Vulcain – Vinyle

Vinyle è composto da undici brani che formano una valanga di note rock ‘n’ roll, con il piedino che batte il tempo e la voglia di essere davanti ad un palco in qualche locale della Parigi rock, a farsi travolgere dall’indomito sound di questi tre rockers d’annata, commoventi nel portare avanti lo spirito del rock dopo così tanti anni.

Sono passati cinque anni dall’ultimo lavoro e i Motorhead francesi, come da sempre sono soprannominati, tornano con questo esplosivo nuovo album intitolato Vinyle.

I Vulcain sono una delle band più longeve e famose della scena hard rock transalpina, dal 1981 capitanati dai fratelli Puzio (Vincent al basso e Daniel alla chitarra e voce), con Marc Varez fido batterista dal 1985.
Più di trent’anni a suonare hard rock, ipervitaminizzato da dosi massicce di rock ‘n’ roll di scuola Motorhead, per una band che del genere ha sposato sound ed attitudine, anche se non possiamo parlare di band clone del gruppo del compianto Lemmy, ma di un gruppo con una ben marcata personalità.
Nove full length, compilation, singoli e live vanno a formare una discografia numericamente importante, rendendo i Vulcain un’ottima alternativa ai soliti nomi, benché siano poco conosciuti fuori dai confini nazionali anche per la scelta di cantare in lingua madre, in grado di regalare ai fans del rock duro un altro ottimo lavoro che spazia tra l’impatto motorheadiano e una forte dose di melodie ispirate al classic rock.
Vinyle è composto da undici brani che formano una valanga di note rock ‘n’ roll, con il piedino che batte il tempo e la voglia di essere davanti ad un palco in qualche locale della Parigi rock, a farsi travolgere dall’indomito sound di questi tre rockers d’annata, commoventi nel portare avanti lo spirito del rock dopo così tanti anni.
Il trio alterna così brani fortemente ispirati da Lemmy e soci ad altri più melodici e classici, lasciando fuori dal sound l’anima punk della storica band inglese per un approccio più melodico, come nelle irresistibili Hèros, Blackline Music (dai richiami agli Ac/Dc), Dans Les Livres e Borderline.
Un album consigliato ovviamente ai fans del genere e ai fans dei Vulcain i quali non verranno sicuramente delusi da questa nuova uscita.

Tracklist
1. Vinyle
2. Héros
3. Backline Music
4. L’Arnaque
5. Darling
6. Décibels
7. Dans les Livres
8. L’Oseille
9. Borderline
10. Contrôle
11. Motör

Line-up
Daniel Puzio – Guitar, vocals
Vincent Puzio – Bass, backing vocals
Marc Varez – Drums, backing vocals

VULCAIN – Facebook

Embryonic Cells – Horizon

Horizon fino alla title track vive di una sua pregevole coerenza per poi vedere inficiato in qualche modo l’esito finale dai due poco convincenti brani conclusivi.

I francesi Embryonic Cells risultano attivi fin dalla fine del secolo scorso, anche se il loro fatturato ammonta a quattro full length pubblicati pressapoco nell’arco dell’ultimo decennio.

Quanto offerto dalla band di Troyes è un buon black metal dai sentori sinfonici, nel senso che le tastiere sono sì presenti ma non finiscono per saturare la scena, restando invece opportunamente sullo sfondo e riuscendo a riempire efficacemente il sound (né è autore Pierre Le Pape, oggi nei Melted Space e già anche negli ottimi Wormfood).
Con queste premesse è lecito attendersi un qualcosa di gradevole ma, probabilmente, non fondamentale e tutto sommato tali previsioni si rivelano fin troppo facilmente azzeccate: Horizon è un disco che si lascia ascoltare con un certo agio, perché non ha davvero nulla che non vada essendo costituito per lo più da brani pervasi da ritmiche ora atmosfericamente incalzanti (Don’t Serve Your King, Never Let You Fall, Horizon), ora più ragionate e cadenzate (Carved In My Skin, Across The Mountains); in un contesto per certi versi prevedibile spiazzano così due episodi difficilmente inquadrabili come To Horizon e No Boundaries, e il fatto stesso che entrambi siano stati collocati al termine dalla scaletta li fa apparire quasi fuori contesto.
Preso come un punto fermo e consolidato il fatto che in materia non c’è più un bel niente da inventare, perché non limitarsi a fare (bene) quanto ci si è prefissi senza sentirsi in obbligo di deviare dalla via maestra con il concreto rischio di finire parzialmente fuori dalla carreggiata? Questo è ciò che accade ad un album come Horizon, che fino alla title track vive di una sua pregevole coerenza per poi vedere inficiato in qualche modo l’esito finale da due brani poco convincenti che appaiono una sorta di appendice posticcia e non richiesta.
Un peccato, questo, che sarebbe stato maggiormente perdonabile ad una band al passo d esordio, un po’ meno se chi ne è autore è in circolazione già da parecchio tempo come nel caso degli Embryonic Cells.

Tracklist:
1.Crossing
2.Don’t Serve Your King
3.Carved In My Skin
4.Never Let You Fall
5.Across The Mountains
6.Horizon…
7.To Horizon
8.No Boundaries

Line-up:
Maxime Beaulieu : vocals / guitars
Pierre Touzanne : bass
Jonathan Lemay : drums
Pierre Le Pape : synths

EMBRYONIC CELLS – Facebook

 

Hammerfall – Legacy Of Kings – 20 Year Anniversary Edition

Esaltante, melodico, spettacolare nelle ritmiche che sanno di heavy metal, ma che, con la forza del power, sbaragliano la concorrenza, Legacy Of Kings è un album magnifico, ovvero il metal nella sua espressione più semplice, diretta, epica e dall’appeal irresistibile.

Il tempo vola e, ultimamente, a scandire gli anni che passano ci pensa la Nuclear Blast, almeno per chi di metal vive da un po’, con le sue preziose ristampe e versioni deluxe per festeggiare anniversari di uscite importanti.

Tocca agli ormai storici Hammerfall ed al loro secondo splendido lavoro, Legacy Of Kings, ritornare in bella mostra nelle vetrine dei negozi specializzati, con questa nuova versione che celebra il ventesimo anno dall’uscita.
Era il 1998 e la band svedese capitanata dal vocalist Joacim Cans e dal chitarrista Oscar Dronjak doveva confermare la qualità espressa nel clamoroso Glory To The Brave, debutto con il botto e prima battaglia per il guerriero Hammerfall.
Legacy Of Kings forma, con il primo lavoro, una coppia stratosferica unita dalla stessa forza, potenza e melodia che contraddistinguerà il sound del gruppo anche se, a mio avviso, non più a questi livelli.
Ho sempre paragonato i primi due album degli Hammerfall alla stregua dei primi due Iron Maiden, tanto per ribadire il grande impatto con il quale il gruppo si affacciò sulla scena metal classica in anni in cui il nord Europa si riprendeva il trono del genere.
Esaltante, melodico, spettacolare nelle ritmiche che sanno di heavy metal, ma che, con la forza del power, sbaragliano la concorrenza, Legacy Of Kings è un album magnifico, ovvero il metal nella sua espressione più semplice, diretta, epica e dall’appeal irresistibile.
Non ci eravamo sbagliati vent’anni fa e il fatto che oggi siamo qui a parlare degli Hammerfall e di Legacy Of Kings lo dimostra, quindi per i collezionisti e per le nuove leve non rimane che consigliare questa ristampa sotto forma di due cd e di un dvd che comprendono la versione rimasterizzata dell’album, varie versioni demo e live …Let The Hammerfall!

