Hollowscene – Hollowscene

Gli Hollowscene sono una grande band lombarda di progressive rock. Il loro è un prog di stampo vintage, caldo e analogico, capace di guardare alla grande tradizione – britannica, soprattutto – degli anni Settanta.

Gli Hollowscene sono una grande band lombarda di progressive rock.

Recentemente si sono esibiti al FIM 2018 insieme a Prowlers, Anekdoten e La Fabbrica dell’Assoluto. Il loro è un prog di stampo vintage, caldo ed analogico, capace di guardare alla grande tradizione – inglese, soprattutto – degli anni Settanta. Non stupisce quindi, al riguardo, che questo loro interessantissimo lavoro sia uscito per Black Widow, da sempre attentissima al suono valvolare e primigenio di ciò che è progressive rock. Il disco si apre con la suite in cinque atti Broken Coriolanus: un vero e proprio caleidoscopio di suoni e sensazioni, di creatività ed emozioni, guidate dalla doppia tastiera e dalla doppia chitarra, sorrette da una sezione ritmica inappuntabile, non senza opportune spezie folk dovute al flauto. La suite è multiforme e cangiante, densa di cromatismi sonori e cambi di situazione, nello stesso tempo oscura e melodica, non priva di una tensione quasi drammatica e vagamente teatrale. Molto bella ed azzeccata poi l’idea di inserire, in chiusura dell’album, una cover di The Moon Is Down dei mitici Gentle Giant, con cui gli Hollowscene confermano una volta di più, non solo a livello timbrico, la ascendenza della loro visione musicale. Davvero un bellissimo disco.

Track list
1 Broken Coriolanus
2 The Worm
3 The Moon Is Down

Line up
Andrea Massimo – Guitar, Vocals
Walter Kesten – Guitar, Vocals
Demetra Fogazza – Flute, Vocals
Lino Cicala – Piano, Keyboards
Andrea Zani – Piano, Keyboards
Tony Alemanno – Bass
Matteo Paparazzo – Drums

HOLLOWSCENE – Facebook

DECLINE OF THE I

Il lyric video di “Enslaved By Existence”, dall’album “Escape” in uscita a luglio (Agonia Records).

Il lyric video di “Enslaved By Existence”, dall’album “Escape” in uscita a luglio (Agonia Records).

French post-black metallers DECLINE OF THE I premiere a new track “Enslaved By Existence” in the form of a lyric video. The track comes from the band’s third studio album “Escape”, due out on the 27th of July via Agonia Records. Listen to the song here:

“Escape” will feature six varied, original compositions replete with artwork from David Fitt, who filmed the new video.

The band commented: “After a heavy and neurasthenic first chapter, and an epileptic, dirty and violent second one, here’s the last part of the Decline of the I’s trilogy: Escape. It’s now time to leave, to avoid this perpetual aggression of the outside world. All the other reactions leaded to a dead end. Running away is the only possible move for the subject to preserve its entity. There are many forms of escape: madness, suicide, technology, spirituality. This third album explores all of them. Musically, it’s the synthesis of all the previews works; it’s contemplative and slow but also very fast, dark and brutal”.

“Escape” was recorded, mixed and mastered at Blacksun Recording by Junior Rodriguez. The album will be available in CD, LP and digital formats.

Tracklist:
1. Disruption
2. Enslaved by existence
3. Organless body
4. Hurlements en faveur de FKM
5. Negentropy (Fertility sovereign)
6. Je pense donc je fuis

DECLINE OF THE I originates from France and is inspired by the works of the French surgeon, writer and philosopher Henri Laborit. The band is led by a multi-instrumentalist, A – a skilled musician, who’s been a part of the metal scene for over 20 years, during which he played in bands such as Vorkreist, Merrimack, Neo Inferno 262, Malhkebre and Diapsiquir. DECLINE OF THE I is his personal approach on dark music, in which he’s accompanied by musicians of Merrimack, Anus Mundi, Temple of Baal, Eibon and Drowning fame.

Line-up:
A: guitar, bass guitar, keyboard, programming, vocals
V: vocals
G: vocals
S: drums
Guest vocals on “Je Pense Donc Je Fuis” by Kyrieh Alienor.

DECLINE OF THE I – Je Pense Donc Je Fuis [Edit Version] (Official Music Video)
Pre-orders:
http://agoniarecords.com/declineofthei
DECLINE OF THE I on-line:
Facebook: https://www.facebook.com/declineofthei

Agonia Records:
Website: http://agoniarecords.com
Webshop: http://tinyurl.com/agoniashop
Facebook: https://facebook.com/agoniarecords
Twitter: https://twitter.com/agoniarecords
SoundCloud: https://soundcloud.com/agoniarecords
Bandcamp: https://agoniarecords.bandcamp.comInstagram: https://instagram.com/agoniarecordsofficial
YouTube: http://youtube.com/AgoniaRec

Flames At Sunrise – Born In Embers

Born In Embers spara le sue nove frecce alternative come un cupido terribilmente dispettoso, voi cadrete nell’incantesimo e non potrete che innamorarvi dei Flames At Sunrise.

Arrivano da Barcellona i Flames At Sunrise, giovane band alternative al debutto con Born In Embers, full length del quale la Wormholedeath cura la promozione.

In questo ambito, oltre a buone canzoni, se hai tra le tue fila un talento al microfono, uomo o donna che sia, parti già con parecchi metri di vantaggio sulla concorrenza e questo è il caso del gruppo catalano, che può vantare le prestazione di Eve Nezer, giovanissima cantante che si produce in una notevole prova tra clean e scream d’impatto.
Il sound dei Flames At Sunrise si posiziona perfettamente tra il rock ed il metal alternativo, dal piglio dark/gothic quando le melodie prendono spazio ed il gruppo lascia alla cantante la scena, spettacolare nei vari cambi di tonalità e molto interpretativa.
Ma i Flames At Sunrise ovviamente non si fermano qui ed il resto della band sale in cattedra nei momenti più metallici dell’album quando scudisciate alternative colmano di umori nu metal brani dal piglio drammatico come Shades Falls Into Oblivion (in quota Disturbed), brano che da solo, se non vi sono bastati i fuochi d’artificio di Ark Flesh e The Myth (Eurodice’s Death), vale l’acquisto di questo ottimo lavoro.
I Flames At Sunrise conquistano: delicatamente dark quando si placa la tempesta, rabbiosi e potentissimi quando le chitarre gridano dolore seguendo le montagne russe su cui sale con una naturalezza disarmante la voce della cantante.
Born In Embers spara le sue nove frecce alternative come un cupido terribilmente dispettoso, voi cadrete nell’incantesimo e non potrete che innamorarvi dei Flames At Sunrise.

