Antiquus Scriptum – Antologia

Un pagan/epic black metal con potenziale qualità ma che di chiaro ha ben poco. Da parte degli amanti del genere, comunque, può meritare una possibilità.

Il pagan black metal di Antiquus Scriptum, one-man band portoghese con alle spalle una carriera ormai quasi ventennale, torna con il nuovo album Antologia che, dopo una breve intro soft con dei suoni della natura (nella stessa maniera si chiuderà), si catapulta nelle orecchie dell’ascoltatore con il massimo della violenza possibile, in chiave totalmente nichilista e senza alcuna traccia di benevolenza.

Ogni traccia di Antologia è intrisa, già dai titoli, di dissacrazione e malattia. Questa rimane una costante imprescindibile per tutta la durata del disco. Il musicista e compositore portoghese tira fuori un sound che ha anche tanto di epico e sinfonico, ma che comunque non cozza con la natura distorta dell’album.
Il risultato è, tutto sommato, una discreta miscela tra più stili, con qualche intermezzo come A shape of space & time che, in confronto al ritmo incessante dell’album, sembra quasi un pezzo pop.
Ad una valutazione complessiva, però, sono davvero molti i limiti del disco. Uno dei più importanti è senza dubbio la parte vocale, che qui naviga in maniera incerta tra frammenti death, voce pulita e raw. Proprio la voce, spesso ma non sempre, stona completamente con l’atmosfera musicale che si crea. È quasi come se fosse stata gettata in mezzo alla registrazione da un’altra fonte.
Anche sulla parte strumentale ci sono dei dubbi, infatti il ritmo eccessivamente forsennato dell’album sembra fine a sé stesso, confusionario e privo di criterio. Questo non aiuta certamente a capire cosa si sta ascoltando.
Insomma, c’è sicuramente del buono, ma c’è anche uno stile musicale ancora da comprendere.

Tracklist
1. Dance of the Sleepless Souls in a Dusk Called Night… (Intro)
2. In Pulverem Reverteris
3. Abi In Malam Pestem
4. Inner Depression (Syndromes of Fear)
5. I. N. R. I.: Iesus Nazarenus Rex Iudaeorum
6. Thy Visionary
7. Den Nordiske Sjel Lever I Meg
8. Odi At Amo, Excrucior…
9. A Shape of Space & Time
10. In the Kingdom of Superstition
11. A Sea of Doubts
12. Dance of the Crying Souls in a Dusk Called Night… (Outro)

Line-up
Sacerdos Magus – Bass, Vocals, Guitars, Acoustics, Drums, Key Strokes

ANTIQUUS SCRIPTUM – Facebook

Häive – Iätön

E’ realmente necessario che ogni ascoltatore “open minded” trovi un po’ di tempo da dedicare ad un’opera così affascinante di dark/folk intriso di black metal.

Dopo uno iato temporale di dieci anni, dopo una meraviglia come Mieli Maassa, uscito nel 2007, riemerge Häive, la creatura con cui esplora il suo mondo musicale il musicista finnico Janne ‘Varjosielu’ Väätäinen, che suona ogni strumento ed è accompagnato in alcune session vocali da Noitavasara.

Fin dalla cover, veramente splendida e particolare, siamo introdotti in un mondo magico di suoni e oscurità, dove l’artista esplora temi come la natura, la disperazione e l’oblio attraverso un intenso suono folk immerso in note black metal evocative e ricche di atmosfera. Otto brani, quaranta minuti di musica fuori dal tempo che non ha bisogno di furia e di tempi veloci per sviluppare il viaggio dell’artista; qui ci sono cristalline melodie folk, che si appoggiano su mid tempo intensi, fluidi e carichi di energia. Chi ha conosciuto e apprezzato la precedente release rimarrà, ancora una volta, estasiato, come il sottoscritto, di fronte alla grande capacità compositiva dell’artista, capace di variare le atmosfere all’interno dei brani, come nel terzo brano Lapin Kula, dove uno scream deciso accompagna una tersa melodia pregna di oscurità per poi, dopo un solo con aromi heavy metal, sfrangiarsi in note dark folk e aprirsi in note di chitarra molto evocative e desolate.
Le vocals sono in finnico e aggiungono un fascino peculiare ed arcano all’intero lavoro, donando quell’unicità, quella sensazione di un lavoro fuori dal tempo; qui non ci sono segnali di suoni classicamente atmosferici o parti post black, ma solo il viaggio di un musicista unico, dotato di classe cristallina, alla ricerca di una personale via per esprimere la sua visione della natura: la copertina interna del cd è esplicativa, con il musicista che ammira l’invernale natura incontaminata della sua terra. E’ realmente necessario che ogni ascoltatore “open minded” trovi un po’ di tempo da dedicare ad un’opera così affascinante, perché non resterà assolutamente deluso e attenderà pazientemente altri dieci anni per riassaporare queste emozioni uniche.