Tracklist
1. Heeding The Call
2. Legacy Of Kings
3. Let The Hammer Fall
4. Dreamland
5. Remember Yesterday
6. At The End Of The Rainbow
7. Back To Back
8. Stronger Than All
9. Warriors Of Faith
10. The Fallen One
11. Eternal Dark
12. I Want Out
13. Man On The Silver Mountain
14. Legacy Of Kings (Live Medley 2018)
15. Heeding The Call (live)
16. Let The Hammer Fall (Live 2017)
17. Legacy Of Kings (live)
18. At The End Of The Rainbow (live)
19. Stronger Than All (live)
20. Heeding The Call (demo)
21. Let The Hammer Fall (demo)
22. Warriors Of Faith (demo)
23. Back To Back (demo)
24. At The End Of The Rainbow (demo)
25. Dreamland (demo)

Line-up
Patrik Räfling – Drums
Joacim Cans – Vocals
Oscar Dronjak – Guitars, Vocals (backing)
Stefan Elmgren – Guitars
Magnus Rosén – Bass

HAMMERFALL – Facebook

The Turin Horse – The Turin Horse

I The Turin Horse sono un gruppo che francamente mancava nel panorama del noise nostrano, che come quello mondiale vive di flash e questa è una gran bella esplosione.

Quando si uniscono due musicisti che sanno come fare rumore e scrivere distorsioni il risultato fortunatamente non è quello che ti aspetti, perché il rumore spiazza sempre.

Il duo The Turin Horse racchiude al suo interno Enrico Tauraso, già nei mitici Dead Elephant che hanno scritto grandi pagine dell’underground italico, e Alan Lapaglia che militava nei MoRkObOt, vera e propria fucina di rumore. Unendo le visioni musicali hanno dato vita a questo power duo che pubblica questo debutto di tre pezzi che brucia tutto ciò che incontra. Prendete del noise e velocizzatelo, dello stoner e rendetelo più corrosivo, un po’ di sludge e sarete in quei dintorni, ma come al solito soltanto l’ascolto può rendere giustizia al grande suono del duo. Qui dentro troviamo certe malate ripetitività del miglior noise, come quello degli Unsane dei quali infatti viene riproposta Blame Me da Scattered, Smothered & Covered del 1996. Infatti qui troviamo tonnellate di quel piacere perverso che dà certo noise, ovvero quel ripetersi in maniera sempre diversa, e giro dopo giro di chitarra alzare la posta fino a fotterti il cervello: è quello che vogliamo ed i The Turin Horse lo fanno come nessun altro. Come si diceva all’inizio, non sai cosa aspettarti e ne vieni spiazzato, e qui effettivamente si va ben oltre le già alte aspettative, perché comunque Enrico e Alan sono di un altro livello, ma i The Turin Horse sono un gruppo che francamente mancava nel panorama del noise nostrano, che come quello mondiale vive di flash e questa è una gran bella esplosione. Unico difetto, bisogna accontentarsi ma solo per ora, è la lunghezza dell’ep, che è di tre pezzi che sono altrettante mazzate, ma se ne vorrebbe ancora. Il duo è anche sperimentatore, dato che alcuni strumenti sono costruiti da Enrico, e la mancanza del basso ha introdotto a scelte diverse e molto interessanti. Non è un caso che la città culla di questo grande inizio sia Torino, che è molto noise già di per sé e che è decisamente la migliore città musicale d’Italia. Un debutto devastante, maturo e bellissimo.

Tracklist
1. The Regret Song
2. Blame Me
3. The Light That Failed

Line-up
ALAIN LAPAGLIA – Drums & Power Electronics –
ENRICO TAURASO – Guitar & Voice & Power Electronics –

THE TURIN HORSE – Facebook

THE SCARS IN PNEUMA

Il music video di “Souls Are Burning”, dall’album “The Path Of Seven Sorrows” in uscita a febbraio (Promethean Fire/Kolony Records).

Il music video di “Souls Are Burning”, dall’album “The Path Of Seven Sorrows” in uscita a febbraio (Promethean Fire/Kolony Records).

I black metaller italiani THE SCARS IN PNEUMA pubblicheranno il debut album “The Path Of Seven Sorrows” il prossimo 8 febbraio su Promethean Fire / Kolony Records.

Oggi la band, in collaborazione con il popolare magazine americano No Clean Singing, lancia il nuovo singolo “Scars Are Burning”, un perfetto esempio di black metal epico e dinamico!

I THE SCARS IN PNEUMA (“πνεύμα”, un termine che in greco antico significa “respiro”, “aria”, “soffio vitale”) hanno registrato “The Path Of Seven Sorrows” negli Elfo Studio di Tavernago (PC); il mixaggio e il mastering hanno avuto luogo presso i Goblin Studio di Piacenza, sotto la supervisione di Daniele Mandelli.

La copertina è il celebre dipinto “Il Fuoco di Notte” di Francisco Goya (1794).

“The Path Of Seven Sorrows” tracklist:

01. Devotion
02. Souls Are Burning
03. Spark To Fire To Sun
04. All The Secrets That We Keep
05. Dark Horizons Ahead
06. The Glorious Empire Of Sand
07. Constellations

I THE SCARS IN PNEUMA hanno inizialmente preso vita come progetto solista di Lorenzo Marchello (voce / chitarre / basso) all’inizio del 2017, per poi diventare una band a tutti gli effetti quando Francesco Lupi (chitarre) e Daniele Valseriati (batteria) hanno offerto il proprio contributo nel corso del medesimo anno.

Musicalmente i THE SCARS IN PNEUMA propongono una propria visione del black metal, a volte definibile come un mix di black metal, death metal e spunti doom, spesso dominata da un melodico lavoro di chitarra e da un velo di epicità. Fra le principali influenze e punti di riferimento sono citabili Dissection, Mgła, Be’lakor, Rotting Christ, Forgotten Tomb, Blut Aus Nord, Emperor.

A livello lirico, i THE SCARS IN PNEUMA trattano tematiche come il confronto con i propri demoni interiori, i rimpianti della vita, lo scorrere del tempo, la perdita dei propri cari.

THE SCARS IN PNEUMA:
Lorenzo Marchello – Vocals, Guitars, Bass
Francesco Lupi – Guitars
Daniele Valseriati – Drums

facebook.com/thescarsinpneuma/

facebook.com/prometheanfirerecords

facebook.com/kolonyrecords/

kolonyrecords.com

kolonyrecords.bandcamp.com

Ancient Bards – Origine – The Black Crystal Sword Saga Part 2

Il sound di questo nuova opera targata Ancient Bards è eccellente come ci hanno abituato questi guerrieri nostrani delle sette note, tra esplosioni di metal dal piglio cinematografico, cavalcate heavy power, sublimi canti e growl possenti in uno spettacolo di fuochi d’artificio metallico.