Tracklist
1.Ember
2.Dolmer
3.Ark Flesh
4.Dark Ages
5.The Myth (Eurodice’s Death)
6.Never Coming Home II
7.Shades Falls Into Oblivion
8.III faces
9.More Than Fear

Line-up
Eve Nezer – Vocals
Jordi Domìnguez – Guitars
Eric Knight – Guitars
Jose Escobar – Bass
Alvaro Garcia – Drums

FLAMES AT SUNRISE – Facebook

Infinitas – Skylla

Un singolo che dovrebbe fare da spartiacque tra l’album precedente e quello che verrà, ed alla luce di questi brani la speranza è che la band si lasci trasportare dalla parte più folk della propria musica, quella inevitabilmente più affascinante.

Torniamo a parlarvi degli Infinitas con questo singolo dal titolo Skylla che presenta, oltre alla title track, altri tre brani.

La band ridiscende le montagne delle Alpi svizzere dopo il primo full length licenziato lo scorso anno ed intitolato Civitas Interitus, puntualmente recensito sulle pagine virtuali di MetalEyes.
Il concept medievale, che aveva contraddistinto i brani che andavano a comporre l’opera di debutto, viene accentuato in questo singolo così che il thrash melodico e folkeggiante del gruppo viene spogliato dalla componente prettamente metal per lasciare a sognanti atmosfere semiacustiche il compito di riportarci nel mondo fatato dove gli Infinitas trovano nella splendida cantante Andrea Böll la loro musa.
Solo la title track, dunque, mantiene un po’ di quella elettricità che contraddistingue il sound della band, molto melodico e dal forte appeal, e valorizzata dai suoni folk del violino dalle reminiscenze Skyclad, band che più di altre è d’ispirazione al sound degli Infinitas.
Con il trittico Conclusio, la versione acustica di Samael e Leprechaun, invece, scendiamo dai destrieri elettrici per passeggiare tra i boschi incantati, accompagnati da suoni medievali.
Un singolo che dovrebbe fare da spartiacque tra l’album precedente e quello che verrà, ed alla luce di questi brani la speranza è che la band si lasci trasportare dalla parte più folk della propria musica, quella inevitabilmente più affascinante.

Tracklist
1.Skylla
2.Conclusio
3.Samael (Acoustic Version)
4.Leprechaun

Line-up
Andrea Böll – Vocals, Percussion
Irina Melnikova – Violin, Background Vocals
Piri Betschart – Drums, Vocals, Clarinette, Percussion
Selv Martone – Guitar, Virtual Instruments

INFINITAS – Facebook

The Body – I Have Fought Against It, But I Can’t Any Longer

Lasciatevi intrigare dalla persuasiva copertina e immergetevi in un calderone ribollente di industrial,noise,doom da parte di una band che non ha eguali.

Il potere persuasivo di una semplice, ma particolare copertina, può incidere molto spesso nella scelta e nell’acquisto di un’opera; è bastato uno sguardo alla cover del sesto full length degli statunitensi The Body per convincermi che si nascondeva qualcosa di intrigante e di inafferrabile nella loro musica.

Attivo dal 2004 il duo, formato da Lee Buford e Chip King, ha sempre definito la propria musica noise e ha intrecciato il proprio percorso artistico con diversi act mutanti del panorama weird e heavy statunitense, con i powernoise grinder Full of Hell o con i blackster Krieg, senza dimenticare quella con i mostruosi Thou; tutto nella costante ricerca di musica stimolante, senza schemi e libera da vincoli commerciali. Anche questa opera, sulla scia del precedente No One Deserves Happiness del 2016 , dove il duo aveva tentato un riuscito approccio più meditato alla materia investendola di una personalissima forma pop, necessita di pazienza per essere ben assimilata, trattandosi di suoni sfuggenti dove momenti di grazia sono disintegrati da muri di noise, vocals dolcissime e suggestive sono inseguite da scream e urla sinistre e agghiaccianti. L’opener The Last Form of Loving presenta misteriose note di violino su uno sfondo noise sfumato che, lentamente, si trasforma in un cuore pulsante, mentre una delicata voce femminile declama intrecciandosi direttamente con il secondo brano, dove il ritmo lentamente cresce creando un atmosfera dal forte sapore cinematografico. I brani sono vari, intrecciando al loro interno sonorità doom, industrial, dub e trip hop e fornendo molteplici chiavi di lettura: il drum beat incessante e marziale di Partly Alive, le mutazioni noise su abissali ritmiche dub e le urla terrorrizzate in The West Has Failed dipingono, ricordando i Dalek, quadri di desolante oscurità. La band non ha assolutamente paura di osare, del resto è stato sempre il suo trademark e raggiunge vertici assoluti in Nothing Stirs, dove l’atmosfera si incupisce ulteriormente creando paesaggi fortemente disperati e claustrofobici. E’ un modo diverso di creare musica estrema ma fortemente appagante, perché sviluppata da menti creative; la mancanza di schemi e la capacità di miscelare ingredienti molto diversi è la chiave vincente ed è necessario realmente un approccio “open minded”per apprezzare queste sonorità.

Tracklist
1. The Last Form of Loving
2. Can Carry No Weight
3. Partly Alive
4. The West Has Failed
5. Nothing Stirs
6. Off Script
7. An Urn
8. Blessed, Alone
9. Sickly Heart of Sand
10. Ten Times a Day, Every Day, a Stranger

Line-up
Lee Buford – Drums
Chip King – Guitars, Vocals

THE BODY – Facebook

Demetra Sine Die – Past Glacial Rebound

Una vera lezione di stupendo post-black sperimentale, con intrusioni dark, noise, drone e doom. Un nuovo ed ulteriore volto dei Demetra Sine Die, fedeli a sé stessi eppure sempre capaci di rinnovarsi.

E’ a dir poco strepitoso il nuovo capitolo dei Demetra Sine Die, eccellente gruppo italiano, giunto al terzo full-length, pubblicato dalla inglese Third I Rex.