Tracklist
1. Iätön (Ageless)
2. Turma (Ruin)
3. Lapin Kouta (Kouta from Lapland)
4. Kuku, kultainen käkeni (Sing My Golden Bird)
5. Tuulen sanat (The Spell of Wind)
6. Salojen saari (Esoteric Isle)
7. Tuonen lehto, öinen lehto (Grove of Tuoni, Grove of Evening)
8. Virsi tammikuinen (Song of January)

Line-up
Varjosielu – Vocals, Guitars, Bass, Drums, Mouth harp, Kantele

HÄIVE – Facebook

Black Orchestra – Inhale Your Eyes

In una scena che fatica a ritrovare band capaci di trascinare il metal alternativo ai vertici come in passato, i Black Orchestra rifilano tre colpi non da poco, duri, melodici ed accattivanti, mescolando e rivoltando i generi in un cocktail dal buon appeal.

Una nuova band si affaccia sul panorama alternativo nostrano con ambizioni di portare un po’ di fresco entusiasmo anche fuori dai confini nazionali: si tratta dei Black Orchestra, monicker da metal classico ma dal sound che segue le coordinate industrial crossover di inizio millennio.

Capitanati dal cantante Tomas Selvaggio e con la supervisione di Masha Mysmane, storica cantante degli Exilia, la band debutta dopo quattro anni dalla fondazione con questi tre brani raccolti nell’ep Inhale Your Eyes.
Dimenticate i suoni che vanno di moda oggi nel metal/rock moderno, questi tre brani prendono la via che torna verso il metal alternativo strutturato su basi industrial, sferzate nu metal e rock che una quindicina d’anni fa risultava fuori dagli schemi.
In una scena che fatica a ritrovare band capaci di trascinare il metal alternativo ai vertici come in passato, i Black Orchestra rifilano tre colpi non da poco, duri, melodici ed accattivanti, mescolando e rivoltando i generi descritti in un cocktail dal buon appeal.
E’ perfetto l’approccio stilistico del vocalist, personale e mai troppo estremo, melodico ma robusto quel tanto che basta per non cadere nel melenso come molte band core di oggi.
Il refrain dallo spirito hard rock della bellissima title track, il nu metal di Resurrection (scelta come singolo) e l’energia sprigionata da Cause Of You (tra Disturbed e Nine Inch Nails) risultano sicuramente un buon inizio per i Black Orchestra: in attesa di un primo full length, passo importante per dare una sterzata al futuro prossimo della band: il presente si chiama Inhale Your Eyes, non perdetevelo.

Tracklist
01. Inhale Your Eyes
02. Resurrection
03. Cause Of You
04. Resurrection (Official Video)

Line-up
Tomas Selvaggio – Vocals
Domenico Conte – Guitars
Roberto JD Geddo – Bass
Max Nobile – Drums

BLACK ORCHESTRA – Facebook

Engulf – Subsumed Atrocities

Estremi, violentissimi ma assolutamente in grado di farvi innamorare al primo ascolto, questi due ottimi esempi della musica creata da Hal Microutsicos vi collocheranno in trepida attesa di un più sostanzioso full length.

Gli Engulf dal New Jersey non sono altro che una one man band dietro a cui si agita lo spirito estremo di Hal Microutsicos.

Il death metal proposto dal polistrumentista e cantante statunitense risulta assolutamente old school, ma ricco di cambi di tempo, tecnicamente ineccepibile e devastante guardando alla scena estrema dei primi anni novanta, tra approccio statunitense e piglio europeo.
Ne esce un ep di due brani, il primo di una trilogia che dovrebbe fungere da antipasto per un futuro full length dalle buone aspettative create dall’ascolto di Aeons Of Hate e Graviton.
Una ragnatela di riff pesanti come macigni, un growl dal sapore antico e tanta aggressione fanno di Subsumed Atrocities un ascolto consigliato agli amanti del genere, richiamando ovviamente i maestri del genere (su tutti i primi Death).
Estremi, violentissimi ma assolutamente in grado di farvi innamorare al primo ascolto, questi due ottimi esempi della musica creata da Hal Microutsicos vi collocheranno in trepida attesa di un più sostanzioso full length.

Tracklist
1.Aeons Of Hate
2.Graviton

Line-up
Hal Microutsicos – All Instrumentation, vocals, and drum programming.

ENGULF – Facebook

Blinded By Yellow Sunbeams – Heart Denied

Le musiche dei Blinded By Yellow Sunbeams sono qualcosa di originale per i suoli italiani, perché si vanno a posizionare al confine fra industrial, metal e pop, in quelle belle zone grigie di contaminazione.

Blinded By Yellow Sunbeams è l’ambizioso progetto musicale del triestino Christian Thomas Castorina, precedentemente fautore dei At The Funeral My Violet Rabbit.

