R.O.T.

Il video di Hyper Thymesia, dall’album “Revolution Of Two” (EFTM Records).

Il video di Hyper Thymesia, dall’album “Revolution Of Two” (EFTM Records).

Hyper Thymesia is a song extracted from the album “Revolution Of Two” by R.O.T., the passage speaks of the difficulty of separating oneself from one’s own memories and the choices that they influence.
You can find the song and the other songs from the album on Spotify and all the digital stores

R.O.T. are:
Louis LittleBrain: Guitar, Keyboards
Eddy Scissorshand: Bass, Voice

Hyper Thymesia and the other songs on the album were recorded and mixed entirely by the band with their own independent label “EFTM Records”
The video was edited by Louis Littlebrain and R.OT. in EFTM studios

https://www.facebook.com/Escape-From-The-Memory-Records-843941219015285/

https://www.instagram.com/eftm_records/?hl=it

Homerik – Homerik

La musica prodotta in questo omonimo primo album è completamente fuori dagli schemi prefissati, unendo in tre quarti d’ora musica popolare nord africana e asiatica, death metal, folk, progressive, e thrash. in un spettacolo di fuochi d’artificio a tratti riuscito a tratti, leggermente caotico in altri frangenti.

Il primo album di questa band statunitense risulta uscito lo scorso anno, ma vale la pena fare un passo indietro per presentarla adeguatamente.

Gli Homerik sono un’entità di New York con a capo tre artisti come Ken Candelas (The Mad Composer), Andrew Petriske (The Daemon) e Obed Gonzalez (The Gatherer), ma di fatto a questa mastodontica opera hanno fornito il loro contributo una lunga serie di musicisti, amici ed ospiti del trio.
La musica prodotta in questo omonimo primo album è completamente fuori dagli schemi prefissati, unendo in tre quarti d’ora musica popolare nord africana e asiatica, death metal, folk, progressive, e thrash. in un spettacolo di fuochi d’artificio a tratti riuscito a tratti, leggermente caotico in altri frangenti; si tratta di un’opera ambiziosa e di una difficoltà estrema, questo va sicuramente detto, ma talmente varia nel suo concept musicale che si rischia facilmente di perdere il filo.
Gli Homerik non si fanno problemi di sorta, passano dal metal estremo violentissimo e di matrice death/thrash/hard core, a teatrali movimenti che ricordano il Grand Guignol, sinfonici, dalle atmosfere horror o semplicemente attraversati da una vena folk che, come già scritto, non si ferma ad una sola tradizione popolare ma passa con estrema disinvoltura tra la musica di paesi lontani tra loro come cultura e costume.
Il sound lascia nell’ascoltatore, oltre che la sorpresa, la sensazione che manchi qualcosa per legare il tutto, cercando nella parte visiva il Santo Graal della musica degli Homerik.
Musica da vedere quindi, magari in un teatro, con danzatori e artisti a dare vita a queste note variopinte e loro modo estreme, sicuramente coraggiose ed originali, ma di difficilissima collocazione.

Tracklist
1.Into the Pits of Oblivion
2.Unforgotten Kin
3.An Angel of Darkness
4.Curse of the Black Nile
5.The “Ire” of Green
6.Wendigo
7.The Balance of Power
8.Bread and Circuses
9.A Song of the Night: Part I
10.The Legion

Line-up
Ken Candelas – The Mad Composer
Andrew Petriske – The Daemon
Obed Gonzalez – The Gatherer

HOMERIK – Facebook

METEORE: ABHORER

Da Singapore, una delle band culto che più ha influenzato gran parte della scena Black Death dell’Estremo Oriente. Un solo album all’attivo, nel lontano 1996, ma accessibili oggi, grazie anche a diverse produzioni postume.

Singapore certo non è la Scandinavia o gli Stati Uniti e neanche la Germania o il Regno Unito, e nemmeno appartiene alla cosiddetta Fascia Estrema Mediterranea, ma annovera comunque, nella sua storia musicale, insieme al Giappone, alcune tra le band – in ambito Death e Black – più “influencer” della scena mondiale.

Sicuramente non ricca quanto le succitate storiche terre natie del genere estremo, ci ha comunque “donato” band del calibro di Mutation, Hellghast (in ambito Death Metal), Demisor, Cardiac Necropsy e Vrykolakas (in ambito Brutal Death) Impiety, Nuctemeron e soprattutto Abhorer (in ambito Black Thrash).
Nati nel lontano 1987 come Tombcrusher, cambiarono nome solo l’anno successivo, divenendo appunto Abhorer. Con questo monicker uscirono con il demo Rumpus of the undead; cinque occulte tracce di Black Death/Thrash di stampo abbastanza europeo.
Ma il vero successo venne con l’uscita dello split album – oramai di culto – con i giapponesi Necrophile, partorito dalla altrettanto famosa Decapitated Records (l’autrice – per capirci – di Into the Drape dei Mortuary Drape e Passage To Arcturo dei Rotting Christ).
Dopo però un misterioso silenzio di ben tre anni escono con un ep ,Upheaval of Blasphemy, di due pezzi, la cui cover (un demonio che copula con una donna sopra un pentacolo) letteralmente, li estromette dalla scena locale; il governo di Singapore non permetterà mai più loro di esibirsi dal vivo in terra natia, etichettandoli come adoratori di Satana e condannandoli al Fuoco Eterno (che era poi quello che i quattro ragazzacci desideravano…).
Quindi, per niente scoraggiati, nel 1996 fanno uscire Zygotical Sabbatory Anabapt per l’olandese
Shivadarshana Records (Impiety, Liar Of Golgotha, Order From Chaos), che rimarrà purtroppo l’unico vero loro full-length. Quasi 35 minuti di puro Black Death Thrash senza compromessi, furia cieca, grezza e sporca fino al midollo.
Dopo più nulla (si sciolsero nel 1997), se non una serie di split postumi e compilation, più o meno autorizzate dalla band stessa, tra cui una molto discussa Unholy Blasphemer, uscita per Xtreem, di cui in realtà la band non ne sapeva assolutamente nulla. La label pare sia stata ingannata da un presunto ex componente della band che voleva spillare qualche dollaro…