Il lavoro si dipana attraverso sette tracce, tutte all’insegna di una grande varietà sonora. Post Glacial Rebound è – come anticipa il titolo – freddo e cerebrale, ma anche emozionale ed evocativo, intenso ed attento alle suggestioni che la musica – un grandioso mix di post-black, drone doom, noise e dark prog sperimentale – sa evocare ad ogni solco in maniera sublime. Quasi alla stregua di un film, le composizioni di questo nuovo CD dei Demetra Sine Die – nei suoi quarantasette minuti di durata complessiva – si presentano come una sorta di viaggio nello spazio, un’esplorazione cinematica che può ricordare, con il suo post-metal mutante, Tool, Virus e in particolare Oranssi Pazuzu. Si ascoltino al riguardo, tra loro collegate, l’opener Stanislaw Lem – il suo Solaris è stata una fonte d’ispirazione letteraria fondamentale – e la quarta traccia, Gravity: nelle due composizioni i sintetizzatori (tutti analogici, a cominciare dal Korg MS20) rendono atmosferico e fantascientifico il sound. Un taglio futuristico che non è tuttavia privo di calore, come sottolinea la sezione ritmica (il batterista Marcello Fattore, abilissimo nelle sue tessiture percussive, e il bassista Adriano Magliocco, dal tocco, a tratti, quasi grunge). I riverberi e gli squarci materici della chitarra di Marco Paddeu fanno il resto, compattando e variegando il magma sonoro esplorato dai Demetra Sine Die, declinandolo in termini ora tesi e drammatici (Lament), ora più melodici (Liars). Anche le linee vocali sono assai varie: abbiamo parti recitate (quelle iniziali di Eternal Transmigration hanno un che di pinkfloydiano), clean vocals ed uno screaming di stampo più classicamente black (in veste di ospite partecipa Luca Gregori dei torinesi Darkend), il che dona un tocco weird al tutto. La title-track conclusiva riassume tutte le caratteristiche della band ligure e di questo suo nuovo magistrale lavoro, densa e concettuale, spirituale e cangiante, pulitissima nelle soluzioni timbriche adottate di volta in volta e potente nell’impatto. La grafica di Anna Levytska, che ha collaborato tra gli altri con i Blut Aus Nord, incornicia il tutto. Capolavoro, tra i dischi dell’anno.

Tracklist
1 Stanislaw Lem
2 Birds Are Falling
3 Lament
4 Gravity
5 Eternal Transmigration
6 Liars
7 Post Glacial Rebound

Line up
Adriano Magliocco – Bass, Synthesizers
Marco Paddeu – Vocals, Guitar, Korg MS20
Marcello Fattore – Drums

DEMETRA SINE DIE – Facebook

Era Of Disgust – Teratogenesi

Venti minuti di squassante metal estremo che si muove crudele tra lo spartito di Teratogenesi.

Teratogenesi è il primo lavoro degli Era Of Disgust, band nata a Torino intorno al 2014, ma solo ora sul mercato con questo ep autoprodotto composto da cinque devastanti brani di deathcore, ma non solo.

I soliti problemi nella line up hanno rallentato la carriera del gruppo che, assestatosi con una formazione che vede Davide Di Girolamo e Filippo Peinetti alle chitarre, Saverio Bello alla voce, Sandro Pirrone al basso e Simone Merlenghi alla batteria, è ora pronto ad incendiare palchi.
Deathcore dicevamo, ma anche death metal classico e qualche sconfinamento nel brutal, per un sound che sprigiona violenza ad ogni nota, potentissimo e senza compromessi, tra ritmiche marziali che accelerano quando le sfuriate estreme prendono la strada del death metal tradizionale, un ottimo uso di growl e scream e chitarre compresse che deflagrano in urla elettriche lancinanti, tra attitudine classica e moderna.
Questo in poche parole è quello che vi troverete ad affrontare quando le prima note di Black Haze vi prepareranno allo tsunami estremo in arrivo quando il growl darà via al massacro.
Broken Shoulder è il singolo estratto da Teratogenesi, animato da un demone death, lo stesso che vive nelle note di Brutal Truth e Morbid Angel, o più semplicemente dei Thy Art Is Murder, il gruppo più vicino al concetto di musica estrema dei nostri.
Venti minuti di squassante metal estremo che si muove crudele tra lo spartito di Drowning ( a mio avviso il brano più violento, veloce ed intenso dell’ep), Infernal Mood, e P.O V., le altre tre bombe sonore firmate Era Of Disgust.
Un esordio davvero promettente, e un’altra band da seguire nel vasto panorama del metal estremo made in Italy: date un ascolto a queste cinque tracce e mettetevi con noi in attesa di un full length che a questo punto è il naturale approdo per gli Era Of Disgust.

Tracklist
1.Black Haze
2.Broken Shoulder
3.Drowning
4.Infernal Mood
5.P.O.V

Line-up
Davide Di Girolamo – guitar
Filippo Peinetti – Guitar
Saverio Bello – Vocals
Sandro Pirrone – Bass
Simone Merlenghi – Drum

ERA OF DISGUST – Facebook

GREYSTONE CANYON

Il video di “In These Shoes”, dall’album “While The Wheels Still Turn” (Rockshots Records).

Il video di “In These Shoes”, dall’album “While The Wheels Still Turn” (Rockshots Records).

GREYSTONE CANYON is for fans of classic metal and is an album devoted to the band’s love for old western cowboy films and the images these films conjure, the vast plains, endless horizons and the freedom of the Wild West.