Il 2019 non poteva iniziare meglio, almeno per quanto riguarda il symphonic power metal, ed il merito di questa sfavillante partenza è degli Ancient Bards, probabilmente la migliore band nel genere battente bandiera tricolore ed una delle più convincenti in senso assoluto.

Siamo solo al quarto album ma non è un’eresia parlare del gruppo romagnolo come la punta di diamante di un stile musicale che nel nostro paese ha avuto grandi band ed artisti di spessore.
Sara Squadrani e soci hanno fatto passare cinque anni per dare un successore al bellissimo A New Dawn Ending e, grazie ad una campagna di crowdfunding, il nuovo lavoro, che prosegue nel concept iniziato nel 2010, vine licenziato tramite la Limb Music.
Origine – The Black Crystal Sword Saga Part 2, che presenta il nuovo membro ufficiale, il chitarrista Simone Bertozzi, è composto da dieci brani per quasi un’ora in un mondo magico persi tra le note che formano spettacolari scenari epic fantasy.
Il sound di questo nuova opera targata Ancient Bards è eccellente come ci hanno abituato questi guerrieri nostrani delle sette note, tra esplosioni di metal dal piglio cinematografico, cavalcate heavy power, sublimi canti e growl possenti in uno spettacolo di fuochi d’artificio metallico.
Il singolo Impious Dystophia, le meraviglie sinfoniche di Fantasy’s Wings, le fughe epico orchestrali di Titanism, la potenza sinfonica della seriosa ed oscura Hollow e la splendida chiusura con la suite The Great Divide, quattordici minuti di Ancient Bards al massimo del loro splendore, sono alcuni dei validi motivi per non perdere questo ennesimo bellissimo lavoro.

Tracklist
01. Origine
02. Impious Dystopia
03. Fantasy’s Wings
04. Aureum Legacy
05. Light
06. Oscurità
07. Titanism
08. The Hollow
09. Home Of The Rejects
10. The Great Divide Part 1 – Farewell Father Part 2 – Teardrop Part 3 – Il Grande E Forte Impero
11. Eredità Aurea (CD only Bonus Track)

Line-up
Daniele Mazza – keyboards & orchestrations
Claudio Pietronik – guitars
Sara Squadrani – vocals
Federico Gatti – drums
Martino Garattoni – bass
Simone Bertozzi – guitars & growls

ANCIENT BARDS – Facebook

Apoptygma Berzerk – Soli Deo Gloria

Soli Deo Gloria è stato l’inizio di una lunga avventura che dura tuttora e che ha avuto alti e bassi, ma questo debutto resta fantastico.

Ristampa con bonus per la canadese Artoffact Records del primo disco del fondamentale gruppo di elettronica oscura Apoptygma Berzerk.

Quest’anno il loro debutto ha compiuto 25 anni e molte cose sono successe da quel giorno. Il genere praticato dagli Apoptygma Berzerk è felicemente di difficile identificazione, dato che si viaggia nei grandi territori dell’elettronica oscura, fra ebm e synthwave, e con tantissimi elementi provenienti da altri stili. Una delle cose che risalta maggiormente nello stile del gruppo è l’estrema facilità nel creare melodie belle e coinvolgenti, mantenendo sempre una grande oscurità nella loro musica. In tutto ciò sono stati dei pionieri per moltissime altre formazioni a cui andavano stretti gli abiti di alcuni generi fra i quali l’ebm. Soli Deo Gloria è l’inizio di una lunga avventura che dura tuttora e che ha avuto alti e bassi, ma questo debutto è fantastico. La maturità e la sicurezza presenti in questo debutto sono incredibili per essere la prima prova di un gruppo, e soprattutto notevolissimo è lo sviluppo di uno stile originale già al primo disco. Il future pop, come definiscono loro stessi il proprio genere, è qui al suo inizio e apice, e ingloba moltissimi elementi, dato che è anche molto presente la componente gotica, specialmente nel gusto di certe tastiere che sembrano periferiche rispetto al tema centrale, mentre invece sono il tema principale loro stesse. I mondi descritti dalla formazione norvegese sono lande desolate di terrore e lascivia, dove gli stessi dei si lasciano andare a cose che non possono essere narrate. In tutto ciò si staglia la musica pressoché perfetta di questo esordio, una vera e propria pietra miliare di diversi generi, ma soprattutto di un’attitudine che ancora oggi segna tantissimi gruppi. Un disco che ha cambiato le regole del gioco, uno di quegli esemplari sonori dopo i quali un certo genere non è più lo stesso. In questa ristampa della canadese Artoffact ci sono inoltre molti bonus che rendono ancora migliore il tutto, ampliando maggiormente lo sguardo. Per chi già conosce il fantastico mondo degli Apoptygma Berzerk questa è l’occasione per tornare alla sorgente di tutto, mentre per chi non li conosce sarà una bellissima e nera sorpresa.

Tracklist
1. Like Blood From The Beloved (Part 1)
2. Bitch
3. Burnin’ Heretic (Album Version)
4. Stitch
5. Walk With Me
6. Backdraft
7. ARP (808 Edit)
8. Spiritual Reality
9. Skyscraping (Schizophreniac)
10. All Tomorrows Parties
11. The Sentinel
12. Ashes To Ashes ’93
13. Like Blood From The Beloved (Part 2)

Bonus tracks:
14 – Borrowed Time (Club Mix)
15 – Burning Heretic (Crisp Version)
16 – The Sentinel (Nun Of Your Business Version by Blackhouse)
17 – Ashes To Ashes (Guitar Version)
18 – ARP
19 – Ashes To Ashes (4-Track Version)
20 – Backdraft (Sarpsborg Synth Version)

Line-up
Stephan Groth
Jonas Groth
Ted Skogman
Audun Stengel

APOPTYGMA BERZERK – Facebook

The Crawling – Wolves and the Hideous White

Wolves and the Hideous White non è affatto un’esibizione del death doom nella sua versione più tetragona o putrescente, ma trae correttamente linfa dalla fondamentale scuola britannica, mettendo da parte tentazioni gotiche per privilegiare un impatto più opprimente ma non scevro di appigli melodici.

Secondo full length per i nordirlandesi The Crawling, validi promulgatori del verbo del death doom più canonico.

Wolves and the Hideous White però non è affatto un’esibizione del genere nella sua versione più tetragona o putrescente, ma trae correttamente linfa dalla fondamentale scuola britannica, mettendo da parte tentazioni gotiche per privilegiare un impatto più opprimente ma non scevro di appigli melodici.
Fulcro del lavoro è il brano per certi versi più anomalo, Drowned In Shallow Water, che arriva a spezzare il più robusto incedere dell’iniziale title track e della notevole Still No Sun, traccia in quota primi Paradise Lost; qui affiorano pulsioni post metal che non snaturano affatto un sound sempre ben identificabile, anche quando il lavoro chitarristico esibisce inedite dissonanze.
Superato il breve e non particolarmente incisivo episodio A Time For BrokenThings, con Rancid Harmony il trio di Lisburn ritorna ad infierire con grande efficacia alternando riff micidiali ad aperture melodiche minime ma sempre significative; Promises and Parasites chiude senza sorprese negative questo ottimo lavoro che, come quasi sempre avviene rispetto a ciò che ci giunge dalle lande di oltremanica, gode di una buona produzione atta a valorizzare al meglio il crudo operato del chitarrista cantante Andy Clarke e dei suoi sodali Stuart Rainey (basso) e Gary Beattie (batteria).
Wolves and the Hideous White è una bella conferma per una band relativamente nuova ma già in grado di imporre un sound convincente e, nei limiti di quanto consentito dal genere affrontato, piuttosto personale.