Discography:
Rumpus of the Undead – Demo – 1989
Deride the Remedied / Rumpus of the Undead – Split – 1991
Upheaval of Blasphemy – EP – 1994
Zygotical Sabbatory Anabapt – Full-length – 1996
Upheaval of Blasphemy / Dissociated Modernity – Split – 1997
Zygotical Ecstacy- Split – 2013
Cenotaphical Tri-Memoriumyths – Compilation 2014
Aseance Profanus Duoblation – Split – 2017
Oblation II: Abyssic Demonolatries – Compilation – 2017

Line-up
Exorcist – Guitars
Crucifer – Vocals
Imprecator – Bass
Dagoth – Drums

GANDALF’S OWL

Il video di Winterfell, dall’album “Who’s The Dreamer?” in uscita a gennaio (Club INferno Ent.).

Il video di Winterfell, dall’album “Who’s The Dreamer?” in uscita a gennaio (Club INferno Ent.).

“Who’s The Dreamer?” is GANDALF’S OWL’s new opus. Destined to be out in late November, we decided to fix some elements so we have a new release date that is January 4th, 2019.
Gandolfo FERRO, already known as HEIMDALL’s singer, propose with this album a great Progressive Ambient Rock, with sprinklings of ‘old-time’ electronica and epic psychedelic influences.
The elegance of the sounds of Floydian memory will complete a stunning act, while the presence of a cover of Le Orme classic “Il Vento, La Notte, Il Cielo” is a final gift to an album announced as a true masterpiece.

Here is the cover and the complete tracklist:
1. Winterfell – 2. A Dwarf In The Lodge Pt.1 – 3. A Dwarf In The Lodge Pt.2 – 4. Garmonbozia – 5. Between Two Worlds – 6. White Arbour (…The North Remembers) – 7. Sunset By The Moon – 8. Coming Home – 9. Il Vento, La Notte, Il Cielo (cover Le Orme)

– CLUB INFERNO ENT.: www.facebook.com/clubinfernoent
– GANDALF’S OWL: www.facebook.com/GaldalfsOwl
– Video[GANDALF’S OWL – Winterfell (Official video)]: https://youtu.be/PoaBL8-RoTc

Porn – The Ogre Inside Remixed

I suoni sono davvero interessanti e il disco raggiunge pienamente il suo obiettivo, ovvero quello di rileggere in maniera alternativa il disco originale, portandolo ad un altro livello. Nel campo dell’elettronica oscura è una delle migliori uscite degli ultimi tempi.

Album di remix del disco The Ogre Inside, uscito nel 2017 come primo episodio di una trilogia basata sul protagonista Mr. Strangler, che è anche il cantante del gruppo.

Gli Ogre sono un gruppo francese di ebm gothic metal, con una forte carica pop e ottime melodie, che si alternano perfettamente con pezzi maggiormente crudi e veloci. Il disco originale, uscito l’anno scorso, ha avuto un buon successo, e qui rinasce nuovamente grazie agli ottimi remix dei produttori An Erotic End Of Times, Heartlay, Thot e Aura Shred, che interpretano il disco in maniera differente, portando a galla nuove ricchezze nascoste. Il gruppo francese possiede qualità notevoli, poiché riesce a fare una sintesi molto originale di generi diversi, come l’ebm, il synth pop in quota Depeche Mode, soprattutto come modello sul quale plasmare la propria materia, e un tocco di metal gotico. Con questi remix si pone l’accento soprattutto sulla parte elettronica del tutto, e ne viene fuori un disco notevole, forse migliore rispetto all’originale, sicuramente altrettanto potente e visionario. Come per qualsiasi remix ben riuscito, molti meriti sono da ascrivere a colui o colei che lo produce, ma la materia prima deve essere per forza buona, sennò il risultato non arriva. Invece qui ogni canzone remixata è notevole, perché si scava a fondo per cogliere nuovi diamanti. La produzione è ottima ,e mette in risalto la vena di questi francesi che compongono molto bene, e i remix mettono in evidenza questo loro aspetto. The Ogre Inside è un disco che tratta in maniera profonda e approfondita le miserie e le tensioni morali e carnali dell’essere umano, quella guerra lunga una vita che ci contraddistingue nel regno animale. Non possiamo vincere questa battaglia, come ci fanno capire molto bene gli Ogre, ma possiamo ballarci sopra con loro e non è poco. L’ascoltatore verrà portato in giro fra erotismo, il fascino della decadenza e la nostra vera natura che viene fuori sempre e comunque. I suoni sono davvero interessanti e il disco raggiunge pienamente il suo obiettivo, ovvero quello di rileggere in maniera alternativa il disco originale, portandolo ad un altro livello. Nel campo dell’elettronica oscura è una delle migliori uscite degli ultimi tempi.