Here’s what some of the media outlets are saying:

“Greystone Canyon’s debut is a solid listening experience that should appeal to both fans of Western rock/heavy metal and classic hard rock/heavy metal.” – Heavy Metal Time Machine

“This album is full of hard-rocking guitar riffs, soulful acoustic guitar, catchy drumming and vocals that are every bit the classic metal you’d expect them to be; all of this is arranged in a way that’s satisfying to the ear.” – Overdrive Mag

“a brilliant album! Very good pieces, a beautiful atmosphere wrap the listener.Give a chance to this band, it will doesn’t disappoint you with their class, good work guys!” – Rockers and Other Animals Mag

“Inspired by classic HR legends, “While The Wheels Still Turn” is an album that could not only sit well beside the works of those; they’re able to be so various and with a view to the futiue. With a duration of 33 min, we can find six songs and three interludes; this album won’t disappoint you!” – Hard Rock Heavy Metal Mag

“Greystone Canyon has arrived with their debut album, While the Wheels Still Turn, and it is a beauty. A flawless homage to the bands which preceded them and inspired them, this glorious collection of kick ass tracks just teases the senses and reels you in track by track. Mammoth hooks fused with technical brilliance and that old school charm just work so goddamn well, perfectly executed and tasty like momma’s home cooking.” – Rock n’ Load Mag

“The western rock vibe that gets While the Wheels Still Turn started sees the up-tempo Astral Plane grab the attention before In These Shoes delivers head-banging groove. The latter’s deep bassy sound is thrilling.” – Games Brrraaains * A Headbanging Life

“The guitar work on this album is fantastic. But it is the harmonies that catch my attention. “Path We Stray” has some really cool vocal harmony work that echos the dissonance used in old school Ozzy tracks. My favorite track on the album, entitled “River of Fire”, has some solid harmony in a slower song that has a really cool build to a heavy ending.” – The Spinning Thoughts

“While The Wheel Still Turn is a strong debut for Greystone Canyon, a fine and entertaining album classic melodic heavy metal with some interesting twists. Recommended.” – Danger Dog Music Reviews

ParcoLambro – ParcoLambro

Sei brani per quasi un’ora di musica che non conosce l’usura del tempo e che necessita, in modo d’essere apprezzata anche da chi non frequenta più certi lidi sonori da anni, della giusta apertura mentale per farsi attraversare da note provenienti dalle più disparate direzioni.

Questo album autointitolato, uscito nel 2017 per Music Force, mette in luce il quintetto bolognese ParcoLambro, band che offre un sound capace di tener fede agli intenti dichiarati in sede di presentazione, facendo riferimento a gruppi storici come Area (direi più la versione 2 guidata dal compianto Giulio Capiozzo, rispetto a quelli monumentali con Demetrio Stratos) e Soft Machine.

Se emulare i nomi presi a riferimento rappresenta decisamente una bella sfida, bisogna dire che i ParcoLambro reggono adeguatamente il confronto, grazie ad un approccio che è quello tipico della jam session, attualizzato comunque da un uso originale dell’elettronica e di una notevole varietà ritmica.
Come spesso accade in tali frangenti, a fare la parte del leone sono soprattutto i fiati e un organo che fornisce un notevole carico di psichedelia al tutto, ma anche la restante strumentazione è protagonista con pari dignità, per cui non resta, a chi lo voglia fare, di compiere quello che è comunque il tuffo in un passato musicale sigillato saldamente nel DNA della mia generazione (ovvero quella degli imberbi ragazzotti che nel ’79 gremivano l’Arena di Milano per ricordare uno dei più grandi vocalist mai apparsi sul pianeta), indipendentemente dai gusti e dagli ascolti sviluppati negli anni a venire.
Abbiamo così sei brani per quasi un’ora di musica che non conosce l’usura del tempo e che necessita, in modo d’essere apprezzata anche da chi non frequenta più certi lidi sonori da anni, della giusta apertura mentale per farsi attraversare da note provenienti dalle più disparate direzioni; infatti, se il brano d’apertura #5 sembra fornire coordinate riconducibili ai già citati modelli, arriva la prima parte di Nord con il suo incipit funky a smentire il tutto, mente in Not For You sembra a tratti di ascoltare la Mahavishnu Orchestra con i fiati a sostituire il violino, prima che a spiazzare ulteriormente arrivi una breve parte cantata, che resterà l’unica nell’intero lavoro.
Notturno è improvvisazione allo stato puro, mentre è un’altra traccia divisa in due parti, Ibis, a chiudere al meglio quest’opera impegnativa ma allo stesso tempo gratificante; non c’è solo una fredda esibizione di tecnica nel progetto musicale dei ParcoLambro, bensì il fluire privo di vincoli di una musica progressiva nel senso più genuino del termine.
Considerando che l’album non è proprio recentissimo, è auspicabile che a breve la band bolognese possa rifarsi viva con qualche succulenta novità.

Tracklist:
1. #5
2. Nord pt. 1
3. Nord Pt. 2
4- Not For You
5. Notturno
6. Ibis Pt. 1
7. Ibis Pt. 2

Line up:
Clarissa Durizzotto – sax alto
Mirko Cisilino – trombone, farfisa, moog, nordlead
Giuseppe Calcagno – chitarra, basso
Andrea Faidutti – chitarra, basso, voce
Alessandro Mansutti – batteria

PARCOLAMBRO – Facebook

 

Mr. Bison – Holy Oak

Tante influenze mescolate benissimo, un suono molto personale, un giro continuo, un disco solidissimo che fa viaggiare.

I Mr. Bison sono uno dei migliori gruppi italiani di musica pesante con innesti psichedelici.

Provenienti da Cecina sono al quarto disco, e ad ogni uscita si può notare un miglioramento rispetto a quella precedente. Holy Oak è un disco che suona benissimo, potente, bilanciato e con ottime scelte sonore. La loro musica è uno stoner di livello superiore, con intarsi desert e sconfinamenti negli anni settanta, perché la loro musica ha fortissime radici in quegli anni. Il groove generato da questi signori toscani è un qualcosa che vi conquisterà, come ha già conquistato molti, soprattutto coloro che hanno avuto l’occasione di vederli dal vivo. Cosa li differenzia dagli altri gruppi? I Mr. Bison hanno una maniera differente di trattare la musica, la fanno sgorgare libera e fresca dagli ampli, hanno un tocco southern senza esserlo strettamente, hanno gli anni settanta dentro, ma senza essere derivativi, e riescono sempre ad essere piacevoli usando la musica pesante. Nel loro contesto si muovono moltissimi gruppi, la media qualitativa, soprattutto in Italia, è cresciuta molto, ma gruppi come i Mr. Bison ce ne sono pochi. E questo è un fatto oggettivo, non soggettivo, basta ascoltare Holy Oak, o i dischi precedenti, per capire che qui c’è qualcosa in più: sarà talento o gusto, ma esiste ed è tangibile. Tante influenze mescolate benissimo, un suono molto personale, un giro continuo, un disco solidissimo che fa viaggiare.