Tracklist:
1. Wolves and the Hideous White
2. Still No Sun
3. Drowned In Shallow Water
4. A Time For Broken Things
5. Rancid Harmony
6. Promises and Parasites

Line-up:
Andy Clarke – Guitar/Vocals
Gary Beattie – Drums
Stuart Rainey – Bass/Backing Vocals

THE CRAWLING – Facebook

SWALLOW THE SUN

Il video di “Lumina Aurea”, che anticipa il nuovo album “When A Shadow Is Forced Into The Light” in uscita a gennaio (Century Media Records).

Il video di “Lumina Aurea”, che anticipa il nuovo album “When A Shadow Is Forced Into The Light” in uscita a gennaio (Century Media Records).

I doomster finlandesi SWALLOW THE SUN pubblicano il singolo “Lumina Aurea”, un brano di 14 minuti pubblicato in digitale e in 12″. Il brano vede come ospiti Einar Selvik dei Wardruna e Marco I. Benevento dei The Foreshadowing. A detta della stessa band questo è il prodotto più oscuro e sinistro mai realizzato.
Disponibile il video di “Lumina Aurea”, realizzato da Aapo Lahtela e Vesa Ranta della Kaira Films.

“Lumina Aurea” anticipa il nuovo album “When A Shadow Is Forced Into The Light”, disponibile dal 25 gennaio 2019 su Century Media Records.

Di seguito gli artwork e le tracklist dei due album:

“When A Shadow Is Forced Into The Light”:
1. When A Shadow Is Forced Into The Light
2. The Crimson Crown
3. Firelights
4. Upon The Water
5. Stone Wings
6. Clouds On Your Side
7. Here On The Black Earth
8. Never Left

“Lumina Aurea”:
1. Lumina Aurea
2. Lumina Aurea (instrumental version)

“‘Lumina Aurea’ is a song I would never want to write in my life,” Raivio says. “It is an open, bleeding black wound from the last two and half years of my life. But I had to write it out. I could not back down from it. The way I wrote and recorded ‘Lumina Aurea’ was so rough emotionally and physically that I think I will never talk about it public. I know this road will go on forever as a part of me, but I have also made a peace with it—that I will never have peace with it. And that the life and the journey here must still go on for a while for those of us remaining. I knew that if I would go any deeper on that road with the album as I did with ‘Lumina Aurea,’ the path would not end well. So, I quickly realized that instead I will write an album that will manifest loud and clear that after all, ‘Love is always stronger than death.’ I wanted to find that angle for ‘When A Shadow Is Forced into the Light’. This album is like a weapon for myself. A burning light, a burning torch. Victorious and proud.”

“The idea for this short-film like music video came from Juha Raivio and we tweaked the idea a bit to make the story fit into the beautiful landscapes we were going to film it in. The video has been filmed in several locations around Northern Finland and Lappland. We would like to leave the meaning of the story a bit open and to let everyone watching it to make their own conclusions and let their imagination flow. As obvious, things such as grief, torment and even love are present through the video. This is pretty much all we would like to open about it. Some kind of mysticism there definitely is. It was a great pleasure for us to get work with this project, since the song has such a meaning for Juha,” stats Ranta.

SWALLOW THE SUN have announced first shows for 2019! See below for all dates

SWALLOW THE SUN live
07.02.2019 Helsinki (Finland) – Nosturi*
08.02.2019 Turku (Finland) – Apollo*
09.02.2019 Jyväskylä (Finland) – Lutakko*
14.02.2019 Tampere (Finland) – Klubi*
15.02.2019 Oulu (Finland) – Teatria*
16.02.2019 Kuopio (Finland) – Henry´s Pub*
*) with THE MAN-EATING TREE

More dates to be announced soon!

SWALLOW THE SUN are:
Mikko Kotamäki – Vocals
Matti Honkonen – Bass
Juuso Raatikainen – Drums
Jaani Peuhu – Keys & Vocals
Juho Räihä – Guitar
Juha Raivio – Guitar & Keys

SWALLOW THE SUN online
http://www.swallowthesun.net
https://www.facebook.com/swallowthesun
https://twitter.com/swallowthesunfi

Heidra – The Blackening Tide

Gli Heidra non si limitano alla spettacolarizzazione del genere ma offrono una cinquantina di minuti di metal che, alle non poche ispirazioni classiche, aggiunge tutti gli ingredienti necessari per coinvolgere, tra puntate estreme e splendide melodie che evocano guerrieri e dei, altopiani innevati e gelidi venti.

Ottimo lavoro questo The Blackening Tide, secondo capitolo dal taglio viking power metal dei danesi Heidra, che già avevano ben figurato con l’esordio Awaiting Dawn ma che superano le aspettative con questa raccolta di brani pregni di melodie epico guerresche, atmosfere viking ed irruenza power metal.

Al growl, sempre presente nelle parti più cattive del sound, si affianca una voce pulita evocativa e dalle sfumature epiche che, sommata alle caratteristiche principali del sound, completa una proposta assolutamente convincente.
La band danese accontenta e soddisfa gli amanti di questo tipo di sonorità con una serie di tracce molto suggestive e varie, alternando sfuriate power, mid tempo epici e guerreschi e quel tocco folk di matrice scandinava che non dispiace mai.
Gli Heidra non si limitano alla spettacolarizzazione del genere ma offrono una cinquantina di minuti di metal che, alle non poche ispirazioni classiche, aggiunge tutti gli ingredienti necessari per coinvolgere, tra puntate estreme e splendide melodie che evocano guerrieri e dei, altopiani innevati e gelidi venti, che da nord portano influenze melodic death nei momenti più estremi.
The Blackening Tide è un album che si ascolta tutto d’un fiato, uno splendido esempio di metal nordico nobile, glorioso, epico ed avvincente, mai al sotto una qualità che rimane ottima in tutti i brani presenti, trovando in The Price Is Blood, A Crown Of Five Fingers e la title track i propri picchi.

Tracklist
1.Dawn
2.The Price in Blood
3.Rain of Embers
4.Lady of the Shade
5.A Crown of Five Fingers
6.The Blackening Tide
7.Corrupted Shores
8.Hell’s Depths

Line-up
Martin W. Jensen – Guitars (lead), Vocals
Morten Bryld – Vocals
Carlos G.R. – Guitars
Dennis Stockmarr – Drums
James Atkin – Bass

HEIDRA – Facebook

IL 2018 DI METALEYES

Come sempre, negli ultimi giorni dicembre proviamo a fare un consuntivo su quello che è stato l’anno che sta per finire.