Tracklist
1 The Ogre Inside (Heartlay Remix)
2 Close The Window (An Erotic End Of Times Remix)
3 Dream On (An Erotic End Of Times Remix)
4 She Holds My Will (Heartlay Remix)
5 You’ll Be The Death Of Me (An Erotic End Of Times Remix)
6 Sunset Of Cruelty (An Erotic End Of Times Remix)
7 The Ogre Inside (An Erotic End Of Times Remix)
8 She Holds My Will (An Erotic End Of Times Remix)
9 Sunset Of Cruelty (THOT Remix)
10 The Ogre Inside (Aura Shred Remix)
11 Close The Window (Aura Shred Remix)
12 Sunset Of Cruelty (Aura Shred Remix )

Line-up
Mr Strangler : Vocals, drums programming, synth
Shade : Guitar
The One : Synth, guitar
The Priest : Bass
Zinzin Stiopa : Guitar

PORN – Facebook

Phandemya – Deathatomized

Un sound ben radicato negli anni ottanta, quindi con Kreator, Sodom e Destruction come padrini e tanta sana attitudine, fa di questo debutto un buon biglietto da visita per quello che, nato come un side project dei due chitarristi, con il tempo si è trasformato in qualcosa di più solido.

Dall’underground estremo della capitale arrivano i Phandemya: Deathatomized è il primo mostruoso parto del combo, un ep composto da cinque brani più intro, registrati e prodotti al Defrag CheckRoom da Fabrizio Campomori, un breve ma intenso e letale tuffo nel thrash old school, feroce quanto basta per avere non poche similitudini con il sound creato e reso famoso dalla sacra triade made in Germany.

Un sound ben radicato negli anni ottanta, quindi con Kreator, Sodom e Destruction come padrini e tanta sana attitudine, fa di questo debutto un buon biglietto da visita per quello che, nato come un side project dei due chitarristi, con il tempo si è trasformato in qualcosa di più solido.
Apotheosys è l’intro epico orchestrale, marziale nella sua pur breve durata ma che, con la giusta tensione, prepara all’aggressione sonora che da Juggernaut Assault in poi diventa furiosa e letale.
La voce è un rantolo cartavetrato, la produzione in linea con il sound crea un alone old school che fa di Speed Kills, di Μολων λαβε [Molon Labe] o di Deathatomized esempi di thrash dall’impatto di un carro armato, distruttivo, veloce e senza compromessi.
Accenni alla scuola statunitense si rinvengono in qualche passaggio chitarristico in Juggernaut Assault e nella conclusiva Solar Eye-Hole Pt.1 : Sands Of The Damned e valorizzano ulteriormente il sound proposto dai Phandemya, nuova realtà da seguire nel panorama underground metallico made in Italy.

Tracklist
1.Apotheosys [Intro]
2.Juggernaut Assault
3.Speed Kills
4.Μολων λαβε [Molon Labe]
5.DeathAtomized
6.Solar Eye-Hole Pt.1 : Sands Of The Damned

Line-up
Jacopo – Vocalist and Bass
Matteo – Guitar and Backing Vocals
Francesco – Guitar and Backing Vocals
Alessandro – Drums

PHANDEMYA – Facebook

Voland – Voland 2

Questo ep è un’opera assolutamente fuori dal comune, frutto di un lavoro impressionante e molto ben centrato, per uno dei gruppi più particolari ed originali che abbiamo in Italia.

I Voland sono un duo di Bergamo formato nel 2006 e dedito al black death metal.

I membri dei Voland sono anche nel grande gruppo black Veratrum, e come Voland hanno all’attivo due ep che si possono scaricare entrambi dal loro bandcamp. Voland 2 è il loro ultimo ep del 2017, dedicato al centenario della rivoluzione bolscevica del 1917.
Il disco è un interessante concentrato di black metal sinfonico con sconfinamenti in campo death, ma la ragione sociale rimane il nero metallo. Il disco è molto potente ed evocativo ed esprime tutto l’amore per la cultura russa del duo. Voland 2 è anche frutto di una esauriente ricerca storica, andando a ricercare le cose sotto la superficie. Fin dall’iniziale 1917 l’afflato è epico e magniloquente e si capisce subito che i Voland sono un gruppo al di fuori della media, sia per la musica che per i testi. La musica è un black che ha qualcosa dei loro inizi atmosferici, ed è molto coinvolgente, suonata con potenza e ad ampio respiro: chiudendo gli occhi e ascoltando l’ep si possono facilmente immaginare gli ampi spazi della Madre Russia in fermento a causa dei bolscevichi che spezzano un’oppressione millenaria. Come sia andata a finire è sotto gli occhi di tutti, ma l’intento del disco è quello di far capire l’immensa portata della Rivoluzione del 1917, che non ha eguali nella storia dell’uomo. Il black in questo caso è il mezzo perfetto per veicolare la storia attraverso coordinate inusuali e molto più intuitive di un trattato di storia. La musica è di ottima fattura, come anche i testi che sono davvero notevoli e contribuiscono in maniera decisiva alla riuscita della cosa. Questo ep è un’opera assolutamente fuori dal comune, frutto di un lavoro impressionante e molto ben centrato, per uno dei gruppi più particolari ed originali che abbiamo in Italia.

Tracklist
1.1917
2.Ottobre
3.Dubina
4.Outro

Line-up
Rimmon – Vocals
Haiwas – Instruments

VOLAND – Facebook

Ancient Oak Consort

Il lyric video di “The Race”, dall’album Hate, War, Loven (Revalve Rrecords).