Tracklist
1.Roots
2.Sacred Deal
3.Heavy Rain
4.Earth Breath
5.Holy Oak
6.The Bark
7.The Wave
8.Red Sun
9.Beyond the Edge

Line-up
Matteo Barsacchi – Guitar, Vocals
Matteo Sciocchetto – Guitar Vocals
Matteo D’Ignazi – Drums, Sounds

MR.BISON – Facebook

Black Rose – A Light In The Dark

Il gruppo è protagonista di un album piacevole, melodico e grintoso in ugual misura, graffiante e raffinato quanto basta per soddisfare gli amanti dell’hard & heavy melodico e classico.

Gli svedesi Black Rose festeggiano, a distanza di venticinque anni dal primo album (Fortune Favours the Brave), con l’uscita di un nuovo lavoro sempre incentrato su un hard rock a metà strada tra l’hard & heavy e il più melodico AOR.

Con al microfono il nuovo arrivato Jakob Sandberg, il gruppo affronta la sesta prova sulla lunga distanza con il piglio dei veterani e A Light In The Dark risulta il classico album di matrice scandinava, nel genere terra maestra nei suoni melodici ancora prima di quelli estremi.
Ma non aspettatevi melensaggini, perchè i Black Rose schiacciano sul pedale quando serve, graffiano e ci consegnano un lavoro grintoso pur con i suoi momenti dove con eleganza l’hard rock melodico si prende il suo spazio tra i suoni taglienti di brani metallici come Sands Of Time o la title track.
Gli Europe dei primi album sono la band che più ispira questo lavoro, anche se l’heavy metal di scuola tradizionale alza la temperatura del sound, con cori dal taglio epico e solos che sono lampi di luce nel buio.
Bellissima Web Of Lies, mid tempo ispirato ai Dio, e di scuola Scorpions le ritmiche con cui la band dà inizio alla trascinante Ain’t Over ‘til It’s Over, che si trasforma in una canzone da arena rock in pieno stile anni ottanta.
Il gruppo capitanato dai due Haga (Peter alla batteria/tastiere e Anders al basso) è protagonista di un album piacevole, melodico e grintoso in ugual misura, graffiante e raffinato quanto basta per soddisfare gli amanti dell’hard & heavy melodico e classico.

Tracklist
1.Sands of Time
2.Hear the Call
3.Carry On
4.We Come Alive
5.A Light in the Dark
6.Web of Lies
7.Ain’t Over ‘til It’s Over
8.Powerthrone
9.Don’t Fear the Fire
10.Love into Hate

Line-up
Anders Haga – Bass
Peter Haga – Drums, Keyboards
Thomas Berg – Guitars
Jakob “Jacke” Sandberg – Vocals (lead)

BLACK ROSE – Facebook

MEKA NISM

Il video di “Trailblazer”, dall’EP “The War Inside”.

Il video di “Trailblazer”, dall’EP “The War Inside”.

Orlando, Florida’s MEKA NISM’s sound is powerful, metallic, aggressive, melodic, and in your face. A band that fires on all cylinders and with the most charismatic front-woman “Meka”; the band has returned in 2018 with their new EP “The War Inside” released earlier this spring on May 10th to follow their three previous releases “Live From The Machine Shop” (Live CD) (2016), “The Shift” (EP) (2015) and “The Dance At The End of The World” (EP) (2013). The band has supported legends like Mastodon, Gojira, The Offspring, Limp Bizkit, Otep and In Flames over the years along with most recently Jonathan Davis (Korn) this past May.

The band’s new EP “The War Inside” stands for the ability to face your inner demons, conquer your internal battles, and to help realize that you can change your life for the better. That message is evident in their new music video for their infectious song “Trailblazer”, a heavy, fast tune that revolves around the idea of not letting regret or tragedy stop you from living your life to the fullest while you can. Your state of mind can imprison you or set you free.

“The War Inside” EP is available at www.meka-nism.com, iTunes, Google Play, Amazon, and Spotify.

EP Stream on Idobi Radio at http://ido.bi/5n6

Track Listing:
1. The War Inside (4:49)
2. These Years of Silent Screams (3:32)
3. Trailblazer (4:32)
4. Arrows of Alchemy (5:22)
5. Black Sky (4:03)
EP Length: 22:20

EP and Live Band Line Up:
– Ms. Meka (Vocals)
– Bobby Keller (Guitar)
– Chris Lane (Drums)
– Jarret Robinson (Bass)
– Jay Adkisson (Keys)

For more info:
http://www.meka-nism.com
http://www.facebook.com/mekanismband
http://www.twitter.com/mekanismband
http://www.instagram.com/mekanismband

Quick Facts:
– Played Breeding Festival in Flensburg, Germany in 2017.
– Opened Main Stage for WJRR’s Earthday Birthday 24 in April 2017.
– Headlined Local Stage at 3rd Annual Kink Music Festival.
– Ranked 2016 Orlando’s #1 Metal Band – Orlando Weekly.
– Toured with Avatar in 2016.
– Toured with Trapt and Otep in 2015.
– EP “The Shift” Named One of Top 34 Albums of 2015 – Unrated Entertainment Magazine.
– Single “From Out of Nowhere” Selected to Best of 2015 List – From the Depths Entertainment.

– 30 –

“Did anyone order a soul crushing, female fronted metal band?” – Idobi Radio

“While there’s a distinct modern metal feel to Meka Nism, the key to what makes their sound more unique and engaging is the pool of influences that they draw from…they have managed to find their own style within it – one that you will have a hard time forgetting once you hear it. A band that could easily find themselves on the rise as word starts to get around.” – Dead Rhetoric

“What would happen when you lock Arch Enemy and Lacuna Coil in the same room and force them to record an album? Well, you’d probably get something like Florida residents Meka Nism.” – Merchants of Air

“They experiment with melodies, dipping their toes in and out of a pool of sounds and influences. Then, they combine these creative expressions with the most important element of their music: the message. Meka Nism doesn’t just deliver thrashing tunes; it seeks to deliver listeners from their own wars inside. ” – Shockwave Mag

“A little bit of keyboard, a thumping drum beat followed by roaring riffs leads into the blazing hot title track. A track that mixes modern metal with operatic style scope. That element comes from the incredible range on singer Ms. Meka. She can go from huge soaring melodies to heavier shouts and screams in an instant. Incredible.” – Games, Brains & A Head-Banging Life