Conclusa questa esperienza, comincia il percorso dei Blinded By Yellow Sunbeams, giunto ora al quarto album con Heart Denied. Le coordinate musicali sono quelle dell’industrial metal, con molte escursioni nei territori dell’ebm e dell’elettronica altra. La passione che Castorina mette dentro a questo progetto è tangibile, e la sua capacità compositiva gli permette di raggiungere buoni risultati. La musica di Heart Denied, come quella dei tre album che lo precedono, nasce per dare qualcosa all’ascoltatore, provando ad elevare la sua coscienza, o almeno la sua percezione. Nel disco troviamo luce e ombra, dolcezza e violenza, lo ying e lo yang che tutti ci portiamo dentro, ed è un esplorare, una ricerca approfondita dentro e fuori da noi. Le musiche dei Blinded By Yellow Sunbeams sono qualcosa di originale per i suoli italiani, perché si vanno a posizionare al confine fra industrial, metal e pop, in quelle belle zone grigie di contaminazione. Christian fa quasi tutto da solo e lo fa bene, imparando molto bene la lezione dei maestri per cercare una sua via originale, riuscendovi. Maneggiare molti registri diversi non è indice di confusione se lo si fa con cognizione di causa e con una progettualità, come succede qui. Vi sono molte atmosfere diverse e tante suggestioni, le idee vanno in molte direzioni e sono tutte valide.

Tracklist
1.2Sec4You
2.Negative
3.The Heart Denied
4.Unusual System Breakdown
5.I Have No ID
6.M.I.T.M.A.
7.Ctrl+Alt+Del

Line-up:
Christian Thomas Castorina

BLINDED BY YELLOW SUNBEAMS – Facebook

Marc Vanderberg – Highway Demon

Highway Demon è un album ricco di suoni metallici di stampo classico, dall’hard rock all’heavy metal, vario nelle atmosfere, suonato e cantato bene, in buona sostanza un ascolto soddisfacente per chi ama il genere.

Secondo lavoro per il chitarrista tedesco Marc Vanderberg che, aiutato dal solo Raphael Gazal, cantante dei Bulletback e dei Tailgunners, ci invita all’ascolto di questa raccolta di brani dal taglio hard & heavy, ovviamente di ispirazione classica, dove il buon Vanderberg oltre alla sei corde suona tutti gli strumenti.

Highway Demon, pur senza picchi clamorosi, risulta un buon album: i brani mostrano un piglio aggressivo, sono cantanti bene e il nostro musicista mantiene un approccio funzionale alle tracce senza stancare con evoluzioni da guitar hero.
Si passa così da brani hard rock ad altri heavy metal con facilità, mentre a tratti sfumature epiche ci portano in pieni anni ottanta confermando la natura classica dell’album.
Bad Paradise graffia a dovere e mette subito in risalto la bravura tecnica del polistrumentista tedesco, che fino alla ballad How Do You Feel mette la quarta a brani dal piglio aggressivo con un Gazal che si dimostra un singer capace.
Ci si destreggia nei quaranta minuti scarsi di metallo classico con buona alternanza di atmosfere e la power metal song When I Turn The Key si rivela una cavalcata metallica dirompente, mentre You’re Like Poison risulta un brano dai forti impulsi hard rock.
Il mid tempo epico di The Last Battle si avvicina a quanto fatto dal compianto Ronnie James Dio con il suo gruppo, mentre Vanderberg ci delizia con un brano strumentale e dal piglio neoclassico vicino a sua maestà Malmsteen come la conclusiva Total Eclipse.
Highway Demon è un album ricco di suoni metallici di stampo classico, dall’hard rock all’heavy metal, vario nelle atmosfere, suonato e cantato bene, in buona sostanza un ascolto soddisfacente per chi ama il genere.

Tracklist
01. Highway Demon
02. Blue Eyes
03. Bad Paradise
04. The Last Battle
05. How Do You Feel
06. Indispensible
07. You´re Like Poison
08. When I Turn the Key
09. The Final Chapter
10. Total Eclipse (Instrumental)

Line-up
Mak Vanderberg – All Instruments
Raphael Gazal – Vocals

MARC VANDERBERG – Facebook

Mymisses – Straight On My Way

Con le Mymisses approdiamo all’hard rock sviluppatosi a cavallo del nuovo del nuovo millennio, contraddistinto da chitarre ruggenti, ritmiche grasse e cantato di grande forza espressiva.

Mymisses è un quartetto tutto al femminile nato a Cagliari due anni fa composto da Giorgia Pillai (voce), Laura Sau (chitarra), Stefania Cugia (basso) e Marta Camba (batteria).