Il lyric video di “The Race”, dall’album Hate, War, Loven (Revalve Rrecords).

Ancient oak Consort has released the first Lyric video for the song “The Race” taken from the last album Hate, War, Love.

Listen album at: https://spoti.fi/2EfDb87
https://www.revalverecords.com/AncientOakConsort.html
https://www.facebook.com/revalverecords/

Ancient Oak Consort was born in 1995, founded by Andrea Vaccarella (composer/guitarist). The 1th album Ancient Oak, released in 1997; the 2th album The Acoustic Resonance of Soul, released in 2006. Ancient Oak Consort is a Rock-Progressive-Metal band with Chamber Music and Mediterranean Folk influences. Ancient Oak Consort is a project composed of 3 fixed members and special guests. Why “Consort”? Because in Renaissance music “Consort” means that some musicians play music with the founding musicians. The important thing is the use of classic guitar and the compositions of chamber music inspired by great composers like Ennio Morricone, Nino Rota.

Mortuous – Through Wilderness

Chi ama queste sonorità le troverà maneggiate con dovizia e competenza dai Mortuous, tra suoni ribassati, growl catacombali, assoli ficcanti e micidiali rallentamenti che in certi momenti spostano il sound sul versate di un vero e proprio death doom,

Dopo due demo risalenti ai primi anni del decennio, approdano oggi al loro primo full length i Mortuous, band formata da elementi già piuttosto attivi all’interno della scena death californiana.

Il genere nelle intenzioni del quartetto di San José, è quanto mai aderente alla tradizione americana portando cosi gli ascoltatori a ad esplorare i meandri più cupi e malsani di un sound che si rifà ai vari Incantation, Morbid Angel e Autopsy (e non è un caso se troviamo come ospite sull’album la coppia Reifert-Coralles).
Il risultato che ne scaturisce è notevole perché chi ama queste sonorità le troverà maneggiate con dovizia e competenza dai Mortuous, tra suoni ribassati, growl catacombali, assoli ficcanti e micidiali rallentamenti che in certi momenti spostano il sound sul versate di un vero e proprio death doom, come per esempio nella seconda metà di Screaming Headless nella quale l’uso anche del flauto richiama addirittura i Cathedral del seminale Forest Of Equilibrium, ma al di la di questo è il death più puro canonico e soddisfacente che occupa quasi per intero il proscenio, per la soddisfazione di chi ama le band citate quali quali di ispirazione per gli ottimi Mortuous.

Tracklist:
01. Beyond Flesh
02. Bitterness
03. Chrysalis of Sorrow
04. The Dead Yet Dream
05. Anguish and Insanity
06. Through Wilderness
07. Prisoner Unto Past
08. Screaming Headless
09. Subjugation of Will

Line-up:
Colin Tarvin – guitar
Mike Beams – vocals, guitar
Clint Roach – bass
Chad Gailey – drums

Guests:
Chris Reifert (guest vocals on “The Dead Yet Dream” and “Anguish And Insanity”)
Danny Coralles (solo on “The Dead Yet Dream”)
Derrel Houdashelt (solo on “Through Wilderness”)
Teresa Wallace (flute on “Screaming Headless”)

MORTUOUS – Facebook

Sodom – Partisan

Passano gli anni ma i Sodom continuano il massacro a colpi di mitragliate thrash metal che non fanno prigionieri, con due rasoiate che solleticano l’appetito dei fans in procinto di essere sfamati a dovere con l’imminente full length.

Una nuova uscita dei Sodom è sempre motivo per scrivere due righe, non fosse altro per l’importanza che la band tedesca ha avuto nella storia del thrash metal europeo.

I Sodom tornano con una nuova formazione che vede, oltre al mastermind Tom Angelripper, Frank Blackfire e Yorck Segatz alle chitarre e Husky alla batteria, ed un ep di tre brani composto da due inediti (la title track e Conflagration) ed un brano live estratto dalla performance che il gruppo ha tenuto al Rock Hard Festival di quest’anno (Tired & Red).
Passano gli anni ma i Sodom continuano il massacro a colpi di mitragliate thrash metal che non fanno prigionieri, con due rasoiate che solleticano l’appetito dei fans in procinto di essere sfamati a dovere con l’imminente full length.
Il brano dal vivo risulta il classico bombardamento sonoro a cui la band ci ha abituato in tale sede da oltre trent’anni, anche se la proposta in verità appare un po’ striminzita, potendo al contrario essere più esaustiva con qualche minuto di live in più.
Quindi accontentiamoci ed aspettiamo il nuovo lavoro che si preannuncia come l’ennesima tellurica opera da parte di una band ancora capace di esaltare i suoi ammiratori.

Tracklist
1. Partisan
2. Conflagration
3. Tired & Red (Live at the Rock Hard Festival 2018)

Line-up
Tom Angelripper – bass, vocals
Frank Blackfire – guitars
Yorck Segatz – guitars
Husky – drums

SODOM – Facebook

One Tail, One Head – Worlds Open, Worlds Collide

Ferocia black, attitudine rivolta verso gli antichi suoni della fredda Norvegia: un altro bel disco dalla scena di Trondheim.

Attesa durata circa 10 anni, ma ora finalmente è arrivato il primo full length di One Tail, One Head per l’etichetta Terratur Possession, da sempre attenta alle sonorità norvegesi black underground.