“It’s honest, heavy and packed full of some of the most amazing elements of metal music infused with some of the most versatile, controlled and distinct vocals in metal music today.” – Yesterdaze News

“Meka Nism is a band to watch. ” – Sonic Cathedral

“Lead singer Ms. Meka is intriguing and quite compelling, both visually and with her vocal range, and the guys in her band provide the perfect vehicle for the artistic vision that they’ve managed to create together.” – I’m Music Magazine

“Full of energy, this band never fails to strike a chord with everyone sharing the stage from the audience. Meka’s vocals are the antithesis of the ever-present smile on her face that lights up the room. This lovely woman genuinely smiles with her eyes. The entire band is simply memorizing. Meka Nism is one of those bands that must be seen live. Don’t hesitate to meet them either. All of them are engaging, genuine and make you feel like the rock star! ” – Metal Nexus

“Orlando’s metal/operatic band, MekaNism performed songs which included “From Out of Nowhere” and “Mekamorphosis,” which got the crowd hyped for their set. Ms. Meka, with her melodious sound and great enthusiasm, was so engaged and energized throughout the performance. The rest of the band was bursting with the same energy and truly put on a memorable show.” – (Live Review) Monkey Goose Magazine

The Sponges – Official Demo

Oggi va di moda la parola old school per descrivere una proposta che guarda al passato e l’hard rock suonato dai The Sponges è sicuramente da inserire nel filone classico, con le ispirazioni che seguono il passato da cover band dei gruppi citati, ai quali andrebbero aggiunti i primi UFO.

E’ un hard’n’heavy che guarda gli anni settanta/ottanta, pregno di ardore metallico, il sound offerto da questo gruppo proveniente dal trevigiano chiamato The Sponges.

Questi cinque brani compongono il demo di inediti con cui il giovane quartetto lascia definitivamente il mondo delle cover band (Led Zeppelin, Deep Purple e Judas Priest) per lasciare alla propria musica il compito di rappresentarli.
Oggi va di moda la parola old school per descrivere una proposta che guarda al passato e l’hard rock suonato dai The Sponges è sicuramente da inserire nel filone classico, con le ispirazioni che seguono il passato da cover band dei gruppi citati, ai quali andrebbero aggiunti i primi UFO.
Warrior è una marcia hard rock rocciosa che perde qualcosina in impatto nel ritornello, mentre la seguente Run Or Burn risulta più metallica, un crescendo dai toni priestiani che si aggiudica la palma di miglior brano del demo.
La ballatona Love Is Gone spezza la tensione, prima che Song 4 torni a caricare di elettricità l’atmosfera e un riff potentissimo di scuola Zakk Wilde apra la conclusiva My Fucking Brain, il brano più “moderno” di questo primo lavoro targato The Sponges.
L’impatto non manca, i musicisti fanno del loro meglio per dare una loro personalità ai brani, quindi l’inizio è senz’altro positivo, e  noi attendiamo fiduciosi ulteriori sviluppi.

Tracklist
1.Warrior
2.Run Or Burn
3.Love Is Gone
4.Song 4
5.My Fucking Brain

Line-up
Alessandro Russo (Rusho) – Vocals
Davide Zanella – Drums
Sat – Guitars
Andrea Zanella – Guitars

THE SPONGES – Facebook

Tannoiser – Alamut

Con una classica formazione a tre, i Tannoiser propongono un lavoro che spazia con buona fluidità tra le influenze dichiarate (Celtic Frost, Electric Wizard e primissimi Cathedral), mettendo a frutto l’esperienza live maturata in questi anni.

Alamut è un ep della durata di circa mezz’ora che rappresenta l’esordio in formato fisico per i Tannoiser, band bresciana dedita ad un’interessante forma di doom (al 2016 invece risale l’altro ep Mekkano, uscito solo in digitale).

Con una classica formazione a tre, i Tannoiser propongono un lavoro che spazia con buona fluidità tra le influenze dichiarate (Celtic Frost, Electric Wizard e primissimi Cathedral), mettendo a frutto l’esperienza live maturata in questi anni.
Baba Vanga apre al meglio il lavoro con un giro di basso killer, facendo presupporre un approccio catchy al genere che in realtà poi non si rivelerà tale: infatti, sin dalla seconda traccia Paradacsa, il sound si fa sempre più buio, rallentato e disturbato, accompagnato dal ringhio sgraziato ma efficace dell’addetto alle quattro corde Bruno Almici. Le distorsioni pronunciate di Necrophage donano al brano un’aura particolare, mentre con March of Wrecks i ritmi divengono ancor più rarefatti, e se The Void rilancia in parte l’andatura, la conclusiva Mekkano pianta i classici chiodi sulla bara con il suo doom mortifero ed essenziale.
Proprio quest’utimo aspetto a tratti può rivelarsi un limite, perché un sound leggermente più ricco (magari con l’apporto di una tastiera sullo sfondo) valorizzerebbe ancora di più le buone intuizioni dei Tannoiser: Alamut è in ogni caso un altro buonissimo tassello, piazzato al posto giusto allo scopo di edificare sonorità oscure capaci di intrecciarsi efficacemente con un contenuto lirico affascinante che, partendo dalla citazione della storica fortezza iraniana che dà il titolo all’album, trae spunto dal passato finendo per tratteggiare scenari foschi per l’umanità riguardo al suo futuro.

Tracklist:

1. Baba Vanga 04:11
2. Paradacsa 05:33
3. Necrophage 05:20
4. March of Wrecks 03:59
5. The Void 05:52
6. Mekkano

Line up:
Davide Serpelloni Drums (2015-present)
Francesco Bellucci Guitars (2015-present)
Bruno Almici Vocals, Bass (2015-present)

2018

Ancient Veil – Rings of Earthly… Live

Una summa dal vivo che permette di ripercorrere lo splendido itinerario musicale di Eris Pluvia ed Ancient Veil. Una grande dimostrazione di vitalità e spessore del prog di casa nostra.

Nel 1991, tra i simboli della rinascita progressiva nel nostro paese, usciva Rings of Earthly Light dei liguri Eris Pluvia, stupenda opera di prog pastorale e bucolico, intriso di aromi canterburyani.