Le quattro musiciste sarde si mettono in luce sul versante live, in giro per oltre un anno tra festival e piccoli club, prima di dare alle stampe l’agognato debutto, questo roccioso esempio di hard rock intitolato Straight On My Way; e la strada intrapresa dal gruppo non può che portarlo nelle terre assolate degli States, dove questo tipo di musica è nato, mentre quelle tortuose che si trovano nelle zone più aspre della loro isola si trasformano nelle desertiche pianure americane.
La band ci offre un hard rock moderno, leggermente stonerizzato, roccioso ma dal buon tasso melodico, grintoso e pesante, diretto e potente come fa capire subito l’opener War Cry: la title track possiede la forza di un carro armato, mentre il ritornello melodico sposta di continuo le coordinate stilistiche (un mix tra Black Label Society ed Alter Bridge).
Con le Mymisses si approda all’hard rock sviluppatosi a cavallo del nuovo del nuovo millennio, contraddistinto da chitarre ruggenti, ritmiche grasse e cantato di grande forza espressiva, come nella trascinante Face The Fear.
Diretto e ricco di chorus facilmente memorizzabili, Straight On My Way arriva al dunque senza tanti fronzoli, mentre Back To Fly smorza la tensione per poi ripartire con Slipping Away.
Be Bad è un brano alternative rock, mentre il cuore pulsa e pompa sangue metallico nella conclusiva Hard To Live, irresistibile brano on the road che mette la parola fine su un debutto assolutamente da non perdere per gli amanti dell’hard rock.
Le quattro rockers vanno dritte per la loro strada partendo alla conquista del mondo, collocandosi fin da subito tra le realtà da seguire con grande attenzione.

Tracklist
1.War Cry
2.Straight On My Way
3.Face The Fear
4.Back To Fly
5.Slipping Away
6.Be Bad
7.Hard To Leave

Line-up
Giorgia Pillai – Vocals
Laura Sau – Guitars
Stefania Cugia – Bass
Marta Camba – Drums

MYMISSES – Facebook

Social Crash – Burn Out

Quando mi sono messo all’ascolto di questo album, pensavo di trovarmi al cospetto del solito album hardcore/punk con qua e là qualche ritmica core per accontentare i fans del metal più cool.

Non avevo fatto i conti con la Wormholedeath ed il suo ormai famoso fiuto per band e sound che hanno qualcosa da dire (musicalmente parlando).
Se poi ci si aggiunge una buona vena satirica e l’irriverente sfrontatezza tipica del punk rock, ecco che i francesi Social Crash risultano una piccola fialetta di adrenalina punk/metal tra le chiappe di chi pensa che nel 2017 non si possa produrre musica personale.
Certo, a ben vedere il sound proposto da questo interessante debutto intitolato Burn Out accoglie tra il proprio spartito una serie di ispirazioni che a mio vedere, valorizzano il sound dei Social Crash, quindi va dimenticato  il classico punk rock da barricate e ribellione rock’n’roll, concentrandosi su quello che la band sagacemente introduce nella propria musica.
Quaranta minuti scarsi di rock/metal alternativo, suonato e soprattutto cantato con una personalità notevole, una serie di brani che si differenziano a seconda dell’ispirazione che la band usa a suo piacimento per rendere Burn Out il meno scontato possibile, tra accenni ai Clash, così come ai Primus e ai Rancid, con la sezione ritmica che è protagonista di un gran lavoro, sempre un passo avanti a quello che l’ascoltatore si aspetta seguendo l’andamento dei brani e la chitarra che si fa grossa con alcune bordate che richiamano l’hard rock.
Un album al quale l’etichetta punk sta un in effetti stretta e può andare per l’attitudine che il gruppo esibisce nelle trame di brani come Still Wolf To Man, Propaganda Melody e Dissidence, che si accompagna però con il rock alternativo di fine secolo.

Tracklist
1.The Whore Generation
2.Still Wolf To Man
3.My Banker Shot Me Down
4.Propaganda Melody
5.Burn Out
6.Weapon of Mass Seduction
7.Alive 8.Burning Karma
9.Straitjacket
10.Dissidence

Line-up
Manu Wild – vocals
Don Armando – guitar
Wilson Raych – drummer
Julien Harbulot – bass

SOCIAL CRASH – Facebook

Æsthetica – Sonorus Æon

Sicuramente una band che rappresenta una gradevolissima novità, direttamente dalla tundra norvegese. Energia, impegno grande qualità sono le parole chiave.

Gli Æsthetica si distinguono ancora una volta, nel vastissimo e intricato panorama doom, per la loro evidente versatilità e apertura mentale nel trattare questo genere. Non occorrono comunque eccessivi ornamenti per potersi differenziare, e questo non è sicuramente il loro intento.