Il lavoro non è mancato e crediamo di aver soddisfatto chi ci segue proponendo in media quattro recensioni giornaliere, per un totale che al 31 dicembre 2018 supererà abbondantemente le 1500 unità; questo oltre alle retrospettive, il video del giorno, le interviste di Overthewall (programma radiofonico su Witch Web Radio con il quale collaboriamo segnalando le migliori uscite settimanali) e le diverse rubriche con le quali abbiamo provato ad ampliare l’offerta (I Dischi Fondamentali, Meteore, Demo di Culto).
Infine abbiamo cercato di dare visibilità agli eventi live aggiornando ogni settimana l’elenco delle locandine presenti in Home Page.
Per quest’anno abbiamo preferito che ogni collaboratore stilasse una sua classifica dei dieci migliori album recensiti dalla nostra webzine, in modo che ognuno in base alle proprie inclinazioni musicali possa cogliere degli spunti per andarsi ad ascoltare qualcosa di meritevole, magari sfuggito all’epoca della pubblicazione (cliccando su nome band/titolo c’è la possibilità di andarsi a rileggere la recensione).
Come sempre è bene chiarire che questo è più un gioco che non un qualcosa che abbia una pretesa di veridicità, tanto più che vi sono senz’altro diversi dischi usciti negli ultimi mesi del 2018 che, non essendo ancora stati recensiti, sono rimasti fuori dalle graduatorie nonostante il loro oggettivo valore (per quanto mi riguarda, per esempio, sia L’Incanto dello Zero de Il Segno Del Comando, sia Evangelium Nihil dei Comatose Vigil A.K. sarebbero probabilmente entrati nella top ten).
In ogni caso, buona musica nel corso di quest’anno (come in quelli passati, peraltro) ne è uscita in abbondanza: semplicemente, non bisogna dare retta alle cassandre che si aggirano in rete o ai disfattisti che durante i concerti stanno al bar a sparlare di tutto e di tutti: ci sono grandi gruppi e magnifici musicisti che attendono solo di essere scoperti, sia acquistando i loro lavori sia andandoli a supportare dal vivo.
La musica è una delle poche certezze che abbiamo nella vita, teniamolo sempre presente.

Stefano

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ALBERTO CENTENARI


1.WITHERFALL – A PRELUDE TO SORROW


2.CORROSION OF CONFORMITY – NO CROSS NO CROWN


3.BARREN EARTH – A COMPLEX OF CAGES

4.THE DEAD DAISIES – BURN IT DOWN

5.BEHEMOTH – I LOVED YOU AT YOUR DARKEST

6.BLOOD OF THE SUN – BLOOD’S THICKER THAN LOVE

7.MATERDEA – PYANETA

8. HEADS FOR THE DEAD – SERPENT’S CURSE

9.HOLY SHIRE – THE LEGENDARY SHEPHERDS OF THE FOREST

10.OCEANS OF SLUMBER – THE BANISHED HEART

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DAZAGTHOT


1.IMMORTAL – NORTHERN CHAOS GODS


2.AKROTERION – DECAY OF CIVILIZATION


3.DEMETRA SINE DIE – PAST GLACIAL REBOUND

4.VREID – LIFEHUNGER

5.HATE ETERNAL – UPON DESOLATE SANDS

6.DEICIDE – OVERTURES OF BLASPHEMY

7.SINSAENUM – REPULSION FOR HUMANITY

8.SIEGE OF POWER – WARNING BLAST

9.SICK OF IT ALL – WAKE THE SLEEPING DRAGON

10.OPERA OSCURA – DISINCANTO

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MASSIMO ARGO


1.RISE OF THE NORTHSTAR – THE LEGACY OF SHI


2.LEONOV – WAKE


3.INFECTION CODE – DISSENSO

4.LOU QUINSE – LO SABBAT

5.HELL OBELISCO – SWAMP WIZARD RISES

6.ZARDONIC – BECOME

7.ASTORVOLTAIRES – LA QUINTAESENCIA DE JÚPITER

8.SELVANS – FAUNALIA

9.DOPETHRONE – TRANSCANADIAN ANGER

10.KING DUDE – MUSIC TO MAKE WAR TO

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MASSIMO PAGLIARO


1.HAMFERÐ – TÁMSINS LIKAM


2.YOB – OUR RAW HEART


3.EVOKEN – HYPNAGOGIA

4.ULTHA – THE INEXTRICABLE WANDERING

5.MARE – EBONY TOWER

6.THOU – MAGUS

7.PANTHEIST – SEEKING INFINITY

8.IMMORTAL – NORTHERN CHAOS GODS

9.WITHERFALL – A PRELUDE TO SORROW

10.DESOLATION ANGELS – KING

____________________________________________________________________________

MICHELE MASSARI


1.IMMORTAL – NORTHERN CHAOS GODS


2.FUNERAL MIST – HEKATOMB


3.BLACK HOWLING – RETURN OF PRIMORDIAL STILLNESS

4.BEHEMOTH – I LOVED YOU AT YOUR DARKEST

5.VERATRUM – VISIONI

6.MOONREICH – FUGUE

7.MARE – EBONY TOWER

8.VREID – LIFEHUNGER

9.PUNGENT STENCH – SMUT KINGDOM

10.DEICIDE – OVERTURES OF BLASPHEMY

____________________________________________________________________________

STEFANO CAVANNA


1.CLOUDS – DOR


2.MOURNFUL CONGREGATION – THE INCUBUS OF KARMA


3.ATARAXIA – SYNCHRONICITY EMBRACED

4.VOID OF SILENCE – THE SKY OVER

5.EVOKEN – HYPNAGOGIA

6.IMBER LUMINIS – CONTRASTS

7.HAMFERÐ – TÁMSINS LIKAM

8.CARPE NOCTEM – VITRUN

9.EYE OF SOLITUDE – SLAVES TO SOLITUDE

10.AEONIAN SORROW – INTO THE ETERNITY A MOMENT WE ARE

MALAURIU

Il music video della cover di “Electric Funeral”.

Il music video della cover di “Electric Funeral”.

Felis Catus – Vocals
Schizoid – Guitars
S.T. – Bass
Frozen – Drums

Mixing & Mastering by F. Barbata (Disco33)
Vocals recorded at Rec On Black
Drums recorded at Underground Frozen’s Studio

Rise To Fall – Into Zero

Into Zero, nuovo album dei Rise To Fall, riesce ad attirare l’attenzione per l’ottimo suono, debordante e cristallino quanto basta, mentre lascia un leggero gusto amarognolo per quanto riguarda la personalità che su questo lavoro latita.

Partono benissimo i Rise To Fall: The Descendant, brano che apre il nuovo lavoro intitolato Into Zero, ci presenta un buon death metal melodico, derivativo ma convincente, ma già dalla seconda traccia i cinque musicisti spagnoli virano decisamente verso un modern metal melodico, con doppia voce e tutti quei cliché dei quali ormai faremmo tutti a meno.

Ma facciamo un passo indietro per ricordare che il quintetto proveniente da Bilbao è attivo dal 2006 e conta già tre full length all’attivo, quindi si parla di un gruppo con l’esperienza e i mezzi per regalare opere più personali.
Into Zero è stato infatti mixato e masterizzato da Jacob Hansen nei suoi studi danesi, una firma prestigiosa per un lavoro che riesce ad attirare l’attenzione per l’ottimo suono, debordante e cristallino quanto basta, mentre lascia un leggero gusto amarognolo per quanto riguarda la personalità che su questo lavoro latita.
Il modern metal dei Rise To Fall è copiato con la carta carbone da altre decine di lavori del genere, un metal che di estremo ha solo il solito scream reso inoffensivo da clean vocals che trasformano brani di per sé discreti come Acid Drops o The Empress in canzonette da classifica rock, situazione già vissuta con le band storiche del death metal melodico come In Flames e Soilwork.
Il problema dei Rise To Fall è che non hanno la classe dei primi o un artista del calibro di Björn Strid al microfono come i secondi, e tutta la fatica profusa in sala d’incisione viene vanificata da una serie di brani carini ma che passano senza lasciare traccia.
Into Zero potrebbe rappresentare un buon inizio per una band all’esordio, ma qui siamo già al quarto album e il compitino svolto non permette di andare oltre un tiepido apprezzamento.