Oggi, gli Ancient Veil – che dagli Eris Pluvia sono derivati, con il vocalist e chitarrista Alessandro Serri, il sassofonista Edmondo Romano e la cantante Valeria Caucino – omaggiano quel luminoso passato, così storicamente importante, riproponendo altresì in versione live brani degli stessi Ancient Veil. Il CD in questione è così la registrazione del bellissimo concerto tenuto alla Claque di Genova l’11 di novembre del 2017: una stupenda alternanza di composizioni vecchie e nuove, un ponte gettato fra passato e presente, con il filo rosso rappresentato dall’amore per la musica di qualità a tener insieme i giorni di ieri e quelli di oggi, senza peraltro alcun compiacimento nostalgico o autoindulgente. La prestazione degli Ancient Veil è impeccabile e sentita (si nota la presenza di Fabio Zuffanti), mentre l’incisione è ottima. Da Rings of Earthly Light vengono riproposte la suite omonima e due brani, il resto è materiale Ancient Veil. E da questo imperdibile concerto emerge come le esperienze dell’uno e dell’altro gruppo si ricolleghino vicendevolmente senza soluzione di continuità. La creatività, del resto, non ha tempo.

Track list
1- Ancient Veil
2- Dance Around My Slow Time
3- The Dance of the Elves
4- Creature of the Lake
5- Night Thoughts
6- New
7- Ring of Earthly Light
8- Pushing Together
9- In the Rising Mist
10- I Am Changing
11- If I Only Knew
12- Bright Autumn Dawn

Line up
Alessandro Serri – Vocals, Guitars, Flute
Edmondo Romano – Reeds
Fabio Serri – Vocals, Piano, Keyboards
Massimo Palermo – Bass
Marco Fuliano – Drums
Valeria Caucino – Vocals
Marco Gnecco – Oboe
Fabio Zuffanti – Guitar
Stefano Marelli – Guitar

ANVIENT VEIL – Facebook

Wombbath – The Great Desolation

Nove brani compongono questa colonna sonora di morte violenta e trucida, tra riff che sono asce affilate che spaccano teste e staccano arti, con solos di lancinante sofferenza e un growl abissale che comanda le operazioni.

Death metal old school, oscuro, macabro e violentissimo, un abisso in musica di scuola svedese, puro come il sangue di vergini torturate in nome di una diabolica ferocia.

The Great Desolation segna il ritorno dei Wombbath, band estrema scandinava attiva dai primi anni novanta, in pieno sviluppo e successo del genere ma con soli tre album pubblicati più un buon numero di lavori minori, conseguenza di dieci anni di inattività.
The Great Desolation torna dunque sul mercato estremo dopo tre anni dal precedente Downfall Rising, addirittura ventidue anni dopo il debutto Internal Caustic Torments, licenziato dal gruppo nel lontano 1993.
Pochi ma buoni i lavori sulla lunga distanza di questo combo che in tutta onestà suona death metal vecchia scuola, di chiara ispirazione a primi Entombed e Dismember, senza compromessi, potente ed oscuro quanto basta per soddisfare i palati dei deathsters orfani degli storici Left Hand Path, Clandestine e Like An Everflowing Stream.
Niente di nuovo, anzi: l’odore di muffa è quello che usciva dai suoni più oscuri degli anni novanta, e l’album risulta così un macigno estremo che, se lascia qualcosa in personalità, non può che soddisfare gli amanti dello swedish death metal.
Nove brani compongono questa colonna sonora di morte violenta e trucida, tra riff che sono asce affilate che spaccano teste e staccano arti, con solos di lancinante sofferenza e un growl abissale che comanda le operazioni.
Embrace Death, Born Of Filth e Hail Of The Obscene, varia nelle sue intuizioni melodiche e brano top dell’opera sono i momenti migliori: l’impatto c’è, l’esperienza trentennale dei protagonisti pure.

Tracklist
1. Embrace Death
2. The Great Desolation
3. Footsteps Of Armageddon
4. Born Of Filth
5. Punisher Of Broken Oaths
6. The Weakest Flesh
7. Cold Steel Salvation
8. Hail The Obscene
9. Harvester Of Sin

Line-up
Håkan Stuvemark – Guitar
Jonny Pettersson – Vocals
Al Riglin – Guitar
Henrik Åberg – Drums
Johan Momqvist – Bass

WOMMBATH – Facebook

LIZZIES

Il video di “Final Sentence”, dall’album “On Thin Ice” in uscita ad ottobre (The Sign Records).

Il video di “Final Sentence”, dall’album “On Thin Ice” in uscita ad ottobre (The Sign Records).

Spanish traditional metal band LIZZIES have returned with a brand new video for their song “Final Sentence”. The song is taken from the upcoming album On Thin Ice which will be released in October of this year via The Sign Records.

Bio:
Lizzies are a four piece heavy metal act from Madrid, Spain. Their impressive riffing, and most specially their strength and power onstage, has helped the band build an outstanding reputation that took them to play in Germany (Metalheadz Open Air & Headbangers Open Air), Sweden (Muskelrock) and England (Live Evil), and also to become one of the most promising bands of the underground scene in Europe. Lizzies are heading out on a European tour up on the release of On Thin Ice.

Members:
Elna – Vocals
Patricia – Guitar
Marina – Bass
Dani – Drums

Lizzies Facebook
https://www.facebook.com/thelizzies/

The Sign Records Facebook
http://www.facebook.com/thesignrecords

The Sign Records Homepage
http://www.thesignrecords.com

Astray Valley – Unneth

La furia con la quale la band affronta la tempesta estrema risulta indirizzata verso un melodic death metal dal taglio moderno, ma dalle ritmiche che in alcuni casi toccano lidi thrash metal ed una chitarra che ricama ottimi solos melodici.

Due singoli usciti in pochi mesi, nuvoloni che si addensano sopra i nostri cieli prima che la tempesta di suoni moderni si accanisca su di noi, e ci riversi una fitta e grigia pioggia metallica dal titolo Unneth.