Sonorus Æon è un album che si presenta senza troppe formalità, giusto per far capire a chi non conoscesse questi ragazzi norvegesi di che pasta sono fatti. Infatti, già dal brano di apertura dell’album Haze si ha l’impressione, poi confermata, che il sound della band abbia come punto di forza quello dell’energia, della vitalità e di un doom pulito.
Come sappiamo, però, la cosiddetta pulizia può essere un limite per chi si approccia a questo genere, nel quale sporcarsi le mani è quasi un battesimo. Gran parte di questo limite è la voce, che in molti frangenti non è abbastanza “malata” per stare al passo di una parte strumentale, soprattutto rispetto all’ottima chitarra, che invece ci dà un immaginario diverso e quasi perfetto.
Ma dato che anche la parte vocale ha delle qualità indubbie, ecco che vengono fuori al 100% nel brano Worshipper, forse il più riuscito di tutto il disco. Qui tutto è esattamente in simbiosi e ci vengono restituiti i tratti sacrali ed anche un po’ immortali dei primi Black Sabbath. Un pezzo di cui sicuramente i fan del genere potranno godere a pieno, e nel quale la band trova la quadratura del cerchio.
In chiusura, sicuramente un lavoro di alto livello per questa band scandinava, pur essendo ancora in chiara fase di sperimentazione.

Tracklist
1. Haze
2. Todesfuge
3. La Paz
4. Gates
5. Worshipper
6. Ekstasis

Line-up
Tobias Brynildsbakken Huse
Simon Dahl Okoniweski
Vetle Bråten Rian
Petter Rosendahl Moland

AESTHETICA – Facebook

Antigama – Depressant

Pensate ai Brutal Truth di Need To Control sconvolti da venti apocalittici provenienti da Ministry e Devin Townsend, e poi immergetevi tra le note estreme e futuriste, letali e impietose di Depressant.

I polacchi Antigama non sono certo un nome nuovo nel panorama death/grind europeo.

Nato all’alba del nuovo millennio, il quartetto originario della capitale Varsavia può contare su una discografia numericamente importante con sette lavori sulla lunga distanza, una marea di split e lavori minori ed un passato con la gloriosa Relapse, etichetta che è sempre stata un punto di riferimento per queste sonorità.
La proposta degli Antigama risulta un metal estremo e violentissimo, contaminato da fredde digressioni industriali, per niente caotico nel suo tsunami di watt, ma chirurgico quel tanto che basta per annoverarlo tra i meandri dell’ala moderna del genere: venti minuti di devastazione sonora senza soluzione di continuità, continui passaggi parlati che introducono alla violenza industriale e core che si  sprigiona da questi sette brani, che nulla tolgono e nulla aggiungono alla tradizione musicale del quartetto polacco.
Pensate ai Brutal Truth di Need To Control sconvolti da venti apocalittici provenienti da Ministry e Devin Townsend, e poi immergetevi tra le note estreme e futuriste, letali e impietose di Depressant, così che l’esperienza con il sound del gruppo sia totalmente spiazzante.
Gli Antigama sono una band che negli anni ha mantenuto una sua precisa identità, confermata da queste sette scariche nucleari.

Tracklist
1.Empty Paths
2.Anchors
3.Division of Lonely Crows
4.Now
5.Room 7
6.Depressant
7.Shut Up

Line-up
Łukasz Myszkowski – vocals, electronics
Sebastian Rokicki – guitars
Sebastian Kucharski – bass
Paweł ‘Pavulon’ Jaroszewicz – drums, percussions

ANTIGAMA – Facebook

American Standards – Anti Melody

Gli American Standards sono un grande gruppo di hardcore non convenzionale o artefatto, questa è musica che sanguina per davvero.

Gli ultimi tempi sono stati davvero difficili per questo gruppo americano di hardcore che sfocia nel metalcore.

Il chitarrista e membro fondatore Cody Conrad si è suicidato recentemente ed il padre del cantante Brandon Kallum è morto di cancro. Da qui parte la genesi di questo disco, un vero pugno nella faccia, fatto di hardcore potente e dalle molte sfaccettature, un suono che si sviluppa in molte direzioni. I ragazzi sono maturati molto ed il loro suono ha preso una direzione ben precisa, andando verso quel nuovo ibrido hardcore che i Converge hanno fatto nascere anni fa. Il suono è crudo, violento, veloce e senza fronzoli, molto americano nel suo essere hardcore moderno. Il disco è figlio del dolore, della perdita e della separazione da chi amiamo, e l’hardcore è l’abito perfetto per descrivere queste sensazioni. Non rimane molto tempo per perdersi in commiserazioni, non abbiamo la possibilità di schiacciare il tasto rewind o di riportare indietro la linea di avanzamento. Possiamo solo andare veloci e cercare di non farci male o di non procurarlo, sballottati dalla vita. Gli American Standards hanno preso dei bei colpi, e hanno riversato il loro dolore nella musica, facendo un notevole album di hardcore moderno. Ci sono momenti veloci ma anche passaggi più lenti ancora più devastanti di quelli veloci. Ci sono molti riferimenti all’opera dei maestri Converge, ma gli American Standards trovano una maniera personale ed efficace di fare musica. Anti Melody è un disco molto maturo e completo, che non segue l’attuale tendenza al metalcore di certi gruppi hardcore specialmente americano. L’hardcore è un linguaggio dalle molte applicazioni, ed in questo caso serve per gridare, per piangere chi non c’è più in una maniera diversa e positiva, urlando la rabbia condividendola con le altre persone. Cosa ancora più importante di tutte, è che gli American Standards sono un grande gruppo di hardcore non convenzionale o artefatto, questa è musica che sanguina per davvero.