Tracklist
01. The Descendant
02. In The Wrong Hands
03. Acid Drops
04. House Of Crosses
05. Virgin Land
06. The Empress
07. Temptation Feeds On Our Weaknesses
08. Zero Hour
09. Effects Of The Terrestrial Syndrome
10. Survivor
11. Game Of Appearances
12. White Canvas

Line-up
Dalay Tarda – Vocals
Hugo Markaida – Lead guitars
Dann Hoyos – Lead guitars
Javier Martin – Bass
Xabier del Val – Drums

RISE TO FALL – Facebook

Magnum – Live At The Symphony Hall

Un’altalena tra brani storici e nuove perle fanno di questo live un appuntamento imperdibile per i fans dei Magnum che, dal vivo, si confermano un gruppo ancora in grado di suonare come pochi hard rock melodico di gran classe.

Gli storici melodic rockers Magnum stanno diventando un appuntamento fisso sulle pagine di MetalEyes e questo nuovo album live conferma il buon periodo del gruppo inglese, lo scorso anno sul mercato con il ventesimo album della sua carriera, Lost On The Road To Eternity.

Il tour di supporto all’ultimo lavoro ha portato Tony Clarkin, Bob Catley, il bassista Al Barrow e i due nuovi membri, il tastierista Rick Benton e il batterista Lee Morris, sul palco della Symphony Hall di Birmingham il 18 Aprile 2018, città da cui partirono nel lontano 1972 .
Ovviamente l’atmosfera dell’evento è palpabile, i Magnum giocano in casa la seconda volta dopo vent’anni e vincono facile la partita con i loro fans grazie ad un’ottima forma, specialmente della coppia d’assi Clarkin/Catley che, a dispetto degli anni che passano inesorabilmente, regalano una performance degna della loro fama, assecondati dai loro compagni.
Ovviamente il momento clou del live è la salita sul palco di Tobias Sammet, mastermind di Edguy ed Avantasia che, come nell’album, duetta con Catley sulla title track dell’ultimo lavoro.
Si tratta di un brano di un’altra categoria, che potrebbe tranquillamente far bella mostra di sé in un greatest hits dei Magnum, così come gli altri brani tra storia e leggenda che il gruppo inglese ha regalato all’hard rock melodico mondiale (Vigilante, How Far Jerusalem, The Spirit e When The World Comes Down).
Un’altalena tra brani storici e nuove perle come Crazy All Mothers fanno di questo live un appuntamento imperdibile per i fans dei Magnum che, dal vivo, si confermano un gruppo ancora in grado di suonare come pochi hard rock melodico di gran classe.

Tracklist
CD1
1. When We Were Younger
2. Sacred Blood ‘Divine’ Lies
3. Lost on the Road to Eternity
4. Crazy Old Mothers
5. Without Love
6. Your Dreams Won’t Die
7. Peaches and Cream
8. How Far Jerusalem

CD2
1. Les Morts Dansant
2. Show Me Your Hands
3. All England’s Eyes
4. Vigilante
5. Don’t Wake the Lion (Too Old to Die Young)
6. The Spirit
7. When the World Comes Down

Line-up
Tony Clarkin – guitars
Bob Catley – vocals
Rick Benton – keyboards
Al Barrow – bass
Lee Morris – drums

MAGNUM – Facebook

Zero23 – Songs From The Eternal Dump

Il pensiero che scaturisce dalla musica e dai rumori è potente e qui è molto presente, un ascoltare altro, un trovare altri sentieri, discostandosi dalle strade più battute e finanche inutili, quelle falsamente chiamate alternative.

Frequenze terrestri che sembrano aliene, suono che si mostrano per ciò che sono, senza gli inutili fronzoli della forma canzone.

Zero23 fa parte dell’etichetta più avanguardistica degli ultimi tempi in Italia, la massese Kaczynski Editions, che sta sondando in maniera mirabile il più nascosto sottobosco italiano. Songs From The Eternal Dump si inserisce molto bene nel discorso portato avanti da questi coraggiosi, ovvero improvvisazione ed oltre, per arrivare ad una nuova formulazione di musica. Qui non c’è nulla di alternativo o di sperimentale, ma troviamo una costante ricerca sonora che riverbera vari aspetti della realtà. Per degustare al meglio questo disco si consiglia di ascoltarlo con le cuffie, perché ci sono moltissime cose che si aggirano nella sua struttura minimale, ronzii e frequenze basse che esprimono concetti alti. Non ci si può approcciare a quest’opera (davvero limitativo chiamarlo disco, ma tant’è) con fretta o con la sicumera di avere delle risposte o delle domande, qui si medita ascoltando e si avanza meditando. Il pensiero che scaturisce dalla musica e dai rumori è potente e qui è molto presente, un ascoltare altro, un trovare altri sentieri, discostandosi dalle strade più battute e finanche inutili, quelle falsamente chiamate alternative. L’intento del disco è di recuperare e valorizzare ciò che sembra inutile e ormai perso, facendolo ritornare sotto forma di suono anche solo per un secondo, un vecchio campione riverberato che flasha la mente. Molto affascinante è il modo in cui questo lavoro riesca a calmare i nervi, o a spogliare improvvisamente la stanza dove vi trovate, come una pillola di Matrix che depauperi la realtà dalle cose in eccesso, lasciando il distillato matrice. Si respira anche grande libertà di espressione qui, come in tutti i lavori della Kaczynski Editions, che tenendo fede al suo esplosivo mentore sta minando le fondamenta del finto alternative italiano e speriamo lo faccia cadere presto.

Tracklist
1.empty little space
2.false step
3.broken souls
4.dead rats blues
5.far from home
6.crepusculo
7.macchinari avariati
8.Rome

Helllight – As We Slowly Fade

As We Slowly Fade è un album che non deve sfuggire a chi apprezza il death doom melodico nelle sue espressioni emotivamente più elevate.

As We Slowly Fade è il sesto full length degli Helllight ed esce giusto dieci anni dopo quel Funeral Doom che fece balzare all’attenzione degli appassionati il nome della band di Fabio De Paula.