Anno importante il 2018 per il Nidrosian Black Metal, che ha visto lo stupefacente esordio dei Mare, per me tra i dischi dell’anno, e che ora ci propone un’altra opera proveniente da Trondheim, dove lo spirito del puro black regna sovrano intrecciato ad atmosfere ancestrali e dal forte aroma ritualistico. Nella formazione della band che purtroppo ha annunciato lo scioglimento, si intrecciano musicisti che hanno una storia importante all’interno della scena underground scandinava. Ritroviamo Sundli, drummer sia degli attuali Mare che, in passato, di Aptorian Demon (qualcuno ricorderà Libertus splendida e furente opera del 2012), Luctus, qui vocalist, ma chitarrista nei leggendari Behexen e bassista sempre nei Mare, Dark Sonority e Celestial Bloodshed e infine Asli, chitarra nei grandiosi Vemod. Tutti artisti che vivono il black e conoscono un’ispirazione sincera per questa arte pura e multiforme. Epitaffio adeguato è Worlds Open, Worlds Collide dove rifulge un feroce black che nasconde al proprio interno una certa attitudine punk e la capacità di intrecciare atmosfere disperate e antiche nella propria trama sonora, dieci brani viscerali che non colpiscono immediatamente ma mostrano lentamente la propria anima irrequieta (la title track) e la propria disperazione (Stellar Storms), affondando i denti nella scuola norvegese ma capaci di dosare i momenti frenetici condotti dai riff delle chitarre con momenti più introspettivi dal taglio psichedelico offerti dal synth. Sonic landscapes con afflato cosmico, in An Utter Lack of Meaning, Hitherto Unbeknownst, Suddenly Revealed, ci danno tregua prima degli attacchi sferzanti e incompromissori di Firebirds e Rise in Red, in cui la furia è incontrollabile e lo scream disarticolato rappresenta un valore aggiunto. I dieci minuti finali di Summon Surreal Surrender suggellano l’opera con un intreccio strumentale sempre feroce ma capace di finezze (un grande basso) che li porta su lidi dal taglio maggiormente progressivo e foriero di sviluppi in una futura rinascita della band. Ottima opera degna di attenzione in questo fecondo 2018.

Tracklist
1. Certainly Not
2. Arrival, Yet Again
3. Worlds Open, Worlds Collide
4. Stellar Storms
5. An Utter Lack of Meaning, Hitherto Unbeknownst, Suddenly Revealed
6. Firebirds
7. Sordid Sanctitude
8. Rise in Red
9. Passage
10. Summon Surreal Surrender

Line-up
ⷚ – Drums
Åsli – Guitars
Luctus – Vocals
Andras Marquis T. – Bass

ONE TAIL, ONE HEAD – Facebook

Breath Of Nibiru – Skyline Bazaar

Ultimamente il trend nel genere è quello di lasciare spazio alla forma canzone che in Skyline Bazaar, invece, manca del tutto o quasi a favore della mera tecnica strumentale che, è bene ribadirlo, è di livello assoluto; alla fine, mai come in questo caso, il gradimento o meno dell’opera è demandato all’approccio alla materia musicale da parte dei singoli ascoltatori.

Tecnica enorme, produzione sfavillante ma pochissime emozioni.

Si potrebbe riassumere così la musica contenuta in quest’opera strumentale dei Breath Of Nibiru, duo internazionale composto dal chitarrista italiano Gianluca Ferro (Bouncing The Ocean, Doomsword, Time Machine) e dal batterista statunitense Nick Pierce (Unearth, The Faceless, Culling the Weak), freschi di firma con la nostrana Volcano Records, che promuoverà Skyline Bazaar, già pubblicato in Giappone dalla King Records e ha strappato un’opzione per il prossimo lavoro del duo con uscita prevista entro il 2019.
L’album è un lavoro interamente strumentale , dalle atmosfere sci-fi e pregno di soluzioni progressive moderne e di matrice djent, una lunga cascata di solos e soluzioni ritmiche assolutamente geniali, che sottolineano l’immensa tecnica di questi due maestri del proprio strumento, in un viaggio avanguardistico nel metal progressivo.
Detto ciò, l’ascoltatore non avvezzo alla scena progressive/djent o alle opere dei maghi dello strumento verrà sopraffatto dalla cascata di note dalle difficoltà tecniche mostruose, ma dalla poca sensibilità.
Skyline Bazaar è un album suonato da musicisti eccezionali e rivolto ad altri musicisti o appassionati che si crogiolano in diavolerie tecniche, ma che non lascia trasparire quel poco di feeling necessario per rendere il tutto più fruibile a noi comuni mortali.
Ultimamente il trend nel genere è quello di lasciare spazio alla forma canzone che in Skyline Bazaar, invece, manca del tutto o quasi a favore della mera tecnica strumentale che, è bene ribadirlo, è di livello assoluto; alla fine, mai come in questo caso, il gradimento o meno dell’opera è demandato all’approccio alla materia musicale da parte dei singoli ascoltatori.

Tracklist
1.Road to Sunrise
2.Pandoras Dimension
3.Parallels
4.Additive
5.A Djinns Illusion
6.Unmasking the Jesper
7.Prisms
8.Exiled in Siberia
9.Skyline Bazaar

Line-up
Gianluca Ferro – Guitar
Nick Pierce – Drums

BREATH OF NIBIRU – Facebook

DEGREDO – A NOITE DOS TEMPOS

Ancestrali arcaici infernali suoni e rumori, per un esordio che, se musicalmente poco Black Metal, rimane comunque profondamente nero nell’anima, nel corpo e nell’infernale alone Dark Ambient che circonderà qualsiasi ascoltatore che ne tenterà il coraggioso approccio.