Licenziato dalla sempre attenta e presente Wormholedeath, Unneth è l’esordio degli Astray Valley, quartetto spagnolo formato dalla cantante Clau Violette, dal chitarrista Joan Aneris, dal bassista Jorge Romero e dal batterista Erny Roca.
Metal moderno, potente e melodico, una serie di scudisciate estreme interpetrate magistralmente dalla singer, dotata di un eclettismo vocale che le permette di alternare una splendida voce pulita a rabbiosi sfoghi estremi, in un contesto musicale che passa agevolmente dalle violente trame metalliche ad evocativi passaggi rock elettronici, atmosfericamente vicini agli ultimi Lacuna Coil.
Ma, se la famosa band italiana ha sempre tenuto a freno la rabbiosa anima metallica, gli Astray Valley sfogano appunto gli istinti bellicosi, con scariche adrenaliniche accompagnate da bordate estreme potenti, senza perdere colpi e attenuando la sempre presente parte melodica, importantissima nell’economia del sound.
Lontano a mio avviso dai soliti cliché compositivi del metalcore, la furia con la quale la band affronta la tempesta estrema risulta indirizzata verso un melodic death metal dal taglio moderno, ma dalle ritmiche che in alcuni casi toccano lidi thrash metal ed una chitarra che ricama ottimi solos melodici.
Unneth risulta così un lavoro vario, la calma prima dell’ennesima sfuriata si riempie di sfumature elettroniche, tra rock e dark valorizzando una raccolta di brani intriganti e ben congegnati.
Hollow, Constellations, Singularity e Oblivion sonoi brani migliori di un esordio meritevole dell’attenzione degli amanti dei suoni metallici moderni: la band spagnola è l’ennesimo ottimo acquisto da parte della Wormholedeath.

Tracklist
1. Entity
2. Hollow
3. The Wilderness
4. Parallel Visions
5. Mera
6. Waters Of Skylah
7. Constellations
8. Lun
9. Singularity
10. Ethereal
11. Northlights
12. Pathways
13. The Collapse
14. Oblivion
15. Polarity

Line-up
Clau Violette – Vocals
Joan Aneris – Guitars
Jorge Romero – Boss
Erny Roca – Drums

ASTRAY VALLEY – Facebook

Disconnected – White Colossus

Groove, prog metal, core ed alternative: sembra più facile a dirsi che a farsi e invece i Disconnected riescono nell’impresa di far convivere il tutto in questo lotto di brani che entusiasmano, perfetti nell’uso abbondante delle linee melodiche senza sembrare far sembrare d’essere alle prese con la solita boy band con ambizioni da classifica.

Il metal moderno ha ancora parecchie frecce da scoccare, lo dimostra questo ottimo lavoro intitolato White Colossus, debutto dei francesi Disconnected.

La band transalpina si approccia al metal con un sound che mette subito in risalto la buona tecnica dei musicisti coinvolti, regalandoci uno degli esempi più riusciti nell’uso della doppia voce (pulita e growl) e usa a suo piacimento l’uso del metal estremo progressivo e dell’alternative.
Un ibrido davvero riuscito, un sound che amalgama alla perfezione stili all’apparenza lontani in un crescendo emozionale e melodico che non può non lasciare stupiti chi si metterà in gioco con la musica del gruppo proveniente da Troyes.
Groove, prog metal, core ed alternative: sembra più facile a dirsi che a farsi e invece i Disconnected riescono nell’impresa di far convivere il tutto in questo lotto di brani che entusiasmano, perfetti nell’uso abbondante delle linee melodiche senza sembrare far sembrare d’essere alle prese con la solita boy band con ambizioni da classifica.
Stupenda Wounded Heart, strepitoso il crescendo emozionale di Feodora, devastante la furia che a tratti si impossessa di Blame Shifter, così come le ritmiche tra groove e metalcore di For All Our Sakes e la marziale spinta modern metal della conclusiva Armageddon.
La particolarità di White Colossus è che tutti i brani sono attraversati da un’anima alternative che rende la proposta personale e di elevata qualità, in un mix riuscito di Architects, Alter Bridge e Gojira.

Tracklist
1. Living Incomplete
2. Blind Faith
3. Wounded Heart
4. White Colossus
5. Feodora
6. Losing Yourself Again
7. Blame Shifter
8. For All Our Sakes
9. The Wish
10. Armageddon

Line-up
Adrian Martinot – Composer/Guitars
Ivan Pavlakovic – Singer/Songwriter
Aurélien Ouzoulias – Drums
Romain Laure – Bass
Romin Manogil – Guitars

DISCONNECTED – Facebook

Tax The Heat – Change Your Position

Questo gruppo è un piacevole compendio di guitar rock e di come si possa fare un album energico e che rimanga melodico e molto british.

I britannici Tax The Heat sono la summa di ciò che è stato negli ultimi il rock alternativo più valido.

La Nuclear Blast è una delle maggiori etichette mondiali di metal ed affini, ma ha fatto bene ad introdurre nella propria squadra questo gruppo che è assai interessante. Le sue influenze sono molte e disparate, si parte dal classico rock pop britannico per arrivare al pub rock, e al Duca Bianco e molto oltre. Come detto sopra questa band è un piacevole compendio di guitar rock e di come si possa fare un album energico e che rimanga melodico e molto british. Era da tempo che non si sentiva un gruppo britannico esprimersi a questi livelli senza scimmiottare qualcuno, o proponendo qualcosa di stantio. I Tax The Heat sono una ventata di aria nuova, con il loro rock pop che descrive la nostra difficile società, ma lo fa in maniera da non insegnare nulla a nessuno, solo far capire che, magari, se fossimo più buoni staremmo tutti più comodi. Il gruppo di Bristol è cresciuto molto dal debutto del 2016 Fed To The Lions, che era già valido, ma questo disco è superiore. Le soluzioni sonore sono sempre piacevoli e profonde, le melodie sono sviluppate molto bene e la struttura delle loro canzoni è solida. Non deve spiazzare il fatto che escano per un’etichetta metal, perché i tempi attuali non hanno più queste divisioni e si deve considerare il valore intrinseco del disco. Molti ascoltatori con gusti diversi apprezzeranno questo lavoro dei Tax The Heat, che è una delle cose migliori uscite dalle isole britanniche negli ultimi anni, anche se il gruppo non è spinto come altri dalla stampa musicale inglese.

Tracklist
1. Money In The Bank
2. Change Your Position
3. Playing With Fire
4. All That Medicine
5. On The Run
6. The Last Time
7. Taking The Hit
8. My Headspace
9. We Are Consumers
10. Cut Your Chains
11. Wearing A Disguise
12. The Symphony Has Begun

Line-up
Alex Veale – vocals, guitars
Antonio Angotti – bass, backing vocals
JP Jacyshyn – guitars, backing vocals
Jack Taylor – drums, backing vocals

TAX THE HEAT – Facebook