Tracklist
1.Writers Block Party
2.Carpe Diem, Tomorrow
3.Church Burner
4.Bartenders Without Wings
5.Danger Music #9
6.Cancer Eater
7.Broken Culture
8.Chicago Overcoat

Line-up
Brandon Kellum- Vocals
Corey Skowronski- Guitar
Steven Mandell- Bass
Mitch Hosier- Drums

AMERICAN STANDARDS – Facebook

Satanic – Architecture Of Chaos

I Satanic sono la classica band di genere, prendere o lasciare, eroi di un certo modo di fare metal per alcuni, troppo ancorati a vecchi ed ormai obsoleti cliché per altri, ma come sempre la verità sta nel mezzo.

Questo gruppo proveniente dal Quebec licenzia l’esordio tramite Brutal Records intitolato Architecture Of Chaos, incentrato su un thrash metal old school che non disdegna di bersi una birra con il death e finire per le strade a far casino.

Dall’attitudine anni ottanta, così come il proprio sound, i Satanic ci propongono dunque la loro versione di metal estremo: i cliché utilizzabili ci sono tutti, le soluzioni a livello di songwriting risultano poco fantasiose e il sound procede spedito con il pilota automatico verso il muro dove si schianterà producendo un boato metallico assordante.
Sodom/Kreator/Destruction si danno il cambio con Possessed e Venom tra lo spartito di questa raccolta di brani fatti di ritmiche velocissime, batteria a mitraglia e solos taglienti come rasoi.
Architecture Of Chaos è tutto qui, i brani si susseguono senza soluzione di continuità, ignoranti e d’impatto e sono la perfetta colonna sonora di una serata alcolica a base di metallo pesante, con un paio di tracce che permettono al lavoro di alzare la testa come Armageddon e la conclusiva Tchernobyl86, più lunghe e varie delle restanti della tracklist.
I Satanic sono la classica band di genere, prendere o lasciare, eroi di un certo modo di fare metal per alcuni, troppo ancorati a vecchi ed ormai obsoleti clichè per altri, ma come sempre la verità sta nel mezzo.

Tracklist
1.Mephistophelian
2.World Of Chaos
3.Procesing The Undead
4.Architecture Of Apocalypse
5.Armageddon
6.Systematic Fear
7.Biotech Warfare
8.Tchernobyl86

Line-up
Martin Carle – Drums
Guillaume Petit – Guitars, Vocals
Izaac Baaudoin – Bass, Vocals

SATANIC – Facebook

Under The Church – Supernatural Punishment

Gli svedesi Under The Church fanno tornare il sorriso agli amanti del death metal scandinavo con una serie di brani che sono l’abc di quel sound che fece tremare il mondo.

Swedish death metal di origine controllata, impatto, riff ed un’attitudine old school che riportano inevitabilmente indietro nel tempo di almeno venticinque anni: niente di più e niente di meno, ma assolutamente in grado di entusiasmare chi ancora è posseduto dai demoni entrati nel corpo dopo il morso virale di uno zombie.

Ecco cosa si trova in questo ottimo album degli Under The Church, accompagnato da una splendida copertina che riassume quello che troverete tra i solchi di Supernatural Punishment, il secondo full length dopo Rabid Armageddon uscito nel 2015, a formare una discografia che si compone anche di un ep omonimo, un live ed uno split.
Ma veniamo a questo ottimo esempio di death metal scandinavo, licenziato dalla Pulverised Records, che arriva alla fine di un anno avaro di uscite del genere, specialmente se confrontato con quello precedente.
Niente di male, ci pensano gli Under The Church a far tornare il sorriso agli amanti del genere con una serie di brani che sono l’abc di quel sound che fece tremare il mondo: riff malati, velocità sostenuta, stop and go micidiali e quella melodia nascosta tra le corse sui manici delle sei corde, ma importantissima per marchiare a fuoco il sound di questo gioiellino.
Allora, amanti degli Edge Of Sanity, Entombed e compagnia, fatevi travolgere dalla forza di Supernatural Punishment e delle sue nove devastanti tracce, di cui The Stygian Horror è il perfetto benvenuto che gli Under The Church vi danno prima di venire inseguiti da zombie famelici al suono delle varie Ancient Ritual, Vitalizing Funeral e Wretched Disfigurement.