Sono sempre stato affascinato dall’alone di mistero di cui certe band (soprattutto Black) amano circondarsi.

I Degredo, nello specifico, appaiono e scompaiono come un poltergeist, come una qualche entità (maligna) che pare appena uscita da Paranormal Activity.
Appena abbozzi una ricerca sul Web, e pensi di esser riuscito a carpire qualche informazione, ti rendi quasi immediatamente conto, che stai guardando una qualsiasi pagina su internet che nulla ha a che fare con la band in questione.
D’altronde Velha e Lagrisome (i monickers del duo portoghese di non si sa quale dimenticata città lusitana…) non ci informano nemmeno sul loro ruolo nella band, su quale strumento suonano, su chi sia il songwriter, e non lasciano alcuna traccia delle loro liriche.
Appare pertanto difficoltoso (sebbene affascinante) recensire un album (il loro debutto) e citare qualche informazione di una band di cui conosciamo poco, anzi pochissimo, se non solo che appartengono all’Inner Circle Portoghese (il cosiddetto “Aldebaran Circle” che conta tra gli adepti anche Voemmr, Ordem Satanica, Trono Alem Morte e Occelenbriig).
Sicuramente l’appartenenza ad un Circle, oltre a rendere ancor più misteriosa l’origine di una band, (pensiamo agli adepti delle Legions Noires francesi, o dell’Austrian Black Metal Syndicate, e ancora del Temple of Fullmoon polacco, per non dimenticare il primo – ed originale – Norvegian Black Inner Circle) ci pone di fronte ad orde di misantropi, misogini e misandrici esseri (forse) viventi, il cui Verbo racchiude il più impenetrabile, imperscrutabile ed ermetico atteggiamento anti-umanità che la storia possa ricordare.
A fronte di queste considerazioni, pare ovvio che meno informazioni personali vengono divulgate sulla rete, meno notizie su se stessi vengono rese accessibili, al resto dell’umanità, meglio è. Chiaro che spesso, questo poco intelligibile atteggiamento, racchiude una sottile e velata attenzione ad azioni di vero marketing; il mistero affascina tutti, della serie: “meno faccio sapere di me stesso, più la gente vuole sapere…”.
Musicalmente i Degredo appaiono fin da principio in linea con quanto appena detto.
Un album della durata di circa un’ora e un quarto, suddivisa in quattro parti (letteralmente, non esistono veri e proprio titoli di canzoni), di un Dark Ambient Noise Black impregnato fortemente di infernali rumorismi dark, grigio industrial, ma soprattutto tanta Drone Music.
Un album assolutamente minimalista, nero come un’eterna notte antartica; un’iperbole di cupo odio, che sprigiona malignità da ogni sua pseudo-nota musicale. Un terrificante affronto alla vita, a tutto ciò che possa oggi rappresentare calore e luce. Chi si appropinqua a questo album, percorrerà un viaggio a ritroso nel tempo, proiettato in un antichissimo mondo dimenticato, ove luce e chiarore non faranno mai capolino, immersi in eterne tenebre, accompagnati da quattro “momenti musicali” che paiono far parte dell’uno (in realtà è un’unica canzone suddivisa in quattro parti); un viaggio Dantesco, verso i più oscuri antri infernali. Un album che è un archetipo della malvagità più arcana ed ancestrale, non adatto a persone impressionabili, consigliatissimo per scatenati fan di Abruptum e Mortiis.
Dopo quattro demo (il primo datato 2012, quindi una band decisamente giovane) ecco pertanto lo stravagante esordio su Harvest Of Death, label accostabile sicuramente al Circle portoghese, in quanto autrice di quasi tutte le produzioni delle band sopra citate.
Un ultima nota: se si ha un poco di tempo, può essere divertente dare un’occhiata alle informazioni sulle band dell’etichetta in questione… col risultato di trovare poco o niente. Mistero su mistero, in pieno stile Inner Circle!

Tracklist
1. Parte Um
2.Parte Dois
3.Parte Três
4.Parte Quatro

Line-up
Velha
Lagrisome

Infinita Symphonia – Liberation

Liberation è uno splendido esempio di musica metal a cavallo tra tradizione e modernità, quello che deve essere il genere nel nuovo millennio, un compendio di potenza e melodia, con arrangiamenti attuali ad arricchire un sound che guarda al passato con i piedi ben saldi nel presente.

La terza opera dei romani Infinita Symphonia, Liberation è l’ennesimo ottimo lavoro in arrivo dalla scena power metal tricolore, un’ora di metal dalle atmosfere classiche valorizzato da ritmiche di trascinante power, ed una vena epico progressiva dall’alto tasso melodico.