Mi è capitato di ascoltare, qualche mese fa, quell’opera che presentava una montagna di intuizioni magnifiche, sia pure inserite all’interno di una struttura perfettibile sotto diversi aspetti, e non si può fare a meno di notare come il musicista brasiliano abbia intrapreso una lenta ma costante progressione che ha portato il suo gruppo ad essere uno dei nomi più rispettati in ambito doom, non solo in Sudamerica.
Il death doom melodico e atmosferico sciorinato in As We Slowly Fade, del resto, è quanto mai europeo per stile ed espressione musicale, trovandosi a gravitare nell’orbita dei Saturnus assieme a realtà quali Doom Vs. e When Nothing Remains: il lavoro chitarristico di De Paula è di primissima qualità, così come tutto il comparto strumentale che vede il fedele Alexandre Vida al basso e il neo arrivato Renan Bianchi alla batteria a fornire un puntuale supporto ritmico.
La voce è invece ciò che in certi momenti può assumere un carattere divisivo: se il growl è assolutamente e positivamente nella norma, le clean vocals continuano a lasciare qualche dubbio per il loro essere sempre un po’ troppo stentoree e con l’effetto di attenuare il carico di drammaticità del songrwiting; sarà un caso, o forse no, se per me i brani migliori dell’album sono The Ghost e The Land Of Broken Dreams, gli unici nei quale De Paula si astiene dall’esibire la voce pulita e forse anche per questo, ma non solo, risultano i più vicini ai lidi funeral. Ma questo resta in qualche modo un punto che più di altri è strettamente connesso alla soggettività: quel che conta è che la musica degli Helllight, ancora una volta, non delude offrendo un pregiato dono a tutti gli appassionati di questo tipo di doom; la title track, While The Moon Darkens, e Bridge Between Life And Death sono infatti tracce lunghe ma ricche di magnifici spunti e caratterizzate da un elevato tasso di evocatività.
Fa storia a sé la conclusiva Ocean, canzone alla quale dà il suo contributo anche una voce femminile e nella quale il leader regala alcuni minuti finali di struggenti melodie chitarristiche: una degna coda per un album che, come d’abitudine degli Helllight, si rivela impegnativo per l’ascoltatore soprattutto a causa di una durata che come sempre supera abbondantemente l’ora.
As We Slowly Fade è, in definitiva, un album che non deve sfuggire a chi apprezza il death doom melodico nelle sue espressioni emotivamente più elevate.

Tracklist:
1 Intro
2 As We Slowly Fade
3 While The Moon Darkens
4 The Ghost
5 Bridge Between Life And Death
6 The Land Of Broken Dreams
7 Ocean

Line-up:
Fabio de Paula – Guitars, Vocals, Keyboards
Alexandre Vida – Bass
Renan Bianchi – Drums

HELLLIGHT – Facebook

NECRODEATH

Tutti i colori del buio: intervista ai Necrodeath

Di recente, abbiamo avuto la bella possibilità di scambiare quattro chiacchere con Peso, il drummer dei Necrodeath: un pezzo di Storia dell’heavy italiano. E ne sono venute cose molto interessanti.

Dire Necrodeath è dire storia del metal italiano, non solo black: volete ripercorrerla dagli inizi?

Rientrammo nel febbraio del 1984 dal concerto dei Venom (con Special guest i Metallica) e durante il tragitto decidemmo che anche noi dovevamo avere una band e fare tutto quel casino! Nacquero cosi i Ghostrider, con i quali registrammo un demo-tape. L’anno dopo iniziammo ad avere le idee più chiare su cosa volevamo comporre e cosa volevamo esprimere: decidemmo così di cambiare nome in Necrodeath, per mostrare tutta la nostra rabbia attraverso la musica estrema, prendendo spunto dalle ondate Black e Thrash che arrivavano dall’estero, e con il primo demo tape ufficiale The Shining Pentagram ricevemmo la prima recensione positiva su Rockerilla, l’unica testata nazionale che in quel tempo trattava il metal. All’estero fummo parzialmente stroncati, come i nostri colleghi italiani Bulldozer e Schizo, ma alla fine riuscimmo a imporre nel metal underground internazionale anche la nostra personalità.

Quale è la vostra formazione musicale e da quali ascolti provenite?

Tutti i componenti dei Necrodeath, sia i vecchi che quelli che hanno seguito poi la formazione negli anni, hanno tutti una formazione prevalentemente rock-metal, nessuno viene dal jazz o dal rap. Io personalmente nasco come fan degli AC-DC, degli Iron Maiden, dei Kiss e poi, piano piano, mi sono avvicinato a sonorità più veloci ed oscure, partendo dai Raven, dai Motorhead, per poi innamorarmi dei mitici Venom! Avere avuto Mantas nei nostri studi di Rapallo, qualche anno fa, a registrare con noi un singolo, è stato per me molto emozionante: mentre pranzavamo, gli ho detto che quel 4 febbraio del 1984, mentre andavo a vederli all’allora Palatenda di Milano, mi ha cambiato la vita e lui mi ha risposto che la stessa cosa l’ha provata andando da ragazzo a vedere i Judas Priest. Comunque, ritornando alla tua domanda, sì: siamo tutti dei rockettari incalliti…

L’oscurità in musica: quali sono, secondo voi, i capisaldi assolutamente da avere del dark sound?

Beh, innanzitutto l’oscurità nella musica la trovi nelle atmosfere, ma anche nelle note che vai a utilizzare: le dissonanze, gli accordi minori, ma soprattutto per quanto ci riguarda il tritono, sono chiaramente le armi migliori che puoi utilizzare se vuoi proporre un sound del genere; ma i Necrodeath non sono fatti solo di queste prerogative, perché anche la velocità dei riff in contropennata è sempre stata una nostra caratteristica. Chi ha fatto partire queste idee, magari senza eccedere nella velocità – ma, da lì in poi, una volta imparata la lezione, si sarebbe iniziato a correre – sono i Black Sabbath, di sicuro i capisaldi del genere Heavy Metal in generale.

Cosa pensate della scena black italiana di oggi (ligure, italiana e mondiale)?

Beh, non seguo più molto la scena, se devo essere sincero; le mie preferenze rimangono ancorate ai gruppi degli anni ’80, in particolare del thrash, come Slayer, Exodus, Destruction, Voivod, Kreator, Celtic Frost, Possessed, senza dimenticare comunque i già citati Venom e i primi Metallica. A livello ligure ti posso citare però i Damnation Gallery di Chiavari, che hanno sicuramente sonorità molto scure e, invece, il ritorno degli amici Hate di Genova, per quanto riguarda un sound piu hard rock / metal.

Quali ricordi della Brignole anni Ottanta portate con voi?

Ecco, proprio i ricordi che ho li condivido con gli Hate: allora loro erano i caposcuola del metal e con loro abbiamo appunto debuttato nel 1986 al Teatro Verdi di Sestri Ponente, facendo ben 700 paganti, cose impensabili oggigiorno. Comunque, la cosa che ricordo più volentieri era proprio il rituale del sabato pomeriggio, dove ci si ritrovava per acquistare il disco che sapevi era uscito: vi era una cultura musicale molto spessa e ognuno sapeva bene di cosa parlare, se ci si inoltrava in un discorso. Purtroppo la stessa cultura musicale di allora non puoi paragonarla, oggi, alle nuove generazioni, che, nonostante abbiano la potenzialità di sapere tutto con un clic (cosa per noi allora impossibile, ma era forse la ricerca la nostra forze) alla fine non sanno un cazzo, e i risultati si vedono…

The Dark Side of the Moon: che cosa rappresenta per voi?

Un grande disco: insieme a Pier (Gonella) dei Necrodeath abbiamo progettato, tempo fa, una rivisitazione, ribattezzata The Black Side of the Moon, la parte oscura di ognuno di noi. Dovremmo esporla al sole di più sinceramente, invece di nasconderla sempre di fronte a tutti e tutto

Quali sono i vostri progetti futuri?

