6.Another Kind Of Love – King Mastino
7.Hemisexual – “Demons”
8.Amen – “Demons ”

Line-up
Scumbag Millionaire are:

Brickan Nilsson – Bass guitar, Max Fiasko – Guitar and Vocals, Adde – Drums, Dr. Weber – Guitar.
“Ride it out” and “Time after time” written and performed by Scumbag Millionaire.
Recorded and mixed by Micke Nilsson. Produced by Micke Nilsson and Scumbag Millionaire.

Black Gremlin are:

Cobra ChristôFory – Vocals and Guitar, Simple Matt – Drums, Mek Spazio – Guitar and Vocals, Narco Maynard – Bass guitar and Vocals.
“Alpha people” written by Black gremlin. “Turn your head around” written by Algy Ward/Mark Brabbs/Peter Brabbs , originally performed by Tank.
Recorded and Mixed by Gregory Manzo at Big Pine Creek Studio , Parma.

King Mastino are:

Alessio – Guitars and vocals, Massi – Bass guitar and Backing vocals, Holly -guitars, Jimmy – drums.
“Cheap souls for nothing” and “Another kind of love” written and performed by King Mastino Organ&Piano played by Manuel Apice.
Mixed and recorded at Bulls Recordz Studio by Davide Gallo

“DEMONS” are:

Matt – guitar and vocals, Micke – drums, Tomo – bass and backing vocals.
“Hemisexual” written by M. Carlsson. “Amen” written by Ahlgren/Lång/Klemensberger/Wawrzeniuk ,originally performed by The Robots.
Special appearance from Odd d’Cologne on “Amen”.

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