Licenziato dalla My Kingdom Music, l’album vede la partecipazione di una manciata di ospiti nazionali ed internazionali come le due “star” Ralph Scheepers e Blaze Bayley, Alessandro Conti, Julia Elenoir, Daniela Gualano, Gaetano Amodio e Alberto De Felice.
Ma il sound di Liberation non si ferma al solito power metal suonato a meraviglia, perché il gruppo raccoglie ispirazioni anche dalla frangia più moderna del metal e lascia che l’anima classica venga contaminata da queste pulsioni, rendendo l’ascolto altamente vario e particolarmente interessante proprio quando queste si fanno più sentire (splendida in questo senso la potentissima Coma).
E’ un susseguirsi di sorprese questo lavoro che passa dal metal classico al power valorizzato da spunti ritmici e refrain prog metal di scuola italiana (Labyrinth, Vision Divine), fino a soluzioni moderne che rasentano il thrash/groove (Be Wise Or Be Fool).
Tecnicamente ineccepibile e con il solito gran lavoro di Simone Mularoni che mette la sua firma su registrazione e masterizzazione (il mix è stato lasciato nelle mani di Claudio e Flavio Zampa), Liberation è uno splendido esempio di musica metal a cavallo tra tradizione e modernità, quello che deve essere il genere nel nuovo millennio, un compendio di potenza e melodia, con arrangiamenti attuali ad arricchire un sound che guarda al passato con i piedi ben saldi nel presente.
Lo spettacolare strumentale che conclude l’album (Q&A), un saliscendi tra le due anime del sound in un’atmosfera altamente progressiva, è la perfetta sintesi del credo musicale degli Infinita Symphonia, con i suoi undici minuti di metallo potente e nobile da non perdere.

Tracklist
1. Hope
2. The Time Has Come
3. Never Forget (feat. Ralf Sheepers)
4. How Do You Feel?
5. Coma
6. A Silent Hero (feat. Blaze Bayley)
7. Be Wise Or Be Fool (feat. Alessandro Conti)
8. A New One
9. Don’t Fall Asleep Again
10. Liberation
11. Q & A

Line-up
Luca Micioni – Lead and backing vocals
Gianmarco Ricasoli – Guitars, bass, backing vocals & orchestral arrangements
Ivan Daniele – Drums

Guests:
Blaze Bayley: vocals on song 6 *
Ralf Sheepers: vocals on song 3
Julia Elenoir and Daniela Gualano: vocals on song 8
Alessandro Conti: vocals on song 7
Gaetano Amodio: bass on song 3 *
Alberto De Felice: bass on song 7

INFINITA SYMPHONIA – Facebook

The Tangent – Proxy

Proxy torna a regalare un’ora di emozionante progressive rock suonato con l’anima, la classe ed il talento per riunire in un solo sound prog settantiano, jazz, fusion e ritmiche funk rock.

Superata la soglia dei quindici anni di attività, quello che sembrava nato come un super gruppo di talenti della scena progressiva è diventata una band dalla discografia importante, tra opere inedite e live.

Il tastierista e cantante Andy Tillison ed i suoi The Tangent tornano così sul mercato con un nuovo album a poca distanza dal precedente The Slow Rust Of Forgotten Machinery, lavoro assolutamente di classe ma che appariva leggermente altalenante nel songwriting.
Tillison aggiusta subito il tiro e Proxy torna a regalare un’ora di emozionante progressive rock suonato con l’anima, la classe ed il talento per riunire in un solo sound prog settantiano, jazz, fusion e ritmiche funk rock.
La title track apre l’album con i suoi sedici minuti di musica progressiva assolutamente tradizionale: Gentle Giant, Camel e new prog britannico traspaiono sullo spartito dei The Tangent, che cambiano subito registro con lo strumentale The Melting Andalusian Sky, per unire King Crimson a soluzioni fusion.
Su intuizioni funky è strutturata A Case Of Misplaced Optimism, mentre le conclusive The Adulthood Lie e Supper’s Off si completano di sfumature che tornano su lidi più tradizionali pur rimanendo legate ad atmosfere fusion, marchio di fabbrica dei The Tangent.
Accompagnato come sempre da musicisti di livello assoluto come Theo Travis ai fiati (Soft Machine), da Jonas Reingold (Flower Kings/Steve Hackett band) al basso, Luke Machin (Maschine/Francis Dunnery band) alla chitarra, Steve Roberts (ex Magenta/Godsticks) alla batteria, e Goran Edman (Karmakanic/ex Yngwie Malmsteen band), Tillison ed i suoi The Tangent sono diventati un appuntamento per gli amanti del rock progressivo, chiamati in causa dal musicista nella conclusiva Supper’s Off, in quanto in buona parte rei di un attaccamento maniacale e conservatore alla musica scritta negli anni settanta a scapito del doveroso supporto agli artisti contemporanei: dovendo giudicare in base alla qualità delle della scena progressive rock attuale (e non solo di quella), non possiamo che essere d’accordo con lui.

Tracklist
1. Proxy
2. The Melting Andalusian Skies
3. A Case Of Misplaced Optimism
4. The Adulthood Lie
5. Supper’s Off
6. Excerpt From “Excerpt From “Exo-Oceans”

Line-up
Andy Tillison – Vocals, Lyrics, Keyboards, Composer
Jonas Reingold – Bass Guitar
Theo Travis – Sax & Flute
Luke Machin – Guitar
Steve Roberts – Drums
With special guest: Goran Edman – Vocals

THE TANGENT – Facebook

Weight Of Emptiness

Il video di “Unbreakable”, dall’album “Anfractuous Moments For Redemption” (Sun Empire Productions and Concreto Records).

Il video di “Unbreakable”, dall’album “Anfractuous Moments For Redemption” (Sun Empire Productions and Concreto Records).

Chilean progressive death doom metal band Weight Of Emptiness has released their third video clip of the single “Unbreakable” belonging to the album “Anfractuous Moments For Redemption”, which was re-released this year under the Mexican labels Sun Empire Productions and Concreto Records. The video was made by Victor Cerda and his production company Trébol Audiovisual Production at the Salvador Allende Amphitheater in La Cisterna, Chile.

www.weightofemptiness.com

Landmvrks – Fantasy

Il disco è una prova molto matura e che esplora a fondo le tante facce del gruppo che, a seconda di cosa vuole esprimere cambia registro musicale, passando dalla potenza di un metalcore molto veloce ad un post hardcore molto melodico o da qualcosa di più hardcore a momenti di puro nu metal.