Attualmente finire le date del tour di The Age of Dead Christ, il nostro album uscito quest’anno, e poi a febbraio daremo una simpatica news che svelerà i nostri planning.

Grazie e a presto!

Grazie a te e per chiunque volesse seguirci il nostro sito è: www.necrodeath.net.

Tytus – Rain After Drought

Vera macchina da guerra hard & heavy, i Tytus non fanno prigionieri e si confermano come una delle più convincenti realtà del genere.

I Tytus sono tornati e fanno male….. tanto male!

La band proveniente da Trieste, dopo aver distrutto mezzo pianeta con la micidiale detonazione provocata dal primo lavoro intitolato Rises (uscito tre anni fa), da il via ad un secondo bombardamento sonoro, questa volta licenziato dalla Fighter records ed intitolato Rain After Drought.
Rain After Drought è un concentrato di musica metallica che vede riff, solos, ritmiche potenti come un caccia torpediniere in primo piano: chitarra, basso e batteria al servizio del dio del rock, epico per certi versi, quasi eccessivo all’apparenza, ma in realtà perfetto nel suo glorificare un sound primitivo e dannatamente coinvolgente.
Se il primo album raccontava di una catastrofe legata all’avvicinamento della Terra al Sole, causato anche dalle dieci esplosioni contenute in Rises, Rain After Drought è uno tsunami biblico di metal/rock a non lasciare scampo.
Fin dall’opener Disobey veniamo travolti da queste nuove dieci tracce, tra riff mastodontici, solos taglienti e cavalcate strumentali di scuola Maiden (Rain After Drought Pt.1).
Vera macchina da guerra hard & heavy, i Tytus non fanno prigionieri e si confermano come una delle più convincenti realtà del genere.

Tracklist
1.Disobey
2.The Invisible
3.The Storm That Kill Us Hall
4.Our Time Is Now
5.The Dark Wave
6.Death Throes
7.Rain After Drought PT.1
8.Rain After Drought PT.2
9.Move On Over
10.A Desolate Shell Of A Man

Line-up
Ilija Riffmeister – Vocals & Guitars
Mark SimonHell – Guitars
Markey Moon – Bass
Frank Bardy – Drums

TYTUS – Facebook

Baldocaster – Moonrise

Questa opera prima in musica di Baldocaster è molto valida e può tranquillamente entrare nel novero delle migliori uscite del 2018 in campo retro wave e synth wave.

Baldocaster è semplicemente uno dei migliori produttori di retro wave e synthwave in circolazione, con un suono elettronico accattivante e completo.

L’inglese, ora trapiantato negli States, Baldocaster è un ragazzo che fin da piccolo ha nutrito un grande amore per l’elettronica, amore nato proprio in seguito ad un viaggio negli Stati Uniti. Da quel momento Baldocaster non si è più separato dai sintetizzatori e ha maturato un suo stile particolare, certamente debitore alla tradizione ma molto originale e ben strutturato. Questa sua opera prima in musica è molto valida e può tranquillamente entrare nel novero delle migliori uscite del 2018 in campo retro wave e synth wave. Le sue composizioni sono molto piacevoli e raggiungono molto bene lo scopo di questo genere di musica, ovvero costruire mondi nelle teste degli ascoltatori. Questo genere di musica elettronica che affonda le sue radici negli anni ottanta è uno di quelli, se non l’unico, che lascia completa libertà al suo ascoltatore nell’immaginare ciò che vuole durante l’ascolto. Certamente ha un suo ben preciso immaginario, fatto di colori sgargianti, linee rette e microchip seminali, ma può accadere di tutto fra queste note, tutto ciò che vuole l’ascoltatore. La produzione è potente e fa risaltare ottimamente le grandi doti di Baldocaster. Rispetto agli altri lavori dello stesso genere, Moonrise ha molti più elementi che diversificano il suono, che è di ampio respiro. La fantascienza la fa da padrona e contribuisce a portarci lontano, grazie a quell’elemento di solennità classica che contraddistingue la musica di Baldocaster. Infatti ci sono molti passaggi che potrebbero essere benissimo essere eseguiti da strumenti di musica classica. Un debutto molto buono e che lascia un segno.

Tracklist
1.Sputnik
2.Station X (featuring Caspro)
3.Temple Of The Sun
4.Moonrise
5.Blood Moon
6.Ritual
7.Solar Power
8.Eclipse
9.Here on Earth
10.Blood Moon (Stilz Remix)
11.Sputnik (Zayaz Remix)
12.Here on Earth (Caspro Remix)

Norilsk – Weepers Of The Land

Weepers Of The Land non è affatto un brutto album, perché i due musicisti sono autori di un sound gradevole al quale manca quell’incisività e soprattutto quel pathos che vengono richiesti a chi si cimenta in ambito doom e dintorni: la sensazione è che ci siano ampie potenzialità per fare decisamente meglio, magari offrendo un ‘interpretazione meno dispersiva del genere.

Norilsk è un città siberiana nota per le sue temperature inclementi, oltre al fatto d’essere stata fondata in luoghi particolarmente inospitali negli anni ’30 da Stalin per diventare uno dei famigerati Gulag.

La band che ha deciso di adottare questo monicker è invece canadese e giunge con Weepers Of The Land al suo terzo full length in pochi anni di attività.
Il duo del Québec si cimenta con un death doom dalle sfumature post metal che non è affatto male, anche se l’impressione che resta al termine di questa mezz’ora abbondante di musica è quella di una band che mette un po’ troppa carne al fuoco, finendo per non assumere una propria fisionomia ben delineata.
Lo stoner sludge di No Sacred Ground scorre via piuttosto bene, invero, ma viene seguita da un funeral minimale e appena abbozzato (The Way) prima che la francofona Toute la noirceur du monde riporti il tutto su un piano melodico più ragionevole, benché a sua volta non troppo collegato a quanto oggetto in precedenza.
A confondere ulteriormente le idee arriva Tomber 7 fois, cover di uno dei brani più noti della cantante francese Mylene Farmer, sensuale creatura che ebbe un notevole successo negli anni novanta: la riproposizione non è affatto male e il suo irrobustimento non ne fa smarrire l’orecchiabilità ma resta la sensazione di un qualcosa fuori contesto.
Ben venga, allora, la conclusiva title track, notevole e lunga litania che sembra finalmente connotare il sound dei Norilsk in maniera più precisa e soprattutto minacciosa, tenendo fede all’immaginario creato dal monicker e dalla copertina del quale francamente, fino a questo punto del lavoro, non se ne era vista traccia.
Weepers Of The Land non è affatto un brutto album, perché i due musicisti sono autori di un sound gradevole al quale manca quell’incisività e soprattutto quel pathos che vengono richiesti a chi si cimenta in ambito doom e dintorni: la sensazione è che ci siano ampie potenzialità per fare decisamente meglio, magari offrendo un ‘interpretazione meno dispersiva del genere.

Tracklist:
1. No Sacred Ground
2. The Way
3. Toute la noirceur du monde
4. Tomber 7 fois (Mylene Farmer Cover)
5. Weepers of the Land

Line-up:
Nic M – Vocals, bass, guitars
Nick R – Drums, backing vocals

NORILSK – Facebook