Tracklist
1. The Stygian Horror
2. Supernatural Punishment
3. Ancient Ritual
4. Staircase To Hell
5. Vitalizing Funeral
6. The Death Of Innocence
7. Crypt Of Pelvises
8. Wretched Disfigurement
9. Silence Of The Shadows

Line-up
Erik Qvick – drums
Lars Henriksson – bass
Erik Sahlström – vocals
Erik Wallin – guitars
Marcus Klack – guitars

UNDER THE CHURCH – Facebook

Sartegos / Balmog – Split 7″

Uno split che mette in luce due realtà interessanti, contigue per appartenenza geografica ma differenti per l’approccio al black metal.

Uno split album dallo spirito ben poco natalizio, questo edito dalla Caverna Abismal: l’etichetta portoghese attinge dai vicini confini spagnoli proponendo l’accoppiata galiziana formata da Sartegos e Balmog.

I primi sono una one man band guidata da Rou Sartegos, con all’attivo un ep ed un altro split, e la traccia presente sul lato A del 7”, Lume do Visitante – Morrer no Nas, mette in mostra il black death che ci si aspetta da queste uscite che provengono dagli strati più profondi dell’underground metal: un growl rantolante sovrasta ritmiche martellanti che si aprono però, sorprendentemente, allorché la chitarra solista prende campo, regalando intuizioni tutt’altro che banali e una certa imprevedibilità all’interno di un mood tanto naif quanto oscuro.
I Balmog sono invee un trio afferente in maniera più ortodossa al black metal, quindi risultando di maggiore impatto nell’immediato ma leggermente più prevedibile alla lunga rispetto a Sartegos; Venomous è comunque un bel brano dal pregevole sviluppo melodico, che conferma quanto di buono già fatto da una band dalla storia abbastanza lunga e disseminata di uscite, inclusi due full length nel 2012 e nel 2015.
In sostanza, questo split mette in luce due realtà interessanti, contigue per appartenenza geografica ma differenti per l’approccio al genere: due aspetti che, nonostante la sua brevità, rendono il lavoro appetibile agli estimatori di un black iberico che mostra da tempo un certo fermento.

Tracklist:
Side A
1. Sartegos – Lume do Visitante – Morrer no Nas
Side B
2. Balmog – Venomous

Line-up:
SARTEGOS
Rou Sartegos – Everything

BALMOG
Morg – Bass
Virus – Drums
Balc – Vocals, Guitars

BALMOG – Facebook

Mhönos – LXXXVII

Per poco più di quaranta minuti tutto il dolore ed il male che ci scrolliamo dalle spalle, considerandolo solo frutto di paure ancestrali, viene evocato dai Mhönos fino a mostracelo con il suo sinistro carico di ineluttabile morte e disfacimento.

Per i francesi Mhönos si ripropone l’eterno dilemma che attanaglia chi deve esprimere un parere su musica decisamente fuori dagli schemi, che è quello di capire se si tratta di vera genialità oppure di un’accozzaglia di suoni messi assieme senza un’apparente logica.

A mio modo di vedere, ogni forma di sperimentazione musicale deve anche mantenersi in un alveo entro il quale l’ascoltatore possa percepire un qualche disegno che consenta di assimilare opere, altrimenti, a forte rischio d’essere considerate un’esibizione di rumore fine a sé stesso.
LXXXVII oscilla pericolosamente su questo confine e immagino che la sua collocazione, dall’una o dall’altra parte, dipenda non solo dalla predisposizione dei diversi soggetti a simili ascolti ma, addirittura, dall’umore specifico di una stessa persona nel momento in cui il sound dei Mhönos viene si fa strada  senza alcuna misericordia.
Cercando d’essere asettici ed obiettivi il giusto, credo che questo sia un lavoro di notevole spessore, perché qui il male cessa d’esser un qualcosa che ci accompagna in maniera subliminale per proporsi in uno stato quasi solido, tramite una forma di black metal stravolta da un approccio rituale che porta il tutto su un piano ambient drone, con l’aggiunta di vocals quanto mai malevole a completare il quadro.
I Mhönos offrono un’opera che rischia seriamente di finire derubricata a sottobicchiere se acquistata in formato cd da qualcuno che non ha ben chiaro quali siano le finalità di questi misteriosi “frati” transalpini; viceversa, se si possiede un minimo di masochistica familiarità con certi suoni, è difficile restare indifferenti a questa esibizione di velenosa ed oscura follia musicale.
Per poco più di quaranta minuti tutto il dolore ed il male che ci scrolliamo dalle spalle, considerandolo solo frutto di paure ancestrali, viene evocato dai Mhönos fino a mostracelo con il suo sinistro carico di ineluttabile morte e disfacimento: il tutto senza fare neppure troppo rumore, ma affidandolo a sonorità minimali ed artifici vocali che da sgradevoli si fanno via via insinuanti fino a non poter essere più scacciati dalla memoria.
LXXXVII va sicuramente ascoltato, sia pure a proprio rischio e pericolo …

Tracklist:
1. I
2. II
3. III
4. IV

Line-up:
Frater Erwan: basso, cori
Frater Nikaos: percussioni
Frater Samuel: percussioni
Frater Nehluj: basso, coro
Frater Alexandre: basso, cori
Necropiss: voce

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Master/Dehuman – Decay into Inferior Conditions

Un buon split da parte della Xenokorp, che non deluderà gli amanti di queste iniziative assolutamente underground, alle prese con una band storica (Master) ed un ottimo gruppo di outsider (Dehuman).