Pochi gruppi metalcore sanno essere convincenti, melodici, innovativi e soprattutto con una loro impronta originale: fra questi vi sono sicuramente i marsigliesi Landmvrks.

Nati nel 2014, hanno debuttato sulla lunga distanza nel 2016 con l’autoprodotto Hollow, che li ha portati a suonare in molti festival e con grandi nomi della scena. Questo Fantasy è la loro seconda prova la prima per la Arising Empire, la sussidiaria metalcore, punk e rock della Nuclear Blast Records. Il disco è una prova molto matura e che esplora a fondo le tante facce del gruppo che, a seconda di cosa vuole esprimere cambia registro musicale, passando dalla potenza di un metalcore molto veloce ad un post hardcore molto melodico o da qualcosa di più hardcore a momenti di puro nu metal. Tutta questa varietà non genera mai confusione, è anzi un grandissimo punto di forza, portando al suono una carica ed un particolarità molto originali. Fantasy è il disco di un gruppo giovane che però, a differenza di tanti altri gruppi metalcore, non si rivolge solo ai ragazzini ma tenta di ampliare la propria platea, riuscendovi molto bene. Tutto ciò forse perché non si tratta del canonico gruppo metalcore che fa un disco per riuscire ad entrare nella colonna sonora di qualche muscoloso film d’azione a stelle e strisce, in quanto i Landmvrks hanno fin dall’inizio un progetto musicale ben preciso in testa. Non si esclude la parte più commerciale, nel senso che questo disco è costruito per suonare bene, ma anche per essere comprato dal maggior numero di persone possibile, senza andare a ghettizzarsi. Infatti il gruppo marsigliese è conosciuto ed apprezzato anche da un pubblico diverso da quello metalcore e ascoltando Fantasy ciò lo si comprende subito. Dinamici, melodici e con una doppia cassa che regala gioie, i francesi si candidano seriamente al titolo di autori del disco metalcore dell’anno e anche in altre categorie figurano molto bene. Onestamente le opere metalcore e dintorni presenti nel catalogo della Arising Empire non sono mai sotto un certo gradino di qualità, ma questo Fantasy è al piano di sopra.

Tracklist
1. Fantasy
2. Wake Up Call
3. Scars (ft. Florestan Durand)
4. The Worst Of You And Me
5. Blistering
6. False Reality
7. Reckoning (ft. Aaron Matts)
8. Alive (ft. Camille Contreras)
9. Dead Inside
10. Kurhah
11. Disdain

Line-up
Florent Salfati – vocals
Nicolas Exposito – guitar
Rudy Purkart – bass
Nicolas Soriano – drums

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Skepticism – Stormcrowfleet

Una simile pietra miliare deve essere venerata come le compete da chi l’ha conosciuta in passato, mentre chi volesse approcciarsi con il genere potrebbe cominciare proprio da questo, che è il punto più vicino a quello da cui tutto è iniziato.

Parlare della ristampa di Stormcrowfleet è necessario non tanto per raccontarne contenuti che ogni appassionato di funeral doom che si rispetti conoscerà alla perfezione, quanto per rimarcare come questo album segni in maniera indelebile la storia del genere in quanto, pur essendo arrivato poco dopo Stream from the Heavens dei Thergothon, mostra le linee guida essenziali della variabile più melodica ed atmosferica del genere grazie all’uso di un organo che resta inimitabile, nonostante svariati tentativi di riproporre tali sonorità da parte di diversi epigoni.

Inoltre, rispetto ai seminali conterranei disgregatisi dopo l’uscita del loro unico full length, il quartetto di Riihimäki ha dato continuità alla propria inimitabile carriera, anche se, magari, a molti cinque full length in oltre vent’anni di attività possono sembrare (con qualche ragione) troppo pochi.
La coerenza degli Skepticism la si riscontra facilmente grazie ad un sound rimasto pressoché immutabile, tanto che ascoltando di seguito Stormcrowfleet e l’ultimo Ordeal, usciti a ventidue anni di distanza l’uno dall’altro, non si capisce se sia il primo ad essere un passo avanti rispetto alla sua epoca o il secondo ad emergere da un remoto passato, ma forse sono vere entrambe le cose, nel senso che la proposta possiede caratteristiche talmente uniche da essere pressoché impossibile da collocare a livello temprale.
Tra le varie ristampe delle quali il lavoro è stato fatto oggetto nel corso degli anni, questa ad opera dell Svart Records è senz’altro la più interessante essendo frutto del remix dei brani presi direttamente dal nastro originale con la supervisione della band, e presentando, oltre alla versione in cd, anche quella in doppio vinile a tiratura limitata; per il resto c’è poco da dire, salvo che una simile pietra miliare deve essere venerata come le compete da chi l’ha conosciuta in passato, mentre chi volesse approcciarsi con il genere potrebbe cominciare proprio da questo, che è il punto più vicino a quello da cui tutto è iniziato.

Tracklist:
1. Sign of a Storm
2. Pouring
3. By Silent Wings
4. The Rising of the Flames
5. The Gallant Crow
6. The Everdarkgreen
7. Outro

Line-up:
Lasse Pelkonen – Drums
Jani Kekarainen – Guitars
Eero Pöyry – Keyboards
Matti Tilaeus – Vocals

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