Per gli amanti del death metal la Xenokorp licenzia questo sanguinoso split che vede scendere in campo i veterani Master e i molto più giovani Dehuman.

Registrati in Finlandia lo scorso anno i quattro storici brani proposti dai Master ci presentano un trio ancora sul pezzo per grinta ed attitudine estrema: quello della band di Paul Speckmann (ultimamente alle prese con Cadaveric Poison, Death Strike, Johansson & Speckmann), attiva fin dalla metà degli anni ottanta,  è un thrash/death old school che possiede lo stesso marchio di quello storico suonato da Possessed e compagnia di estremisti sonori.
Le tracce sono prese da un bootleg ufficiale, il suono non è un granché, ma l’atmosfera underground e old school rendono il tutto molto gustoso per i fans dei Master che, nell’occasione, festeggiavano i trentacinque anni di carriera nel mondo del metal estremo.
I Dehuman sono invece un quartetto belga: nati una decina di anni fa, hanno rilasciato due full length e si presentano con questi tre devastanti brani suonati live in studio; il sound delle varie Morbid Sound, Sepulcher Of Malevolence e Apocalypse And Perdition segue la lezione dei maestri europei che devastarono il vecchio continente ormai trentanni fa.
Ill gruppo ci travolge con un death metal battagliero e senza compromessi, tra Bolt Thrower e Napalm Death, oscuro e selvaggio, lasciando un’ottima impressione e la consapevolezza di essere al cospetto di una band tripallica e dall’impatto notevole.
Un buon split da parte della Xenokorp, che non deluderà gli amanti di queste iniziative assolutamente underground, alle prese con una band storica (Master) ed un ottimo gruppo di outsider (Dehuman).

Tracklist
1. MASTER – Master
2. MASTER – Subdue the Politician
3. MASTER – All We’ve Become
4. MASTER – Slaves to Society
5. DEHUMAN – Morbid Sun
6. DEHUMAN – Sepulcher of Malevolence
7. DEHUMAN – Apocalypse and Perdition

Line-up
Master:
Paul Speckmann – Bass, Vocals
Alex Nejezchleba – Guitars
Zdenek Pradlovsky – Drums

DEHUMAN:
Andrea Vissol – Bass & Vocals
Rafaël Sellekaerts – Guitars
Lou-Indigo Triagone – Guitars
Laye Louhenapessy – Drums

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Degial – Predator Reign

Un sound infernale creato per destabilizzare e rubare anime da portare all’oscuro signore in un’atmosfera di indicibile caos.

Se verrete risucchiati nel vorticoso maelstrom creato dai Degial, difficilmente riuscirete a tornare indietro restando imprigionati in un oscuro e personale inferno.

I Degial sono un quartetto svedese attivo da ormai più di dieci anni, hanno dato alle stampe un ep e due full length (Death’s Striking Wings uscito nel 2012 e Svage Mutiny licenziato un paio di anni fa), e tornano con il terzo album sotto Sepulchral Voice Records, questo massacro sonoro dal titolo Predator Reign, fatto di corse lungo i binari del black metal e cavalcate sul destriero death, in un’atmosfera apocalittica e rigorosamente old school.
Riff che creano vortici di male in musica, ritmiche devastanti, scream/growl da orco ferito e dunque (come un animale) ancora più rabbioso e crudele, vanno a comporre un sound infernale creato per destabilizzare e rubare anime da portare all’oscuro signore.
La title track, posta in apertura, e la successiva Thousand Spears Impale, vi danno il benvenuto nel regno della violenza e del caos primordiale, dove non ci sono rallentamenti o aperture a qualsivoglia melodia, solo terrore e rabbia, un massacro che continua imperterrito con Devil Spawn Hellstorm, cuore nero dell’album che pulsa al ritmo inumano di un sound bestiale e senza compromessi.
Clangor Of Subjugation mette la parola fine al massacro con sei minuti di black death epico ed oscuro che trascina a forza verso il fondo dell’inesorabile gorgo.

Tracklist
1.Predator Reign
2.Thousand Spears Impale
3.The Savage Covenant
4.Crown Of Fire
5.Devil Spawn
6.Hellstorm
7.Heretical Repugnance
8.Annihilation Banner
9.Triumphant Extinction
10.Clangor Of Subjugation

Line-up
H. Death – Vocals/Guitar
R. Meresin – Guitar
E. Forcas – Drums
P.J. Vorum – Bass

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